Quest’anno, il 2019, Jackie avrebbe compiuto novant’anni. Dalla sua morte ne sono passati già venticinque, e venti da quella del figlio John, il principe ereditario d’America. Il ricordo dei Kennedy pian piano si allontana, ma quel tailleur rosa resta nella memoria.
La First Lady non può saperlo quando lo indossa la mattina di quel venerdì 22 novembre, ma nel giro di qualche ora lei sarà una giovane vedova con due bambini piccoli, il sogno di Camelot svanito per sempre, e il suo tailleur rosa consegnato alla storia.
Jackie chiedeva spesso l’approvazione di Jack per le sue mise; le sorelle Fontana raccontavano che una volta, quando lui era solo un senatore di belle speranze in trasferta a Roma con la deliziosa giovane moglie, lei volle che fosse il marito a decidere quale tra gli abiti selezionati in atelier avrebbe dovuto acquistare. In una intervista dopo la tragedia lei rivelò che lui le aveva detto: pranzeremo con tutte queste ricche signore repubblicane, con pellicce di visone e braccialetti di diamanti, e tu sarai meravigliosa quanto loro. Sii semplice, mostra a queste Texane cosa sia davvero il buon gusto.
E Jackie, la giovane First Lady che all’insediamento del marito si fa notare per essere l’unica signora a indossare un cappotto (color crema, creato per lei da Oleg Cassini) e non il visone, accontenta Jack. La scelta cade su un tailleur rosa, o meglio raspberry pink, cioè lampone, già indossato in altre occasioni. Uno Chanel in tessuto bouclé, gonna dritta e giacca a scatoletta con colletto di seta blu. Stessa seta per la blusa senza maniche e per bordare i polsi e le quattro taschine; profili in smalto blu per i sei bottoni dorati che chiudono il doppio petto, e per i due su ciascuna manica.
Il tailleur (il primo a sinistra nella foto) è un modello della collezione Autunno Inverno 1961, ma a lungo si è discusso se quello indossato da Jackie fosse uno Chanel originale o una copia. Il dubbio è stato risolto definitivamente nel 2010 da Justine Picardie nella biografia Coco Chanel: The Legend and the Life. Kennedy padre aveva consigliato alla nuora – lei che era così europea, così francese per aspetto, modi, cultura, e pure per il cognome, Bouvier – di indossare abiti made in USA per evitarsi critiche dalle patriottiche massaie americane.
E dunque il tailleur fu effettivamente cucito negli USA da Chez Ninon, sartoria specializzata nelle repliche di capi Haute Couture ma con materiali – tessuti, bottoni, anche la catenella cucita all’interno della giacca secondo l’uso della Maison francese – arrivati direttamente da Rue Cambon. Il completo fu realizzato seguendo il procedimento “line to line” messo a punto da Chanel, e completato da un pillbox dello stesso tessuto bouclé più scarpe e borsa blu e guanti bianchi al polso.
I Kennedy a bordo dell’Air Force One atterrano a Dallas alle 11.40 e salgono su una Lincoln Continental con il Governatore John Connally e sua moglie Nellie; l’auto sta attraversando Dealey Plaza quando si sentono degli spari. Il Presidente è colpito alla testa, anche il governatore viene colpito ma meno gravemente. Nel caos generale l’auto raggiunge rapidamente l’ospedale Parkland Memorial, dove alcuni giornalisti riferiscono di aver visto la First Lady stringere a sé la testa del marito, come a proteggerlo; altri riferiscono che Jackie ha tra le mani materia cerebrale di Jack, che vuole consegnare ai medici. Il Presidente viene dichiarato morto alle 13.00.
Un’ora dopo la salma viene imbarcata sull’aereo presidenziale, salgono a bordo anche Jackie e il nuovo presidente, Lyndon B. Johnson, che alle 14.38 giura fedeltà alla Costituzione nelle mani di Sarah Hughes, un giudice donna nominata da Kennedy. Al suo fianco la moglie Lady Bird e una sconvolta Jackie, l’abito e le gambe imbrattate del sangue del marito. Il cappello indossato dalla First Lady, che era tenuto fermo da uno spillone, è scomparso.
Jackie si terrà addosso il tailleur insanguinato fino al giorno dal dopo quando la sua cameriera personale, Providencia Paredes infila tutto in una scatola – comprese calze scarpe e borsa – che invia alla made di Jackie, Janet Auchincloss perché la conservi. Il tailleur, mai ripulito dal sangue del presidente, è stato in seguito donato ai National Archives in Maryland, dove è conservato in una teca sottovuoto, di cui non si conosce l’esatta ubicazione. Per desiderio degli eredi, cioè della figlia Caroline, non sarà mostrato in pubblico prima del 2103. Una scelta opposta a quella di Jackie, che a chi cercava di persuaderla a togliersi quell’abito così tragicamente rovinato, rispose Oh, no … I want them to see what they have done to Jack.
Lei appartiene a un’aristocratica famiglia belga le cui origini risalgono al Trecento; nel Cinquecento alcuni membri della casata portarono anche il titolo di Principi di Sulmona, cosa che non mancherà di interessare i numerosi abruzzesi amici del blog. Il fidanzamento viene purtroppo funestato dalla scomparsa della madre della sposa, a due soli mesi dalle nozze, che non subiscono però alcuno stravolgimento.
Il giorno precedente il matrimonio civile davanti al sindaco della capitale; Stéphanie ci aveva illusi presentandosi in Chanel, purtroppo l’illusione sarà presto fugata dalla noiosa banale realtà. La sera, al pre wedding party, fa la sua comparsa Elie Saab;
la sposa indossa un abito in pizzo grigio, nel più classico stile della maison libanese, ma pericolosamente simile a quello beige della suocera; l’una illumina la sua mise con la Diamond Vine Leaves Tiara, l’altra con l’importante Chaumet Diamond and Pearl.
Ospiti tutte le teste coronate in circolazione: Mathilde del Belgio arriva al braccio del marito, in Armani Privé blu elettrico con la Laurel Wreath Tiara, Maxima d’Olanda in un Jan Taminiau veramente flamboyant e la Mellerio Ruby Tiara (la rivedremo a Londra la prossima settimana?),
Stéphanie arriva al braccio del fratello maggiore Jehan (il padre, molto anziano, è sulla sedia a rotelle) nell’ennesimo Saab, molto bello ma non memorabile, la piccola tiara di famiglia sui capelli biondi. In azzurro con tocchi arancione i bambini del corteo nuziale, mentre le due damigelle d’onore – la sorella di lui e una nipote di lei – sono in lungo color melone, un po’ troppo estivo.
Madre dello sposo in corallo: da Natan, la maison che firma questa mise, evidentemente temevano che una linea semplice l’avrebbe slanciata troppo, e hanno pensato bene di aggiungere una stola rigida che regala alla povera granduchessa l’effetto di un bonbon incartato e chiuso da un’enorme broche, di cui, se non ricordo male, all’epoca si disse pure che fosse bigiotteria. La modista belga Fabienne Delvigne completa il tutto con un piccolo copricapo in tinta che francamente non aggiunge nulla né alla granduchessa né all’armonia dell’insieme. Tra le auguste ospiti très chic Caroline de Monaco in total look Chanel (la perfezione è nei dettagli: notare il guanto a gomito e calze e scarpe nella stessa identica nuance).
Una delle mie preferite tra tutte le royal ladies è sicuramente la contessa di Wessex, con questa versione British del New Look che innalzò alla gloria eterna Monsieur Dior. Abito di Emilia Wickstead in perfetto stile fifties ma sdrammatizzato da stampa grafica ispirata alla più inglese delle country lives, cavalli compresi. Cappello Jane Taylor dalla stupefacente forma aerodinamica che contrasta splendidamente coi suoi colori chiari e ha anche il merito di slanciarla.
Non intendo le parenti della sposa ma le altre perché sì, ce n’era pure qualche altra, come Marie-Chantal e figlia Maria-Olympia di Grecia, scortate dal marito e padre Pavlos (uno dei pochi casi in cui la barba non rende più interessante chi la porta). Chic entrambe soprattutto per come hanno abbinato i cappelli. Poi l’abito cipria dell’una è elegante ma scontato, il Dolce&Gabbana rosso dell’altra è molto bello ma magari non adattissimo a un matrimonio.
