15 gennaio 1559 – The Coronation Day

Alle tre del pomeriggio del 14 gennaio 1559 Queen Elizabeth I a bordo di un carretto ricoperto di drappi d’oro lascia la Torre alla volta dell’Abbazia di Westminster dove il giorno dopo verrà incoronata. Lungo il tragitto che si snoda attraverso la città archi trionfali e scene allegoriche celebrano la nuova sovrana: si canta la sua discendenza da Henry VII Tudor ed Elizabeth di York, la cui unione mise fine alla guerra civile; e si recupera pure la madre, la sventurata Anne Boleyn; la cui presenza seppur in effige serve a sottolineare la purezza inglese del sangue di Elizabeth, contro quello spagnolo della cattolica sorella Mary, che ora va a sostituire sul trono. Segue un’allegoria del buon governo, basato su quattro virtù: Vera Fede, Saggezza, Amore per i sudditi, Giustizia. Poi le Beatitudini, dal Nuovo Testamento, riferite alle sofferenze patite da Elizabeth soprattutto a causa della sorella maggiore; in un’altra scena il Tempo mostra i fallimenti della sovrana precedente ed esalta quell che sta per essere incoronata in un’evidente rimando satirico, avendo Mary scelto com motto Veritas Temporis Filia . In questo caso la Verità figlia del Tempo porta con sé una Bibbia inglese; ed è a questo punto che Elizabeth prende il libro, lo alza mostrandolo al popolo e poi lo stringe al petto: un messaggio inequivocabile. Infine la nuova regina viene assimilata a Debora, la profetessa che ha salvato Israele dai Cananei; l’augurio è quello di regnare per quarant’anni come l’eroina israelita. Un’idea del calvinista John Knox che si rivela, lui sì, davvero profetico: la Regina resterà sul trono per 44 anni.

L’incoronazione del Re d’Inghilterra sin dal Medio Evo avveniva in quattro fasi; nella prima il sovrano prendeva possesso della Torre, a simboleggiare il potere sulla capitale; il giorno seguente la seconda fase: la processione dalla Torre a Westminster e l’attesa per la cerimonia d’incoronazione che avveniva il terzo e ultimo giorno, ed era la terza fase; la quarta il banchetto a Westminster Hall che chiudeva la giornata.

Elizabeth è regina dal 17 novembre 1558, giorno della morte della sorella maggiore (The Queen is dead, long live the Queen!); viene incoronata due soli mesi dopo, bisogna che il suo regno sia legittimato al più presto. Se l’incoronazione è tutto sommato una questione privata, riservata a pochi, è la processione della vigilia a segnare l’incontro con i sudditi. Elizabeth si rivela degna figlia di sua madre conquistando londinesi e forestieri con grandi sorrisi, affabilità e una certa naturalezza, se mi passate il termine; le cupe ossessioni di Mary si dileguano per sempre al freddo sole di quel giorno d’inverno. Giorno che non è stato scelto come da tradizione in concomitanza con una festa religiosa, ma individuato dal suo astrologo personale, quel John Dee che è una delle personalità più complesse e affascinanti del XVI secolo.

Non è questo l’unico elemento di novità, l’incoronazione di Elizabeth segna una netta cesura col passato: il rito è officiato in latino da un presule cattolico (Owen Oglethorpe, Vescovo di Carlisle; personaggio di non primissimo piano, ma tutti gli altri per un motivo o per l’altro s’erano detti non disponibili) molte parti della cerimonia vengono però ripetute in inglese. Un abile compromesso tra la tradizione preesistente e l’attenzione al protestantesimo, che è vitale per la nuova sovrana. Le variazioni nella liturgia fanno da battistrada ai cambiamenti in campo religioso che Elizabeth è decisa a introdurre, la sua convinzione chiara come il suo obiettivo. È anche l’ultima incoronazione in Albione a prevedere una Messa cattolica, cui sembra proprio che la Regina non abbia assistito, preferendo ritirarsi a riposare; un gran lavoro l’attende.

The Queen is dead, long live the Queen!

È il 17 novembre 1558, Her Majesty Queen Mary I è appena morta.

Anthonis Mor/Antonio Moro. Queen Mary I, 1554. Museo del Prado

Mary ha 42 anni e regna da cinque, dopo aver ereditato il trono dal fratello Edward. È la maggiore dei figli di Henry VIII, l’unica raggiungere l’età adulta tra quelli nati dal primo matrimonio del re, ma alla morte del padre è il fratello minore ad essere incoronato; è un bambino di nove anni ma è l’unico maschio. Sei anni dopo Edward muore, e i giochi si riaprono. Nelle vene di Mary scorre il cattolicissimo sangue dei re di Castiglia e Aragona, nel suo cuore il ricordo affettuoso della madre, ripudiata per far spazio ad Anne Boleyn, nella mente la fiera avversione alla Chiesa d’Inghilterra nata dallo strappo con Roma generato da quel divorzio. Quando arriva il suo turno si fa di tutto per evitare che si sieda sul trono, e Lady Jane Gray, figlia di sua cugina Frances e vittima incolpevole di maneggi più grandi di lei, ci rimette la testa. Alla fine Mary diventa Regina, portando con sé la maledizione dei Tudor: l’assenza di un erede. Lo vuole e le serve, perché un figlio la rafforzerebbe e allontanerebbe la sorella dal trono, assicurando il ritorno del Paese sotto l’ala della Chiesa Cattolica. Mary è ancora nubile, e trova lo sposo ideale in Felipe, figlio di suo cugino, il grande imperatore Carlo V; lui ha 11 anni di meno e ha già sepolto una moglie. Si sposano il 25 luglio 1554 e la regina sembra subito incinta, ma sarà una gravidanza isterica. Tre anni dopo la scena si ripete, ma nemmeno in quel caso nasce un principe. È possibile invece che i sintomi siano quelli di una grave patologia uterina o ovarica, che è probabilmente ciò che porta la sovrana alla tomba dopo un breve regno contrassegnato da forti tensioni religiose e la condanna a morte di 280 oppositori. Che per epoca e situazione non sono tantissimi, ma le guadagneranno sinistra fama sottolineata dal soprannome di Bloody Mary (onore che finirà per dividere con un cocktail al pomodoro). Quel 17 novembre, dopo la sua scomparsa, partono i messaggeri che portano alla venticinquenne sorellastra Elisabetta la notizia: The Queen is dead, long live The Queen! Lei risponde “My Lordes, the law of nature moveth me to sorrow for my sister … The burden that is fallen upon me maketh me amazed” (la legge di natura mi spinge a soffrire per mia sorella… l’onere che è sceso su di me desta la mia meraviglia).

Inizia la Golden Age, l’età dell’oro di Gloriana.

La foto del giorno

Ibam forte via Sacra, sicut meus est mos, nescio quid meditans nugarum, totus in illis.

Vi ricordate Orazio e la satira del seccatore? ecco io oggi me ne andavo a zonzo per la moderna via Sacra, il web, quando mi sono imbattuta non in un seccatore – lucky me – ma in questo splendore.

Locket-ring

(Ph. The Anne Boleyn Files)

Che non è solo un oggetto bello, ma anche importante storicamente; è infatti l’anello che Elizabeth I portava al dito il giorno della sua morte, il 24 marzo 1603. L’anello è interamente realizzato in madreperla – qualcosa che ho visto raramente – con una serie di rubini montati su una banda d’oro. Reca l’iniziale della sovrana, la E, formata da sei diamanti, che poggia su una R (per Regina, in latino) di smalto blu; completa il tutto una perla. Un gioiello di grande raffinatezza, e potremmo fermarci qui, se non fosse che l’anello cela un segreto. Che non è il solito scomparto segreto, da usare magari come portaveleno. No, qui il segreto sono due piccoli ritratti femminili, uno dei quali è la regina stessa in età matura, l’altro invece mostra una donna più giovane, con una cuffia alla moda vari decenni prima. Che somiglia alla fanciulla ritratta in alcuni quadri che sono alla National Portrait Gallery e a Hever Castle, la residenza dei Boleyn. Ed è dunque probabile che la regina portasse con sé il ritratto di quella madre perduta a neanche tre anni e non dimenticata.

L’anello fu sfilato dal dito di Elizabeth e consegnato a James Stuart, per annunciargli la morte della sovrana e la sua prossima ascesa al trono: l’anello invece è finito a Chequers, la residenza di campagna del primo ministro, e lì è custodito. Il che rende piuttosto difficile poterlo vedere dal vero, peccato.