Royal chic shock e boh – Greek wedding edition; il prewedding party

Cosa sarebbe questa rubrica senza un bel royal wedding? Se agosto si era chiuso col matrimonio di Märtha Louise di Norvegia con Durek Verrett, settembre finisce con quello tra Theodora di Grecia e Danimarca e Matthew Kumar.

Nozze entrambe di non primissimo piano – bisogna accontentarsi – entrambe celebrano l’unione tra una principessa europea e un uomo americano. Questo però non è sciamano ma avvocato, non sono sicura che sia meglio ma potrebbe. La quarantunenne Theodora, una carriera finora non travolgente di attrice, ha dovuto rinviare la celebrazione più di una volta, prima per la pandemia, poi per la morte del padre. Per le mise si è affidata a Celia Kritharioti, proprietaria della più antica maison di Grecia, fondata nel 1906, e nonostante non mi sa piaciuto tutto penso abbia fatto bene, e non solo per questioni di opportunità. Iniziamo dunque col party organizzato la sera prima della cerimonia nelle sale del bel Museo Bizantino e Cristiano di Atene.

Non ho apprezzato particolarmente l’abito della sposa creato da Celia Kritharioti per il prewedding party; banalotto, sarebbe piaciuto alla Sandy di Grease ma rende Theodora un po’ troppo bambolona, ed è peggiorato dal fioccone sul popò. Sicuramente “da sposa” ma abbastanza stucchevole la clutch Cult Gaia decorata con perle. Shock.

Elegante la madre della sposa, Anne-Marie, in completo pantaloni Max Mara in seta cangiante tra il blu e il viola. La stola poteva essere messa meglio, ma teniamo presente che è sempre una mamma alla vigilia delle nozze della sua bambina. Applausi a scena aperta per la scelta di Viva, una delle classiche scarpine con fiocco di Ferragamo. Chic. Una parola sui signori, il cui dress code era evidentemente completo e camicia senza cravatta; lo sposo ha interpretato estensivamente il “senza” e ha lasciato a casa pure i calzini. Non mi convincerete mai, anche se va molto tra i giovani il piede nudo è accettabile solo con mocassino da barca e in occasioni informali (tipo appunto le gite in barca). Matthew si è messo pure un completo coi pantaloni skinny, che forse andranno ancora di moda in California, ma nella vecchia Europa no sicuro. Colpevole, Vostro Onore. Shock. Quanto all’accompagnatore della ex regina, è il figlio Nikolaos, di recente tornato single, impeccabile cavaliere per sua madre; confesso il mio debole per lui, che invecchiando sta assumendo quell’aria stropicciata quasi irresistibile. Chic.

Perfettamente in linea col dress code il diadoco Pavlos e i suoi quattro figli – nonostante siano tutti più giovani, e a dirla tutta pure più fighi dello sposo – tutti in abito blu, camicia e calzini (quelli del padre si vedono proprio). Tra loro risplende la primogenita Maria Olympia in abito di lamé plissettato color argento di Prada, che firma anche i sandali. Il reggiseno bianco che si intravvede rischia di continua a porre l’attenzione di questo party prenuziale sull’underwear, ma all’età della fanciulla è ancora concesso. Chic. In mezzo al gruppo, come il perno su cui gira tutto, Marie-Chantal in abito blu Vuitton con accessori dorati Aquazzura. Confesso una non particolare predilezione per la signora, ma non v’è dubbio che si impegni sempre per dare il meglio di sé e di solito ci riesce (cosa che non stupirà gli appassionati di astrologia: è della Vergine) oltre ad aver formato una bella famiglia, che almeno finora sembra funzionare bene. Brava e senz’altro chic.

Meno ieraticamente perfetta della cognata ma più calda e comunicativa (si capisce che la preferisco?) la principessa Alexia, primogenita degli ex sovrani di Grecia – e per un paio d’anni, fino alla nascita del fratello Pavlos erede al trono – arriva con la sua bella faccia, il suo bel marito (Carlos Morales, architetto e velista spagnolo), i loro quattro bei figli. La sua mise è meno bella, o meglio un po’ pasticciata, ma tutto sommata adeguata a una festa di fine estate: splendidi i colori, troppo abbondante il tessuto della gonna, abbinata alla blusa incrociata in viscosa in vendita per 99,99 da El Corte Inglés, catena di grandi magazzini spagnola (al primo posto in Europa e al quarto nel mondo per volume d’affari). Boh. Deliziose le tre ragazze, che credo vestano Zara tutte e tre, chic come la parte maschile della famiglia.

(Ph: Hanne Juul)

Philippos, il minore dei cinque figli di Costantino e Anne-Marie è accompagnato dalla moglie Nina. Graziosa ragazza di cui abbiamo detto spesso che pur avendo disponibilità praticamente illimitate non sempre azzecca le sue mise, anzi quasi mai. Questa volta così così: abito Huishan Zhang dalla forma inutilmente complicata in quel color bluette che è tornato molto di moda (che noia però) bellissime le slingback Francesco Russo, diligente la borsetta in seta blu Chanel. Mi piace assai di più la collana con pendente: un uovo Fabergé in diamanti e zaffiri.

Se ve lo state chiedendo, è un vero Fabergé ma naturalmente non dell’epoca degli zar: la maison è tornata in auge e propone tra le varie collezioni anche dei gioielli declinati col simbolo dell’uovo, alcuni persino abbordabili. Accanto a Nina il giovane e innamorato marito che deve aver sentito le mie riflessioni e per farmi contenta coi mocassini da barca si è messo anche le calze, troppa grazia! Un grande boh.

(Ph: Hanne Juul)

Impossibilitata a partecipare la regina emerita Margrethe causa fratture varie, non pervenuto alcun membro della coppia sovrana o di quella cadetta, il vessillo della casa reale di Danimarca – cui appartiene per nascita la madre della sposa – è stato portato dalla principessa Benedikte. Signora di rara classe ed eleganza impeccabile. Perfetta anche questa volta: pantaloni dritti e canotta bianchi con spolverino/caftano di chiffon della danese Annette Freifeldt. Se proprio devo fare un appunto, avrei evitato lo smalto rosa Barbie; un insieme un po’ teutonico ma convincente, chic.

(Ph: Hanne Juul)

Con Benedikte due dei suoi figli: Gustav e Alexandra. Il primogenito, ora capo della casata Sayn-Wittgenstein-Berleburg, da giovane era bellino, poi si è un po’ imbolsito e come molti suoi connazionali non risplende con il clima mediterraneo. La moglie, Carina di nome e di fatto, è vestita con un abito grazioso ma non entusiasmante; modelli del genere erano una scelta assai frequente per i matrimoni della fine degli anni ’70; ecco, se l’abito fosse vintage sarebbe più interessante. Anche mia madre aveva qualcosa del genere, naturalmente senza le Hangisi di Manolo Blahnik. Boh.

(Ph: Hanne Juul)

Alexandra osa l’abbinamento di colori complementari, il giallo e il viola. L’idea non è male, e il top nemmeno, ma la gonna così rigida e sbrilluccicosa (MIAU by Clara Rothescu) in foto sembra terribile. Idem le scarpe Tabitha Simmons; peccato non si veda bene il pezzo più divertente: la clutch in plexiglass giallo fluo di Zara. Alexandra ha sposato in seconde nozze questo simpatico signore, il Conte Michael Ahlefeldt-Laurvig-Bille, casato tedesco e danese. Il quale evidentemente non ha le idee chiarissime sulla confezione degli abiti da uomo. Sto pensando a quanto spesso notiamo gli abiti di re Frederik: troppo stretti, troppo corti, troppo stretti e corti. Bene, osservando i suoi cugini si capiscono molte cose, se i sarti sono gli stessi stiamo freschi, a questo punto inizio a rivalutare pure Albert de Monaco! Sorry shock.

E arriviamo finalmente ai parenti che conosciamo meglio: gli spagnoli. C’erano Sofía e Irene, zie paterne della sposa, e le due cugine, l’Infanta Elena e l’Infanta Cristina con prole. Da un po’ di tempo mi capita, soprattutto su Instagram, di vedere molte fotografie degli anni sul trono di Sofía, in cui spesso e volentieri la Reina indossa splendidi Valentino. Sono talmente tanti, e talmente belli, che li sto raccogliendo per un post dedicato. Bene, scordateveli, perché da quando ha cambiato ruolo ha mutato anche il suo stile – e questo è comprensibile – semplificando ma anche banalizzando un po’. Grande fan dei pantaloni, li indossa anche in questa occasione, in quel tessuto lucido e pesante che fa tanto matrimonio di provincia. In abbinamento una tunica nello stesso raso a spesse righe opache e lucide, ma decorato da fiori. Non sta male, ma è un po’ quadro antico, quello stile che mio padre chiamava l’anno scorso a Marienbad. Divertente la clutch Jimmy Choo, tranquillamente riusata per la cerimonia e poco convincente in entrambi i casi. Boh. Mi hanno intenerito le scarpine dorate dell’assai sofferente principessa Irene, con un completo verde menta che la rende ancora più delicata e gentile. Chic. Per la Infanta Cristina vale quanto detto per la madre, perché una donna della sua età (e mi permetto di dire col suo fisico, che le consentirebbe ben altro) pensa di indossare quel gonnellone di taffetà verde muffa? Di più, perché ha sentito il bisogno di possedere una cosa del genere? E perché decide di abbinarci una tshirt, che sarebbe stata una scelta molto moderna se fosse stata in semplice seta semplice invece del lamé? Shock. Più interessante la sorella maggiore Elena, i cui austeri lineamenti (ah, il profilo dei Borbone!) la stanno trasformando in una sorta di ritratto di El Greco. Lei, forse perché è stata sposata con Jaime de Marichalar – uomo dotato di gusto raffinato, cultura e amore per la moda – ha negli anni sviluppato uno stile personale, spesso riferito alla Hispanidad, a volte eccessivo ma sicuramente non banale. Qui la mise non si capisce bene – sembra una blusa incrociata bianca su qualcosa di nero, gonna lunga o pantaloni – ma lo scialle flamenco è bello assai. Chic sulla fiducia. Concludiamo in bellezza con la splendida Irene Urdangarin, figlia diciannovenne di Cristina, talmente incantevole da lasciare poco spazio alle chiacchiere. Avrebbe fatto lo stesso effetto col proverbiale sacco di iuta, ma l’abito plissé con scollo all’americana e fantasia finto Pucci le sta bene. Bella e chic.

Prossima fermata, la cerimonia. Stay tuned!

Royal chic shock e boh – The Grosvenor wedding

Quello tra Hugh Grosvenor e Olivia Hanson, ora i Duchi di Westminster, non sarà proprio il matrimonio dell’anno – la principessa Theodora di Grecia finalmente si sposa, nozze fissate ad Atene il 28 settembre – ma certo si piazza bene. E soprattutto ci ha dato parecchio del materiale che piace a noi.

La sposa

(Ph: Samir Hussein)

Per il suo gran giorno la nubenda fa una scelta abbastanza convenzionale affidandosi a Emma Victoria Payne, che veste molte spose della buona società britannica. Per Olivia crea un abito lineare in crêpe satin di seta avorio, con un sobrio scollo arricchito da pizzo che comprende anche dettagli della robe de mariée indossata dalla sua trisavola nel 1880. I polsi sono rifiniti da un pizzo più alto, mentre la vita è segnata da una cinturina pieghettata.

(Ph: Oli Scarff/Getty Images)

Una volta girata di schiena, voilà! Sopra lo strascico di due metri, composto da pannelli staccabili, sul dorso si apre un oblò. Aggiunge qualcosa al modello, a parte un modesto effetto sorpresa? Direi di no. Mi piace? Direi di no. Diciamo che a volte la semplicità si trasforma in banalità. Meglio il leggero velo in tulle di seta – abbastanza impalpabile da far apprezzare la tiara – anch’esso bordato da pizzo e ricamato con le iniziali degli sposi e la data delle nozze.

La tiara

(Ph: Samir Hussein)

La famiglia Grosvenor possiede gioielli favolosi tra cui scegliere, ma io avevo puntato su questa e un po’ ci speravo. La Fabergé Myrtle Wreath Tiara fu realizzata nel 1906 per Lady Mabel Crichton, che andava sposa a Hugh, figlio cadetto del primo duca (la nobiltà dei Grosvenor è antica, ma il titolo ducale piuttosto recente: fu loro assegnato da Queen Victoria nel 1874). Il matrimonio finì tragicamente, con la morte di Hugh durante la Grande Guerra, ma a causa della penuria di eredi maschi entrambi i figli della coppia assunsero il titolo: Gerald fu il quarto duca e Robert, nonno dello sposo, il quinto.

Il diadema, opera di Albert Holmström – artigiano che lavorava per Fabergé – è composto da due rami di mirto con foglie e bacche, e realizzato con diamanti montati su oro rosa e argento. Essendo il mirto una pianta sacra a Venere questa tiara, oltre che splendida, è particolarmente adatta ai matrimoni, anche se non tutte le spose l’hanno scelta. Tutto bene dunque? Insomma, perché il mix tra i capelli così tirati che induriscono i lineamenti e l’indosso altro sulla testa non mi convincono.

Gli accessori

(Ph: Karwai Tang)

Something old something new something borrowed something blue vuole la tradizione. Se il pizzo della nonna è old, l’abito new, la tiara borrowed, cioè prestata, che ci mettiamo di blu? si dev’essere chiesta Olivia; un fiocchetto, una giarrettiera come tutte? No, le scarpe! Ora io non so se la fanciulla si sia ispirata a Carrie Bradshaw, che nel primo Sex and the City (il film) sposa infine il suo Mr. Big con un paio di Manolo Blahnik (le mitiche Hangisi) colore del mare; ma da sotto l’abito bianco spuntavano un paio di scarpine in velluto blu con fiocco e tacco spesso, che col resto ci azzeccano poco o niente. Grazioso ma un po’ caotico il bouquet, composto con fiori raccolti nella tenuta dello sposo.

Riassumendo: forse ricorderete una conduttrice televisiva piuttosto popolare negli anni ’90/2000, Melba Vicens Bello, coniugata Ruffo di Calabria. La ragazza, vinta la corona di più bella del suo Paese, la Repubblica Dominicana, fu spedita all’ambasciata a Roma, per lavorare alle celebrazioni per i 500 anni dalla scoperta dell’America e qui incontrò il suo principe. Per le sue nozze col nipote della regina dei Belgi era previsto che indossasse il sontuoso velo della famiglia Ruffo come hanno fatto Paola, figlia nuore nipoti e parenti varie. L’abito da sposa fu creato dalle Sorelle Fontana e io ricordo la divina Micol spiegare che il modello era stato pensato come una colonna per sorreggere il velo capolavoro. Aveva cioè un’idea, che è quello che secondo me manca qui. Qual è lo stile di questa sposa? La regalità della tiara, la sobrietà-ma-non-troppo del vestito, l’eccentricità delle scarpe, il bouquet campagnolo? Boh!

I genitori

(Ph: Chris Jackson/Getty Images)

Confesso, lì per lì ho avuto l’impressione che la lady in azzurro fosse Milena Vukotic, già immortale signora Pina in Fantozzi. Invece è Mrs Caroline Hanson, madre della sposa e discendente dai marchesi di Bristol, col marito Rupert e la Duchessa Vedova di Westminster. Non so se trovo più orribile quella specie di robe-manteau in un tessuto con una fantasia che rimanda a certe cotonine degli anni ’70, il cappello col drappeggio stile abat-jour, o l’abbinamento con accessori rosa confetto. Sulle scarpe non mi pronuncio perché non vorrei che fossero ortopediche, o comunque pensate per piedi delicati. Ma temo che anche con un paio di Manolo o di Louboutin l’effetto finale sarebbe stato lo steso. Shock.

La famiglia dello sposo

(Ph: Samir Hussein)

A vederle così, le quattro Grosvenor, tutte nelle tonalità del rosso/rosa (tranne una) mi hanno ricordato madre e sorelle di Letizia alla boda real.

La madre, la Duchessa Vedova di Westminster

(Ph: Getty Images)

Natalia è una donna notevole. Aveva solo diciannove anni quando sposò Gerald Grosvenor, diventando Duchessa di Westminster appena quattro mesi dopo, alla morte del suocero. La coppia ha avuto quattro figli; unico maschio Hugh, lo sposo, che ha ereditato titolo e sterminato patrimonio nel 2016, quando il padre è morto improvvisamente per una crisi cardiaca. Natalia può vantare una discendenza diretta dallo Zar Nicola I di Russia, da Re Gustaf IV Adolf di Svezia e dal grande scrittore russo Puškin. Nel 1982 i Principi di Galles la scelsero come una delle madrine di battesimo del primogenito William. In occasione del matrimonio del figlio ha sdoganato definitivamente i colori brillanti, presentandosi con un robe-manteau di Eponine London in shocking pink – notate la fodera please – abbinato a slingback Manolo Blahnik in rosso pomodoro, uno degli abbinamenti più cool dell’anno. In testa un cespuglio di penne che sembra un fuoco d’artificio, creato per lei da Rachel Trevor Morgan, in mano una delle clutch a forma di libro di Olimpia Le Tan. Questa è dedicata all’amore e si chiama What is love? L’idea è carina, la realizzazione – con tutti quegli occhi spaiati – rimanda un po’ al logo di una nota influencer in crisi di popolarità. Che probabilmente la duchessa non conosce, dunque va bene così. Allegramente chic.

Le sorelle dello sposo

(Ph: Neil Mockford/Getty Images)

Lady Tamara è la figlia maggiore; è sposata da vent’anni con Edward van Cutsem – tra i più intimi amici di casa Windsor – e ha tre figli. È anche quella che si vede meno nelle fotografie, dunque ci dobbiamo accontentare. Per la giornata, unica tra le donne di famiglia, ha scelto un abito fantasia. Il tessuto tapisserie mi sembra interessante, il modello molto meno e francamente molto poco donante. Bruttine le scarpe, terribile l’acconciatura. Shock con riserva.

Lady Edwina, la secondogenita, è una criminologa impegnata nella riforma carceraria e nella riabilitazione dei detenuti. È sposata con Dan Snow, storico e personaggio televisivo; diciamo la versione britannica di Alberto Angela. Per il matrimonio del fratello ha scelto un abito rosa antico Roksanda contraddistinto da grandi fiocchi sulle maniche, e mule di Malone Souliers, con le quali ha sdoganato anche l’assenza di calze e i talloni en plein air. Immancabile – e dimenticabile – il cappello, La cosa che preferisco? Il marito. Abbastanza shock.

(Ph: James Whatling)

Lady Viola (si pronuncia Vaiòla) è la minore dei quattro figli dei duchi, ed è sposata con Angus Roberts, ufficiale dei Dragoni Scozzesi. Ha scelto un abito low cost (€ 129.99 sul sito) in sangallo scarlatto di Selected Femme con scarpine Aquazurra in tinta. In abbinamento accessori celeste polvere: cerchietto e in mano una Fendi Pikaboo. Accostare il rosso al celeste è molto di moda (anche se non mi fa impazzire) ma il fitting dell’abito è francamente terribile. L’insieme sarebbe stato accettabile se la trentaduenne Viola avesse dieci anni di meno; così shock.

Eugenie di York

(Ph: Getty Images)

Unica a rappresentare la Royal Family insieme col cugino William, Eugenie fa una scelta insolita. L’abito verde oliva (Joseph) ha un corpino di jersey e una gonna plissé con l’orlo asimmetrico, cui la principessa abbina accessori color crema: scarpe Aquazzura (lo stesso modello indossato da Meghan il giorno del fidanzamento con Harry), cappellino con veletta Emily London e clutch Anya Hindmarch. Sono molto perplessa, l’abito non mi dispiace ma non mi sembra adatto all’occasione; in alcune foto le sta bene, in altre meno, ma l’underwear è veramente disastroso. Sorry, shock.

Le damigelle

(Ph: Oli Scarff/Getty Images)

Nonostante la loro sostanziale inutilità – per maneggiare il velo agitato dal forte vento ci sarebbe voluta l’esperienza di un paracadutista della Folgore – non potevano mancare le tre damigelle. Sono le nipotine dello sposo, la figlia di Tamara e le due figlie di Edwina. Graziose come tutte le bimbe della loro età, sono state imbustate in vestitoni di raso di rara bruttezza, pure loro senza calze, e con delle ballerine col fiocco. Nere. Ma perché? Bambine crescete, andate alla conquista del mondo e vestitevi come volete, che peggio di così è difficile.

La protagonista che non ti aspetti

Questo è l’ingresso della cattedrale di Chester prima che tutto iniziasse. In primo piano il dettaglio che veramente non si era mai visto prima: la passerella di legno lasciata così, nella sua sfacciata nudità. C’era un tappeto ma è volato via? Si sono scordati di coprirla? Erano finiti i soldi? Le nozze erano sponsorizzate dall’unione falegnami del Cheshire? O forse temevano che un tappeto avrebbe oscurato l’orgiastica selva che incorniciava l’ingresso? Ai posteri l’ardua sentenza.

Le foto del giorno – Uova di Natale

Non ho resistito a un piccolo calembour, ma chi di voi non si è incantato a guardare le immagini delle favolose uova Fabergé? E chi ha avuto la fortunata opportunità di vederne almeno uno dal vivo?

Carl Fabergé, nato a San Pietroburgo dal gioielliere Gustav, un cognome ereditato da antenati ugonotti fuggiti dalla Francia, è passato alla storia della gioielleria soprattutto per questi favolosi oggetti, originale incontro tra materiali preziosi artigianato orafo e meccanica. Nel 1885 lo Zar Alessandro III ne commissionò uno da donare per Pasqua alla moglie Maria Feodorovna; il dono piacque tanto che divenne un’abitudine; ogni anno uno diverso, contenente una sorpresa sconosciuta anche al sovrano. Quando Nicola II divenne ereditò il trono dal padre mantenne la tradizione raddoppiandola: dal 1895 le uova divennero due, una per la madre e una per la moglie.

La Rivoluzione d’Ottobre segnò la fine del rapporto tra Fabergé e la Russia: Carl morì a Losanna nel 1920, e la Maison fu trasferita a Londra, dove nel 1903 era stata aperta una sede. Delle 52 uova create per gli zar alcune sono andate perdute, altre ritrovate fortunosamente; alcune sono in collezioni private o museali altre inevitabilmente acquistate da oligarchi russi. Quattro fanno parte di raccolte reali: tre – l’uovo mosaico l’uovo delle colonne e l’uovo cesto di fiori – sono nella Royal Collection; l’uovo orologio blu con serpente appartiene ad Albert II de Monaco.

Dal 20 novembre il Victoria and Albert Museum – il maggior museo di arti applicate al mondo – ospitauna mostra che si annuncia davvero favolosa: Fabergé in London: Romance to Revolution. In esposizione più di duecento pezzi, oltre a molte delle celebri uova: una rassegna completa della produzione orafa della Maison.

Oggi la Duchessa di Cambridge, che del museo ha il patronage, ha visitato la mostra; camicia a disegni cashmere (Ralph Lauren) pantaloni maschili e mascherina d’ordinanza, Catherine ha avuto l’opportunità di osservare con attenzione gli splendidi manufatti, un’occasione che Lady Violet le invidia assai.

La mostra resta aperta fino a domenica 8 maggio, chissà… fingers crossed!

La foto del giorno – 6 maggio

Alla fine di questa convulsa e lieta giornata mi sono detta, ma due fiori alla puerpera non usa più? E quale scelta migliore dei mughetti, che sono i fiori dei primi giorni di maggio? Vada per i mughetti allora, però certo, un mazzolino ora che arriva a Windsor sai come si concia? Insomma, gira e rigira, ed ecco che sbuca questa robina qui. fabergé mughettiIl cestino di mughetti, creato da Fabergé per la famiglia dello Zar nel 1896, ora al Metropolitan di New York. Il  Lilies-of-the-Valley Basket è parte della Matilda Geddings Gray Foundation Collection, che comprende il lascito di un’ereditiera della Louisiana con un certo talento artistico e un gran gusto, che iniziò ad acquistare creazioni di Fabergé nel 1933, quando negli Stati Uniti probabilmente non sapevano neanche chi fosse. Nel corso degli anni Matilda Geddings Gray accumulò una sontuosa collezione che alla sua morte, nel 1971, lasciò alla fondazione che porta il suo nome, con il legato che le opere fossero esposte al pubblico, cosa di cui le saremo eternamente grati.