Nel giorno in cuiavrebbe compiuto 92 anni, concludiamo il ricordo di Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis; in calce trovate i link per i precedenti capitoli.

“Non sia dimenticato quel breve luminoso momento che fu Camelot” dice Jackie Kennedy a Theodore White che va ad intervistarla per la rivista Life il 29 novembre, una settimana dopo la morte del Presidente.
La Camelot del ventesimo secolo finisce con un regicidio.
Dopo la tragedia, dopo le immagini iconiche che contribuiscono a creare il mito, come il tailleur rosa di Jackie macchiato del sangue del marito (Quel tailleur rosa), dopo il funerale che mischia l’austera solennità del rito alla tenerezza dei due orfani, resta una vedova di trentaquattro anni che deve ricostruire la vita per sé e per i suoi bambini. Intanto, anche se sembra brutto, Jackie e i figli devono sgomberare rapidamente dalla White House, che è diventata ufficio e residenza del nuovo Presidente Lyndon B. Johnson; la famigliola torna nella casa di Georgetown da cui i Kennedy erano usciti per diventare la prima coppia del Paese e scrivere una pagina di storia.

Washington è e resta la città di Jack, il suo ricordo è ovunque e rinnova il dolore ad ogni respiro; è ora di ricominciare, altrove. Il suocero, che di fatto li mantiene, vorrebbe nuora e nipotini a Boston, sede del clan Kennedy, ma Jackie decide di tornare alle origini: la loro meta sarà New York. A settembre 1964 si trasferisce coi bambini in un grande appartamento al numero 1040 della Fifth Avenue: quattordici stanze di cui cinque camere da letto, un grande soggiorno affacciato su Central Park, una bella cucina – dove lei in verità entra raramente – camini dappertutto. Sarà la sua casa per il resto della vita.
Non sono tempi facili, gli Americani si aspettano che lei sia la vedova della nazione, ma alla sua età Jackie vuole probabilmente qualcosa di diverso per sé e per i figli, a partire dal rispetto della loro privacy. In questo insolito ruolo di First Lady Vedova Jackie continua a partecipare a molte manifestazioni che ricordano il marito: il 14 maggio 1965 è nel Regno Unito, ospite con i figli della Regina, che inaugura il John Kennedy Memorial a Runnymede. È sempre di uno chic assoluto, la ex First Lady, semplicissima in total white, mentre Her Majesty – maggiore di soli tre anni – non resiste al richiamo di quei cappelli tutti tempestati di fiori, così di moda da influenzare perfino le cuffie da bagno. Anche i bambini sono in bianco come la mamma, col piccolo John, quattro anni e mezzo, che dà la manina al Duca di Edimburgo.

Sono i figli il suo pensiero principale, aldilà di ogni ambizione o desiderio personale, è il futuro di Caroline e John Jr. a preoccupare Jackie. Ma la situazione precipita il 6 giugno 1968, quando Robert, fratello minore del presidente ucciso e candidato a sua volta alla presidenza, viene ucciso a Los Angeles durante la campagna per le primarie. Jackie si convince che i Kennedy sono diventati un bersaglio, e non si sente più sicura negli USA. Tra la sorpresa di tutti e le critiche di molti, decide di sposare Aristotele Onassis. Che è sicuramente ricchissimo – forse il più ricco – decisamente non bello, anche se chi lo conosce gli attribuisce un certo fascino; parecchi anni (ventirè) più di lei, e qualche centimetro in meno di altezza.

Che non sia il classico matrimonio d’amore lo rivela il prenup, il contratto prenuziale che regola dettagliatamente e minuziosamente perfino i rapporti coniugali. Il matrimonio si celebra il 20 ottobre 1968 a Skorpios, isola greca dello Ionio di proprietà dello sposo. La sposa si conferma una fuoriclasse dello stile indossando un abito bianco avorio che scandalizza i benpensanti, dato che il candido abito nuziale è simbolo della purezza della nubenda, inadatto quindi alle seconde nozze. Ma lei si è innamorata: non tanto del nuovo marito, quanto di un giovane stilista di Voghera che proprio quell’anno ha incantato con la sua White Collection; l’abito creato per queste nozze lo proietterà definitivamente nell’empireo della moda, e gli aprirà le porte del mercato internazionale. Valentino crea per Jackie un abito corto, con gonna a pieghe piatte e un corpino lungo e accollato intarsiato di pizzo, le lunghe maniche trattenute da alti polsini. Un abito sofisticato e quasi rivoluzionario, in aperto contrasto con la moda dell’epoca che prediligeva forme geometriche e colori squillanti. In pochi giorni la maison, tempestata di telefonate da vecchie e nuove clienti, vende ben 400 abiti della collezione, e sembra che anche Audrey Hepburn abbia voluto il suo, nel nuovo Jackie style.

Non è un matrimonio felice, troppo diversi gli sposi, che passano insieme il tempo strettamente necessario. Va detto che Onassis è sempre molto affettuoso e paterno con i bambini Kennedy, mentre sua figlia Christina, neanche diciottenne all’epoca del matrimonio, non riesce a legare con la matrigna. Ari torna presto tra le braccia dell’amata Maria Callas, che lo adora, mentre la moglie, ribattezzata Jackie O, diventa la regina della mondanità internazionale e dello shopping.
I rotocalchi sono pieni delle sue immagini e del suo stile: i pantaloni bianchi, i sandali infradito, i grandi occhiali da sole, i foulard Hermès legati in testa, la borsa a spalla (Gucci gliene dedica una che ha ancora un grandissimo successo e viene riproposta continuamente), i bijoux, soprattutto quelli favolosi di Kenneth J. Lane (Jackie, Kenneth e la collana dei sogni) mentre passeggia per Capri o per Ravello in compagnia di Valentino o di Gianni Agnelli, che si vocifera sia più di un amico.

A separare definitivamente i coniugi arriva una nuova tragedia: nel 1973 l’adorato figlio di lui, il venticinquenne Alexander, muore in un incidente aereo gettando il padre in una disperazione da cui non si solleverà più. Anche il matrimonio con Jackie è finito, ma Ari muore prima di finalizzare il divorzio. È il 1975, Jackie ha 46 anni ed è di nuovo vedova, ma questa volta è totalmente padrone di sé e del suo destino.
Inizia la sua terza vita. Torna in pianta stabile negli USA. riapre l’amato appartamento al 1040, ma invece di godersi l’eredità Onassis continuando la vita lussuosa degli ultimi anni si trova un lavoro. Il primo settembre di quell’anno inizia a lavorare per la casa editrice Viking; poi passerà alla Doubleday, e continuerà questa attività che l’appassiona tanto fino alla fine; i paparazzi che l’hanno assediata nelle residenze dei Kennedy o nei luoghi del jet set, ora la inseguono per le vie di New York, mentre va a piedi in ufficio.

Trova anche l’amore: Maurice Templesman, mercante di diamanti suo coetaneo. Un uomo “normale” forse il vero grande amore della sua vita. Nel 1988 lui si trasferisce da lei, si occupa delle sue finanze e sembra riesca addirittura quadruplicare i 26 milioni di dollari ereditati da Onassis. La primogenita Caroline si è sposata e la rende nonna di Rose, Tatiana e John, l’adorato figlio John Jr le crea invece qualche grattacapo: vorrebbe fare l’attore mentre lei lo spinge verso la carriera legale, e frequenta ragazze che non le piacciono troppo: dalla storica girlfriend Daryl Hannah, a Madonna (probabilmente l’incubo di molte suocere). Forse Jackie vede il figlio troppo simile al padre, anche lui avvolto dalla meravigliosa maledizione di essere un Kennedy.

Ma almeno questa volta la tragedia le è risparmiata: all’inizio del 1994 le viene diagnosticato un linfoma non-Hodgkin; la sera del 19 maggio muore nella sua casa. I suoi funerali vengono celebrati quattro giorni dopo nella chiesa St. Ignatius Loyola in Park Avenue, la stessa dov’era stata battezzata 65 anni prima. Maurice Templesman, l’uomo che l’ha amata, rispettata, protetta, mai tradita come John, mai esibita come Ari, e le è stato accanto in ogni momento nei brevi mesi della malattia, legge una poesia che lei amava: Itaca, di Konstantinos Kavafis.

E aggiunge che il loro viaggio insieme era stato “troppo breve, purtroppo, troppo breve”, ma “pieno di avventura e saggezza, risate e amore, galanteria e grazia”
Trovate qui i capitoli precedenti:
Jackie, la donna che visse tre volte (parte prima) Jackie, la donna che visse tre volte (parte seconda)
Qui il post sulla morte di John F. Kennedy Jr. A Royal Calendar – 16 luglio 1999



Tra le tante signore che assistono all’insediamento del nuovo Presidente avvolte nelle loro pellicce spicca la nuova First Lady con un semplice cappotto beige. Gli uomini invece sono in tight, con cappotto e cappello a cilindro; ma quando il Presidente giura, e poi pronuncia il celeberrimo discorso Ask not, il cappotto se lo toglie; JFK, che a 43 anni è il più giovane mai eletto a quella carica, vuol dare da subito l’idea del cambiamento suggerendo energia, salute, potenza. Purtroppo è molto meno in salute di quanto si pensi, e Jackie – che avrebbe voluto reggere la Bibbia su cui giurare, come si fa oggi – sorride enigmatica: secondo qualcuno è perché sa quanti mutandoni e maglie di lana abbia lui sotto l’abito, per sopportare il freddo. 









Nasce a Southampton, sobborgo chic di New York affacciato sull’oceano. Il padre, John Vernou Bouvier III è un fascinoso agente di cambio detto Black Jack per l’abbronzatura perenne e le numerose eccentricità; discende da un ebanista di Pont-Saint-Esprit, nel Sud della Francia, giunto a Philadelphia dopo aver combattuto nelle guerre napoleoniche. La madre, Janet Norton Lee, viene da una famiglia d’origine irlandese che fonda il suo benessere sulle proprietà immobiliari; nutre la ferma convinzione che ogni ragazza abbia bisogno di un marito, naturalmente il più ricco possibile. Nonostante la nascita di una seconda bambina, Caroline Lee (morta quest’anno, ne abbiamo parlato qui
Nel 1947 entra in società – e viene incoronata debuttante dell’anno – poi si iscrive a Vassar, esclusivo college femminile; orgogliosa delle sue origini va a studiare un anno in Francia, tra la Sorbona e l’Università di Grenoble, poi torna negli USA e si laurea in Letteratura Francese alla George Washington University. È il 1951. Vince uno stage di un anno nella redazione di Vogue: sei mesi nella sede di New York e sei in quella di Parigi, ma rinuncia; secondo la sua biografa Barbara Leaming il direttore sarebbe contrariato dal fatto che a 22 anni non è ancora sposata: un problema in società. Oppure c’entra il fidanzamento con John G. W. Husted Jr, un giovane agente di cambio figlio di amici di famiglia; si parla di un matrimonio a giugno, ma poi Jackie ci ripensa, e mette fine all’idillio. Di nuovo nella capitale federale, trova un impiego al Washington Times-Herald dapprima è solo una receptionist part-time, ma poi ottiene un incarico da fotocronista. 
Le nozze del’anno si tengono a Newport sabato 12 settembre 1953; cerimonia religiosa nella cattolica di St.Mary’s Church con 800 invitati, che diventano 1200 al ricevimento nella tenuta di Hugh Auchincloss, il patrigno di Jackie, che l’accompagna all’altare.
In effetti anche John Bouvier è a Newport, ma non è chiaro se sia la ex moglie a proibirgli di svolgere il suo ruolo di padre della sposa, o se è lui ad essere troppo ubriaco (morirà quattro anni dopo per un tumore al fegato, probabilmente favorito dall’alcolismo). Janet sceglie anche l’abito da sposa, e impone alla figlia una creazione di Ann Lowe, famosa sarta afroamericana di New York, che non le piace e non la rispecchia: 45 metri di taffetà di seta, un corpino aderente con maniche accennate su un’ampia gonna a ruota realizzata con uno speciale plissé – specialità della Lowe – e riccamente decorata con festoni e cerchi, plissettati anche loro, scanditi da piccoli fiori di cera.
Il velo antico, appartenuto alla nonna della sposa, è trattenuto sul capo da una piccola cuffietta in pizzo, un’acconciatura tipica degli anni ’50.
Intanto nel 1956 Jack vorrebbe affiancare come vice Adlai Stevenson nella corsa alla casa bianca, ma il partito gli preferisce il senatore del Tennessee Estes Kefauver.
Si sa come finisce: il Presidente Eisenhower viene riconfermato; ora i Democratici hanno tre anni per trovare il candidato ideale. Il due gennaio 1960 Jack lancia la sua corsa alla Casa Bianca, ottiene la nomination e l’otto novembre, dopo un finale al cardiopalma in cui saranno decisivi i voti dell’Illinois, John Fitgerald Kennedy diventa il trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti. Due settimane dopo Jackie, che lo ha seguito e sostenuto durante tutta la faticosa campagna elettorale, partorisce un maschietto che viene chiamato come il padre. Dal suo letto d’ospedale la futura First Lady inizia a pianificare il suo ruolo. Negli anni il suo buon gusto innato si è evoluto in uno stile raffinato; Micol Fontana raccontava di aver avuto come cliente la moglie del giovane senatore, che aveva l’abitudine di selezionare gli abiti preferiti per poi lasciar scegliere al marito cosa acquistare. Ora farà da sola, Jackie diventerà l’immagine di una presidenza che si propone come New Frontier. Ha bisogno di uno stilista americano, e lo trova in Oleg Cassini, che la trasformerà in un’icona.
Il mito di Jackie sta nascendo.
Oggi avrebbe compiuto 86 anni, lei nata a Southampton – sobborgo chic di New York affacciato sull’oceano – quattro anni dopo Jackie, il 3 marzo 1933. Il padre è John Vernou Bouvier III, detto BlackJack per la pelle eternamente abbronzata e la passione per la vita spericolata; la madre è Janet Norton Lee, figlia di un immigrato irlandese che si è fatto da sé creando un impero immobiliare. Janet cresce le figlie con un solido principio: nella vita ci vuole un matrimonio prestigioso con un marito ricco. Più ricco è, meglio è.
Fedele lei stessa a tale principio quando divorzia da Bouvier, alcoolista e donnaiolo, sposa il ricchissimo Hugh Auchincloss. Jackie in questo senso compie un capolavoro, entra in un delle famiglie più importanti e abbienti del paese, e va a vivere direttamente alla Casa Bianca. Lee va meno bene, però comincia prima: la sorella non è ancora fidanzata quando lei, appena ventenne, sposa Michael Temple Canfield.
Che è il figlio adottivo dell’editore Cass Canfield, ma si dice che in realtà sia figlio naturale di George, Duca di Kent (morto in un incidente aereo nel 1942). La giovane coppia si trasferisce a Londra, dove lui rappresenta Harper&Row, la casa editrice di famiglia. Non ottenendo dalla vita matrimoniale ciò che sperava – né emotivamente né economicamente – Lee riprende rapidamente a guardarsi intorno, e posa gli occhi anche dove non dovrebbe: sembra che nel 1957, con Jackie che ha appena partorito Caroline, si conceda una breve relazione addirittura col cognato e futuro presidente, premunendosi graziosamente di informarne il marito. Diciamolo, in un libro sulla rivalità tra sorelle alle Bouvier toccherebbe un capitolo intero.
Il divorzio arriva rapidamente, ma il sostituto è già pronto: è il polacco Stas Radziwill, e porta in dote un titolo di principe (di cortesia, perché dopo la guerra ha preso la cittadinanza britannica, ed è diventato semplicemente Mr. Radziwill). Si sposano il 19 marzo 1959, Lee è già incinta di Anthony, che nasce in agosto, seguito l’anno dopo da Anna Christina. Stas è arrivato a Londra fuggendo dalla Polonia allo scoppio della seconda guerra mondiale, dopo che il governo ha privato la famiglia dei suoi beni (ma in effetti pare che fosse stato lui a depredare la Croce Rossa polacca prima di scappare) costruendosi una piccola fortuna nel mercato immobiliare. Troppo piccola purtroppo, perché ora Lee deve competere addirittura con una First Lady, e il lusso al quale è abituata – come la famosa casa a un tiro di schioppo da Buckingham Palace, decorata dal principe degli interior designer dell’epoca, Renzo Mongiardino – Stas non può permetterselo.
C’è però qualcuno che può, può questo e molto altro: un certo armatore greco, di nome Aristotele Onassis. Che Lee, ancora “principessa” inizia a frequentare. Ed è a questo punto che compie l’errore peggiore della sua vita: nell’agosto del ’63 Jackie partorisce un bimbo che vive poche ore; per distrarla la sorella convince Onassis a invitare la First Lady per una crociera a bordo del panfilo Christina, dove tra i due nasce, diciamo così, una simpatia.
Il resto è storia: il 22 novembre di quell’anno il Presidente viene ucciso a Dallas, Jackie diventa la vedova più famosa (e ambita) del mondo e va a vivere coi suoi bambini a New York, dipendendo dalla generosità del suocero. L’assassinio del cognato Bob fa precipitare le cose: Jackie teme che tutti i Kennedy siano nel mirino, e accetta di sposare Onassis, mettendo al sicuro il futuro suo e quello dei suoi figli; Lee resta a Londra, principessa senza corona.
Tenta senza successo la carriera di attrice, poi si ricicla brevemente come interior designer, e diventa famosa per aver seguito il tour dei Rolling Stones del ’72. Una groupie quarantenne e scicchissima, grande amica non solo di Mick, ma di signori che si chiamano Andy Warhol, Rudolph Nureyev, Truman Capote.
Il 28 novembre 1966 partecipa anche lei al celeberrimo Black and White Ball, organizzato al Plaza dall’allora suo migliore amico Capote coi proventi del libro A sangue freddo. La scelta di Lee è estremamente sofisticata: un abito bianco e argento, favoloso nella sua semplicità, firmato Mila Schön, la sarta delle signore milanesi chic.
La morte salva Jackie dall’ultima grande tragedia familiare, che tocca a Lee affrontare: nel 1999 Anthony Radziwill, figlio dell’una, è malato terminale di cancro e John Kennedy Jr, figlio dell’altra, è stravolto dal dolore per la perdita che si annuncia imminente.
Il 16 luglio si mette alla cloche del suo piper con moglie e cognata, per andare al matrimonio della cucina Rory; come sapete già l’aereo precipita e si inabissa, i tre occupanti muoiono. Il 4 agosto Anthony compie quarant’anni, il 10 muore anche lui. Restano Lee, la figlia Tina e la nipote Caroline, cui la zia si avvicina sempre di più, finendo per fare discretamente da nonna ai suoi figli.
Giorgio Armani, di cui è stata a lungo testimonial e ambasciatrice negli USA, oltre ad ammirarne lo chic la trovava l’esempio perfetto e pieno di ironia dell’aristocrazia americana, assai difficile da definire: una combinazione di semplicità e sofisticatezza, spontaneità, rigore e rispetto delle regole.
Quando la sorella Jackie arriva alla White House ribalta tutti i canoni della First Lady sin dal giorno del giuramento, unica signora sul palco a non indossare la pelliccia ma un cappottino color crema. Col suo stile fatto di linee semplici, l’uso dei tessuti monocromi e i gioielli importanti – spesso anche etnici o bigiotteria – più alcuni accessori divenuti icone, come i grandi occhiali da sole o i foulard, inventa un’immagine contemporanea ancora attuale. Lee ne è l’immagine speculare, una sorta di alter ego che ne raddoppia l’impatto: pensate a quando le due sorelle camminavano per le vie di Capri (o i vicoli di Ravello, ancora più chic) in tshirt e pantaloni, con sandali flat o addirittura scalze. Prive della bellezza perfetta di Grace o di quella voluttuosa di Marilyn le Bouvier se ne sono inventata una nuova, moderna, in cui sembra più facile identificarsi. Sperando di avere un po’ di quella classe, di quello charme. O almeno coltivando l’amore per il bello. 

come questo delizioso alberello firmato Pell, al secolo Pellegrino Gaeta (che come accade anche ne Il Padrino in origine non si chiamava Gaeta, veniva da Gaeta, ma all’arrivo a Ellis Island ci fu un misunderstanding con l’ufficiale all’immigrazione). L’alberello, risalente agli anni ’60, è decorato nei classici colori natalizi, rosso e verde, che con gli strass bianchi rimanda anche alla nostra bandiera, riempiendoci di patrio orgoglio. E gli artigiani come Pell, credetemi, di lustro all’Italia ne hanno portato tanto.
Se questo breve excursus vi ha incuriosito, vi rimando al testo di Maria Teresa Cannizzaro, mia grande amica e vera autorità in materia. Perché tenete presente che dopo Natale viene San Valentino, e ci sono splendidi bijoux anche per quella occasione!
Jackie chiedeva spesso l’approvazione di Jack per le sue mise; le sorelle Fontana raccontavano che una volta, quando lui era solo un senatore di belle speranze in trasferta a Roma con la deliziosa giovane moglie, lei volle che fosse il marito a decidere quale tra gli abiti selezionati in atelier avrebbe dovuto acquistare. In una intervista dopo la tragedia lei rivelò che lui le aveva detto: pranzeremo con tutte queste ricche signore repubblicane, con pellicce di visone e braccialetti di diamanti, e tu sarai meravigliosa quanto loro. Sii semplice, mostra a queste Texane cosa sia davvero il buon gusto.
E Jackie, la giovane First Lady che all’insediamento del marito si fa notare per essere l’unica signora a indossare un cappotto (color crema, creato per lei da Oleg Cassini) e non il visone, accontenta Jack. La scelta cade su un tailleur rosa, o meglio raspberry pink, cioè lampone, già indossato in altre occasioni. Uno Chanel in tessuto bouclé, gonna dritta e giacca a scatoletta con colletto di seta blu. Stessa seta per la blusa senza maniche e per bordare i polsi e le quattro taschine; profili in smalto blu per i sei bottoni dorati che chiudono il doppio petto, e per i due su ciascuna manica.
Il tailleur (il primo a sinistra nella foto) è un modello della collezione Autunno Inverno 1961, ma a lungo si è discusso se quello indossato da Jackie fosse uno Chanel originale o una copia. Il dubbio è stato risolto definitivamente nel 2010 da Justine Picardie nella biografia Coco Chanel: The Legend and the Life. Kennedy padre aveva consigliato alla nuora – lei che era così europea, così francese per aspetto, modi, cultura, e pure per il cognome, Bouvier – di indossare abiti made in USA per evitarsi critiche dalle patriottiche massaie americane.
E dunque il tailleur fu effettivamente cucito negli USA da Chez Ninon, sartoria specializzata nelle repliche di capi Haute Couture ma con materiali – tessuti, bottoni, anche la catenella cucita all’interno della giacca secondo l’uso della Maison francese – arrivati direttamente da Rue Cambon. Il completo fu realizzato seguendo il procedimento “line to line” messo a punto da Chanel, e completato da un pillbox dello stesso tessuto bouclé più scarpe e borsa blu e guanti bianchi al polso.
I Kennedy a bordo dell’Air Force One atterrano a Dallas alle 11.40 e salgono su una Lincoln Continental con il Governatore John Connally e sua moglie Nellie; l’auto sta attraversando Dealey Plaza quando si sentono degli spari. Il Presidente è colpito alla testa, anche il governatore viene colpito ma meno gravemente. Nel caos generale l’auto raggiunge rapidamente l’ospedale Parkland Memorial, dove alcuni giornalisti riferiscono di aver visto la First Lady stringere a sé la testa del marito, come a proteggerlo; altri riferiscono che Jackie ha tra le mani materia cerebrale di Jack, che vuole consegnare ai medici. Il Presidente viene dichiarato morto alle 13.00.
Un’ora dopo la salma viene imbarcata sull’aereo presidenziale, salgono a bordo anche Jackie e il nuovo presidente, Lyndon B. Johnson, che alle 14.38 giura fedeltà alla Costituzione nelle mani di Sarah Hughes, un giudice donna nominata da Kennedy. Al suo fianco la moglie Lady Bird e una sconvolta Jackie, l’abito e le gambe imbrattate del sangue del marito. Il cappello indossato dalla First Lady, che era tenuto fermo da uno spillone, è scomparso.
Jackie si terrà addosso il tailleur insanguinato fino al giorno dal dopo quando la sua cameriera personale, Providencia Paredes infila tutto in una scatola – comprese calze scarpe e borsa – che invia alla made di Jackie, Janet Auchincloss perché la conservi. Il tailleur, mai ripulito dal sangue del presidente, è stato in seguito donato ai National Archives in Maryland, dove è conservato in una teca sottovuoto, di cui non si conosce l’esatta ubicazione. Per desiderio degli eredi, cioè della figlia Caroline, non sarà mostrato in pubblico prima del 2103. Una scelta opposta a quella di Jackie, che a chi cercava di persuaderla a togliersi quell’abito così tragicamente rovinato, rispose Oh, no … I want them to see what they have done to Jack.
Dopo la tragedia sua madre Jackie decide di lasciare Washington per trasferirsi a New York; nel 1968, scioccata dall’omicidio del cognato Bob e temendo di essere in pericolo, sposa il tycoon Ari Onassis, che le garantisce protezione – oltre a un favoloso tenore di vita – e la possibilità di far crescere i figli lontani dall’America.




