L’altra vittima

Diana è Diana. Henri Paul l’autista ubriaco che ha finito per causare l’incidente. Trevor Rees-Jones la guardia del corpo e l’unico che riesce a salvarsi. Nella tragedia del tunnel dell’Alma, consumatasi 26 anni fa, c’è uno dei protagonisti che è raccontato tutt’al più come un comprimario. Figlio di, ultimo amore di, una vita di secondo piano che finisce con una morte di secondo piano. Dodi Al Fayed, o meglio Emad El-Din Mohamed Abdel Moneim Fayed, nasce il 15 aprile 1955 al Cairo. Come in una tragedia greca la sua vita e la sua morte non possono prescindere dalla storia di suo padre.

È una storia che inizia nell’immediato dopoguerra in Egitto, Paese in grande fermento sociale ed economico. A percorrere le strade affollate della Alessandria degli anni ’40 avremmo potuto incontrare un giovanotto di grande intraprendenza, venditore ambulante di Coca Cola; Mohamed Fayed, nato nel 1929, è figlio di un funzionario pubblico che lui disprezza, troppo privo di denaro e di ambizione. Ma quello è un momento in cui le cose cambiano rapidamente, e come il re Faruk viene sostituito dal colonnello Nasser come capo di stato, così l’intraprendente giovanotto sostituisce il commercio di bibite con quello delle macchine da cucire. Il 26 luglio 1952 il re spodestato viene spedito in esilio; il giorno prima ha compiuto 17 anni un altro protagonista della nostra storia, ed è lui la chiave per il giovane Fayed e le sue ambizioni. Il giovanotto si chiama Adnan Khashoggi, studia in Egitto come sua sorella Samira ma viene dall’Arabia Saudita dove il padre, di origine turca, è il medico personale del sovrano ʿAbd al-ʿAzīz ibn Sa’ud. Mohamed capisce che i Khashoggi sono il suo passaporto per il successo e quando Adnan va negli USA per studiare economia all’università di Stanford lui riceve l’incarico di rappresentarlo nei primi affari coi sauditi. Mentre lavora per il fratello corteggia la giovanissima sorella e la sposa nel 1954, dopo aver ottenuto dal futuro suocero un prestito che consenta alla ragazza di continuare lo stile di vita cui è abituata; l’anno dopo nasce il loro unico figlio, Emad, che noi conosceremo come Dodi, ancora un anno e il matrimonio è finito. Nonostante sia stato lui a tradire la moglie, Mohamed riesce a ottenere ciò che vuole (siamo sempre negli anni ’50), e si tiene la dote della sposa.

Samira è una donna interessante, colta e moderna, quella che noi chiameremmo un’intellettuale progressista; giornalista e scrittrice, nel 1958 pubblica il suo primo romanzo. Qualche anno dopo con ʿIffat al-Thunayān, consorte del re saudita Fayṣal, fonda The AlNahda Society for Women con l’obiettivo di migliorare la condizione delle donne. Nel 1972 nasce Al-Sharkiah, una delle principali riviste femminili del mondo arabo, pubblicata ancora oggi e diretta dalla figlia Jumana Yassin, nata dal secondo matrimonio, che finisce rapidamente come il primo. Ce ne sarà un terzo particolarmente infelice, infarcito di tradimenti. Divenuta dipendente dagli psicofarmaci, Samira muore nel 1986. Credo non avesse ancora cinquant’anni (la sua data di nascita non è chiarissima).

Mohamed invece ha intessuto la sua tela di affari, cavalcando le difficoltà e cogliendo le opportunità che in quegli anni abbondano nel mondo arabo, dalle nazionalizzazioni volute da Nasser all’oceano di denaro che arriva nell’area grazie al petrolio. Negli anni ’70 Mohamed Fayed arriva nel Regno Unito, arricchisce il suo nome dell’aristocratica particella Al e parte alla conquista della City. Nel frattempo la sua fortuna, legata a quella dell’ex cognato Adnan Khashoggi, è aumentata a dismisura. Ai lettori che ricordano gli anni ’80 suonerà una campanella, rammenteranno quello che all’epoca era considerato l’uomo più ricco del mondo, una sorta di novello Onassis.

Bassino, pienotto, bruttarello, tragicamente inelegante nonostante la maestria dei migliori sarti del mondo, collezionista di donne bellissime cui dona gioielli in cambio di quello che potete immaginare (citofonare Lory Del Santo). Sposa in seconde nozze un’italiana, la splendida Laura Biancolini, che pian piano vede la sua bellezza trasformarsi nel grottesco simulacro di ciò che era stata. Negli anni ’80 solca i mari a bordo del panfilo Nabila (nome della figlia), venduto poi per 29 milioni di dollari a Trump, con un milione di sconto a patto di ribattezzare lo yacht. Da dove viene quell’enorme ricchezza? Semplice, dal commercio delle armi, di cui Khashoggi domina il mercato mondiale. E già solo per questo, la Diana appassionatamente coinvolta nella lotta alle mine antiuomo avrebbe fatto meglio a esercitare un po’ di prudenza.

(Ph: Tim Graham/Getty Images)

Intanto Al Fayed compra il tempio dello shopping britannico, i magazzini Harrods (poi rivenduti all’emiro del Qatar) e una serie di altri simboli del lusso occidentale, come l’Hotel Ritz a Parigi. Ciò che non gli riesce è essere ammesso nell’alta società britannica, né men che meno ottenere la cittadinanza diventando un suddito di Sua Maestà. Penso che questa circostanza abbia notevolmente influenzato la relazione con Diana: rifiutato dal Paese dove pensava di venire accolto con tutti gli onori decide di prendersi la sua cosa più preziosa: la madre del futuro re, la principessa bella e infelice, l’icona planetaria di charme e glamour. E forse per la prima volta pensa che il figlio Dodi possa essergli utile. Sballottato da una casa all’altra, da una scuola all’altra, mentre il padre costruisce il suo impero e la madre la sua identità, Dodi non ha caratteristiche eccezionali, né fisiche né probabilmente intellettive.

Nato in una famiglia ricca e potente gli manca quella fame che ha spinto il padre, e quella tensione morale che ha motivato la madre. Fa la vita del giovin signore, spendendo e spandendo, seducendo fanciulle più che disponibili a farsi sedurre e producendo qualche film a Hollywood, perfino di successo. Nel 1981, mentre Diana sposa Charles, Dodi è il produttore esecutivo di un film che l’anno seguente vince l’Oscar: Chariots of fire, in italiano Momenti di gloria. Ciononostante la sua carriera non raggiungerà mai il livello che immagino il padre si sarebbe aspettato. Non sappiamo cosa abbia spinto Diana verso Dodi, se l’infanzia solitaria, o il non sentirsi apprezzati né amati, o altro, ma accade e finisce come sappiamo.

(Ph: BackGrid)

La storia che volevo raccontarvi oggi però non è ancora finita, e no, non voglio tornare sulle polemiche relative all’incidente dell’Alma; basti qui ricordare che ognuno ci mise del suo, oltre al fatto che la responsabilità di un incidente “normale” sarebbe stata attribuita dalle assicurazioni a chi aveva fornito auto e autista, cioè il Ritz, cioè Mohamed Al Fayed, il che spiega la rapidità e l’insistenza con cui nacquero e dilagarono le ipotesi di complotto, operazioni cui i Fayed non erano certo estranei. Né voglio entrare nel dettaglio della carriera di Mohamed, intricata come un romanzo (se la materia vi appassiona consiglio la lettura di questo articolo di Richard Newbury, giornalista e scrittore britannico con moglie italiana, è datatissimo ma interessante per farsi un’idea https://www.ilfoglio.it/ritratti/1999/12/28/news/mohamed-al-fayed-57/)

(Ph: Maher Attar/Getty Images)

Facciamo un passo indietro, Adnan e Samira Khashoggi avevano altri fratelli e sorelle, tra cui Ahmad, commerciante di stoffe. Nel 1958 ad Ahmad nasce un figlio, che chiama Jamal. È Jamal Kashoggi, il giornalista e dissidente che sessant’anni dopo sarà ucciso e fatto a pezzi all’interno del consolato saudita di Istanbul. Per ordine di MBS, Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd nipote dell’uomo di cui suo nonno si era preso tanta cura.

(Ph: Hansmusa/Alamy)

Storie scritte col sangue. E mi chiedo cosa sarebbe successo se Diana e Dodi si fossero davvero sposati, e il cugino di lui fosse finito ammazzato così selvaggiamente per volontà di un’altra famiglia reale. .

Tra favole e realtà

Oggi mi sono imbattuta in due notizie sul mondo royal, totalmente diverse: la prima è il comunicato (in tre lingue, trovate la versione italiana in fondo al post) che Maria Chiara di Borbone Due Sicilie ha diffuso sui social per smentire i rumors sull’amore con Christian di Danimarca. Inevitabili i commenti, ottimi e abbondanti. Si va da excusatio non petita, accusatio manifesta a “non sarà stata invitata alla festa dei 18 anni di lui a Copenaghen” a “l’avrà scritto la madre” Ah, le mamme! A me invece è venuta in mente la famosa frase di Andreotti: una smentita è una notizia data due volte. E chi vivrà (speriamo tutti) vedrà.

(Ph: Liv Anette Luane, Det kongelege hoffet)

Mi ha francamente colpito di più un’altra notizia, che riguarda Mette-Marit e i festeggiamenti per i cinquant’anni: oggi è andata al Rikshospitalet, l’ospedale universitario di Oslo, per un party con i bambini ricoverati nel reparto di oncologia pediatrica. I piccoli pazienti e le loro famiglie hanno tra l’altro potuto assaggiare le stesse torte offerte venerdì sera al ricevimento ufficiale, realizzate espressamente per loro dai cuochi di Palazzo.

(Ph: Liv Anette Luane, Det kongelege hoffet)

E se il comunicato di Maria Chiara si chiude con la frase “Tutti amiamo le favole, ma ciò che conta è la realtà”, tutti pensiamo che non potrebbe esserci favola più bella se la guarigione di questi bambini diventasse realtà.

Ma una piccola favola divenuta realtà posso raccontarvela. Oggi la futura regina di Norvegia ha scelto una mise semplice, adatta all’occasione: blusa rosa e pantaloni bordeaux (più o meno). In mano una borsetta in tinta, che ha già indossato in precedenza, ed è di un brand italiano con una bella storia: quella di una ragazza siciliana che si trasferisce a Milano e un giorno si imbatte in un telaio. Nascono delle piccole creazioni artigianali, tutte fatte a mano con filati italiani, che affascinano e conquistano appassionati e professionisti della moda. Il brand ha il nome della sua fondatrice, Maria La Rosa, cui oggi si sono affiancate le figlie Alice e Lisa.

(Ph: Hanna Johre/NTB)

In questa storia di madri e figlie non può mancare Ingrid Alexandra, figlia di Mette-Marit, che venerdì sera, per festeggiare il compleanno dei genitori, ha a sua volta scelto una clutch Maria La Rosa, il modello Game Crochet.

Alla povera Maria Chiara, che mi sembra un po’ schiacciata tra i desideri propri e quelli altrui, consiglio l’acquisto di una bella borsa, perché si sa, gli uomini passano le borse restano. A voi, anche senza l’urgenza dell’acquisto, raccomando di fare un giro sul sito https://www.marialarosa.it/ per conoscere meglio loro e le loro deliziose creazioni. Lady Violet è indecisa tra due, urge iniziare a risparmiare!

Il caffè del lunedì – Ma è giovedì?

No, non è giovedì ma il caso vuole che oggi vi tocchino non uno ma ben due gnocchi. Il primo è Nikolai di Danimarca, che avrà pure perso il titolo di principe, ma conserva ogni oncia di quella innegabile, iarrivabile gnoccaggine che da anni lo vede in testa alle classifiche degli aristocratici più charmant.

Ebbene, oggi il giovanotto, che sta frequentando un semestre presso la University of Technology di Sydney, compie 24 anni, e la Casa reale danese – bontà sua – ce lo ricorda con questa bella foto. Attribuendo a Nikolai il titolo di Greve, cioè conte, che è quello che ora gli tocca, ma non può fare ameno di generare, almeno in Lady Violet, una leggera irritazione per il modo tutt’altro che regale con cui la decisione è stata presa, e soprattutto comunicata. Nikolai, dà retta a zia Violet, infischiatene, che per noi sarai sempre il più bel principe della tua generazione.

Il secondo non appartiene a una famiglia reale, ma la serve, però è indubbiamente un vero gnocco buono in tutte le sale.

Oggi ve lo propongo in versione burro e salvia: il tenente colonnello Jonathan Thompson, detto Johnny, apprezzatissimo scudiero di Sua Maestà Charles III, è scomparso dai radar per qualche giorno, generando un certo vago sgomento. Ferie o rimozione? Direi ferie, visto che lunedì scorso era al suo posto col Re, a Balmoral, in una inedita versione senza kilt ma in completo di tweed a quadri. Sarò stato un ordine di Carletto per evitare impropri paragoni tra le rispettive gambe? Io, vi confesso, il bel Johnny lo preferisco in sottana.

E vissero tutti felici e contenti

Mentre ieri eravamo distratti dal birthday party norvegese, altrove accadeva una cosa interessante. Questo “altrove” è Schloss Berleburg, aristocraticissima residenza del casato Sayn-Wittgenstein-Berleburg, cui per matrimonio appartiene la principessa Benedikte di Danimarca, sorella minore della regina Margrethe. La notizia è che ieri è stato battezzato il principino che dovrebbe ereditare il casato, protagonista prima ancora di nascere di una storia da romanzo.

(Ph: Karl Anton Koenigs)

Provo a sintetizzare: tutto comincia col quinto principe, Gustav Albrecht, gentiluomo di appassionata fede nazista, il quale all’alba della seconda guerra mondiale decide che titolo e beni di famiglia potranno essere trasferiti a un eventuale erede solo se questi sposerà una donna che abbia tre caratteristiche per lui imprescindibili: dovrà essere aristocratica, protestante, e pure ariana. Poi va in guerra, dove fa almeno una cosa buona: finisce disperso in azione in Bielorussia e non torna a casa – cioè nel castello di Berleburg – dove resta il primogenito Richard con la madre un fratello e tre sorelle. Nel 1944, quando il padre scompare, Richard ha solo dieci anni, e il caso vuole che proprio quell’anno nasca la fanciulla che sposerà: Benedikte, secondogenita di Frederik e Ingrid, che tre anni dopo sarebbero saliti al trono di Danimarca. Quando viene il momento, benché non ci sia ancora una dichiarazione di morte di Gustav Albrecht, il matrimonio osserva tutte le caratteristiche richieste: Benedikte è addirittura di sangue reale, sicuramente ariana e pure luterana.

(Ph: Karl Anton Koenigs)

Primo figlio della coppia è un maschietto, Gustav, e il suo arrivo spinge la famiglia a chiedere la dichiarazione di morte presunta del quinto principe, cosa che avviene a novembre 1969. Richard è ufficialmente il sesto principe, la famiglia cresce – negli anni arrivano due bambine – e tutto procede. All’alba del nuovo millennio iniziano a suonare campane a nozze: viene annunciato il fidanzamento tra il trentaduenne Gustav e Elvire Pasté de Rochefort, aristocratica francese che potrebbe rispondere alle caratteristiche richieste dall’adorabile nonno. Ma qualche mese dopo badabam! Il matrimonio viene annullato. Forse Gustav è già innamorato di un’altra. Quest’altra è Carina Axelsson; modella (vera, è comparsa pure su Vogue) e poi scrittrice. Il cognome scandinavo le viene dal padre svedese, ma lei è nata negli USA, e sua madre è messicana. Dunque non è puramente ariana (succede), non è aristocratica (succede molto spesso) ed è pure cattolica (allora lo fate apposta!). I due vivono insieme, lei è considerata parte della famiglia – tiene a battesimo Athena, unica figlia femmina del principe Joachim e dunque nipote della regina Margrethe II – ma la decisione su un eventuale matrimonio è in stand by. La situazione inizia a cambiare nel 2017 quando muore Richard, capo della casata, marito di Benedikte e padre di Gustav. Come in ogni romanzo che si rispetti compare pure un secondo cugino che cerca di fare il colpaccio spodestando l’erede legittimo ma inadempiente. A quel punto si decide di ricorrere alla legge, contestando il testamento in tribunale. Che dà ragione ai ricorrenti: i vincoli imposti dal nazista non sono validi, e Gustav può ottenere quanto gli spetta. Finalmente l’anno scorso i due attempati ma tenaci innamorati si sposano. Il 3 giugno le nozze civili, il 4 quelle religiose; un appuntamento che Lady Violet si perse essendo ricoverata in ospedale.

(Ph: Karl Anton Koenigs)

La coppia ha avuto subito un bimbo che molto carinamente è nato il 26 maggio, giorno del compleanno del futuro re Frederik, cugino del neopapà, e pure di Lady Violet, che non è parente ma facciamo finta. Ieri dunque il battesimo del pupo, che con una certa dose di umorismo è stato chiamato Gustav Albrecht, come il bisnonno che mai l’avrebbe voluto. Tra i padrini di battesimo l’altissimo Christian – secondo cugino del pupetto – e la graziosa Theodora di Grecia (in rosa), figlia di Anne-Marie e dunque anche lei cugina del papà.

(Ph: Karl Anton Koenigs)

Felicissima Benedikte, cui mi permetterei di fare una sola domanda: ma dopo tutti i problemi questa creatura proprio in questo catafalco la dovevate piazzare? Appunto per Lady Violet: spedire a Schloss Berleburg un cornetto di corallo.

Cinquanta+cinquanta di questi giorni

Alla fine anche questi neo cinquantenni hanno avuto la loro bella festa di compleanno, e visto che compiono gli anni a distanza di un mese circa ne hanno organizzata una sola, in un giorno speciale per entrambi: quello che ventidue anni fa ha unito le loro vite.

(Ph: Hanna Johre/NTB/PISCINA)

Festa bella e abbastanza insolita per le monarchie scandinave, che spesso celebrano queste occasioni con grande sfarzo. Loro, Haakon e Mette-Marit, hanno voluto invece qualcosa di diverso, una festa per celebrare gli eroi di tutti i giorni che rendono bella la Norvegia, come hanno ricordato nel loro discorso a due voci.

(Ph: Stian Lysberg Solum/NTB)

I principi hanno voluto con sé tante delle persone incontrate durante le visite alle diverse regioni del Paese, persone preziose per il loro lavoro e il loro impegno nella comunità. “Ci sentiamo fortunati. Grazie per aver voluto venire a festeggiare con noi. Festeggiamo la Norvegia. Festeggiamo ciò che abbiamo creato insieme. Festeggiamo ciò che possiamo essere gli uni per gli altri e per il nostro Paese” ha detto Mette-Marit secondo quanto riferisce la stampa norvegese (perdonate la traduzione automatica).

(Ph: Stian Lysberg Solum/NTB/POOL)

E si è commossa a sentire le parole del primo ministro Jonas Gahr Støre (che a sua volta festeggiava il compleanno, per lui sono 63) “Vediamo che buona squadra siete l’uno per l’altra e per il nostro Paese, quanto siete felici l’uno per l’altra, quanto date priorità alla famiglia, alla famiglia allargata e quanto siete aperti e onesti, quando la vita non scorre senza intoppi” (per la versione italiana vale quanto sopra).

Una bella festa popolare – dunque intelligentemente politica, alla fine sempre di un futuro capo di stato di tratta – con circa 400 invitati divisi in 48 tavoli, ognuno con la sua torta di compleanno.

(Ph: Hanna Johre/NTB/POOL)

E siccome lo stile – come varie altre cose – è nei dettagli, vi prego di notare il grembiule personalizzato con le iniziali dei festeggiati sotto cui campeggia il numero 50.

(Ph: Stian Lysberg Solum/NTB)

Notate anche i plaid, uno per ogni sedia, en pendant con le tovaglie. Molti ospiti li hanno usati per difendersi dall’aria frizzante della sera, e chissà se hanno potuto portarli a casa come ricordo o hanno dovuto mollarli.

Delle mise parleremo meglio nel prossimo Royal chic shock e boh, lo stile che ha ispirato la famiglia – gli ospiti erano vestiti un po’ a caso – lo definirei Ischia sul fiordo: vestitoni di sapore più o meno etnico per le signore, e molti signori senza cravatta (ma il re la portava, c’è un limite a tutto!).

(Ph: Hanna Johre/NTB/PISCINA)

Non pervenuto il sedicente sciamano Durek Verrett, fidanzato della principessa Märtha Louise, che è entrata dando il braccio alla signora Marit Tjessem, madre di Mette-Marit (il padre è morto da molti anni). Non credo ci fosse Marius, il figlio che la futura regina aveva avuto prima del matrimonio, ma si sa che i giovai tendono a evitare le feste dei genitori. Spero di tornare a vederlo, perché secondo me è un valore aggiunto.

(Ph: Ritzau Scanpix)

Insomma, a Lady Violet è piaciuto tutto. Soprattutto i festeggiati.

Le foto del giorno – Chi viene chi va chi lascia e chi resta

La prima foto e la prima notizia riguardano l’Italia, anche se di riflesso: è arrivata nel nostro Paese la più giovane delle principesse olandesi, la sedicenne Ariane, pronta per iniziare il nuovo anno scolastico presso lo UWC Adriatic, sede italiana del Collegio del Mondo Unito Adriatico, che si trova a Duino sul golfo di Trieste. Una bella scelta, che rimarca gli ottimi rapporti dei reali con l’Italia; vi ricorderete che per molti anni la sede delle loro vacanze era l’Argentario, nella villa L’Elefante Felice, poi venduta.

(Ph: RVD/ZM de Koning)

Simpatica e spigliata, molto cresciuta e già molto attenta al look sulle orme di mamma Máxima (notare i pantaloni ampi la canotta marinière e la tonalità dello smalto), a me Ariane piace tanto. Le diamo un caloroso benvenuto e speriamo si trovi benissimo.

Ad andare invece sono i sovrani britannici che no, non vanno a quel paese dove qualcuno forse vorrebbe mandarli, ma hanno finalmente riprogrammato la prima visita estera da quando sono sul trono. Visiteranno gli amici/nemici francesi, compiendo quel viaggio già annunciato e poi rimandato per le tensioni sociali che di recente hanno infiammato la Francia. Il programma deve ancora essere dettagliato, di certo al momento al momento c’è la data, dal 20 al 22 settembre, e la meta, Parigi e Bordeaux. Noi restiamo in educata attesa di vedere ciò che in fondo ci interessa di più: i gioielli che sceglierà la regina e in subordine le mise della Première Dame. À bientôt.

C’è invece un po’ di confusione sull’arrivo in Europa dei Duchi di Sussex; il 7 settembre è confermata la presenza di Harry alla consegna dei premi dell’associazione WellChild, di cui ha il patronage. Poi le cose si complicano perché il giorno dopo è il primo anniversario della morte della nonna regina, e dunque potrebbe ricordarla con la famiglia – non sono previste cerimonie ufficiali – e secondo alcuni cogliere l’occasione per chiarirsi almeno con il padre, cosa che a dar retta a certe voci entrambi vorrebbero. Il 9 il principe sarà sicuramente in Germania, a Düsseldorf, per l’apertura degli Invictus Games, che si protrarranno fino al 16; qui dovrebbe essere raggiunto dalla moglie Meghan e forse dai figli, visto che il 15 Harry compirà 39 anni. Insomma altro non so, aspettiamo e speriamo.

A lasciare, per ora solo l’account Instagram, è invece Charlène de Monaco che ha appunto chiuso il suo profilo. In questi giorni sulla stampa sono uscite notizie che vorrebbero i principi sovrani insieme solo formalmente con la princesse che risiederebbe in Svizzera e comparirebbe a fianco al marito solo in determinate occasioni. Cosa ci sia di vero per ora non è dato sapere, però va detto che la coppia è appena stata in vacanza con i due figli e sembrava in buona armonia. È certo invece che questa estate il Principato è stato agitato da uno scandalo politico (e dunque economico) con protagonista il braccio destro di Albert II, che è stato prontamente allontanato. Dato il proverbiale riserbo (chiamiamolo così) che protegge le cose monegasche al momento ho capito abbastanza poco, e non saprei dire se c’entra qualcosa con la scelta di Charlène di chiudere un profilo social; l’unica cosa che mi viene in mente è che il fratello Gareth, dilagante nel Principato, possa avere avuto un qualche ruolo, ma al momento nulla so di sicuro.

(Ph: Instagram @nicole.coste)

C’è invece altro che potrebbe aver irritato (eufemismo anche questo) Charlène, e lo vedete rappresentato in queste immagini: ieri, 24 agosto, ha compiuto vent’anni Alexandre Coste, figlio naturale poi riconosciuto da Albert, nato dalla relazione con l’allora hostess di origine togolese Nicole Coste. La quale invece il suo profilo Instagram lo tiene ben aperto, e ci ha postato le foto del party di compleanno del figlio, cui era presente anche il padre principe, seduto tra madre e figlio.

(Ph: Instagram @nicole.coste)

E la torta era quanto di più principesco e monegasco si potesse immaginare. Io ci avrei visto bene la scritta hic manebimus optime, e chi vuole capire capisca.

Giovedì gnocchi! James

Confesso, lo gnocco di oggi è tra i miei preferiti; ho sviluppato un certo interesse per lui dal giorno in cui, sfidando la dislessia che lo affliggeva, lesse un brano dalla lettera di San Paolo ai Romani al royal wedding dei Duchi di Cambridge, cioè davanti al mondo intero.

(Ph: AP)

Quel giorno il giovanissimo James (aveva solo 24 anni, essendo nato il 15 aprile 1987), fratello minore della sposa, apparve comprensibilmente teso, fragile ma determinato, conquistando almeno altrettanti estimatori di quelli affascinati dal derrière dell’altra sorella, designata damigella d’onore e autopromossa star della giornata. Negli anni James ha perso l’aspetto delicatamente spaesato, ha acquisito maturità e si è fatto crescere la barba assumendo un po’ quell’aria che fa tanto King George V e in ambito royal funziona dunque assai.

(Ph: Max Mumby/Indigo/Getty Images)

James William Middleton è l’ultimo dei tre figli – e l’unico maschio – di Michael e Carole; benché sia inequivocabilmente un commoner immagino che pure nelle sue vene scorra qualche goccia di sangue blu, quel minimo inevitabile essendo nato in un’isola dove nel corso dei secoli una certa promiscuità ha riguardato le classi elevate e aristocratiche come le popolari. In compenso i futuri sovrani britannici, da George in poi, avranno anche un po’ del suo sangue, il che regala al giovanotto un posto d’onore tra i royal gnocchi.

Come le sorelle maggiori James ha frequentato l’ottimo Marlborough College e si è poi iscritto a una università scozzese; nel suo caso, come Pippa, quella di Edimburgo. Al contrario di Pippa però non si è laureato ma ha abbandonato gli studi dopo un anno a causa dei suoi disturbi dell’apprendimento. Ha iniziato a lavorare nell’azienda di famiglia, la Party Pieces, aggiungendo una costola: la Cake Kit Company, che proponeva kit per la preparazione delle torte di compleanno. Il dolce business è andato avanti un po’ tra alti e bassi per poi arenarsi definitivamente per varie ragioni, tra cui una molto seria: James soffre di depressione, e ha attraversato momenti veramente difficili.

(Ph:

Con coraggio e il sostegno della famiglia – che naturalmente non è perfetta ma è sempre affidabile e solida e unita – James non ha nascosto la sua malattia, e anzi si è impegnato a fondo contro lo stigma che la depressione di porta dietro. Nella sua lotta per non soccombere ha trovato l’alleata perfetta: Ella, un meraviglioso cocker spaniel che ha camminato al suo fianco per 15 anni; un therapy dog che ha aiutato a guarire anche altre persone oltre a lui.

(Ph: Instagram @jmidy)

A gennaio Ella è morta, ma per fortuna il dolore per la sua scomparsa è stato attenuato da una splendida notizia: James e sua moglie Alizée Thevenet, una analista finanziaria francese sposata nel 2021, aspettano il primo figlio. Con la moglie James vive in campagna, produce cibo di qualità per animali (https://ella.co il sito è delizioso, ma per ora non spediscono all’estero) e alleva cocker spaniel; ha regalato lui ai nipoti principini Orla, il cane di famigli che ha sostituito il defunto Lupo, figlio di Ella e zio di Orla.

(Ph: Getty Images)

Per il resto, qualche serata mondana, poche ma significative presenze ad eventi sociali di rilievo: con i genitori e la sorella (ma senza i rispettivi coniugi) ha partecipato all’incoronazione di King Charles e Queen Camilla. Inoltre lui e la sua gentile metà non mancano mai sugli spalti di Wimbledon. Insomma il tipo di vita che Lady Violet adorerebbe.

(Ph: PA Images)

A questo punto so che cosa state per dirmi: non è che finora siamo stati troppo seri? Non temete, la foto da gnocco ce l’abbiamo pure per lui.

A giovedì!

Partenze, permanenze e (forse) arrivi

Partenza e viaggio trionfali per la Reina Letizia che, accompagnata la figlia maggiore a Saragozza, dove la futura regina Leonor ha iniziato l’addestramento militare, è volata con la minore a Sidney per sostenere la nazionale di calcio femminile, sport di cui la giovane Sofía è appassionatissima.

Una trasferta che si è trasformata in un trionfo, forse anche al di là delle intenzioni. Perché non solo le ragazze spagnole sono diventate campionesse del mondo battendo le Lionesses, cioè la nazionale inglese, ma Letizia si è presa tutta la scena sottolineando con la sua presenza la clamorosa assenza di membri della Royal Family.

Il principe di Galles ha postato il solito messaggio tenerello con la figlia Charlotte – finendo col rimarcare, forse suo malgrado, che per le femmine basta il tifo di altre femmine – ma, benché sia il presidente della FA, la Football Association, cioè la federazione calcistica inglese, William a Sidney non s’è visto, e ha continuato la sua permanenza in vacanza. Apriti cielo. Ha sbagliato? Sicuramente sì. Poteva fare meglio? Avrebbe dovuto. Qualcuno doveva andare a Sidney per la finale? Sarebbe stato il caso, magari una delegazione composta anche da uomini, a sottolineare il fatto che lo sport femminile vale quanto il maschile.

Siccome però l’errore mi sembrava troppo marchiano, e in testa mi ronzava una informazione, ho fatto una breve ricerca, da cui è emerso che l’assenza del principe – o di altri membri della Royal Family – potrebbe avere una ragione protocollare di un certo rilievo: il capo dello stato australiano è King Charles III, che da quando è sul trono non ha ancora visitato il Paese, per cui è prassi che nessun membro della Royal Family lo preceda. Detto questo, e anche a voler dare credito a questa versione, la gaffe c’è stata. O almeno questo comportamento è stato percepito come tale, dunque si poteva e si doveva comunicare meglio. La comunicazione e le sue regole nel tempo dei social cambiano molto rapidamente e non si può far finta di niente. Se fosse andato William avrebbe oscurato la Reina e la Infanta, mentre preferisco non immaginare cosa sarebbe successo se le Lionesses avessero vinto la coppa del mondo senza nessuno a festeggiarle. Non è accaduto, magari impareranno dal loro errore, proprio come Letizia, che dalla brutta scena alla messa di Pasqua di qualche anno fa dimostra sempre grande amore per la suocera, pure troppo… (se non vi ricordate l’episodio, lo trovate qui 2018 A Royal Year – 12 mesi in 12 foto)

(Ph: Carlos Alvarez/Getty Images)

Aggiungo una piccola riflessione a quasi un anno dalla morte di Queen Elizabeth: la transizione è complicata, forse anche più di quanto si potesse pensare, secondo me principalmente per due aspetti. Il primo: ognuno è impegnato a trovare la propria dimensione, interpretandola al meglio; a me sembra che qualche difficoltà ci sia, dei quattro attori principali, sovrani ed eredi, penso che a cavarsela meglio sia Camilla, che comunque è destinata a non essere apprezzata (eufemismo) da una parte della cittadinanza ancora legata al ricordo di Diana. Il secondo: Her Majesty col suo carisma e la stima che praticamente tutti nutrivano per lei fungeva anche da ombrello protettivo per tutta una serie di vicende e problemi, e la sua mancanza si avverte ancora forte. Aggiungerei anche che riducendo il numero dei working royals ho l’impressione che non si riesca a coprire tutto. Al momento gli attivi sono i sovrani – che però ovviamente non possono (e secondo me non devono) comparire sempre; i Principi di Galles, i Duchi di Edimburgo, la Princess Royal e i Duchi di Gloucester. Nove persone in tutto, di cui cinque ultrasettantenni, a fronte di una quantità di royal engagements che non ha eguali; è vero che ad esempio in Spagna i rappresentanti della Corona si contano letteralmente sulle dita di una mano, ma non è che Letizia inauguri spesso nuove residenze per anziani, o sovrintenda alle aperture dei supermercati, come Anne o Sophie. Insomma, come sempre i cambiamenti sono faticosi, però restano affascinanti.

Siamo infine alla terza parte di questo post, di sicuro la più divertente, che ha come argomento un possibile arrivo. Accade che una grande festa è prevista per sabato 3 settembre, in un delizioso borgo dell’Italia centrale. Il borgo è Solomeo, in provincia di Perugia; una piccola comunità portata a uno splendore quasi rinascimentale da un imprenditore illuminato, Brunello Cucinelli. Che appunto il 3 settembre compirà settant’anni e celebrerà comme il faut. Bene, da alcuni giorni un po’ di giornali, soprattutto locali, sono entrati in fibrillazione quando si è sparsa la voce che tra gli invitati al megaparty ci sarebbe addirittura Sua Maestà Charles III in persona. Cucinelli ha incontrato varie volte il sovrano quand’era ancora Principe di Galles, e a febbraio è stato invitato a Buckingham Palace dal nuovo re che ha ricevuto e lui e Federico Marchetti, fondatore di Yoox. L’insolito terzetto ha in comune un interessante progetto “The Sustainable Market Initiative”, una creatura di Charles, sempre particolarmente attento alla sostenibilità. Nell’ambito dell’iniziativa il re del cachemire Cucinelli finanzia l’Himalayan Regenerative Fashion Living Lab. Il sito della maison ci informa che «La partnership mira a sviluppare un nuovo programma per la creazione di paesaggi rigenerativi della moda, per dimostrare il potenziale di tale industria nella transizione verso un percorso inclusivo, rispettoso del clima e positivo per la natura, all’insegna di una nuova catena di valore imperniata sui principi della moda sostenibile. L’iniziativa si concentra nel recupero dell’ambiente naturale – seriamente minacciato dal cambiamento climatico – nonché delle tradizionali abilità artigianali e manifatturiere di alcune piccole comunità locali dell’Himalaya che da secoli basano la propria sussistenza sull’economia legata al cashmere, al cotone e alla seta» Insomma una specie di Solomeo in salsa himalayana, ci piace!

(Ph: Instagram @brunellocucinelli)

Ora io non so dire se The King arriverà davvero, Lady Violet ne sarebbe deliziata e monterà la guardia. Intanto direi che la comunicazione di Cucinelli ha messo a segno un colpo niente male, magari una telefonatina a Kensington Palace per un paio di consigli?

Chiudiamo con un gossip sullo stile, di quelli che piacciono a noi: le due fotografie che ritraggono Charles Cucinelli e Marchetti sono state scattate a un anno e mezzo di distanza (ottobre 2021/febbraio 2023) eppure i tre gentlemen sono vestiti praticamente uguali; il re col suo classico completo gessato blu chiaro, Marchetti ha cambiato la camicia e forse l’abito, ma ha la stessa cravatta, e Cucinelli ha praticamente la stessa giacca, che differisce nei bottoni (e nel fatto che non gli tira sulla pancia). Abbigliamento sostenibile? Missione compiuta!
 

Un’altra splendida cinquantenne

Alla fine anche lei ha girato la boa del mezzo secolo: Mette-Marit, consorte del principe ereditario di Norvegia, nata Tjessem Høiby il 19 agosto 1973.

(Ph: Liv Anette Luane/Det kongelige hoff )

Quando fece la sua comparsa sulla scena reale, in pochi avrebbero scommesso su questa ragazza che arrivava all’altare da madre single, accompagnata da un bambino nato dalla relazione con un tipo non troppo raccomandabile. Ma l’aitante Haakon aveva voluto lei e lei sola, lei e nessun’altra, rendendo chiaro che avrebbe accettato il peso del trono solamente con lei a fianco. Dopo 22 anni due figli e una patologia seria, è chiaro che lui aveva ragione e gli altri torto; mentre lei con gli anni non ha perso l’aspetto della principessa del nord appena uscita da un racconto di Ibsen, coi capelli di lino antico e gli occhi color fiordaliso.

Priva dell’esuberanza di Máxima, dell’asciutto pragmatismo di Letizia, della dinamicità di Mary, dell’aristocratica signorilità di Mathilde, Mette-Marit ha comunque trovato la sua cifra fatta di dolcezza, di pacatezza, e della capacità di stare un passo indietro senza risultarne eclissata. Senza dimenticare la passione per i libri e la letteratura che divide con la Queen Consort Camilla (e ce le fa apprezzare entrambe in modo particolare).

Penso che Mette-Marit abbia avuto un valido sostegno dalla suocera Sonja, ritenuta a sua volta e a lungo inadatta a sposare l’erede al trono, donna di classe intelligenza e cultura, capace di accettare con divertita grazia anche un quasi genero sedicente sciamano, altro che ragazza madre…

Con altrettanta grazia Mette-Marit si è concessa all’inevitabile intervista sulla rivista di punta del suo Paese, nel suo caso D2, magazine di lifestyle associato al diffuso Dagens Næringsliv. La principessa ha parlato dell’età e di quello che porta con sé: la consapevolezza di non essere eterni, il desiderio di alleggerirsi di ciò che non è necessario, la necessità di perdonare, innanzi tutto sé stessi, la volontà di focalizzarsi sulla famiglia, riconoscendola come impegno principale della vita.

E della tessitura, sua grande passione, che a Lady Violet sembra cosa bellissima e volendo pure politicamente significativa. Ora non ci resta che aspettare venerdì prossimo, il 25, quando Mette-Marit e Haakon, a sua volta freschissimo cinquantenne, festeggeranno il mezzo secolo di vita nel giorno del ventiduesimo anniversario di nozze con quella che si annuncia come una bella festa di popolo. E auguri.

Ci pensa mammà

La regina dell’estate è lei, Camilla di Borbone Due Sicilie née Crociani, una di quelle donne che ti distraggono con il leggiadro aspetto bambolabionda e piazzano tutti i colpi che vogliono. Ora, Madame – o meglio Sua Altezza Reale la Duchessa di Castro – ha due figliuole, bionde e belline, beneducate e istruite, praticamente mogli ideali per molti, soprattutto se questi molti hanno/avranno ruoli socioeconomici di primo piano.

(Ph: Instagram @camilladebourbon)

Magari è solo una piccola malizia estiva quella che legge nella sua chiamiamola dinamicità degli inviti anche un progetto a lungo termine per la realizzazione delle sue creature, sta di fatto che la cronaca rosa abbonda di foto dal ritiro tropezienne dei Borbone, di cui peraltro la stessa Camilla è generosa dispensatrice attraverso il suo account Instragram, da seguire assolutamente. Le immagini più recenti ritraggono la famiglia con ospiti illustri: Laurent e Claire del Belgio con i tre figli. Distogliendo la nostra attenzione dalle impressionanti margheritone in materiale indefinibile che segnano l’ingresso della maison, dedichiamola alle due coppie che sorridono all’obiettivo. I due signori gemelli diversi in pantaloni bianchi e camicia blu, le due signore con mise agli antipodi: la principessa belga semplicissima ed elegante in palette neutra, l’italiana tutta in tiro in un completo stile Raffaella Carrà degli anni d’oro, coi pantaloni a zampetta a celare la probabile presenza di supertacchi.

(Ph: Instagram @camilladebourbon)

Stessa differenza tra i ragazzi – o meglio le ragazze – con Louise francescana in camicione e sandali flat e le due Marie tirate a lucido e pronte per una serata; Maria Carolina addirittura in miniabito sbrilluccicoso da disco anni ’80.

(Ph: Instagram @camilladebourbon)

Tra tutte, la foto che preferisco è l’ultima, caratterizzata da un interessante metamessaggio: Camilla e Laurent al centro in primo piano, fiancheggiati dai figli; i rispettivi coniugi in seconda fila quasi in castigo, col Duca di Castro che si sforza con poco successo di fingere indifferenza, mentre la principessa belga sorride serenamente, probabilmente lieta di aver piazzato anche se per poco l’ingombrante marito.

(Ph: Instagram @camilladebourbon)

A questo punto un solo interrogativo si muove pigro nella testa di Lady Violet: ma le principesse di Borbone girano in casa con la borsetta come The Queen buonanima? Brave, puntare in alto, sempre.