Le foto del giorno – Nuziali particolari

Per scivolare nel weekend vi propongo qualche dettaglio in più sul royal wedding giordano di domenica scorso, quei particolari che nel tempo rapido della cronaca rischiano di sfuggire, o si scoprono più tardi.

Nella foto con tutta la famiglia reale giordana, terza da sinistra in prima fila è la nonna paterna della sposa, la principessa Muna, elegantissima in grigio e verde oliva. In seconda fila, al secondo e terzo posto da destra una coppia di cui abbiamo parlato qualche mese fa, protagonista di un amore romantico quanto inatteso: Ghazi bin Muhammad, cugino del re, e la moglie Maryam al Ghazi, nata Miriam Ungría y López, già Principessa vedova di Tărnovo (il post dedicato a loro lo trovate qui Che fantastica storia).

Se vi interessa qualcosa sulla famiglia dello sposo, ecco l’incontro tra consuoceri; direi che Rania ha trovato – letteralmente – qualcuna alla sua altezza: la madre dello sposo, Corina Hernández, fotografa e proprietaria di una galleria d’arte a Miami dove, tra gli altri, espone i suoi lavori. Lo sposo proviene da una ricchissima famiglia greco-venezuelana; il nonno, Dimitrios Thermiotis emigrò da Andros, isola delle Cicladi, alla volta di Caracas, iniziò a farsi chiamare Jimmy e si dedicò all’importazione di beni di lusso nel Paese latinoamericano. Tra i brand importati c’era anche Dior; e si racconta che il divino Christian nel 1952 venisse accolto proprio da Jimmy al suo arrivo all’aeroporto della capitale venezuelana.

La scelta di Dior per le mise della sposa e di sua madre è forse un delicato omaggio a questa storia familiare? Sia come sia, il nipote di Dimitrios/Jimmy, nelle cui vene scorre sangue greco ebraico spagnolo e pure italiano, chiamato come il nonno, ha trasformato il proprio nome in Jameel convertendosi all’islam, conversione necessaria per sposare la principessa giordana.

Quanti di voi sono rimasti affascinati dalla clutch della madre della sposa, proprietaria tra l’altro di una collezione di borse da far invidia a chiunque? È il modello Le 8 di Jennifer Chamandi, giovane designer di accessori britannica di origine libanese, le cui collezioni sono rigorosamente made in Italy. La clutch, che a me era sembrata argento, è invece in satin color baby blue ed è stata realizzata su misura per la regina sostituendo la fibbia a goccia rovesciata (la cruna dell’ago, simbolo della maison) del modello standard con elementi calligrafici arabi a formare la parola Imany, cioè “la mia Iman”. La stessa designer ha fornito anche le scarpe per madre e sorella della sposa: le Lorenzo 105 per Rania e Lorenzo 65 in pelle dorata con tacco largo per Salma. Ho scoperto che questo brand, che non conoscevo, chiama i diversi modelli delle sue scarpe con nomi maschili italiani: Vittorio, Roberto, Renato.

Last but not least, la tiara. Iman ha fermato il suo velo di tulle ricamato con un piccolo diadema di diamanti, mai visto in precedenza. Ciò che si sa è che si tratta di una creazione Chaumet, e probabilmente arriva da nonna Muna; non è noto però se la tiara sia stata realizzata per l’occasione, o fosse già nei forzieri della ex sovrana. Nella sua delicatezza la trovo molto adatta ad una ragazza così giovane e a un matrimonio di non primissimo piano. Personalmente non amo particolarmente i disegni così stilizzati ma – senza velo, of course – un giro ce lo farei volentieri. Se l’idea di curiosare tra i diademi che Chaumet mette a disposizione diverte anche voi seguite il link https://www.chaumet.com/fr_fr/haute-joaillerie/diademes

Il caffè del lunedì – Lady Violettmeier

Secondo giorno della visita dei principi ereditari di Danimarca in India. Dopo la tappa di ieri al Taj Mahal e al Forte di Agra, oggi la missione, principalmente economica, è entrata nel vivo e Frederik e Mary hanno raggiunto New Delhi dove hanno reso omaggio alla memoria del Mahatma nel luogo dove fu cremato il suo corpo.

E qui casca l’asino, o meglio l’asina. Perché la pagina Facebook della Casa reale danese, mostrando le foto del momento, ha specificato che “quest’anno sono 70 anni da quando Mahatma Gandhi è stato assassinato”. Lady Violet ha alzato entrambe le sopracciglia: Gandhi fu ucciso il 30 gennaio 1948, dunque gli anni sono 75. Non ho resistito e l’ho fatto notare. In caso di amici avrei mandato un messaggio privato, in questo caso pubblicamente ma, spero, con garbo. Dunque l’argomento di questo primo post della settimana verte su due punti: la superficialità con cui si fanno le fanno le cose, e l’opportunità di farle notare. Partiamo dalla seconda; l’errore mi dà proprio un fastidio fisico, però evito di sottolinearlo, soprattutto sui social: non sono uno sceriffo e non conosco chi c’è dall’altra parte, magari qualcuno che ha fatto del suo meglio, e non ha altri strumenti. Nemmeno io sono immune da errori naturalmente: la fretta, il correttore, la disattenzione. Uno l’ho fatto proprio ieri, e piuttosto grosso. Per fortuna posso contare sui miei adorati lettori, che leggono con attenzione (grazie) e nel caso mi avvisano con discrezione (grazie grazie). Continuate, ve ne sarò sempre grata. Altro è l’errore da superficialità, quello proprio non lo sopporto. Qualche volta è capitato, ma per abitudine verifico tutto, e quanto più l’argomento è leggero tanto più deve essere trattato con rigore e serietà. E per questo lunedì è tutto, la predica è finita.

P.S. chi si occupa dei social per i reali danesi ha corretto, e io ho tolto il mio commento. Tutto è bene ciò che finisce bene.

Domenica di Carnevale

Quest’anno il Re di Svezia Carl XVI Gustav celebra i cinquant’anni sul trono, e pensando alle mascherine che in questi giorni colorano le strade dedichiamo a lui il post di oggi. Sia chiaro, Lady Violet non vuole suggerire una certa qualità carnascialesca nel regno scandinavo, ma parlarvi (o ricordarvi) di un altro anniversario in terra svedese, che fu festeggiato en travesti.

Giugno 2001, i sovrani sono sposati da 25 anni e decidono di marcare le nozze d’argento con un gran ricevimento in costume nel cinquecentesco castello di Gripsholm. Costume forse rinascimentale, almeno a guardare loro; poi, come sempre accade alle feste mascherate, ognuno s’è vestito come voleva, e qualcuno si è vestito come sempre.

Bella Silvia in viola, colore che indossa spesso e le dona molto; deliziose le figlie Victoria e Madeleine; manca il figlio Carl Philip (si sarà vergognato?) in compenso c’è Lilian, vedova dello zio Bertil (qui la loro storia Bertil e Lilian, omnia vincit amor). Lei non rispetta il dress code e indossa un normale abito da sera, ma a 85 anni si può questo e altro. In definitiva il più convinto mi sembra il servitore.

Non conosco abbastanza la cultura svedese per decifrare l’abbigliamento del re, ma quella parrucca farebbe invidia pure a Benny&Bjorn degli ABBA.

Rinascimento danese

La golden age della Danimarca coincide col regno di Cristiano IV; il Rinascimento danese che risale al Seicento (cioè più o meno un secolo dopo il nostro). A questo rinascimento si ispirano evidentemente Margrethe di Danimarca e il marito Henrik; data la passione della regina, che spesso si diletta nella creazione di costumi per il teatro, immagino che anche questi siano opera sua. Henrik ci aggiunge quel tocco di goliardia che è stato uno dei suoi tratti più simpatici.

I mantellati

La famiglia reale norvegese fa quello che molti di noi fanno in questi casi: tira fuori un mantello (o un tabarro, per i più eleganti un domino) se lo piazza su qualcosa a caso, e pedalare. Quella che sembra osare di più è Mette-Marit, che un paio di mesi dopo sposerà il principe ereditario Haakon. La più simpatica Märtha Louise, che col mantellaccio e i capelli corti sembra una merry girl appena uscita dalla foresta di Sherwood.

Su il cappello!

In borghese col cappello in divisa avrebbe detto Totò, e alcuni giovani invitati fanno proprio questa scelta. Modesto Albert de Monaco, con cappetta di cammello e cappello en pendant, più paggio che principe. Willem-Alexander, allora erede al trono dei Paesi Bassi, accanto a una insolitamente sobria Máxima, sfoggia un cappello da moschettiere giallorosso per la felicità dei tifosi romanisti. Clamoroso il fratello minore Constantijn, che oltre al cappello deve aver rubato il cappotto di astrakan a mammà, e ci ha piazzato sotto un paio di stivaloni che mai il raffinato Aramis avrebbe calzato. Total Orange per la moglie Laurentien, con un marito combinato così che ci puoi abbinare?

Io non ci volevo venire

Inequivocabile l’espressione dei cognati Costantino di Grecia e Richard zu Sayn-Wittgenstein-Berleburg che accompagnano le mogli danesi Anne Marie e Benedikte. Loro vere principesse delle fiabe, i mariti in smoking senza fronzoli; anzi l’ex re degli Elleni si è portato pure il trench, che non si sa mai. Faccia di circostanza per il trentatreenne Principe delle Asturie, che proprio non ci voleva venire.

Un po’ così

Indecisi i principi ereditari di Jugoslavia: lui classico in smoking, lei improbabile attempata creatura di Botticelli con tanto di coroncina di fiori. Smoking anche per Henri di Lussemburgo, accompagnato dalla moglie Maria Teresa, meno flamboyante del solito e quasi sobria, non fosse per il fioccone piazzato proprio lì.

I miei preferiti

Non li conosco ma li trovo perfetti. Ti arriva un invito a cui non puoi dire di no. C’è un dress code che non sai come rispettare (e forse non vuoi spendere per qualcosa che non indosserai più). Ed ecco l’idea! Abiti da sera classici su cui piazzare una bella gorgiera e voilà il gioco è fatto. Le gorgiere fanno la loro comparsa nel XVI con una funzione precisa: intercettare i pidocchi che cadendo dalla testa rischiavano di annidarsi nei voluminosi abiti dell’epoca. Spero che in questo caso siano state scelte con un criterio puramente estetico.

Tra tre anni Carl Gustav e Silvia festeggeranno le nozze d’oro, dite che ci dobbiamo preoccupare?

A Royal Calendar – 2 febbraio 1931

Oggi mi sono imbattuta in questa fotografia, e ho pensato di ricordarvi la loro storia. Storia che molti di voi conosceranno già, essendo stata narrata anche nella seconda stagione di The Crown.

Il 2 febbraio 1931 nel Neues Palais di Darmstadt si sposa l’erede del granducato d’Assia e del Reno, Georg Donatus. La sposa è Cecilie di Grecia e Danimarca; in famiglia la chiamano Cécile, alla francese, e noi la conosciamo soprattutto come una delle sorelle del principe Philip. I genitori Andreas di Grecia e Alice di Battenberg si sono conosciuti all’incoronazione di King Edward VII e sposati un anno dopo, tra loro un incrocio di parentele che uniscono il sangue delle famiglie reali di Regno Unito Germania Russia e naturalmente Grecia e Danimarca. Insieme hanno quattro figlie e un figlio, ma all’alba degli anni Trenta il matrimonio è praticamente finito: lui ha abbandonato la famiglia per un’altra donna, lei ha subito un ricovero per schizofrenia nel sanatorio del dottor Binswanger in Svizzera. Intanto una dopo l’altra vanno all’altare le quattro ragazze: il 15 dicembre 1930 la più piccola, Sophie, sposa appena sedicenne Christof Hesse Kassel. Il 2 febbraio tocca alla terzogenita Cecilie, il 20 aprile dello stesso anno la figlia maggiore Margarita sposa Gottfried principe ereditario di Hohenlohe-Langenburg e il 17 agosto è la volta di Théodora con Berthold Margravio di Baden. Quattro figlie maritate in otto mesi, un record assoluto!

Georg Donatus von Hessen und bei Rhein è cugino primo della madre della sposa; suo padre e la madre di Alice sono fratello e sorella, un’altra sorella era l’ultima zarina, Alessandra. Nel 1918, alla dissoluzione dell’impero, anche il granducato di Assia e del Reno come tutti gli stati tedeschi è diventato una repubblica, parte della Repubblica di Weimar. Nel 1933 Hitler prenderà il potere, e inizierà il peggiore incubo dell’Europa moderna, speriamo l’ultimo.

Quel freddo giorno di febbraio è tutto di là da venire, Le fotografie seppiate rimandano il fascino degli sposi, giovanissimi (24 anni compiuti da poco lui, 20 da compiere a giugno lei), bellissimi, elegantissimi. Le cronache raccontano di strade gremite da una folla talmente grande ad attendere il corteo nuziale che le automobili che lo compongono a un certo punto non riescono a procedere, e le famiglie, lo sposo, la sposa – accompagnata dal padre che proprio quel giorno compie 49 anni – devono proseguire a piedi.

Dopo il viaggio di nozze gli sposi si stabiliscono a Darmstad; il 25 ottobre, a sette mesi e 23 giorni dalle nozze la coppia accoglie il primo figlio, Ludwig Ernst Andreas. Il 14 aprile 1933 nasce Alexander Georg Karl e il 20 settembre 1936 l’unica femmina, Johanna Marina Eleonor.

Il 1937 è l’anno del destino: in primavera Cécile è di nuovo incinta, a Pasqua ospita per le vacanze il fratello Philip, sedicenne, che frequenta a scuola Gordonstoun in Scozia. Il 1 maggio Georg Donatus – riservista della Luftwaffe, l’aeronautica militare – e sua moglie aderiscono al Partito Nazista. Il 9 ottobre il granduca padre Ernst Ludwig muore; per il mese seguente a Londra sono fissate le nozze tra il fratello minore di Georg Donatus, Ludwig, e Margaret Campbell Geddes. Nonostante la paura di volare di Cécile, all’ottavo mese di gravidanza, la famiglia decide di raggiungere la capitale inglese in aereo e il 16 novembre si imbarca su un trimotore della Sabena. Sull’aereo ci sono i granduchi, i loro due figli maggiori di sei e quattro anni, la granduchessa vedova, la tata dei bambini Lina Henar e l’equipaggio. Nei cieli del Belgio, nei pressi di Ostenda, l’areo urta la ciminiera di una fabbrica e precipita incendiandosi. Non ci sono superstiti. Viene rinvenuto il corpicino della creatura che Cécile aspettava; è possibile che sia entrata in travaglio e il pilota abbia tentato un atterraggio di emergenza, e la fitta nebbia ha fatto il resto. Oppure la nascita è avvenuta in seguito al trauma della caduta. Philip, legatissimo alla sorella, ne è devastato. Nella foto ufficiale del matrimonio appare a fianco della sposa; da quel giorno felice sono passati appena sei anni e mezzo.

L’unica superstite della famiglia è Johanna, che a 14 mesi è considerata troppo piccola per partecipare alle nozze. La bimba viene adottata dal fratello del padre, ma muore di meningite nel 1933. Ludwig e Margaret non avranno figli, alla morte di lui nel 1968 la famiglia è estinta.

Il caffè del lunedì – Grab the brolly!

Cosa c’è di più British di un ombrello? Chi mai potrà dimenticare Her Majesty coi suoi cappottini colorati e i vezzosi cappellini proteggersi sotto un parapioggia in pvc trasparente – perché i sudditi potessero sempre vedere il suo viso – rifinito da una banda coordinata alla mise? Ne aveva una collezione, tutti marca Fulton, inglesissimo brand in vendita dappertutto per poche decine di sterline.

E quando il Regno Unito non era ancora il paradiso dello shopping (almeno non quello abbordabile) uno dei souvenir classici era un bell’ombrello. Magari uscito da James Smith & Sons, blasonatissimo negozio artigianale che ripara le teste di Ladies&Gentlemen dal 1830. Occupa ancora, da ben 170 anni, lo splendido negozio vittoriano al numero 53 di New Oxford Street e vale assolutamente una visita; per raggiungerlo basta chiedere di The Umbrella Shop, il negozio di ombrelli per antonomasia.

Conoscendo la consolidata tradizione britannica, probabilmente non ci siamo mai fatti domande nemmeno sulla provenienza degli ombrelli di His Majesty, magari quello che portava ieri e che usa spesso, blu col manico in bambù. Sicuramente un prodotto di somma qualità, fatto a mano direttamente da Mr Smith o da qualche altro artigiano, talmente raffinato ed esclusivo che non lo conosce neanche Lady Violet (momento autoelegiativo, passa subito). E invece…

…e invece no, perché l’ombrello in questione è stato davvero realizzato da sapienti mani artigiane esclusivamente per il sovrano, ma le suddette mani non sono albioniche bensì italiane, più precisamente napoletane. L’ombrello di King Charles (in effetti ce l’aveva già quando era ancora HRH The Prince of Wales) viene dal laboratorio di Mario Talarico, ombrellaio di culto con bottega a via Toledo (al civico 329, mentre il laboratorio è lì vicino, in Vico Due Porte a Toledo 4/B).

Appezzate la raffinatezza della costruzione che utilizza un legno intero; in questo caso è bambù, ma ci sono anche legni particolari come il limone di Sorrento. E tessuti pregiati, a volte provenienti addirittura dalle seterie di San Leucio. Insomma, il trionfo del Made in Italy, di cui gli stilisti sono stati e sono un magnifico amplificatore a livello mondiale, ma non certo gli iniziatori. La tradizione napoletana poi, soprattutto per l’universo maschile, francamente non ha rivali; a casa mia si diceva (e si dice ancora) che nessuno è più elegante di un elegante signore napoletano.

A casa mia (ma in effetti era soprattutto mia madre, non nota per il proprio incontenibile ottimismo) si usava spesso anche uno dei motti di Mario Talarico: se non piove pioverà… Al che, da quando imparai l’espressione – oggi un po’ vintage come del resto sono io – rispondevo: grab the brolly, prendi l’ombrello!

20 gennaio, un giorno regale

La protagonista della giornata è lei: Mathilde, Regina dei Belgi, che oggi compie cinquant’anni. Come accadde anche per i 40, viene festeggiata con un francobollo dove compare da sola; già disponibile su bpost e da lunedì nei principali uffici postali del Paese.

La Regina ha scelto personalmente uno scatto di Michel Gronemberger che la ritrae davanti a una delle serre reali nel giardino d’inverno del Castello di Laeken. A tal proposito mi stupisce un po’ un ritratto in maniche di camicia nei giorni più freddi dell’inverno, ma tant’è. La mise scelta – blusa bianca e gonna a strisce bianche e nere – è riciclata e naturalmente firmata Natan, così come il completo pantaloni che indossa nell’altro ritratto diffuso per celebrare l’evento.

(Ph: Michel Gronemberger)

Nata a Uccle, Mathilde è la maggiore dei cinque figli del barone Patrick d’Udekem d’Acoz, che viene elevato a conte in seguito al matrimonio della figlia. Sua madre è un’aristocratica polacca, discendente dall’importante famiglia baltica dei Sapieha; al contrario di altre spose reali della sua generazioni dunque non nasce borghese, ma non porta certo un titolo di particolare prestigio. Prima di sposare, abbastanza a sorpresa, Philippe il 4 dicembre 1999 (A Royal Calendar – Philippe e Mathilde, due cuori e un abito) Mathilde lavora come logopedista; si laureerà in psicologia tre anni dopo, quando è già madre dell’erede al trono. A volte penso che tra i sovrani belgi c’è praticamente la stessa differenza d’età che c’era tra Charles e Diana – tredici anni meno qualche mese – ma nonostante questo, e la perplessità con cui il loro matrimonio fu accolto, i sovrani belgi mi sembrano una coppia ben assortita e il loro un matrimonio solido. Soprattutto grazie a lei; la sua delicata e dolce bellezza cela una tempra d’acciaio, il classico guanto di ferro in guanto di velluto. Firmato Natan, ça va sans dire.

Altro compleanno eccellente di oggi, i cinquantotto anni della Contessa di Wessex, festeggiata ieri con una bella torta dagli allievi della Connaught School, dov’è stata in visita. Moglie dell’ultimo figlio della scomparsa Regina, dotata del titolo minore tra i senior members della Royal Family, ha accolto con grazia un suo ruolo di secondo piano, ma con lavoro è impegno è riuscita a diventare indispensabile, nonché amatissima dalla suocera. All’inizio anche lei si è resa protagonista di qualche scivolone, ma ha saputo recuperare ed emendarsi. E se state pensando che stia alludendo a qualcuno e a qualcosa, avete ragione. Vedremo se prima o poi – magari a maggio, in occasione dell’incoronazione di King Charles III – arriverà l’agognato (da noi sicuramente) titolo di Duchessa di Edimburgo, ma non credo cambierà molto nella vita di Sophie.

Questa la cronaca, cui vorrei aggiungere un po’ di storia. È il 20 gennaio 1936 quando, poco prima di mezzanotte, nella residenza di Sandringham nel Norfolk muore Re George V. Il sovrano ha settant’anni e soffre da anni di un’infezione polmonare; nelle ultime settimane le sue condizioni sono peggiorate, e la sua morte certo non arriva inattesa, ma nel 1986 viene pubblicato il diario del medico curante, Lord Bertrand Dawson, che afferma di aver abbreviato l’agonia del sovrano con iniettando morfina e cocaina.

Nello stesso giorno a poche centinaia di metri Ruth Roche, moglie del Barone Firmoy, dà alla luce alla terza figlia della coppia. La bambina nasce a Park House all’interno della tenuta reale di Sandringham, e viene chiamata Frances Ruth. Diciotto anni e tre sovrani dopo – sul trono siede la nipote di George V, Elizabeth II; lo zio Edward VIII diventato re quel 20 gennaio 1936 ha abdicato in favore del fratello undici mesi dopo; il padre George VI è scomparso il 6 febbraio 1952 – la bambina nata nel giorno della morte del re si sposa. È il 1 giugno 1954; lo sposo è il Visconte Althorp, John Spencer. Sono i genitori di Diana, Principessa del Galles.

Il caffè del lunedì – Di martedì

Di martedì non nel senso della trasmissione di Floris, ma in quello che causa giornata tra il frenetico e il delirante il caffè di ieri ve lo offro oggi (e speriamo non si sia raffreddato!)

È in fondo una piccola storia, ma volevo raccontarvela, compreso il momento imprevisto, perché secondo me svela piuttosto chiaramente che persona è Charles e che re sarà. Mercoledì scorso, 14 dicembre, King Charles ha assistito a Westmister Hall allo svelamento della piccola targa che ricorda il luogo dove il feretro di sua madre ha ricevuto per quattro giorni l’omaggio pubblico, prima dei solenni funerali di stato, secondo una prassi che risale alle esequie di King Edward VII nel 1910.

Nel salutare le persone presenti, il sovrano si è chinato a raccogliere il bastone caduto a una signora, un gesto se volete normale, ma certo non scontato.

Fermatevi quattro minuti, bevete un caffè e gustatevi questo piccolo video, poi mi direte se ne è valsa la pena. Per tutti gli estimatori, segnalo la presenza dell’equerry di Sua Maestà, il tenente Colonnello Johnny Thompson; ne parleremo ancora, stay tuned!

Il caffè del lunedì – Predestinati

La trasferta bostoniana per la consegna degli Earthshot Prize è stata l’occasione per numerosi incontri che i Principi di Galles hanno condotto sia insieme sia in solitaria. E così venerdì 2 dicembre, aspettando la cerimonia finale, mentre Catherine era a Harvard per un progetto dedicato all’infanzia, William ha visitato la JFK Library accolto da Caroline Kennedy accompagnata dai due figli minori, Tatiana e Jack. Visita in qualche modo obbligata, visto che lo stesso principe ha dichiarato che il Moonshot (cioè il programma spaziale) del presidente Kennedy è tra gli elementi che hanno ispirato il progetto dei premi Earthshot; la natura degli incontranti però ha senz’altro distratto l’attenzione dall’incontro.

Due predestinati: lui futuro re, lei principessa americana, nati in un privilegio che ha presentato presto il conto. Lui ha dovuto adattarsi da subito ad un futuro già scritto, lei ha avuto qualche difficoltà a costruirsi il suo, dalla rinuncia a lavorare come fotoreporter visto che finiva per attirare l’attenzione e diventare lei la notizia, al ritiro dalla corsa al Senato al posto di Hillary Clinton, per la violenta campagna di stampa che la accusava di avere nient’altro da offrire che il proprio nome. Lui già da bambino vive l’infelicità del matrimonio dei genitori, e ha solo quindici anni quando segue il feretro della madre. Lei di anni ne compie sei il 27 novembre 1963, due giorni dopo il funerale del padre, probabilmente troppo piccola per percepire i problemi del matrimonio di Jack e Jackie. Genitori amati ma ingombranti, lui figlio della principessa del popolo che ancora scatena deliri di devozione, lei della coppia d’oro della White House, i giovani belli colti eleganti Kennedy. Difficile immaginare due madri che più delle loro abbiano segnato la loro epoca e influenzato lo stile (più quella di lei) e il costume (più quella di lui).

Jacqueline Kennedy Onassis morì due mesi prima di compiere 65 anni, Caroline li ha compiuti da pochi giorni; ora si trova dunque in quella particolare condizione di aver superato l’età della morte di entrambi i genitori, per cui si comincia a guardarli quasi come se i figli diventassero loro; riflessione che fece un giorno in maniera profonda e complessa Mario Calabresi. Non credo che Caroline voglia diventare la matriarca dei Kennedy, ruolo scomodo come pochi altri, ma penso che voglia invecchiare serenamente, libera forse definitivamente dall’essere figlia della donna più chic del pianeta. William è più “fortunato” dato che i paragoni con la madre Diana hanno naturalmente dei limiti; al momento mi sembra più sotto pressione la moglie, novella Princess of Wales dopo cotanta (che però, come abbiamo già notato, si è presentata con i tacchi alti alla partita dei Boston Celtics; in questo caso Kennedy batte Windsor).

Se ovunque vadano entrambi si portano dietro il peso del passato, questa volta guardarli mi ha invece fatto pensare al futuro. Per lui si è trattato del primo viaggio all’estero dopo aver assunto il nuovo ruolo, e mi sembra che se la sia cavata onorevolmente; lei, dopo essere stata ambasciatore in Giappone, nominata dal Presidente Obama, svolge ora il medesimo incarico in Australia. Dove, come sapete, capo di stato è il padre di lui, King Charles.

Tre mesi fa, in occasione della morte della Regina, Caroline aveva rilasciato una dichiarazione per celebrarne la forza, la grazia, la devozione al servizio del suo popolo.

Magari ricordando quel giorno a Runnymede, un anno e mezzo dopo la morte del padre, quando quella regina inaugurò il Kennedy Memorial, e Prince Philip teneva per mano il piccolo John, coetaneo del figlio Andrew.

Intrecci affascinanti, che ci ricordano come la storia sia sempre fatta dalle donne e dagli uomini.

Il caffè del lunedì – Spille, principesse e aspiranti tali

Martedì 22 King Charles III e la Queen Consort hanno ricevuto in visita ufficiale il primo capo di stato – il Presidente della Repubblica Sudafricana Cyril Ramaphosa – nella nuova veste di sovrani. Catherine ha debuttato sulla scena internazionale come Princess of Wales e per la prima volta ha indossato la spilla con le tre piume emblema del Principe di Galles.

Diciotto diamanti intervallati da piccoli smeraldi formano un ovale che contiene le tre piume e il motto del Prince of Wales: “Ich Dien” Io servo in tedesco. Diamanti sono incastonati anche sulle tre piume, e la spilla è arricchita da un pendente removibile, uno smeraldo cabochon a goccia.

La spilla è un dono di nozze per Alexandra di Danimarca, che diventa Princess of Wales sposando il 10 marzo 1863 il futuro Edward VII. Alla morte della suocera, la formidabile Queen Victoria, Alexandra è infine Queen Consort e dona il gioiello alla nuora Mary, divenuta a sua volta Principessa di Galles. Mary siede sul trono con il marito nel 1910, e l’anno seguente il loro primogenito Edward viene ufficialmente investito del titolo, ma non c’è all’orizzonte alcuna sposa per lui per cui immagino che la madre tenga prudentemente il simbolico gioiello nel suo forziere. Per salutare una nuova Princess of Wales si deve aspettare il 29 luglio 1981 e le nozze tra Charles e Diana, visto che Edward diventa Re quando è ancora scapolo, il fratello Bertie passa dall’essere Duca di York direttamente al trono come King George VI, e la figlia Elizabeth non ha mai portato il titolo, che si trasmette solo per linea maschile. Insieme al titolo, Diana porta anche il gioiello, solitamente come prezioso pendente.

Scomparsa lei, Camilla ha portato la spilla ma non il titolo, scegliendo quello di Duchessa di Cornovaglia per non sovrapporsi alla principessa né urtare la sensibilità di chi era legato al suo ricordo. Ora la spilla è atterrata sul bavero della nuova Princess, in una situazione assai meno complessa e drammatica, e in fondo uno degli atout di Catherine è proprio la sua tranquillizzante normalità.

Ma colpo di scena! Di spilla Prince of Wales ce n’è un’altra, e ha una storia più intrigante. Dicevamo che l’ultimo Principe di Galles prima di Charles è stato Edward, poi (brevemente) King Edward VIII, poi Duke of Windsor. Nel 1935 Edward è l’erede, ed è immerso in una relazione – osteggiatissima a Corte – con l’americana già divorziata dal primo marito e divorzianda dal secondo Wallis Simpson. La spilla di cui abbiamo parlato finora è con ogni probabilità saldamente nelle mani della Regina Mary, che non ci pensa lontanamente ad affidarla al figlio col rischio di ritrovarla sul bavero di chissà chi (peggio ancora, addosso a quella). Dunque l’innamorato fa realizzare autonomamente una spilla col suo emblema, e la dona all’amata.

Le tre piume, realizzate in platino e incrostate di diamanti taglio baguette e brillante, sono tenute insieme da una corona in oro giallo e diamanti. Il 20 gennaio 1936 George V muore, e Edward diventa Re, l’undici dicembre abdica in favore del fratello, che diventa King George VI, il 3 giugno 1937 sposa Wallis. La coppa assume il titolo di Duchi di Windsor, ma lei non sarà mai un’Altezza Reale. Diventano una delle coppie più in vista del jet set, anche perché non è che facciano molto altro, e dopo gli ambigui (eufemismo) rapporti con Hitler e il nazismo a Londra auspicano che continuino così. Incontrano tutto il bel mondo internazionale e diventano buoni amici della diva delle dive, Liz Taylor. La quale resta affascinata dalla spilla, anche perché il suo bimarito Richard Burton è gallese. Wallis muore quasi novantenne nel 1986, 14 anni dopo il consorte, e lascia a Suzanne Blum, sua esecutrice testamentaria, l’incarico di vendere all’asta la sua favolosa collezione di gioielli, donando il ricavato all’Istituto Pasteur di Parigi per la ricerca sull’HIV. Causa particolarmente cara a Liz, che l’anno seguente si aggiudica l’agognata spilla durante l’asta di Sotheby’s acquistandola per telefono dalla sua piscina californiana.

E la indossa spesso, anche per sottolineare il generoso – e generosamente esposto – décolleté.

Che dite, Catherine prenderà ispirazione?

Il caffè del lunedì – Pasticci

Qualche giorno fa mi è capitato di leggere una frase attribuita a Umberto Galimberti, tratta da Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica (Milano 1999); non è una citazione diretta, dunque non prendetela come oro; d’altronde non sto scrivendo un testo scientifico, cerco solo un incipit! La frase recita: Con la tecnica gli uomini possono ottenere da sé quello che un tempo chiedevano agli dèi.

Considerando i pasticci che ho fatto col blog negli ultimi tempi io invece penso che giusto agli dei mi posso rivolgere. Il punto è banalmente questo: ogni tanto – per me sempre troppo spesso – wordpress aggiorna il sistema e scompagina tutto. Per l’ennesima volta sono scomparsi molti vostri commenti; alcuni li ho proprio persi, altri li ho recuperati ma non ho potuto rispondere. Perdonatemi, ma sappiate che mi fa sempre piacere se commentate.

In fondo anche la nostra musa Lady Violet, la contessa vedova di Grantham alle prese con uno dei primi telefoni si chiedeva: è uno strumento di comunicazione o di tortura? Invochiamo dunque la benevolenza di Clio, musa della storia (e delle storie) incrociamo le dita e andiamo avanti.

È però grazie alla tecnologia che ho seguito, come immagino molti di voi, la quinta serie di The Crown, e sempre la tecnologia mi ha permesso di isolare un dettaglio veramente imperdonabile. Che non è la narrazione soapoperistica, la regina costipata di Imelda Staunton o l’intera puntata dedicata alla famiglia Fayed. È il momento in cui Diana/Elizabeth Debicki si prepara per il party della Serpentine Gallery mentre il marito dichiara urbi et orbi in televisione il suo amore per Camilla, sceglie l’abito nero di Christina Stambolian che passerà alla storia come revenge dress e si allaccia al collo il famoso choker di perle. Che nella serie televisiva viene rappresentato come il pezzo di bigiotteria che ovviamente è stato usato nella finzione, quattro fili allacciati da una catenella, pure piuttosto cheap, sulla nuca.

Nella realtà si trattava invece di un pezzo favoloso, ereditato dai figli ma mai più visto dalla scomparsa della principessa. Sette fili di perle chiuse da un fermaglio composto da un grande zaffiro circondato di diamanti, in origine una spilla ricevuta come dono di nozze dalla nonna del marito, la Queen Mother.

Non si fa! Però prenderò spunto per un paio di post, stay tuned e buon lunedì.

Se volete iniziare la settimana con un ripasso sullo stile di Diana, seguite i link Style file: Diana Principessa di Galles (prima parte) Style file: Diana Principessa di Galles (seconda parte) Style file: Diana Principessa di Galles (terza parte)