Royal chic shock e boh – Tra stile e simbolo

Ma quanto ci è piaciuto il cappotto indossato da Rania per i 25 anni di regno del marito, e dunque pure suoi? E vogliamo lasciarlo nell’oblio? Giammai! Partiamo dunque da lei per questo chic shock e boh straordinario. 

Con una sobria cerimonia, che il momento non invita a troppi festeggiamenti, mercoledì 7 la Giordania ha celebrato il giubileo d’argento del sovrano. Notavamo come le signore del nucleo familiare del sovrano fossero in nero; probabilmente in onore di Re Hussein scomparso 25 anni fa, ma secondo altri in segno di lutto per la tragica situazione a Gaza che la regina, di origine palestinese, segue con determinata passione. Rania sublime in un cappotto Dior dall’ampio collo incrociato e dalla linea che si ispira ai classici della maison, È in lana double un particolare tessuto, molto sofisticato, di gran moda fino a qualche decennio fa. Un tessuto doppio, costituito da due orditi e una trama o due trame e un ordito, non necessariamente double face, ma l’aspetto è quello. Ricordo che mia madre aveva alcuni cappotti, tra cui uno cammello all’esterno e avorio all’interno.

Un tessuto la cui lavorazione richiede una capacità artigianale, ragion per cui si trova sempre più di rado; ai tempi d’oro era uno dei grandi saperi della maison Dior. Perdonatemi se mi sono dilungata, ma questo capo non è solo bello, è anche colto se mi passate il termine; Rania lo ha abbinato a borsa Vuitton, modello Chain it. Superchic.

La figlia maggiore dei sovrani, la principessa Iman, è la più informale con pantaloni, dolcevita, e un cappotto sfrangiato Alaïa. Vi dirò, non mi dispiace per niente e mi sembra anche piuttosto adatto alla sua figura minuta. Chic. Mi convince meno la scelta della sorella Iman, con un cappottino Vuitton che non la valorizza appieno, con un orlo che litiga con quello che c’è sotto. È un capo della collezione 2001, per cui potrebbe arrivare dallo sterminato guardaroba materno, il che giustificherebbe l’incerto fitting. Boh.

Dulcis in fundo la principessa ereditaria Rajwa, che evidentemente non è freddolosa e al posto del cappotto indossa un abito midi, semplice ed elegante (ME+EM) completato da un paio di slingback, le Vendome 70 di YSL . Tocco originale la borsa in color verde smeraldo. È la Gabrielle della maison Moynat, molto popolare tra le royal ladies: la regina Camilla ne ha almeno un paio. Sicuramente chic, ma non si può fare a meno di notare come finora la futura regina sia piuttosto defilata. Ieri, 12 febbraio, i sovrani – impegnati in un viaggio in vari Paesi per sollecitare il cessate il fuoco a Gaza – sono stati ricevuti alla White House dal Presidente e dalla First Lady. Con loro c’era il principe ereditario Hussain, ma la moglie Rajwa è evidentemente rimasta a casa. Ora, è vero che questa è una rubrica che si occupa di stile, ma non si può fare a meno di notare l’espressione dei giordani, contrapposta al sorriso – magari solo di circostanza – dei Biden.

(Ph: Jim Watson/Getty Images)

Differenza che si nota anche nei colori scelti dalle due signore: lampone per Jill, molto graziosa, ma come spesso le accade sbaglia i volumi, boh. Nero e grigio per Rania, in total look Dior: polo in cashmere, gonna a ruota, scarpe e clutch. Chic. Prende sempre più corpo l’ipotesi che la regina mostri i suoi sentimenti per la crisi a Gaza anche usando l’abbigliamento; dal 7 ottobre ha infatti indossato solo bianco, nero e colori neutri; un metamessaggio fortemente simbolico e sicuramente interessante. Non so invece come inquadrare la latitanza di Rajwa, interessante anch’essa anche se per motivi diversi. Capisco che il tour dei sovrani sia più politico che diplomatico, per cui magari la sua presenza potesse essere considerata superflua, ma in questi primi mesi di matrimonio si è vista davvero poco. Ha accompagnato il marito in qualche appuntamento all’estero, ma mai in patria, mentre siamo abituati a vedere le nuove principesse, soprattutto se straniere (Rajwa è saudita) impegnate a conoscere direttamente il loro nuovo Paese. Forse l’uso locale è diverso, vedremo, ma i tour reali sono un elemento costante dell’attività di sovrani presenti e futuri. A tal proposito, sono stati annunciati i primi due viaggi all’estero dei nuovi sovrani danesi: Frederik X e Mary saranno in Svezia il 6 e 7 maggio, e in Norvegia il 14 e 15; il 14 maggio è anche il loro ventesimo anniversario di matrimonio, vedremo cosa si inventeranno. Intanto una cosa è certa, non vedremo più i profondi curtsy di cui Mary era maestra.

Proprio di una visita di stato, e proprio in Svezia, tratta la seconda parte di questo post. Ed è una visita dal sapore particolare: quella della coppia presidenziale francese nel Paese scandinavo la cui famiglia reale, i Bernadotte, ha molti legami con la Francia a partire dall’origine. Origine che ha consentito di rifornire i forzieri di gioielli straordinari.

(Ph: Clément Morin/Kungl. Hovstaterna)

Ecco dunque i Macron ricevuti a palazzo dai sovrani con due dei tre figli e rispettivi coniugi. Sofia, moglie del principe Carl Philip, ha una certa fascinazione per lo stile lolitesco, nonostante si avvicini ai 40 (li compirà a dicembre). L’abito è di Philosophy, linea disegnata da Lorenzo Serafini; non è brutto, anzi, ma l’indosso è un po’ troppo gnegne: orlo al ginocchio proprio perché più corto non si poteva, calze color carne, scarpine da brava bambina, e capelli sparsi a pioggia; la trovo terribile, è veramente lo stile che piace a lei e io detesto. Shock, senza rancore. Dal lato opposto la principessa ereditaria Victoria vestita dallo stilista del suo cuore, quel Pär Engsheden che firmò il suo abito da sposa. Perfetta per l’occasione: belli il modello e il punto di rosso, inevitabili le Gianvito 105 di Gianvito Rossi, mi piace meno il copricapo che la schiaccia un po’, avrei preferito qualcosa con maggior volume. Comunque chic. Accanto a lei la Première Dame in uno di suoi soliti completini abito+cappotto, immagino Vuitton come quasi tutto ciò che indossa, questa volta in un color menta delicato e piuttosto freddo. Avrei evitato le scarpe nere – che mi sembra siano le sue preferite – ma personalmente mi sarei astenuta anche da quel colorino, dunque… non mi entusiasma, ma abbastanza chic. E arriviamo alla Regina Silvia, che compie uno dei suoi non moltissimi passi falsi. Non tanto e non solo per il datatissimo completo con abito in una fantasia geometrica usata anche per i dettagli della giacchina nera, ma per il basco. Che non è un cappello elegante, e va indossato con la necessaria nonchalanche e non piazzato in capo così rigidamente.

(Ph: Olle Lindeborg / SCANPIX)

Mi sorge un dubbio: la bella Silvia avrà tratto ispirazione da Anne-Aymone Giscard d’Estaing, ritratta in questa fotografia in compagnia del marito allora presidente Valéry e i sovrani di Svezia all’uopo pubblicata dalla Casa reale a testimonianza dei precedenti incontri tra i due Paesi? Shock.

(Ph: Clément Morin/Kungl. Hovstaterna)

Scende la sera, e porta con sé il banchetto di stato, le toilettes da gran sera e i diademi. Silvia in viola, ripropone l’abito della maison di fiducia Georg et Arend indossato alla consegna dei premi Nobel 2022. Allora non ci piacque, e francamente nemmeno ora, ma trovo molto divertente la clutch, la Queen of hearts di Judit Leiber. Non aiuta l’equilibrio della mise la fascia della Légion d’honneur indossata nella versione più ampia e non quella sottile riservata di solito le signore. Ma ogni cosa scompare davanti alla storica bellezza della parure di camei: diadema, collier, orecchini, e da quello che intravvedo anche il bracciale. Boh, ma che splendore! Accanto a lei la Première Dame vestita da nonna di Elsa, con uno dei soliti abiti dalla linea smilza, arricchito da una cascata di cristalli. Dalla smorfia direi che non è convinta neanche lei; Lady Violet la trova convintamente shock.

La Principessa Ereditaria Victoria ha scelto uno dei diademi più interessanti della collezione svedese e non solo; una tiara di acciaio il cui sbrilluccichio è dato dalla lavorazione del metallo, essendo totalmente priva di gemme. Un pezzo favoloso, francamente uno dei miei preferiti della collezione svedese. Risale anch’esa all’epoca napoleonica, e si ritiene sia stata creata per Hortense de Beauharnais, figlia dell’imperatrice Joséphine. Accantonata per decenni, fu ritrovata per caso dalla regina Silvia poco dopo le sue nozze, tornando a godere dell’attenzione che merita. E ve lo dico, ce n’è anche un’altra, più piccola, risalente sempre allo stesso periodo. Confesso, ho preferito concentrarmi sulla tiara per sorvolare sul vestito di broccato indossato da Victoria, creato da H&M e indossato in precedenza, di sicuro per la serata dei premi Nobel del 2016. Anno in cui il sofà di Lady Violet non esisteva ancora, sennò lo avrebbe stroncato anche allora. Sembra la carta di un enorme cioccolatino, e pure il marito Daniel mi sembra perplesso. Shock.

Annega nei drappeggi anche Sofia, con una creazione del couturier svedese Lars Wallin. Troppo tutto: troppo ricco, troppo lungo, troppo pasticciato, pure troppe pieghe; e non aiuta la pettinatura con le ciocche che sfuggono morbidamente dal diadema, la sua solita tiara nuziale, questa volta decorata con perle. E mi taccio sulle scarpe con platform Charlotte Olympia; per fortuna si vedono poco! Inevitabilmente shock.

C’è un Silver Jubilee!

Mentre siamo concentrati sulla salute di un sovrano seduto sul trono da pochi mesi, allargando lo sguardo ne troviamo un altro che ieri ha celebrato il giubileo d’argento.

È il 7 febbraio 1999 quando, abbastanza a sorpresa, Abdullah sostituisce il padre sul trono di Giordania. Hussein, il “piccolo re”, quando muore ha solo 63 anni ma soffre da tempo di un linfoma non Hodgkin, per il quale si sottopone ciclicamente a terapie negli USA. Durante l’ultimo ricovero diventa evidente che non c’è più nulla da fare e lui torna a morire in patria. Ricordo che ogni Paese che veniva sorvolato dall’aereo reale faceva alzare dei caccia per scortarlo in segno di rispetto; non so se sia pratica comune, ma mi sembrò molto bello, e bello mi sembra ancora. Avvicinandosi la fine il sovrano aveva fatto cambiare la costituzione rimuovendo dal ruolo di principe ereditario il fratello minore Hassan – accusato di aver abusato del ruolo di plenipotenziario durante l’assenza del sovrano – sostituendolo con il figlio Abdullah. Che è stato probabilmente il principe ereditario dalla carriera più breve, almeno della storia recente: 14 giorni, dal 24 gennaio al 9 febbraio. Accanto a lui diventa regina la moglie Rania, giovanissima – appena 28 anni – e bellissima. Nel tempo è diventata anche elegantissima, distinguendosi per il sostegno alle donne e il contrasto alla discriminazione sessuale, aspetto che la fa molto apprezzare in occidente, un po’ meno dai più integralisti del suo Paese e del mondo arabo.

Ieri dunque nella corte del palazzo Raghadan l’importante ricorrenza è stata celebrata con una sobria cerimonia, cui non saprei dire se seguiranno altri festeggiamenti. La situazione nell’area come si sa è assai delicata, e infatti oggi il sovrano è partito per un tour che toccherà USA, Canada, Francia e Germania per caldeggiare il cessate il fuoco nella striscia di Gaza.

Il tutto si è svolto alla presenza della famiglia reale quasi al completo: manca il figlio minore Hashem ma ci sono i principi ereditari ad aprire la fila. Dopo di loro la madre del Re, Muna, le figlie dei sovrani Iman (senza il marito) e Salma, il principe Faisal (fratello minore di Abdullah) con la moglie, e la principessa Alia, primogenita del defunto re. Dopo di lei una coppia che abbiamo già conosciuto; il principe Ghazi, cugino di Abdallah, con la moglie Maryam, la spagnola Miriam Ungría y López, vedova del principe Kardam di Bulgaria (Che fantastica storia). La signora rischia di diventare anche suocera reale, dato che si parla con insistenza di un flirt tra il figlio Boris e Catharina-Amalia d’Olanda, che a Madrid è di casa. Avrete notato che a parte il suo cappottino azzurro quello cammello di Muna le royal ladies sono vestite di nero. Se fossimo in occidente direi che, come uso in molte famiglie, ci si veste a lutto in onore del defunto nel giorno dell’anniversario della sua scomparsa.

Ora, è vero che nel mondo islamico il nero non è il colore del lutto, ma è anche vero che ai funerali di Hussein le donne di famiglia erano in nero con il capo coperto da un velo bianco. Ulteriore conferma viene dalla immagine che ritrae i sovrani sulla tomba del defunto re; la regina è appunto in nero, con lo splendido cappotto Dior, il capo coperto da un velo bianco.

Come ha fatto per tutti i 24 anni precedenti, come le figlie che si intravvedono dietro di lei.

Dopo di loro, arrivano anche i principi ereditari, che devo dire finora non hanno goduto di particolare visibilità, soprattutto lei; ha la stessa età che aveva la suocera quando divenne regina, ma penso che la dolce Rajwa dovrà armarsi di santa pazienza.

Va in scena il royal wedding – La cerimonia

Mi sono resa conto di avere titolato molti post sui royal wedding Scene da un matrimonio, espressione diventata popolare dall’omonimo, pall… noiosissimo film di Ingmar Bergman. Dunque questa volta si cambia! E andiamo a raccontare questo royal wedding di giugno.

L’appuntamento è per il pomeriggio di giovedì 1 a Zahar Palace, edificio eretto nel 1957 e da allora sede di molti eventi reali, come il matrimonio tra gli attuali sovrani, che il 10 giugno celebreranno il trentesimo anniversario. Alle 16.00 arrivano il Re e la Regina per dare il benvenuto ai 140 ospiti accuratamente selezionati: familiari, teste coronate e capi di stato. Lui molto emozionato, dimostra un po’ più dei suoi 61 anni; lei bellissima come sempre, con un trucco che resta impeccabile nonostante il caldo e gli almeno 200 baci ricevuti sulle guance levigate.

La prima sorpresa è la sua mise: ci si aspettava qualcosa di clamoroso, fastoso, magari ispirato alla tradizione mediorientale, invece Rania si presenta sobria, austera, quasi monacale. E in nero. Ora non fissatevi col colore, vi prometto a breve un post su colori e matrimoni. Per le nozze del primogenito la regina sceglie un abito Dior Haute Couture con corpino aderente e gonna svasata; sola decorazione un ricamo écru sugli alti polsini, il collo montante e la schiena; ricamo che viene riproposto anche sulla clutch. Oltre a tutto il resto, una lezione di fitting.

Iniziano ad arrivare gli invitati: la Principessa Muna, nonna inglese dello sposo, sceglie il lilla, che coi capelli bianchi è una meraviglia.

Stesso colore per Azza Al Sudairi, madre della sposa, in compagnia del marito e della famiglia saudita. Lei ha i capelli coperti da un velo all’uso del suo Paese. Entrambi i padri degli sposi parteciperanno attivamente al rito islamico, mentre le due madri seguiranno la cerimonia sedute vicine.

Riconosco solo qualche appartenente alla famiglia reale giordana, molti sono giovani, cugini dello sposo. Non c’è l’ultima moglie del defunto re, la Regina Noor, ma probabilmente ci sono i suoi figli, che non conosco. Col marito Ghazi bin Muhammad, cugino del Re, arriva in elegante caftano verde acido la spagnola Maryam al Ghazi, già principessa di Tărnovo per aver sposato il principe Kardam di Bulgaria, deceduto dopo anni di sofferenza in conseguenza di un incidente automobilistico. La sua rinascita dopo la tragedia l’abbiamo raccontata qui Che fantastica storia. Sicuramente non c’è Haya, sorellastra del sovrano, né il marito Mohammed bin Rashid Al Maktoum, emiro di Dubai, da cui è fuggita e sta divorziando tra problemi e pericoli.

Delizioso l’ingresso di Iman, prima figlia dei sovrani: meno di tre mesi fa la sposa era lei. Per le nozze del fratello indossa un bell’abito beige di Ashi Studio, maison fondata dal saudita Mohamed Ashi, ormai un punto di riferimento dell’Arab style. La madre le rivolge uno sguardo ammirato e orgoglioso; Rania dev’essere una di quelle donne che sono un toccasana per l’autostima dei figli. Se invece siete come Lady Violet, avrete rivolto uno sguardo sorpreso e desolato al copritermosifone in legno finto antico.

Poco prima delle 17.00 è la volta dello sposo. Indossa un’uniforme che non gli da un’aria troppo marziale, ricca com’è di fregi e greche, frizzi e lazzi, ispirata a quella indossata dal padre per il suo matrimonio. In occasione delle nozze, il principe ha ricevuto dal padre la spada hashemita, copia di quella forgiata nel 1916 per Abdullah I, primo re della dinastia e bisnonno dell’attuale sovrano (con la revoca del mandato britannico, la Giordania ha ottenuto l’indipendenza il 25 maggio 1946). Realizzata col ferro estratto nei pressi del castello di Ajiloun, reca inciso un versetto del Corano: “se Dio ti protegge non sarai mai sconfitto”. A Lady Violet, non particolarmente amante delle armi, sembra soprattutto un po’ lunga per il proprietario. Poi è vero che esiste tutta una mitologia riguardante spade e sciabole, spesso dotate di nome proprio (Excalibur, Durlindana); storie affascinanti che magari un giorno racconteremo, ma oggi più che mai pensiamo all’amore, non alla guerra.

Mentre Hussein raggiunge il suo posto, arriva a palazzo la Rolls Royce Phantom V realizzata nel 1968 per la regina Zein Al-Sharaf, nonna del sovrano. A bordo c’è Rajwa, accompagnata da Salma, sorella minore dello sposo; Iman le aspetta sulla porta.

Le due principesse, vestite in modo totalmente differente (la più giovane indossa un abito azzurro di Stella McCartney) svolgono il ruolo di damigelle della sposa, che al suo apparire rivela infine il segreto meglio mantenuto di ogni matrimonio: l’abito nuziale. In questo caso accompagnato da una deliziosa sorpresa: sarà il fratello minore dello sposo, il principe Hashem, diciotto anni di tenerezza e goffaggine, ad accompagnare la quasi cognata e il suo voluminoso strascico all’altare (in senso figurato naturalmente, non ci sono altari nel rito islamico).

A creare l’abito con cui Miss Rajwa Al Safi diventa sua Altezza Reale la Principessa Ereditaria di Giordania è stato incaricato il libanese Elie Saab, già autore di altri celebri wedding dress in uno stile inconfondibile, principalmente in pizzo. In questo caso niente pizzo, ma un modello in crêpe con due punti di forza: il primo è lo scollo asimmetrico sottolineato dal drappeggio in diagonale che scolpisce l’abito addosso alla sposa. So che le asimmetrie non piacciono molto, e dunque non tutti approveranno: personalmente le adoro, trovo che la linea geometrica si adatti meravigliosamente alla figura alta e slanciata di Rajwa, e anche alla sua natura razionale di architetto. Tra l’altro, il web ha prontamente fornito una immagine di Rania, in cui indossa esattamente lo stesso scollo in un abito, sempre di Saab, del 2001.

Secondo punto di forza il sontuoso strascico che parte dalla vita, quasi fosse una sopragonna, aggiungendo volume e importanza. La decorazione tridimensionale è composta da 550 petali che formano dei fiori, in parte applicati anche sul velo in tulle di seta. Sei chili (!) di perline e cristalli completano l’abito, immagino contribuendo a renderlo piuttosto pesante e difficile da manovrare. Inoltre la sposa, probabilmente per non sovrastare il suo sposo, indossa delle babbucce rasoterra che ne ingoffano ulteriormente la camminata.

Questo secondo me è il vero limite di quest’abito, che peraltro mi è piaciuto molto: il sensazionale primo impatto si è un po’ perso col movimento, anche a causa del percorso accidentato – gira a destra, a sinistra, sali le scale, scendi le scale, passa sotto l’arco – che sposa e accompagnatore hanno dovuto compiere per raggiungere il gazebo dove si sarebbe svolta la cerimonia. In certi momenti sembrava di assistere a Giochi senza frontiere (se siete troppo giovani, beati voi e googlate). Insomma, diciamo un modello adatto più alla lineare sontuosità di una cattedrale. Un pensiero di comprensione e stima per le due povere quasi cognate costrette a inseguire la sposa pancia a terra cercando di tenere sotto controllo quello tsunami di tessuto.

Sui capelli bruni di Rajwa, separati da una scriminatura centrale e sciolti sulle spalle – insomma una spettinatura – brilla una nuova, inedita tiara di diamanti, che lei indossa come un cerchietto, e resta staccata dal velo, lasciando visibile uno spicchio di capelli. La tiara, con gli orecchini in abbinamento, è una creazione del gioielliere francese Fred. Lateralmente si vedono degli elementi di calligrafia araba a formare le parole “Rajwatum min Allah” cioè “una preghiera esaudita da Dio” frase pronunciata – e pure pubblicata su Instagram – dalla regina Rania in riferimento alla futura nuora.

La cerimonia è officiata dal dr Ahmed Al Khalaileh, imam di corte. Non conoscendo il rito islamico, mi ha colpito il fatto che la sposa non parli, per lei parla il padre. Meno male che almeno firma!

Particolare lo scambio delle fedi: gli sposi sono arrivati indossando l’anello all’anulare destro, poi se lo sono sfilato a vicenda e infilato a sinistra. Segue casto bacio sulle guance, accolto con gratitudine da chi ancora ricorda il royal wedding kiss meno elegante di sempre (do you remember? tenete a mente questo matrimonio, c’è un elemento di cui parleremo a breve Royal chic shock e boh – 1986 Royal wedding edition). Dopo il brevissimo rito, tocca agli sposi ricevere auguri (e baci) dagli ospiti; ho notato che Rajwa non ha fatto il curtsy a nessuno, neanche ai sovrani in carica.

La festa continua – anzi, comincia – bisogna spostarsi a Al Husseiniya Palace; gli sposi lo fanno accompagnati da un corteo che si chiama Red Motorcade: a bordo di una jeep bianca (la stessa usata per le loro nozze dai sovrani) sono scortati da veicoli rossi, 8 jeep e 11 motociclette, nel loro prima bagno di folla da sposati. Io ho molto apprezzato i sidecar, e l’entusiasmo dei giovani volontari della fondazione del principe ereditario che tutti intutati hanno formato una simpatica e imperfetta bandiera

Arrivati a destinazione l’inevitabile, interminabile spettacolo a base di canti e danze tipici, culminato col taglio della torta. A sette piani (torna il numero sette, di particolare valenza simbolica per la Giordania), decorata con cascate di fiori azzurri.

In quel momento la tv di stato inquadra due cantanti: di mezz’età, con pancetta e giacca grigia come i capelli. Uguali. Due gemelli, praticamente Al e Bano. Felicità, forse un panino, no bicchieri di vino e al prossimo post, dedicato agli ospiti!