Diana è Diana. Henri Paul l’autista ubriaco che ha finito per causare l’incidente. Trevor Rees-Jones la guardia del corpo e l’unico che riesce a salvarsi. Nella tragedia del tunnel dell’Alma, consumatasi 26 anni fa, c’è uno dei protagonisti che è raccontato tutt’al più come un comprimario. Figlio di, ultimo amore di, una vita di secondo piano che finisce con una morte di secondo piano. Dodi Al Fayed, o meglio Emad El-Din Mohamed Abdel Moneim Fayed, nasce il 15 aprile 1955 al Cairo. Come in una tragedia greca la sua vita e la sua morte non possono prescindere dalla storia di suo padre.
È una storia che inizia nell’immediato dopoguerra in Egitto, Paese in grande fermento sociale ed economico. A percorrere le strade affollate della Alessandria degli anni ’40 avremmo potuto incontrare un giovanotto di grande intraprendenza, venditore ambulante di Coca Cola; Mohamed Fayed, nato nel 1929, è figlio di un funzionario pubblico che lui disprezza, troppo privo di denaro e di ambizione. Ma quello è un momento in cui le cose cambiano rapidamente, e come il re Faruk viene sostituito dal colonnello Nasser come capo di stato, così l’intraprendente giovanotto sostituisce il commercio di bibite con quello delle macchine da cucire. Il 26 luglio 1952 il re spodestato viene spedito in esilio; il giorno prima ha compiuto 17 anni un altro protagonista della nostra storia, ed è lui la chiave per il giovane Fayed e le sue ambizioni. Il giovanotto si chiama Adnan Khashoggi, studia in Egitto come sua sorella Samira ma viene dall’Arabia Saudita dove il padre, di origine turca, è il medico personale del sovrano ʿAbd al-ʿAzīz ibn Sa’ud. Mohamed capisce che i Khashoggi sono il suo passaporto per il successo e quando Adnan va negli USA per studiare economia all’università di Stanford lui riceve l’incarico di rappresentarlo nei primi affari coi sauditi. Mentre lavora per il fratello corteggia la giovanissima sorella e la sposa nel 1954, dopo aver ottenuto dal futuro suocero un prestito che consenta alla ragazza di continuare lo stile di vita cui è abituata; l’anno dopo nasce il loro unico figlio, Emad, che noi conosceremo come Dodi, ancora un anno e il matrimonio è finito. Nonostante sia stato lui a tradire la moglie, Mohamed riesce a ottenere ciò che vuole (siamo sempre negli anni ’50), e si tiene la dote della sposa.
Samira è una donna interessante, colta e moderna, quella che noi chiameremmo un’intellettuale progressista; giornalista e scrittrice, nel 1958 pubblica il suo primo romanzo. Qualche anno dopo con ʿIffat al-Thunayān, consorte del re saudita Fayṣal, fonda The AlNahda Society for Women con l’obiettivo di migliorare la condizione delle donne. Nel 1972 nasce Al-Sharkiah, una delle principali riviste femminili del mondo arabo, pubblicata ancora oggi e diretta dalla figlia Jumana Yassin, nata dal secondo matrimonio, che finisce rapidamente come il primo. Ce ne sarà un terzo particolarmente infelice, infarcito di tradimenti. Divenuta dipendente dagli psicofarmaci, Samira muore nel 1986. Credo non avesse ancora cinquant’anni (la sua data di nascita non è chiarissima).
Mohamed invece ha intessuto la sua tela di affari, cavalcando le difficoltà e cogliendo le opportunità che in quegli anni abbondano nel mondo arabo, dalle nazionalizzazioni volute da Nasser all’oceano di denaro che arriva nell’area grazie al petrolio. Negli anni ’70 Mohamed Fayed arriva nel Regno Unito, arricchisce il suo nome dell’aristocratica particella Al e parte alla conquista della City. Nel frattempo la sua fortuna, legata a quella dell’ex cognato Adnan Khashoggi, è aumentata a dismisura. Ai lettori che ricordano gli anni ’80 suonerà una campanella, rammenteranno quello che all’epoca era considerato l’uomo più ricco del mondo, una sorta di novello Onassis.
Bassino, pienotto, bruttarello, tragicamente inelegante nonostante la maestria dei migliori sarti del mondo, collezionista di donne bellissime cui dona gioielli in cambio di quello che potete immaginare (citofonare Lory Del Santo). Sposa in seconde nozze un’italiana, la splendida Laura Biancolini, che pian piano vede la sua bellezza trasformarsi nel grottesco simulacro di ciò che era stata. Negli anni ’80 solca i mari a bordo del panfilo Nabila (nome della figlia), venduto poi per 29 milioni di dollari a Trump, con un milione di sconto a patto di ribattezzare lo yacht. Da dove viene quell’enorme ricchezza? Semplice, dal commercio delle armi, di cui Khashoggi domina il mercato mondiale. E già solo per questo, la Diana appassionatamente coinvolta nella lotta alle mine antiuomo avrebbe fatto meglio a esercitare un po’ di prudenza.
Intanto Al Fayed compra il tempio dello shopping britannico, i magazzini Harrods (poi rivenduti all’emiro del Qatar) e una serie di altri simboli del lusso occidentale, come l’Hotel Ritz a Parigi. Ciò che non gli riesce è essere ammesso nell’alta società britannica, né men che meno ottenere la cittadinanza diventando un suddito di Sua Maestà. Penso che questa circostanza abbia notevolmente influenzato la relazione con Diana: rifiutato dal Paese dove pensava di venire accolto con tutti gli onori decide di prendersi la sua cosa più preziosa: la madre del futuro re, la principessa bella e infelice, l’icona planetaria di charme e glamour. E forse per la prima volta pensa che il figlio Dodi possa essergli utile. Sballottato da una casa all’altra, da una scuola all’altra, mentre il padre costruisce il suo impero e la madre la sua identità, Dodi non ha caratteristiche eccezionali, né fisiche né probabilmente intellettive.
Nato in una famiglia ricca e potente gli manca quella fame che ha spinto il padre, e quella tensione morale che ha motivato la madre. Fa la vita del giovin signore, spendendo e spandendo, seducendo fanciulle più che disponibili a farsi sedurre e producendo qualche film a Hollywood, perfino di successo. Nel 1981, mentre Diana sposa Charles, Dodi è il produttore esecutivo di un film che l’anno seguente vince l’Oscar: Chariots of fire, in italiano Momenti di gloria. Ciononostante la sua carriera non raggiungerà mai il livello che immagino il padre si sarebbe aspettato. Non sappiamo cosa abbia spinto Diana verso Dodi, se l’infanzia solitaria, o il non sentirsi apprezzati né amati, o altro, ma accade e finisce come sappiamo.
La storia che volevo raccontarvi oggi però non è ancora finita, e no, non voglio tornare sulle polemiche relative all’incidente dell’Alma; basti qui ricordare che ognuno ci mise del suo, oltre al fatto che la responsabilità di un incidente “normale” sarebbe stata attribuita dalle assicurazioni a chi aveva fornito auto e autista, cioè il Ritz, cioè Mohamed Al Fayed, il che spiega la rapidità e l’insistenza con cui nacquero e dilagarono le ipotesi di complotto, operazioni cui i Fayed non erano certo estranei. Né voglio entrare nel dettaglio della carriera di Mohamed, intricata come un romanzo (se la materia vi appassiona consiglio la lettura di questo articolo di Richard Newbury, giornalista e scrittore britannico con moglie italiana, è datatissimo ma interessante per farsi un’idea https://www.ilfoglio.it/ritratti/1999/12/28/news/mohamed-al-fayed-57/)
Facciamo un passo indietro, Adnan e Samira Khashoggi avevano altri fratelli e sorelle, tra cui Ahmad, commerciante di stoffe. Nel 1958 ad Ahmad nasce un figlio, che chiama Jamal. È Jamal Kashoggi, il giornalista e dissidente che sessant’anni dopo sarà ucciso e fatto a pezzi all’interno del consolato saudita di Istanbul. Per ordine di MBS, Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd nipote dell’uomo di cui suo nonno si era preso tanta cura.
Storie scritte col sangue. E mi chiedo cosa sarebbe successo se Diana e Dodi si fossero davvero sposati, e il cugino di lui fosse finito ammazzato così selvaggiamente per volontà di un’altra famiglia reale. .