Questo post mi girava in testa da un po’, e quale occasione migliore di oggi? Concludiamo il mese, festeggiamo Halloween (o anche no, niente mostri streghe e zucche qui) e osserviamo le royal ladies con un occhio diverso: principesse (o regine) sì, ma Disney!
Mary – Lunedì 7
In tour a Parigi col marito per promuovere le imprese danesi, la futura regina consorte di Danimarca ha scelto quasi sempre il bianco e blu. Un omaggio al paese d’origine del suocero (che ha lascito ai figli il titolo di Conti di Monpezat)? Lei è sempre chic, anche se i suoi abiti non sempre mi convincono. Questo è uno di quelli, ha un’aspetto vagamente medioevale, con l’inserto bianco che stacca un po’ troppo, alludendo elegantemente a un grembiule. Vestita quasi – e volitiva quanto – Belle (anche se Frederik è assai più charmant della Bestia).
Letizia – Sabato 12
Quanto può essere improbabile la Reina vestita da ballerina? Eppure nel Dia de la Hispanidad Felipe Varela ce la confeziona così, in un tripudio di trine rosa confetto. Un abito che sarebbe piaciuto ad Ariel, la piccola sirena che desiderava sopra ogni altra cosa danzare. E noi avremmo preferito la coda squamata alle scarpe con banda in pvc tanto care a Letizia.
Stéphanie – Martedì 15
Vi ricordate quando la nonna costringe Mulan a vestirsi da ragazza, e lei sente terribilmente a disagio e non sa come muoversi? Ecco, la moglie del principe ereditario del Lussemburgo – nonostante i capelli biondi e la pelle candida – mi ha ricordato la piccola guerriera cinese. Reduce da un viaggio in Marocco, Stéphanie deve aver pensato che l’acquisto di qualche abito tradizionale potesse essere una buona idea ma ora, seduta accanto alla vivace suocera e alla splendida ospite, la Regina dei Belgi, non sembra più così convinta. Mia cara, diciamo semplicemente che quello scollo e quelle maniche ammazzerebbero chiunque. Senti a me, la prossima volta chiedi al drago Mushu.
Camilla – Mercoledì 16
La Duchessa di Cornovaglia scorta la regal suocera alla cerimonia per i 750 anni di Westmister Abbey. Dopo averci abituati a favolosi e voluminosi cappelli Philip Treacy, stavolta tra le meraviglie del geniale cappellaio ha scelto questa calottina ricoperta di foglie, peggiorata dal color azzurro ghiaccio. Ora, va bene che in autunno cadono le foglie, ma tutte in testa a lei dovevano finire? Così mi si trasforma nella Fata Flora (e si capisce pure perché la figlioccia Aurora s’è voluta addormentare nel bosco).
Victoria – Mercoledì 23
Al termine della due giorni di festeggiamenti per l’Intronizzazione del Tennō, i padroni di casa hanno salutato gli ospiti di più alto lignaggio con un tea party a Palazzo Akasaka. Victoria di Svezia è arrivata vestita da Cenerentola, in abito azzurro cielo by Malina; lei, l’unica che sarà Regina per diritto di nascita e non per matrimonio. Col dettaglio della scarpetta in tinta, non di cristallo (verre) né tanto meno di quella tipologia di scoiattolo che nel Medio Evo forniva le scarpe ai nobili, il cui nome in francese, vair, è all’origine dell’equivoco. Ma a lei non servono scarpette, né per trovare il suo principe, né per sedersi sul trono.
Catherine – Lunedì 13
Last but not least la mise che ha innescato questo divertissement: il completo para-etnico indossato dalla Duchessa di Cambridge al suo arrivo a Islamabad per il tour in Pakistan. A parte la prima apparizione in stile Incontri ravvicinati – o Lourdes, se preferite – in cui i futuri sovrani sono apparsi immersi in una luce quasi sovrumana, tutta l’attenzione si è appuntata sulla mise di Catherine: un completo finto Pakistan – vero Bollywood creato per lei dalla Maison Catherine Walker, i cui stilisti probabilmente conoscono l’Asia centrale, i suoi usi e soprattutto i suoi costumi, come io la ricetta della bagnacauda. Il risultato è un abito longuette addobbato con un inutile drappeggio simil sciarpa, da cui spuntano le gambe di un pantalone skinny, modello mai visto oltre l’Eufrate. L’unico motivo di interesse per me è la tinta sfumata, ahimé declinata nella tonalità che sommamente aborro, il tiffany.
Consapevole a questo punto di aver perso buona parte delle mie lettrici, è d’uopo specificare che nel corso del viaggio ci sono state delle mise che ho apprezzato, ad esempio questa in black&white indossata l’ultimo giorno, sopratutto per la presenza di quelle bellissime scarpe flat, opportunamente scelte al posto delle solite décolleteés nude, che le danno anche un portamento assai più elegante. Quale personaggio Disney mi ricorda la duchessa? Jasmine, of course. Col tenero dettaglio del duca marito, che per somigliare di più al poverissimo Aladdin s’è messo una bella scarpa con suon suola bucata (a sinistra). Se non è amore questo…
La sua esibizione ha chiuso il Bangkok’s International Festival of Dance & Music, alla presenza del Re Rama X, che gli ha consegnato l’onorificenza dell’Ordine dell’Elefante Bianco. Il sovrano era accompagnato dalla bellissima Regina Suthida, sposata lo scorso maggio, splendente in rosso cupo in parure con rubini (e diamanti) da favola.
Lei a questo punto resta l’unica moglie in carica, dato che l’altra, la Consorte Reale Sineenat, sposata in agosto, è stata ripudiata. La scorsa settimana il Re ha emanato un editto con cui la priva di ogni titolo, onorificenza, grado militare – e dello stesso nome Sineenat che gli aveva dato lui, per cui la signora ha ripreso il nome di nascita, Niramon Ounprom – accusandola di slealtà verso la Corona e la Regina Suthida. Sembra che Niramon contendesse alla rivale il primato nel real cuore quando entrambe erano ancora nel corpo di guardia del sovrano, e che dopo il matrimonio avesse iniziato a pretendere di essere trattata da regina; stando a ciò che riportano i giornali occidentali dato che in Thailandia è proibito parlare del re e della famiglia reale.
Va detto che i due matrimoni avvenuti a soli tre mesi di distanza potevano far pensare a una sorta di accordo preesistente tra i tre protagonisti; a me sembra che Suthida, da come guarda il suo re, sia piuttosto sicura della scelta e soddisfatta di come siano andate le cose.
Un anno dopo il referendum sulla Brexit (23 giugno 2016) giovedì 8 giugno si tengono le elezioni politiche. Il nuovo Parlamento si apre il 21 dello stesso mese, ma la regina nel pomeriggio deve andare ad Ascot, dunque decide di evitare la complessità dell’abito formale col corredo dell’Imperial State Crown, e opta per un più semplice completo da giorno. La responsabile del guardaroba reale, Angela Kelly, decide allora per questa mise in royal blue, dopo aver verificato che il colore scelto risalti adeguatamente sullo sfondo del trono; con la modista Stella McLaren si decide la foggia del cappello: con calotta rigida quasi fosse una corona, e una tesa che rende il viso di Sua Maestà ben visibile. I cinque fiori – realizzati con piccole piume – vengono arricchiti da un bottone giallo oro, che riprende la fantasia dell’abito indossato sotto il pardessous. Nessuna delle tre signore si rende conto della somiglianza con la bandiera europea, che viene scoperta solo leggendo i giornali. Con una certa divertita sorpresa, perché l’assoluta neutralità è uno dei dogmi della monarchia britannica.
Loro: Re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck del Bhutan e la sua Regina, Jetsun Pema. Di giorno o di sera, nello splendore degli abiti tradizionali, lui ha charme e autorevolezza nonostante la giovane età (e i capelli impomatati), lei è di una bellezza imbarazzante, altro che principesse, duchesse e tutte le altre -esse che affollano le cronache.
E poi, per la sera sono in viola!
Tra i presenti non è passata inosservata questa elegante coppia; lui è Hisashi Owada, un ex diplomatico (come testimonia la nonchalance con cui indossa il frac), lei è sua moglie Yumiko: sono i genitori dell’Imperatrice Masako, che come la suocera Michiko proviene da una famiglia borghese.
Non sappiamo esattamente cosa ci fosse dentro, tranne che per un oggetto che è stato reso noto. È una bomboniera in argento col simbolo del crisantemo, e un uccello simbolico – direi una fenice, simbolo di pace – intessuto anche nel Korozen no goho, il costume tradizionale color arancio bruciato indossato da Naruhito.
Intanto oggi ha festeggiato a Palazzo, alla presenza della famiglia, delle principali autorità del paese e di un gruppo di giovani nati come lei nel 2001.
Naturalmente la mamma si è un po’ commossa, così come il papà, anche se ha provato a non farlo vedere (ma il video del mostra inequivocabilmente la sua emozione).
Al termine del discorso che ha segnato il passaggio della fanciulla nel mondo degli adulti, Mathilde l’ha abbracciata col classico impeto della mamma chioccia che vuole tenere con sé i piccoli il più possibile, e la figlia ha cercato di trattenere tanta amorevole foga con quella grazia venata di imbarazzo tipica delle ragazze della sua età in situazioni del genere.
La storia antica del Giappone è avvolta dall’oscurità, dato che le prime testimonianze scritte risalgono solo all’VIII secolo dopo Cristo. Il mito racconta del primo imperatore Jimmu Tennō – discendente di Amaterasu, divinità solare e dea madre dello Shintoismo – che fonda l’impero nel 660 avanti Cristo; le fonti parlano invece di una società tribale, sottoposta a un’autorità religiosa all’origine della figura imperiale. Ispirandosi al modello cinese, le riforme attuate nei secoli VII e VIII danno vita a una struttura centralizzata, con capitale a Nara (nel 710) e poi a Kyoto (794); dalla Cina arriva il buddismo Ch’án, che in Giappone diventa Zen. Il potere dell’imperatore resta a lungo più formale che sostanziale, e lo stato centralizzato si indebolisce con l’affermazione di potentati locali sempre più influenti. A partire dal secolo X il potere passa decisamente nelle mani di alcuni clan familiari: dapprima i Fujiwara, poi soppiantati dai Minamoto che assumono il titolo di shogun (“generalissimo”),
Il momento clou si è svolto invece nella il salone di stato foderato di legno di pino, dove erano stati montati i due troni per l’imperatore e per l’imperatrice. Naruhito ha indossato un altro soukai, questa volta color arancio bruciato, intessuto col motivo della fenice portatrice di pace; il suo nome è Korozen no goho, ed è l’abito cerimoniale dell’imperatore da dodici secoli. In testa il tradizionale kanmuri di seta nera, con una lunga coda che si innalza per ben 60 centimetri.
Masako ha sostituito il jūnihitoe bianco con una versione policroma, e sarebbe affascinante capire la simbologia dei diversi strati, che non è casuale né per colori né per decorazioni.
Jūnihitoe tradizionale, in una scicchissima combinazione di viola e rosso, per tutte le principesse di casa reale, che invece durante la visita ai templi imperiali erano vestite all’occidentale; eccole, guidate dall’erede al trono e dalla sua famiglia: con mise simili: abito lungo da giorno, con cappello privo di tesa, ed eventuali decorazioni.
In mano un ventaglio – sì, anche sotto la pioggia – che ha un valore storico e simbolico (pensate che era parte anche del corredo del samurai: agitandolo dava il segnale d’attacco, quando non se usava proprio come arma uno in ferro). Sono abiti di nostro gusto? Non particolarmente, ma perché dovrebbero? Sono perfettamente adeguati alla iconografia nipponica, così rigorosamente lineare. Sull’uso dei colori pastello sarebbe interessante l’opinione di Michel Pastoureau, studioso di simbologia e massimo esperto mondiale di storia del colore; sono certa che la prima cosa che sottolineerebbe è che la percezione del colore non è fisiologica ma culturale, cioè influenzata dalla cultura di appartenenza. D’altro canto perché noi consideriamo un abito lungo giallo pallido poco adatto a una signora over 50? Esatto, il gusto evolve all’interno di un sistema culturale; altra cultura, altro gusto.
Last but not least, l’ombrello. Io lo so che voi state per chiedermi perché questo nero funereo, perché non si è optato invece per uno di quelli resi celebri da Her Majesty, marca Fulton, in pvc trasparente con banda coordinata al colore della mise? Da quello che so, gli ombrelli di quel genere si trovano veramente dappertutto, sono spesso offerti da negozi e ristoranti al loro clienti per affrontare piogge improvvise, e dunque considerati piuttosto cheap. Questi invece sembrano proprio quelli assai raffinati, in seta nera e con il manico in legno di ciliegio, albero simbolo del Paese. E se noi li troviamo tristi ho idea che alle signore della Imperial Family la nostra opinione interessi il giusto, cioè niente.
La sera, al banchetto di gala, sovrani e famiglia imperiale in stile occidentale: white tie per gli uomini, abito da sera per le signore, con l’Imperatrice che sfoggia l’ottocentesca Meiji Tiara.
Andiamo con ordine: il colore dell’abito mi fa impazzire, il modello – questo è il Maxwell Dress, dalla linea Babaton del brand Aritzia – non particolarmente, i capelli invece li trovo francamente tremendi.
Dopo una breve cerimonia riservata all’interno dei templi imperiali, Naruhito e Masako vestiti dei sontuosi abiti tradizionali hanno raggiunto la Matsu no Ma, il salone di stato del Palazzo Imperiale. L’Imperatore ha preso posto nel trono imperiale Takamikura, da cui ha letto il discorso in cui si è impegnato a rispettare la Costituzione e a rappresentare l’unità del popolo nipponico. Accanto a lui l’Imperatrice, nel trono Michodai.
Concluso l’emozionante debutto ufficiale della figlia Leonor, che nei giorni scorsi ha per la prima volta partecipato alla consegna dei premi Princesa de Asturias – tenendo anche un paio di discorsi, e dimostrando una maturità sicuramente superiore ai suoi quasi 14 anni – Los Reyes sono atterrati a Tokyo. Letizia osa il total black, arma neanche tanto segreta di chi vuol sembrare un po’ più minuto, e dunque totalmente inutile del suo caso. Lui non resiste, e ripropone il mocassino con nappina. Sospiro di rassegnazione.
Dal Regno Unito è in arrivo il Principe di Galles, mentre la sovrana, che ormai non lascia più il suolo patrio, ieri s’è vestita di uno splendido lilla e se n’è andata al QIPCO British Champions Day 2019, a godersi una giornata tra gli amati cavalli. Privilegi dell’età.