Nei momenti di crisi ciascuno deve fare il proprio dovere, e quello di Lady Violet è offrirvi qualche momento di leggerezza. Dunque Messer Boccaccio mi perdonerà se prendo indegno ma rispettoso spunto dalla sua opera immortale per raccontarvi ogni giorno, per i canonici dieci giorni, la storia di una pianta legata in modo simbolico o reale a personaggi, famiglie, dinastie. La prima, la violetta, è una scelta obbligata ma Lady Violet non c’entra, giuro!
Il 9 marzo 1796 Napoleone Bonaparte sposa Josephine Beauharnais. Lui ha 27 anni e grazie al successo ottenuto nel reprimere l’insurrezione del 13 vendemmiaio IV (5 ottobre 1795) è già generale. Lei di anni ne ha 33, è vedova e ha due figli. Lui sta per iniziare la trionfale campagna d’Italia, lei è una delle donne più eleganti, raffinate e affascinanti del tempo. Quando avviene il primo incontro tra i due, solo pochi mesi prima delle nozze, lei porta sull’ampia scollatura dell’abito un mazzolino di violette, che regala a lui salutandolo. Josephine adora le violette, ne ama le tenere foglie a forma di cuore e il delicato profumo, le indossa spesso e le vuole ricamate sull’abito da sposa. Da quel giorno ogni 9 marzo, per i tredici anni che durerà il loro matrimonio, Napoleone offrirà alla moglie un mazzolino di violette.
Poi si sa, l’uomo è volubile quanto impetuoso e nel 1807, ancora sposato con Joséphine, inizia un’appassionata relazione con Maria Walewska; cambia la dama, non il fiore: “Maria dolce Maria, accetta questo mazzolino di violette che possa diventare un misterioso legame fra noi, un vincolo segreto nel mezzo alla folla che ci circonda. Esposti agli sguardi altrui potremo così capirci: quando porrò la mano sul cuore, saprai che esso è tutto pieno di te e per rispondere tu premerai al seno i tuoi fiori. Amami dolce Maria e che la tua mano non si stacchi mai più da queste violette”.
Tanto forte è il legame tra il fiore e l’imperatore che spesso questi viene chiamato Caporal violette, e non mancano le stampe d’epoca che lo ritraggonao in forma di viola. Così la timida violetta diviene il simbolo dei bonapartisti, contrapposta al regale giglio dei Borbone.
Nel 1810 Napoleone divorzia da Joséphine e il 10 marzo, esattamente duecentodieci anni fa, sposa la diciottenne Maria Luisa d’Asburgo Lorena, nella speranza di avere da lei un erede col sangue più blu d’Europa. Il quarantenne Napoleone corteggia la giovanissima e golosissima fanciulla con un costante invio di deliziosi bonbon e romantiche violette, oltre alle immancabili lettere appassionate e a doni di gran pregio, degni di cotanta schiatta. Quattro anni dopo il luminoso astro sta già tramontando, e quando l’imperatore dei Francesi parte per l’Elba promette di rientrare a Parigi «nella stagione delle viole». Che semina in quantità nei prati dell’isola toscana nei dieci mesi che dura l’esilo. Napoleone torna davvero in Francia nella stagione delle viole; Joséphine nel frattempo è scomparsa, e la tradizione vuole che lui deponga delle viole sulla sua tomba. Cento giorni dura la nuova avventura, ma la sconfitta a Waterloo (18 giugno 1815) è la fine di tutto.
Non finisce invece la storia del fiore dei Bonaparte; mentre Napoleone parte per l’ultima meta, l’isola di Sant’Elena, Maria Luisa prende possesso del Ducato di Parma Piacenza e Guastalla, assegnatole nel Congresso di Vienna. Con sé la nuova Duchessa porta anche il fiore che ama tanto; lo monda da ogni significato politico e ne mantiene quelli di eleganza, modestia, amore puro.
A Parma Maria Luisa diffonde le viole (e il viola, ma di questo parleremo prossimamente) e grazie a lei e al suo sostegno i frati del Convento dell’Annunciata riescono a distillarne l’inconfondibile profumo.
È nata la Violetta di Parma.
A cominciare da lui, il Grande Corso, nato ad Ajaccio esattamente 250 anni fa, qui ritratto da Ingres; Napoleone sul trono imperiale è l’opera che l’artista realizza nel 1806. Il novello imperatore (incoronato il 2 dicembre 1804 a Notre-Dame) è rappresentato come Giove Olimpico, coronato d’alloro, con una tunica bianca ricamata d’oro e un opulento mantello porpora punteggiato da piccole api e dalla N del monogramma. L’uomo che volle farsi re mostra orgogliosamente i simboli della sovranità: il Gran Collier de la Légion d’Honneur, la spada di Carlo Magno (la Joyeuse) lo scettro di Charles V e quello con la 

Fu anche direttore artistico della Maison Dior, scelta filologicamente perfetta; se Christian col New Look aveva ripensato i volumi e ridisegnato le silhouettes, Gianfranco, abituato alla progettazione in 3d riuscì a dare una veste couture agli eccessi degli anni ’80 creando capi dalla costruzione perfetta, riuscendo nella complessa sintesi tra rigore e opulenza.
Ne è esempio l’abito da sera a fiori con quel grande fiocco sul retro: un amore giovanile che ho finalmente trovato e ammirato nella mostra Dior Couturier du rêve, visitata a Parigi due anni fa. La mostra, con sottrazioni e integrazioni, è stata replicata a Londra al Victoria&Albert Museum; sarebbe aperta fino al 1 settembre, ma è sold out da quel dì, se vi fa piacere ve ne parlerò (la foto in cui si vede anche lo stilista l’ho scattata appunto al V&A, scusate la pessima qualità).
Nata quando la madre era ancora principessa ereditaria ha rivelato fin da piccola un carattere energico e piuttosto sbrigativo e una grande passione per l’equitazione, che l’ha portata a vincere una medaglia d’oro e due d’argento nei campionati europei, e a partecipare alle Olimpiadi di Montreal nel 1976. Oggi è presidente del Comitato Olimpico britannico e membro del Comitato Internazionale. Dopo un flirt giovanile con Andrew Parker Bowles – che poi sposò Camilla, che poi avrebbe sposato il fratello di Anne, Charles – il 14 novembre 1973 andò all’altare col Capitano dei Dragoni Mark Phillips, con un abito in stile Tudor di rara eleganza.
Dopo la nascita di due figli, Peter e Zara, e un tentativo di rapimento sventato per miracolo, per il coraggio della scorta e di alcuni passanti e per il sangue freddo della principessa, il matrimonio finì tra tradimenti reciproci, e nel 1992 Anne sposò il Comandante, oggi Ammiraglio, Timothy Laurence, purtroppo senza replicare lo chic delle prime nozze.
Il suo stile è rimasto assai rigoroso, a volte anche troppo semplice, ma è nota per continuare a indossare senza difficoltà mise che hanno molti anni, e a volte decenni. Oggi è nonna di quattro deliziose nipotine, bellissime biondissime e sveltissime; nel 1987 la madre le ha conferito il titolo di Princess Royal, che onora con un’attività costante e molto intensa in rappresentanza della Royal Family il che l’ha resa – con una certa sorpresa dato il carattere un po’ scostante – uno dei personaggi più amati. A parte Her Majesty, of course.
La grande tela, custodita al Louvre, rappresenta il momento in cui Napoleone alza la corona per porla sul capo di Josephine alla presenza del papa, delle famiglie Bonaparte e Beauharnais, di dignitari francesi e stranieri. L’episodio si era svolto il 2 dicembre 1804, quando il futuro Imperatore aveva scelto per la sua consacrazione la cattedrale parigina di Notre Dame e non quella di Reims, dove tradizionalmente venivano incoronati i Re di Francia.
Dopo la mostra su Boldini a Ferrara (qui il post e tutte le informazioni