Oggi il sofà di Lady Violet è desolatamente vuoto. Se n’è andata lei, the one and only, l’unica vera Lady Violet.

Cui l’autrice di questo blog ammaliata si ispira, per quell’irraggiungibile mix di acuta intelligenza, spirito tagliente, maniere impeccabili, eleganza indiscutibile, che appartenevano tanto al personaggio quanto alla sua interprete.

Come tutti i grandi attori Dame Maggie Smith ha interpretato con uguale passione, divertendo e divertendosi, ruoli classici – debuttò diciassettenne come Viola nella shakespeariana Dodicesima Notte – e altri decisamente pop, come la Minerva McGonagall di Harry Potter, con cui ha sedotto milioni di ragazzini di cui avrebbe potuto essere nonna. Che insieme a quello della Contessa Vedova di Downton Abbey è poi il ruolo per cui oggi è più ampiamente ricordata e generalmente rimpianta, attraverso la banalizzazione social che immagino poco le sarebbe piaciuta.

E invece Margaret Natalie Smith, nata il 28 dicembre 1934 da una segretaria sposata a un patologo docente a Oxford (qui trovate una breve biografia Happy birthday Lady Violet, the true and only!) ha avuto una carriera clamorosa, al cinema e in teatro: due premi Oscar (più quattro nomination), cinque BAFTA quattro Emmy, tre Golden Globe, un Tony Awards, più sei candidature ai Laurence Olivier Awards. E proprio Olivier, dopo averla vista recitare, la invita a far parte della sua National Theatre Company; il che dice molto della sua bravura e anche del suo carattere, essendo lui piuttosto, come dire, impegnativo, sia come attore sia come uomo. Per otto anni i due lavorano insieme, fieramente rivali; probabilmente lui aveva capito subito di aver trovato chi poteva stargli alla pari. E la prese pure a sberle (vere) durante una recita dell’Otello; ma vi immaginate cosa dev’essere stato Il Rinoceronte di Ionesco, con loro due diretti da Orson Welles?

Il dispiacere di non avere avuto l’opportunità di vederla recitare dal vivo è temperato dal piacere delle sue tante interpretazioni cinematografiche. Il primo Oscar arriva nel 1970, per The prime of Miss Jane Brodie, bizzarramente tradotto in italiano La strana voglia di Jean (non vi preoccupate, Jean non aveva nessuna delle voglie cui il titolo lascerebbe pensare), il secondo nove anni più tardi per California Suite, in cui recita il ruolo di un’attrice inglese a Los Angeles per la notte degli Oscar cui è candidata ma che non vincerà, in uno di quei fantastici meccanismi in cui verità e finzione si incastrano.

Alla me ragazzina era piaciuta molto nei due film con Peter Ustinov/Poirot: la fragile, acida Bowers, riluttante dama di compagnia di Bette Davis in Assassinio sul Nilo, e Daphne Castle, locandiera-ex ballerina-ex amante del re di Tyrania in Delitto sotto il sole. Ma dichiaro la mia passione per Charlotte Bartlett, signorina in ristrettezze che accompagna in qualità di chaperon la cugina Lucy Honeychurch in viaggio a Firenze, dove la fanciulla troverà l’amore nel romantico George Emerson, interpretato da Julian Sands (tragicamente scomparso lo scorso anno) godendosi infine la Camera con vista.

Senza dimenticare l’elegante Gosford Park, lo spassoso Invito a cena con delitto, dove con lei recita anche Truman Capote. Nel suo curriculum addirittura due film, girati a una trentina d’anni l’uno dall’altro, con lo stesso titolo, Quartet, e soggetto completamente diverso. Gli altri aggiungeteli voi, perché sono sicura che ciascuno l’abbia particolarmente amata in un ruolo, in un film. Personalmente ne cito un altro: The Lady in the van: storia vera di Mary Shepherd che per una quindicina d’anni ha vissuto su un furgone parcheggiato nel cortile dello scrittore Alan Bennett.

Che oltre ad essere sceneggiatore del film è anche autore di quel delizioso libro che è La sovrana lettrice. Vedete? Alla fine tutto torna. Quel film non è solo un’immensa prova d’attrice, è anche la messa in scena di un’altra sua caratteristica, l’anticonformismo. Che ha impresso una spinta probabilmente alle scelte della sua vita, sicuramente a quelle della sua carriera.

Le ultime fotografie sono dell’anno scorso, per la campagna di comunicazione di Loewe, maison di lusso spagnola. Fieramente, meravigliosamente, sfacciatamente vecchia, senza nulla concedere a quel carinismo che immagino odiasse quanto Lady Violet. E che ha donato alla sua Violet, dotandola di quella raffinata perfidia distribuita con garbo a tutti, famiglia e servitù, aristocratici e plebei. Con la consapevolezza che No life appears rewarding if you think about it too much, nessuna vita appare appagante se ci si pensa troppo.

Farewell my Lady, torni ogni tanto a sedersi sul sofà, ci farà felici.





Oggi è il compleanno della vera e unica Lady Violet Crowley, Contessa Vedova di Grantham, regina di intelligenza, sovrana del buon gusto e delle buone maniere, sacerdotessa dello wit (termine inglese intraducibile che identifica quella forma di humour tipicamente britannico, acuto dissacrante e un po’ perfido).
Avete capito perché questo blog è dedicato a Lady Violet? Happy birthday, my Lady.