Quante spose di luglio!

Those who in July do wed, must labour for their daily bread

Chi si sposa a luglio si deve guadagnare il pane quotidiano. Probabilmente perché per loro portare il pane in tavola non è di solito un problema, luglio è un mese gettonatissimo per i royal wedding, compreso il più famoso di tutti , quello di Charles e Diana, ormi entrato negli anta.

Se Paola Ruffo di Calabria lascia Roma alla volta di Bruxelles per diventare Principessa di Liegi il 2 luglio 1959 sposando Albert – fratello del Re dei Belgi e poi re a sua volta – nel 2014, il 6, il maggiore dei nipoti della coppia, Amedeo, fa il percorso inverso e viene in una Roma torrida a sposare la deliziosa – e italianissima, nonostante il cognome – Elisabetta Rosboch Von Wolkenstein. Paola indossa un abito couture e il sontuoso velo ereditato dalla nonna (belga a sua volta) che nell’emozione del momento finisce per calpestare. Elisabetta è in Valentino dalla testa ai piedi; nel suo caso il prezioso velo di famiglia resta nel comò.

(Ph: Riccardo De Luca)

È il 3 luglio 1993, un sabato, quando la cattedrale di Vaduz addobbata a festa accoglie il principe ereditario, Alois, che sposa la duchessa Sophie in Bavaria. Nonostante la proverbiale discrezione del Liechtenstein, è un matrimonio molto interessante per più di una ragione: innanzi tutto il rango dell’aristocraticissima sposa, che non solo appartiene al casato dei Wittelsbach, ma è anche nella linea di successione giacobita, che discendendo da James II si oppone alla successione degli Hannover, quella della Royal Family regnante. In secondo luogo abbonda di scapoli d’oro più o meno alla ricerca di una consorte di rango adeguato; all’epoca qualcuno sogna un matrimonio tra l’allora venticinquenne Principe delle Asturie Felipe e Tatjana, sorella ventenne dello sposo. Philippe del Belgio, timido e riservato, ha 33 anni ed è quasi fuori tempo massimo; è l’erede apparente al trono su cui siede solidamente lo zio Baudouin: la sua situazione apparentemente tranquilla si ribalta in appena 4 settimane, con la morte dello zio e l’inattesa ascesa al trono del padre Albert. Philippe trova in seguito l’anima gemella in Mathilde d’Udekem d’Acoz che sposa nel dicembre 1999.

Lady Violet, che deve di lì a breve fare da testimone a due delle sue migliori amiche – sempre damigella e mai sposa! – cerca ispirazione per le sue mise nei reportage di questo royal wedding, ispirazione che genera un clamoroso cappello di paglia con fiocco in organza per uno dei due matrimoni, celebrato di mattina.

Se il matrimonio di Philippe e Mathilde è l’ultimo royal wedding del millennio, il penunltimo credo proprio che sia quello di Alexia di Grecia, primogenita dei deposti Costantino e Anne-Marie, che il 10 luglio sposa nella cattedrale ortodossa di Londra l’architetto spagnolo Carlos Morales. Alexia ci dà la grande, e rara in questa generazione, gioia di vedere indossata la famosa tiara del Khedivé, che per tradizione indossano le spose discendenti di Margareth di Connaught (qui trovate la storia di questo splendido diadema A Royal Calendar – A Greek royal wedding).

Same month same place per il fratello minore di Alexia, il diadoco Pavlos, che il 1 luglio 1995 impalma la graziosa Marie-Chantal Miller, di Valentino vestita, alla presenza di varie regine consorti e ben due regnanti: Her Majesty The Queen e Margrethe di Danimarca, zia dello sposo. Marie-Chantal appartiene all’aristocrazia del denaro ma non a quella del sangue, e diademi di famiglia non ne ha, per cui la suocera Anne-Marie le presta la Antique Corsage Tiara – in origine un devant de corsage appartenuto alla Regina Victoria di Svezia – che la madre Ingrid, Regina Consorte di Danimarca, le ha donato per i 18 anni.

L’altissimo profilo di queste nozze fa passare in secondo (o terzo, o quarto) piano quelle che nello stesso giorno si svolgono a Monaco, dove la principessa Stéphanie sposa con sole nozze civili il padre dei suoi due figli, Daniel Ducruet, già sua guardia del corpo. Per lei un abito corto che mette in mostra le belle gambe, realizzato da una sarta monegasca. L’espressione di papà Rainier, fiero oppositore alle nozze, è tutta un programma. Non ha tutti i torti, papà: il matrimonio dura appena quindici mesi, e finisce con Daniel fedifrago praticamente in mondovisione.

Evidentemente il fratello di Stéphanie non è superstizioso: nonostante la fine ingloriosa del matrimonio della sorella, Albert II sceglie la stessa data per sposare Charlène: nel 2011, il 1 le nozze civili e il giorno dopo quelle religiose. Come sapete, i due coniugi non hanno trascorso insieme il decimo anniversario: lui nel Principato con i figli, lei in Sudafrica convalescente da una misteriosa malattia. Solo il tempo ci dirà se la malasorte ha colpito ancora, a noi per ora non resta che riguardare le immagini di un matrimonio che al di là del glamour, delle mise della sposa – Chanel e Armani Privé – qualche nota stonata l’ha suonata da subito, come il bacio un po’ forzato dopo la cerimonia civile, o lo sposo infastidito dalle lacrime della neoconsorte.

Scelgono luglio anche due nipoti di Albert: Louis Ducruet, figlio maggiore di Stéphanie e Daniel, sposa la sua Marie Chevallier nel 2019, il 26 e il 27 (vi ricordo che nei Paesi dove non c’è concordato tra Stato e Chiesa sono necessarie due cerimonie, civile e religiosa). Un matrimonio magari privo dell’allure di raffinata eleganza della Monaco dei tempi d’oro, ma sembra felice e i due sposi davvero innamorati. L’abbiamo raccontato qui Le nozze di Louis e Marie.

Come dimenticare poi il matrimonio di un altro nipote di Albert II, Pierre Casiraghi, con Beatrice Borromeo? Siamo nel 2015, e per loro le nozze iniziano in luglio, il 25, e finiscono il 1 agosto, dal Principato all’Italia, in un tourbillon di invitati (alla cerimonia civile assistono pure Travaglio e Peter Gomez, dato che la sposa lavora per il Fatto) party, location diverse, paparazzi, ospiti vip e jeunesse dorée internazionale, e vestiti, vestiti, vestiti, con la sposa che indossa Valentino, Alberta Ferretti, Armani, solo per citare i principali. Abbiamo cercato di sintetizzare tutto in questo post: A Royal Calendar – 1 agosto 2015.

In questa rassegna non può mancare il Regno Unito, che quanto a matrimoni di luglio si piazza tranquillamente al primo posto. Il 6 luglio 1893 nella Chapel Royal, a St. James’s Palace, si celebrano le nozze tra il Duca di York George e Mary di Teck, che saliranno al trono diciotto anni dopo. Lei appartiene a una ramo minore della Royal Family ed è stata fidanzata con il fratello maggiore di lui, quel Duca di Clarence che in vita di non gode di grandissima reputazione (qualcuno lo mette pure nella rosa dei possibili Jack the Ripper) e muore sei settimane dopo il fidanzamento. Il comune dolore probabilmente avvicina i due, che finiscono per innamorarsi; sarà un matrimonio solido e felice.

(Ph: Royal Collection Trust)

Anche l’attuale Duca di York, Andrew, ha sposato Sarah Ferguson in un giorno di luglio: il 23, nel 1986. Anche il loro matrimonio è durato poco; sembra che Sarah soffrisse molto la solitudine dato che il marito, ufficiale di Marina, era lontano per buona parte dell’anno e fu protagonista di un ruspante scandaletto agli inizi degli anni ’90 che portò al divorzio. Nulla in confronto dello scanalo che ora coinvolge lui, di una gravità che potrebbe penalizzare la Corona stessa. Quel giorno di luglio li vede chiaramente innamoratissimi, e forse lo sono ancora; il loro appassionato bacio al balcone è rimasto famoso per le ragione opposte di quello tra i Principi di Monaco, compresa la scomposta interazione con la folla urlante. A quel matrimonio Lady Violet ha dedicato uno speciale chic shock e boh Royal chic shock e boh – 1986 Royal wedding edition,

Beatrice, figlia maggiore della coppia, ha sposato il suo Edo Mapelli Mozzi il 17 luglio dell’anno scorso, e ora è in attesa del primo figlio. Nozze celebrate durante la pandemia, riservate ma molto emozionanti, per il particolare momento, per l’abito della sposa, prestatole dalla nonna come la tiara, la stessa che Her Majesty aveva indossato per il suo matrimonio, e per la presenza del nonno Philip, ritratto in pubblico per l’ultima volta. Questo è uno dei post che abbiamo dedicato alle nozze di Edo e Beatrice: Le parole di un royal wedding.

La cugina di Bea, Zara Phillips, quest’anno ha festeggiato l’arrivo del figlio maschio – scodellato sul pavimento del bagno di casa – e i quarant’anni; il 31 sarà ancora festa per i dieci anni di matrimonio con Mike Tindall. Per loro nozze scozzesi, nella Canongate Kirk sul Royal Mile di Edimburgo, precedute da un party sul royal yacht Britannia, ancorato ormai in pianta stabile nel porto della capitale scozzese, e seguite da un ricevimento a Holyroodhouse, residenza ufficiale della Regina in Scozia. Zara indossa un abito creato dal sarto caro alla nonna, Stewart Parvin, che come notato anche con l’abito di Beatrice, ama sottolineare gli orli con alte fasce (Here comes the bride!). Sulla testa bionda della sposa brilla la Meander Tiara, grande favorita di Lady Violet, prestito della madre Anne che l’ha ereditata dalla nonna paterna Alice. Un gioiello che come pochi altri parla di Grecia e di classicità, di cultura.

Last but not least, il matrimonio del secolo (scorso) che incolla davanti agli schermi televisivi la bellezza di 750 milioni di spettatori: è il 29 luglio 1981, quando il principe di Galles porta all’altare la giovanissima Lady Diana Spencer. Nato come un sogno e trasformatosi rapidamente in un incubo, è stato scrutato, analizzato, radiografato da chiunque in ogni modo. La Royal Family ha deciso per il basso profilo e il quarantesimo anniversario è passato sotto un inglesissimo silenzio cui anche Lady Violet si è adeguata; se volete, questi due post ne trattano alcuni aspetti: Invitate al matrimonio del secolo e Diana the bride.

Jackie, la donna che visse tre volte (parte terza)

Nel giorno in cuiavrebbe compiuto 92 anni, concludiamo il ricordo di Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis; in calce trovate i link per i precedenti capitoli.

(Ph: David Cairns/Getty Images)

“Non sia dimenticato quel breve luminoso momento che fu Camelot” dice Jackie Kennedy a Theodore White che va ad intervistarla per la rivista Life il 29 novembre, una settimana dopo la morte del Presidente.

La Camelot del ventesimo secolo finisce con un regicidio.

Dopo la tragedia, dopo le immagini iconiche che contribuiscono a creare il mito, come il tailleur rosa di Jackie macchiato del sangue del marito (Quel tailleur rosa), dopo il funerale che mischia l’austera solennità del rito alla tenerezza dei due orfani, resta una vedova di trentaquattro anni che deve ricostruire la vita per sé e per i suoi bambini. Intanto, anche se sembra brutto, Jackie e i figli devono sgomberare rapidamente dalla White House, che è diventata ufficio e residenza del nuovo Presidente Lyndon B. Johnson; la famigliola torna nella casa di Georgetown da cui i Kennedy erano usciti per diventare la prima coppia del Paese e scrivere una pagina di storia.

Washington è e resta la città di Jack, il suo ricordo è ovunque e rinnova il dolore ad ogni respiro; è ora di ricominciare, altrove. Il suocero, che di fatto li mantiene, vorrebbe nuora e nipotini a Boston, sede del clan Kennedy, ma Jackie decide di tornare alle origini: la loro meta sarà New York. A settembre 1964 si trasferisce coi bambini in un grande appartamento al numero 1040 della Fifth Avenue: quattordici stanze di cui cinque camere da letto, un grande soggiorno affacciato su Central Park, una bella cucina – dove lei in verità entra raramente – camini dappertutto. Sarà la sua casa per il resto della vita.

Non sono tempi facili, gli Americani si aspettano che lei sia la vedova della nazione, ma alla sua età Jackie vuole probabilmente qualcosa di diverso per sé e per i figli, a partire dal rispetto della loro privacy. In questo insolito ruolo di First Lady Vedova Jackie continua a partecipare a molte manifestazioni che ricordano il marito: il 14 maggio 1965 è nel Regno Unito, ospite con i figli della Regina, che inaugura il John Kennedy Memorial a Runnymede. È sempre di uno chic assoluto, la ex First Lady, semplicissima in total white, mentre Her Majesty – maggiore di soli tre anni – non resiste al richiamo di quei cappelli tutti tempestati di fiori, così di moda da influenzare perfino le cuffie da bagno. Anche i bambini sono in bianco come la mamma, col piccolo John, quattro anni e mezzo, che dà la manina al Duca di Edimburgo.

Sono i figli il suo pensiero principale, aldilà di ogni ambizione o desiderio personale, è il futuro di Caroline e John Jr. a preoccupare Jackie. Ma la situazione precipita il 6 giugno 1968, quando Robert, fratello minore del presidente ucciso e candidato a sua volta alla presidenza, viene ucciso a Los Angeles durante la campagna per le primarie. Jackie si convince che i Kennedy sono diventati un bersaglio, e non si sente più sicura negli USA. Tra la sorpresa di tutti e le critiche di molti, decide di sposare Aristotele Onassis. Che è sicuramente ricchissimo – forse il più ricco – decisamente non bello, anche se chi lo conosce gli attribuisce un certo fascino; parecchi anni (ventirè) più di lei, e qualche centimetro in meno di altezza.

Che non sia il classico matrimonio d’amore lo rivela il prenup, il contratto prenuziale che regola dettagliatamente e minuziosamente perfino i rapporti coniugali. Il matrimonio si celebra il 20 ottobre 1968 a Skorpios, isola greca dello Ionio di proprietà dello sposo. La sposa si conferma una fuoriclasse dello stile indossando un abito bianco avorio che scandalizza i benpensanti, dato che il candido abito nuziale è simbolo della purezza della nubenda, inadatto quindi alle seconde nozze. Ma lei si è innamorata: non tanto del nuovo marito, quanto di un giovane stilista di Voghera che proprio quell’anno ha incantato con la sua White Collection; l’abito creato per queste nozze lo proietterà definitivamente nell’empireo della moda, e gli aprirà le porte del mercato internazionale. Valentino crea per Jackie un abito corto, con gonna a pieghe piatte e un corpino lungo e accollato intarsiato di pizzo, le lunghe maniche trattenute da alti polsini. Un abito sofisticato e quasi rivoluzionario, in aperto contrasto con la moda dell’epoca che prediligeva forme geometriche e colori squillanti. In pochi giorni la maison, tempestata di telefonate da vecchie e nuove clienti, vende ben 400 abiti della collezione, e sembra che anche Audrey Hepburn abbia voluto il suo, nel nuovo Jackie style.

Non è un matrimonio felice, troppo diversi gli sposi, che passano insieme il tempo strettamente necessario. Va detto che Onassis è sempre molto affettuoso e paterno con i bambini Kennedy, mentre sua figlia Christina, neanche diciottenne all’epoca del matrimonio, non riesce a legare con la matrigna. Ari torna presto tra le braccia dell’amata Maria Callas, che lo adora, mentre la moglie, ribattezzata Jackie O, diventa la regina della mondanità internazionale e dello shopping.

I rotocalchi sono pieni delle sue immagini e del suo stile: i pantaloni bianchi, i sandali infradito, i grandi occhiali da sole, i foulard Hermès legati in testa, la borsa a spalla (Gucci gliene dedica una che ha ancora un grandissimo successo e viene riproposta continuamente), i bijoux, soprattutto quelli favolosi di Kenneth J. Lane (Jackie, Kenneth e la collana dei sogni) mentre passeggia per Capri o per Ravello in compagnia di Valentino o di Gianni Agnelli, che si vocifera sia più di un amico.

A separare definitivamente i coniugi arriva una nuova tragedia: nel 1973 l’adorato figlio di lui, il venticinquenne Alexander, muore in un incidente aereo gettando il padre in una disperazione da cui non si solleverà più. Anche il matrimonio con Jackie è finito, ma Ari muore prima di finalizzare il divorzio. È il 1975, Jackie ha 46 anni ed è di nuovo vedova, ma questa volta è totalmente padrone di sé e del suo destino.

Inizia la sua terza vita. Torna in pianta stabile negli USA. riapre l’amato appartamento al 1040, ma invece di godersi l’eredità Onassis continuando la vita lussuosa degli ultimi anni si trova un lavoro. Il primo settembre di quell’anno inizia a lavorare per la casa editrice Viking; poi passerà alla Doubleday, e continuerà questa attività che l’appassiona tanto fino alla fine; i paparazzi che l’hanno assediata nelle residenze dei Kennedy o nei luoghi del jet set, ora la inseguono per le vie di New York, mentre va a piedi in ufficio.

Trova anche l’amore: Maurice Templesman, mercante di diamanti suo coetaneo. Un uomo “normale” forse il vero grande amore della sua vita. Nel 1988 lui si trasferisce da lei, si occupa delle sue finanze e sembra riesca addirittura quadruplicare i 26 milioni di dollari ereditati da Onassis. La primogenita Caroline si è sposata e la rende nonna di Rose, Tatiana e John, l’adorato figlio John Jr le crea invece qualche grattacapo: vorrebbe fare l’attore mentre lei lo spinge verso la carriera legale, e frequenta ragazze che non le piacciono troppo: dalla storica girlfriend Daryl Hannah, a Madonna (probabilmente l’incubo di molte suocere). Forse Jackie vede il figlio troppo simile al padre, anche lui avvolto dalla meravigliosa maledizione di essere un Kennedy.

Ma almeno questa volta la tragedia le è risparmiata: all’inizio del 1994 le viene diagnosticato un linfoma non-Hodgkin; la sera del 19 maggio muore nella sua casa. I suoi funerali vengono celebrati quattro giorni dopo nella chiesa St. Ignatius Loyola in Park Avenue, la stessa dov’era stata battezzata 65 anni prima. Maurice Templesman, l’uomo che l’ha amata, rispettata, protetta, mai tradita come John, mai esibita come Ari, e le è stato accanto in ogni momento nei brevi mesi della malattia, legge una poesia che lei amava: Itaca, di Konstantinos Kavafis.

E aggiunge che il loro viaggio insieme era stato “troppo breve, purtroppo, troppo breve”, ma “pieno di avventura e saggezza, risate e amore, galanteria e grazia”

Trovate qui i capitoli precedenti:

Jackie, la donna che visse tre volte (parte prima) Jackie, la donna che visse tre volte (parte seconda)

Qui il post sulla morte di John F. Kennedy Jr. A Royal Calendar – 16 luglio 1999

Non è un trono per donne

Nonostante in questi giorni molti occhi siano puntati sul Giappone questa notizia non ha avuto grande risalto eppure, nonostante il successo di tante atlete olimpiche, non è un bel segnale per le donne.

Il panel incaricato dal Governo di indagare la possibilità di cambiare la linea di successione al Trono del Crisantemo, ha dato parere negativo sulla possibilità di inserire anche le principesse, sostenendo la necessità di rispettare innanzi tutto storia e tradizione,

Dunque dopo l’attuale Imperatore Naruhito il suo posto non spetterà all’unica figlia Aiko, ma al fratello minore del sovrano, Fumihito Principe Akishino, e dopo di lui al figlio ora quindicenne, Hisahito.

Dato che la successione è esclusivamente maschile, aperta cioè solo ai maschi figli di maschi, al momento comprende tre persone: i già citati Fumihito e Hisahito, oltre allo zio paterno dell’Imperatore, Masahito Principe Hitachi, che avendo 85 anni difficilmente siederà sul trono.

Siccome però la natura ha un senso della giustizia non scevro da una certa perfidia, da molti anni nella famiglia imperiale nascono femmine. Per cui, se questo gruppo di esperti ha preferito lavarsi pilatescamente le mani, c’è il rischio concreto che il problema si riproponga nella prossima generazione, perché se Hisahito avesse solo figlie femmine un ripensamento sarà necessario.

Col limite di lasciare i sudditi in una sostanziale insicurezza sul futuro dell’Impero, che è esattamente quello che una monarchia non dovrebbe fare.

Le foto del giorno – El Día de Santiago

Oggi è il 25 luglio, giorno di San Giacomo Maggiore. Protegge varie città, come la bella Pistoia, ma è soprattutto noto come patrono della Spagna, dov’è Santiago, il santo di Compostela. La sua festa è sempre molto sentita in tutta la penisola iberica, ma assume particolare importanza in quello che viene definito anno giacobeo, cioè quando il 25 luglio cade di domenica. Come oggi.

Per questo oggi Los Reies sono stati accompagnati dalle figlie, al loro debutto alla Ofrenda al Apóstol en el Día de Santiago,, e bisogna ammettere che Leonor e Sofía, lasciti nell’armadio i vestitini da bambine, stanno confermando le nostre più rosee previsioni, rivelandosi delle jeunes filles en fleurs di rara delizia.

Anche se le loro mise ripropongono la diachia rosa/celeste, le tonalità accese fanno la differenza: shocking pink per Leonor, che come suo padre porta appuntata sulla spalla sinistra di un abito finalmente “da grande” la decorazione del toson d’oro, turchese per Sofía con un delizioso modello a pieghe sciolte.

Elegante Letizia, che ha riciclato un abito di Carolina Herrera in chiffon color cipria con foglie e fiori in diverse tonalità di rosa, un filo troppo corto, per me. Una mise che la sovrana aveva indossato per i Premi Princesa de Asturias nel 2017; in quella occasione però le scarpe scure e pesanti mortificavano la leggerezza dell’abito. Io preferisco sicuramente questa versione con slingback e borsetta fucsia.

Non si arrabbierà la Reina, ma per gli accessori – e non solo per quelli – Lady Violet preferisce le figlie: Le scarpine nude si armonizzano abbastanza bene con l’incarnato delle fanciulle, mentre il fucsia di quelle di Letizia non esalta le sue gambe abbronzate (la sovrana dev’essere l’unica donna cui le gambe si abbronzano più del resto del corpo). Per ora la differenza di altezza tra Leonor e Sofía viene ancora colmata dai tacchetti delle scarpe dell’una contro le flat dell’altra, ed entrambe sono ormai più alte della madre, per cui anche la futura regina sarà tutt’altro che lo scricciolo che sembrava destinata a diventare fino a qualche tempo fa.

Potete ammirare loro (e El Rey, che è sempre un bel vedere) nel video pubblicato da ¡Hola! https://www.hola.com/realeza/casa_espanola/20210725193565/reyes-hijas-ofrenda-santiago

Qui trovate il post dello scorso anno Le foto del giorno – A Santiago de Compostela

Le foto del giorno – Citius, altius, fortius

Non sapevamo se sarebbe accaduto davvero, ma alla fine il giorno è arrivato, e oggi a Tokyo l’imperatore Naruhito ha ufficialmente aperto i Giochi della XXXII Olimpiade dell’era moderna. Rimandati di un anno causa pandemia, accompagnati da copiose polemiche, alla fine celebrati in tono inevitabilmente minore, e soprattutto senza pubblico.

Tutto solo anche l’Imperatore Naruhito, che prima di inaugurare formalmente i Giochi accanto al Presidente del CIO Thomas Bach ha ricevuto gli ospiti internazionali di rango, nello stile di sfrenata allegria che contraddistingue le cerimonie nel Sol Levante; Lady Violet ha però ammirato con un brivido di piacere la moquette sui toni del viola. L’Imperatore ha letto un discorso in inglese – sicuramente migliorabile la pronuncia – davanti a due soli sovrani: Albert II de Monaco e il Granduca Henri del Lussemburgo (secondo e terzo dal basso, in prima fila).

Presenti anche il Presidente francese Macron e la First Lady Jill Biden. Jill ha riciclato l’abito bianco a pois neri di Brandon Maxwell che tanto non ci era piaciuto al G7 in Cornovaglia lo scorso mese (Royal chic shock e boh – G7 special edition); questa volta però la giacca con la scritte LOVE la lasciata a Washington (speriamo).

È stata una inaugurazione ovviamente influenzata dalla pandemia – si è aperta con un minuto di silenzio dedicato alle vittime del covid – ma anche alla memoria: per la prima volta sono stati ricordati gli atleti israeliani caduti nella strage dei Giochi di Monaco, nel 1972.

Naruhito ha offerto una rara memoria personale ricordando la precedente edizione svoltasi a Tokyo nel 1964, quando lui, bambino di quatto anni, andò con mamma e papà ad assistere alla maratona; ed è bellissimo vedere nelle foto di quasi sessant’anni fa l’eleganza delle signore presenti, spesso impellicciate, sempre col cappello. Come la giovane, bellissima Paola, allora principessa di Liegi – invero piuttosto annoiata – che partecipò a quella inaugurazione (sono la seconda e il terzo da sinistra, seduti in tribuna in prima fila).

L’eleganza olimpica oggi invece è stata gentilmente fornita del sovrano del Lussemburgo, che mostra uno stile impeccabile anche quando ha mano la bandiera del Granducato.

Decisamente meno chic, ma più simpaticamente ruspante Albert II, che è anche membro del CIO, e si è fatto ritrarre con la delegazione monegasca, abbigliata coi colori del Principato, bianco e rosso. Non particolarmente donante, ahimé, per il sovrano, ma come si sa, alle Olimpiadi l’importante e partecipare.

Ed eccoci alle note dolenti, le uniformi degli Azzurri. Che nonostante stiano create da King Giorgio Armani, sono bruttarelle assai e hanno deluso un po’ tutti. Nelle intenzioni, il bianco ottico della tuta evocherebbe la purezza dello sport – che forse era puro allora a Olimpia, oggi mi sembra un filino meno – mentre il cerchio impietosamente piazzato sulla pancia a evocare il tricolore sarebbe una citazione della bandiera del paese ospite, il Giappone, composta dal disco rosso del sole in campo bianco.

Molti ci hanno visto le tutone dei teletubbies, a Lady Violet ricordano più quel formaggino olandese rotondo contenuto in una buccia rosso scuro. Sarà la fame?

A proposito d’Olanda, il Re Willem-Alexander è rimasto prudentemente in patria, però ha inaugurato su una spiaggia dell’Aja il TeamNL Olympic Festival, dove si potranno seguire le imprese degli atleti orange e praticare sport. Per tagliare il nastro il sovrano ha usato una katana, la terribilmente famosa spada dei samurai.

In conclusione non può mancare il video degli auguri cantati – e rigorosamente stonati, com’è d’obbligo – al nostro Presidente Sergio Mattarella, che oggi è diventato uno splendido ottantenne. Auguri anche da Lady Violet.

La foro del giorno – Happy birthday George!

Come da tradizione, poco prima della mezzanotte, i Duchi di Cambridge pubblicano la foto della festeggiata o del festeggiato. In questo caso George, che compie 8 anni essendo nato il 22 luglio 2013.

Con un simpatico diastema in bella mostra, il piccolo principe sorride alla madre, che sta diventando la fotografa ufficiale di famiglia, quasi emulando il Conte di Snowdon, che però lo era di mestiere. George indossa una democratica polo low cost (10 sterline, in vendita da John Lewis) e un paio di bermuda, ma è significativo il posto dov’è seduto. Un aLand Rover Defender, come quelle che amava e guidava il bisnonno Philip, scomparso da tre mesi e mezzo.

Vedremo se usciranno altre foto per festeggiare il primogenito dei Duchi di Cambridge, intanto happy birthday George, happy birthday to you.

Le sue prigioni

Francamente non credo che il Duca di Sussex abbia mai sentito parlare di Silvio Pellico, in compenso sta per deliziarci con un libro-memoriale che promette di raccontare tutta la verità – la sua, ovviamente – sulla vita all’interno della Royal Family, e come questa (la vita, non la Family) è cambiata con l’arrivo di Meghan.

“L’ho scritto non come il principe che sono nato ma come l’uomo che sono diventato” ha detto Harry annunciando la sua fatica letteraria, fatica che naturalmente non è sua ma di J. R. Moehringer, premio Pulitzer che ha aiutato già André Agassi a scrivere la proprio storia.

(Ph: Getty Images)

Sembra che il duca abbia ottenuto dall’editore – Penguin Random House – un anticipo di 20 milioni di dollari, ben lontano dai 65 offerti agli Obama per le loro autobiografie ma pur sempre una bella sommetta, forse da donare in beneficenza. Sembra certo che i Windsor fossero totalmente all’oscuro della notizia fino a un instante prima che venisse diffusa, per cui evidentemente durante la recente visita nella madrepatria nulla era sfuggito alla sua boccuccia imbronciata, mentre la stampa britannica afferma che Harry avrebbe manifestato alla nonna il desiderio di battezzare la piccola Lilibet a Windsor come già accadde per Archie, nello stile royal-a-targhe-alterne che sembra il preferito dai duchi.

La preziosa opera letteraria, il cui titolo è ancora avvolto dalle nebbie di Avalon, sarà pubblicata nel 2022, giusto in tempo per celebrare i settant’anni di regno di Her Majesty; e sarà interessante vedere se ai festeggiamenti, come previsto finora, interverranno anche i Sussex, anche per dare a noi la gioia di vedere finalmente i due Sussexini.

Ma infine, cosa potrebbe esserci scritto in questo benedetto libro? Harry magari rivelerà quale fu tra i regal parenti a mostrarsi curioso del colore che avrebbe avuto l’incarnato del nascituro Archie, una delle polemiche più inutili di questo moderno feilleuton. Sicuramente racconterà la sua dedizione al servizio della Regina e del Paese mostrata negli anni da ufficiale e nelle rischiose missioni in Afghanistan, narrerà della relazione col padre – che lo ha sempre adorato – di solitudine e sofferenza. Non mancherà la tragedia della perdita della madre, condita forse da rivelazioni sui rapporti con la matrigna Camilla, e queste sì che potrebbero risultare dannose quando Charles siederà sul trono.

Ma conseguenze di un certo peso potrebbero riguardare lo stesso duca: da più parti ci si aspetta una revisione al Regency Act, che stabilisce le condizioni di una eventuale reggenza. Il più recente è del 1937, ma un nuovo atto del parlamento potrebbe essere necessario sia per sancire la reggenza del Principe di Galles in caso di inabilità della Regina, sia per definire quella che sarebbe necessaria nel caso in cui George si trovasse a salire al trono non ancora diciottenne. In quel caso dovrebbe agire come reggente la persona, maggiorenne, di grado più alto nella successione. Toccherebbe quindi a Harry, ma il reggente deve necessariamente risiedere nel Regno Unito. Dunque passerebbe al Duca di York, che non gode esattamente della stima né del favore popolare.

Cosa spinge il Duca di Sussex a tutto questo? Sicuramente problemi personali e familiari in questa storia non mancano, come non mancano tragedie, risentimenti e fragilità. Ma Lady Violet non può non notare che tutte le volte che i Sussex, nella loro nuova vita, hanno avuto i riflettori del mondo puntati addosso c’era di mezzo la Royal Family; che fosse il libro Finding Freedom, l’intervista con Oprah, il nome scelto per l’ultima arrivata o il libro di memorie. Probabilmente perché è ancora un ottimo volano commerciale. Come direbbe il più famoso politico italiano del dopoguerra, ben nonto anche alla Corte di San Giacomo, a pensar male si fa peccato, ma di solito si indovina…

Insomma, se il mantra della Regina è da settant’anni never complain never explain (mai lamentarsi, mai dar spiegazioni) se il motto dello stemma reale è honi soit qui mal y pense (sia svergognato chi pensa male) quello dei Sussex potrebbe essere parole parole parole come la canzone di Mina e Alberto Lupo.

Senza Charlène

Quando Lady Violet era una ragazzina, le lunghe pigre estati adriatiche subivano un’impennata glamour all’inizio di agosto, con le riviste che si riempivano delle immagini del ballo della Croce Rossa monegasca. Abiti sontuosi, gioielli da favola, lusso e opulenza raccontavano una serata fiabesca, su cui regnava prima l’eleganza un po’ barocca della Grace degli ultimi anni, poi lo chic più contemporaneo della figlia Caroline.

Nei saloni dello Sporting passava di tutto: attori hollywoodiani e imprenditori brianzoli, bei ragazzi in cerca di fortuna, belle ragazze in cerca di contatti, vecchie glorie in cerca di un altro red carpet, come la Norma Desmond di Viale del tramonto. Crescendo, i ragazzi Casiraghi hanno portato un po’ di freschezza, poca, perché il Bal de la Croix Rouge è un rito più che un party per giovani, celebrato dal Principe Sovrano: prima il vecchio, ieratico Rainier III, poi Albert II, più giovane e easy, ma manco tanto.

Negli ultimi decenni entrambi hanno potuto contare sull’allure regale di Caroline, che tra grandi felicità e altrettanto grandi tragedie ha smesso i ridotti abiti della principessa ribelle che era in gioventù, per abbracciare quella dedizione alla causa ereditata dalla madre americana e svolta con impeccabile professionalità. Poi è arrivata Charlène, la nuotatrice olimpica che veniva dal Sudafrica, la cui vaghissima somiglianza con Grace aveva fatto sperare qualcuno in un ritorno ai giorni gloriosi del tempo che fu. Caroline abbandonò dunque il ruolo fino allora esercitato di first lady – e alla nascita del piccolo Jacques, erede del padre, anche l’idea di vedere un giorno sul trono il figlio Andrea – ma a dirla tutta Charlène non ha mai assunto fino in fondo il suo. Comunque le due cognate – i cui rapporti si dice non siano particolarmente stretti – avevano raggiunto un accordo sui due principali appuntamenti benefici, e mondani, del Principato: a Caroline il Bal de la Rose, a Charlène quello della Croix Rouge.

Nel 2020 è andata com’è andata, ma quest’anno si cerca di tornare timidamente alla normalità, e Monaco non fa eccezione. Per cui si è pensato di organizzare ugualmente una manifestazione per la Croix Rouge; non il tradizionale ballo, ma un concerto, più sobrio e più facile da gestire.

Ed ecco che venerdì sera la piazza del Casinò si è riempita di ospiti per ascoltare il jazz di Jamie Cullum. Un evento un po’ ibrido, in cui ognuno si è vestito come voleva: uomini in abito scuro, ad eccezione del sovrano che ha preferito una tenuta ispirata ai colori dell’ente: camicia e pantaloni bianchi più cravatta rossa. Completati da una giacca nera, in un look da yachtman anni settanta. Elegantissima, pure troppo, Caroline, con una mise nei toni del marrone disegnata dal mai troppo rimpianto amico Karl Lagerfeld per la collezione Chanel Primavera Estate 2016. Sicuramente chic, ma Lady Violet ha l’impressione che la principessa non abbia ancora chiarissimo quali colori donino di più ai capelli grigi che ha adottato da poco. Chanel anche per Charlotte Casiraghi – che della maison è testimonial – senza il marito Dimitri Rassam. Per lei un abito corto molto rock; d’altronde la fanciulla, nonostante i due figli e i quasi trentacinque anni, sembra un’adolescente.

Tatiana, moglie di Andrea Casiraghi, ha riproposto il suo classico stile boho chic, in un abito lungo e fluttuante nella fantasia ramage rose di Giambattista Valli, e sandali flat Gianvito Rossi. Una mise che può sembrare troppo semplice, ma lo spezzato del marito non consentiva troppo di più

Al contrario la cognata Beatrice Borromeo, moglie di Pierre, il minore dei fratelli Casiraghi, apparecchiatissima in Dior, sempre bella ed elegante. L’abito è forse eccessivo per l’occasione, tutto tempestato di elementi brillanti e ulteriormente arricchito dal collier Buccellati, ma lei è talmente un bel vedere che la perdoniamo (purtroppo però le foto che la ritraggono non sono granché).

Tutto ciò premesso, arriviamo al clou: Charlène. Che naturalmente non c’era, essendo ancora in Sudafrica Ma il punto è: tornerà a Monaco? E nel caso, quando? Per rispondere dovremmo naturalmente sapere con certezza perché la principessa riluttante sia tornata in patria. Le ipotesi sono principalmente tre: una malattia preesintente che possa essere trattata con successo in Sudafrica, godendo di assistenza e vicinanza della famiglia d’origine. Oppure la famosa infezione otorinilaringoiatrica di cui si parla senza approfondire, evento sempre possibile, anche se questa missione per il salvataggio dei rinoceronti cominciata addirittura a marzo, ben prima che si parlasse di infezione, sembra piuttosto lunghetta. O infine quello che ormai pensa la maggioranza, che si tratti cioè di prove tecniche di separazione; o come si dice tra comuni mortali, una pausa di riflessione. Confesso che pur non essendo madre mi chiedo quanto sia difficile vivere lontano dai propri figli, per giunta così piccoli, e quanto grandi debbano essere la sofferenza e il disagio se portano a un gesto del genere, ove questa si rivelasse la verità. Certo, Charlène non è mai sembrata troppo a proprio agio nei panni principeschi, né nei confini angusti del Principato; basti pensare che dopo tanti anni si esprime ancora con difficoltà in francese. E d’altra parte è noto che la corte monegasca – nonostante le dimensioni ridotte, o forse proprio per quello – non sia un luogo semplice. La stessa Grace ebbe i suoi problemi, nonostante avesse altro temperamento e altro uso di mondo della nuora che non ha mai conosciuto. Alle critiche montanti – e sempre odiose – sul non essere una buona madre, Charlène ha risposto qualche giorno fa postando su Instagram delle foto in videochiamata con i figli, senza che questo ovviamente abbia risolto alcunché.

Ora poi gira – anche in Italia, su Oggi, ripresa da vari siti – l’intervista di Christa Mayrhofer-Dukor, un’aristocratica austriaca che afferma di essere cugina della compianta Grace, e in effetti le somiglia un po’, anche se francamente non sono riuscita a trovare la linea di tale parentela. La signora, che in altre occasioni ha avuto per Charlène parole sia belle sia meno, afferma che la principessa per ora non intende tornare, e non è detto che lo faccia in futuro, avendo ormai compiuto il principale dei suoi obblighi: partorire l’erede. Ora, è vero che questo è pensiero diffuso, ma non potendo verificare vi invito a prendere con cautela questo genere di dichiarazioni; il mondo è pieno di millantatori.

Fermo restando il rispetto per condizioni di salute che possono non essere buone, Lady Violet pensa che al momento tutto sia in divenire, e la presenza al concerto, insieme alla famille princière, di Gareth Wittstock e moglie – la signora in abito verde petrolio, che poco educatamente, mostra un po’ di spalle a Caroline – indichi che al momento la versione ufficiale resta quella della malattia, negando ogni ipotesi di rottura. Vedremo il futuro cosa ci porterà.

Edit: non c’era Charlène ma c’era Nicole Coste, ex di Albert e madre di Alexandre, che compirà 18 anni il mese prossimo. Anche il giovanotto, riconosciuto dal padre nel 2005 ma fuori dalla successione al trono del Principato, ha partecipato alla serata. La Principessa Consorte non sarà contenta.

Le foto del giorno – 14 juillet

Il 14 luglio si celebrano principalmente due cose: sul versante repubblicano la festa nazionale francese nel giorno della presa della Bastiglia, 232 anni fa; su quello monarchico il compleanno di Victoria, erede al trono di Svezia, che oggi compie 44 anni. So che c’è anche chi ricorda la morte di Lady Oscar, ma avendo avuto in gioventù un fidanzato a nome Oscar, Lady Violet apotropaicamente evita.

Per i Macron questo potrebbe essere l’ultimo 14 juillet all’Eliseo; vedremo cosa succederà alle elezioni presidenziali dell’aprile prossimo. Se l’anno scorso la pandemia al suo apice aveva imposto festeggiamenti particolarmente sobri, e dedicati principalmente ai professionisti della sanità, quest’anno si è compiuto un piccolo passo verso la normalità: in venticinquemila coloro che hanno potuto assistere alla parata sugli Champs-Élysées: 4400 i militari che hanno sfilato, 73 aerei, 24 elicotteri, 221 tra veicoli e mezzi cingolati, 200 i cavalieri della Garde républicaine in groppa ai loro destrieri. Più qualche simpatica mascotte come Turco, la capra nera con la sua elegante uniforme, simbolo delle armate del Nord Africa.

La Première Dame è apparsa con una mise insolita per lei: un abito midi in una pallidissima tonalità di celeste, maniche lunghe e vita bassa da cui parte la gonna apieghe piatte, il cui effetto è francamente migliore in movimento che in foto. Semicoperte le gambe che Brigitte Macron considera il suo punto forte, madame non ha rinunciato a calzare décolléte dai tacchi altissimi, in nuance con l’abito.

Purtroppo non della sua mise sono piene le cronache, ma del suo comportamento, in quanto la moglie del Presidente, in barba a ogni protocollo covid, ha dispensato ai presenti abbracci e baci, con e anche senza mascherina. Quel dommage!

Per fortuna qualcuno ha rubato la scena a tutti: in attesa di partecipare alla parata, un giovane soldato dell’Armée de Terre si è inginocchiato – un po’ rigido, va detto – davanti alla sua ragazza e le ha chiesto di sposarlo. E lei ha detto sì!

L’intrepido giovanotto, un allievo ufficiale di nome Maximilien, ha dichiarato che aveva in mente un gesto un pochino più discreto, ma per fortuna non c’è riuscito, altrimenti come avrebbe potuto deliziare tutte le ragazze di oggi, di ieri e pure dell’altro ieri? Oggi possiamo proprio dirlo: fate l’amore e non fate la guerra!

Non perdetevi il video, la prossima volta saremo più discreti. https://twitter.com/i/status/1415218827760181251

Emozioni decisamente più controllate e vagamente soporifere a Solliden, residenza estiva della famiglia reale svedese, per il quarantaquattresimo compleanno della futura regina Victoria. Ieri sera un concerto all’aperto cui hanno partecipato la festeggiata col marito Daniel e la figlia Estelle, i sovrani, i principi Carl Philip e Sofia con l’ultimogenito Julian nel carrozzino. Oggi foto di rito, con Estelle già molto alta e il piccolo Oskar, che ha ripreso il suo classico, delizioso broncio, e porta i capelli con la riga proprio come papà.

(Ph: Pelle T Nilsson / SPA)

Le foto del giorno – Una domenica di passione

Ci aspetta una domenica caldissima, non solo per le temperature torride ma per gli importanti appuntamenti sportivi in terra d’Albione. Il piatto forte è naturalmente la finale degli Europei tra i nostri Azzurri e i padroni di casa, ma c’è anche l’aperitivo: la finale maschile del torneo di Wimbledon, dove il romano Matteo Berrettini – primo italiano in 144 anni – cercherà di strappare a Djokovic una vittoria che sarebbe davvero storica.

Mentre si annuncia la presenza sugli spalti di Wembley del Presidente Mattarella, che vedrà la partita accanto al Duca di Cambridge, il coach dei Three Lions Gareth Southgate ha ricevuto una lettera. L’ha scritta Her Majesty The Queen, che l’incontro se lo vedrà – forse – dal televisore di casa, ma ha voluto far giungere alla squadra i suoi auguri e l’auspicio che vengano ricordati “spirito, impegno e coraggio” mostrati dai giocatori.

La Regina ha ricordato quel giorno di 55 anni fa quando consegnò la Coppa del Mondo a Bobby Moore, capitano della squadra inglese che aveva sconfitto per 4 a 2 la Germania Ovest (era il 1966, l’Europa e la Germania erano divise in due) nei Mondiali organizzati proprio in Inghilterra.

Molti degli antagonisti naturali dei Three Lions, Scozzesi e Irlandesi in testa, domani tiferanno per noi, per cui se sentirete qualche highlander suonare O Sole Mio con la sua cornamusa non vi stupite troppo!

(Ph: Getty Images)

Oggi intanto la Duchessa di Cambridge è emersa dal suo auto imposto isolamento e bella come il sole è apparsa accanto al marito a Wimbledon, dove ha assistito alla finale femminile e premiato la vincitrice Ashleigh Barty, rivelando un grazioso abito verde di Emilia Wickstead, accessoriato con décolleté bianche di rara bruttezza.

Catherine replicherà domani, ma senza William, che invece assisterà alla finale degli Europei; in compenso oggi era con loro, ospite del royal box, anche Lady Violet. Non la vostra blogger (magari!) ma la vera unica e sola Contessa Vedova di Grantham, la meravigliosa Dame Maggie Smith, in alto a destra rispetto alla duchessa, con una giacca color corallo.