Diana the bride

L’anno prossimo saranno 40 anni tondi tondi da quel mercoledì di luglio in cui andò in scena quello che veniva presentato come il royal wedding del secolo. E finì per esserlo, anche se forse non nel senso sperato.

C’è ancora qualcosa che non sappiamo degli sposi? O meglio, della sposa, poiché è noto che nei matrimoni lo sposo è poco più di un accessorio? Lady Violet prova a raccontarvi qualcosa che forse non conoscevate, altrimenti potreste comunque trovare piacevole il ripasso. Quando la giovanissima Diana uscì da Clarence House – nei mesi precedenti le nozze era stata ospite della Queen Mother che immagino avrebbe dovuto addestrarla al ruolo che l’aspettava – si svelò il segreto meglio custodito dell’epoca: il suo abito. Una enorme meringa di taffetà che spinta a forza nella Glass Coach dove entrava a fatica finì molto poco elegantemente per stazzonarsi. Gli autori di cotanta creazione, i coniugi David e Elizabeth Emanuel (anche loro divorziarono, e prima dei Principi di Galles), avevano preparato una seconda versione dell’abito, nel caso la prima fosse stata scoperta. Come sappiamo il cambio non fu necessario, in compenso l’altro abito a un certo punto scomparve dall’atelier e se ne è persa ogni traccia.

In ossequio alla tradizione something old something newsomething borrowedsomething blue, l’abito rappresentava il nuovo e i preziosi pizzi antichi che lo decoravano il vecchio. Per il blu, un fiocchetto navy era stato cucito all’interno del vestito; in segno di buon augurio David Emanuel aveva appuntato anche un piccolo ferro di cavallo in oro e brillantini, che evidentemente non ha funzionato granché. Ma prima di scagliarci contro il potere di talismani e amuleti – conoscete la differenza? i primi attirano la fortuna, i secondi proteggono dal male – e contro gli sprovveduti che ci credono, sarebbe necessario sapere il verso in cui era stato cucito il ferro di cavallo, dato che per un agire positivamente le punte devono stare all’insù. Vuoi vedere che hanno sbagliato? O la sventura fu causata dalla spilla da balia inavvertitamente lasciata appuntata? Poiché Diana dimagriva a vista d’occhio l’abito le fu praticamente rimodellato addosso il giorno stesso delle nozze.

Quanto al qualcosa di prestato, sicuramente si trattava dei gioielli di famiglia (la sua), e se della Spencer Tiara ormai si sa praticamente tutto, gli orecchini sono meno noti, anche perché su Diana non li abbiamo più visti. Di proprietà della madre Frances, sono dei pendenti composti da un diamante a goccia circondato da pietre più piccole. Devo dire che non mi fanno impazzire ma mi piace molto che la sposa abbia voluto indossare qualcosa di ciascuno dei due genitori, divisi da un feroce divorzio. Diana aveva portato gli orecchini in un’altra importante occasione: la prima uscita ufficiale da fidanzata – alla Goldsmith’s Hall il 9 marzo, per una raccolta fondi in favore della Royal Opera House – evento che più per i gioielli resterà nella memoria per l’abito esageratamente scollato e per l’incontro con la comprensiva Grace (in calce al post un video della soirée). Gli orecchini hanno continuato ad ornare le orecchie di Frances in momenti particolarmente importanti: il battesimo del nipote Harry, e poi il funerale della figlia Diana; alla sua morte nel 2004 sono stati ereditati dalla figlia maggiore Sarah.

E i sixpence in her shoe? Chissà se Diana aveva infilato una monetina in una delle sue scarpine di satin e pizzo ricamate di perline; con solo un accenno di tacco, per evitare che l’altissima sposa sovrastasse lo sposo. In compenso la suola era decorata, con le loro iniziali separate da un cuore (e qui temo che qualcuno potrebbe far notare che in fondo simbolicamente trattavasi di unione che veniva calpestata).

Una cosa che all’epoca mi colpì molto fu la presenza di fiori colorati non solo per le damigelle, che avevano anche una fascia giallo oro in vita, ma nel bouquet della sposa. Nel suo caso però erano dei boccioli della rosa gialla dedicata a Lord Mountbatten, scomparso due anni prima, e tutto si spiega.

Nella ricca composizione oltre alle rose c’erano gardenie, orchidee, fresie, mughetti, stephanotis, e poi edera e l’immancabile mirto. Pesava ben due chili, e superava il metro di lunghezza. La forma a cascata fu una scelta obbligata non solo per l’importanza del’evento e dell’abito, ma per una regola allora in voga: abito con lo strascico=bouquet a cascata, abito senza strascico=mazzolino rotondo. Ciò che ho scoperto qualche anno fa da un’intervista a David Longman, responsabile con la sua compagnia degli allestimenti floreali, è che furono realizzati due bouquet. Il primo, scortato da poliziotti in motocicletta, fu recapitato a Palazzo alle otto di mattina, mentre un altro uguale fu preparato durante la cerimonia. La ragione di questa doppia realizzazione va ricercata nel royal wedding del 1947 che unì l’allora Princess Elizabeth a Philip. Nel ritratto di famiglia la sposa ha le mani vuote: sembra che nel caos della giornata il suo bouquet sia andato perduto. Secondo Longman gli sposi furono richiamati dal viaggio di nozze, vestiti di nuovo con gli abiti della cerimonia e fotografati con un nuovo bouquet, naturalmente da soli. Il sito internet della Royal Family non fa alcuna menzione di questa storia, citando solo il fatto che come il giorno dopo la cerimonia il bouquet fu deposto sulla tomba del Milite Ignoto a Westmister Abbey, ma è indubbio che nelle fotografie di gruppo Elizabeth al contrario delle sue damigelle non tiene in mano il bouquet, che riappare nelle immagini in cui è sola con Philip.

In fondo l’Inghilterra è non è la patria del mistery?

Qui il video della prima uscita ufficiale dei royal fidanzati https://www.youtube.com/watch?v=XAvzNouZYvY

Qui invece il post sulle invitate Invitate al matrimonio del secolo

8 pensieri su “Diana the bride

  1. Cara Lady Violet, c’è una cosa che non ho mai capito: ma la parte di velo che cadeva davanti al viso di Diana, è stata staccata, vero? Cioè, non girata all’indietro, dato che la tiara era sopra a tutto. Nel video della cerimonia questo passaggio non si vede.

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    • Esatto, fu staccata, il velo era proprio in due pezzi. D’altra parte era talmente voluminoso che sarebbe stato difficile da gestire e avrebbe completamente nascosto la tiara.

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  2. Mi dispiace molto leggere che quest’ abito era brutto e spesso a dirlo sono persone contemporanee di Diana .Io non ricordo nessuno a cui quest’ abito non sia piaciuto in quegli anni, nessuno .Per quanto riguarda il bouquet di Elisabetta, nonostante abbia visto quella foto decine di volte, non mi ero mai accorta che non ce l ‘ avesse e soprattutto nessuno l ‘ aveva fatto notare.Grazie Lady Violet

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    • Mi dispiace a mia volta averti dato un dispiacere, ma provo ad argomentare meglio. Spesso sento dire che l’abito, che oggi sembra troppo abbondante (soprattutto per quanto riguarda le maniche) all’epoca fu considerato bello. Ecco, io lo trovai brutto anche allora. Anzi, con la nettezza della giovinezza quel giorno lo trovai francamente orrendo, oggi non mi piace lo stesso, ma lo guardo con più tenerezza. Distinguerei però due piani: il primo è quello del gusto personale, che come tale è soggettivo e ha pari dignità chiunque lo esprima; il secondo è quello oggettivo, Secondo me l’abito ha un grosso handicap tecnico: il tessuto, perché veramente uscì dalla carrozza stazzonato in una maniera indicibile (col vantaggio però almeno di camuffare una macchia che Diana aveva fatto rovesciando sulla gonna del profumo). Quello per me è un errore grave, perché un couturier avrebbe dovuto prevedere una cosa del genere. Il secondo limite è che è veramente troppo datato, personalmente da un abito di quel livello io mi aspetto altro. Di contro ha sicuramente fatto storia e stabilito un canone, seppur in negativo: oggi nessuna sposa vi troverebbe ispirazione, al contrario ad esempio di quello di Grace, che è ancora stracitato e straimitato dopo più di sei decenni.
      Poi sicuramente la sposa lo volle così perché giovane com’era voleva sembrare Cenerentola – e penso che l’abito sia piaciuto e piaccia molto a quelli che si innamorarono dell’idea romantica della principessa giovane e bella – però se l’abito l’avesse creato Valentino sarebbe stata una Cenerentola elegante. Le capacità limitate degli Emanuel sono evidentissime nell’abito da sera della prima uscita: intanto troppo piccolo, e totalmente inadatto sia al generoso décolleté della fanciulla, sia dell’occasione, Un couturier vero non l’avrebbe mai fatta uscire così, mai.
      Ho temperato un pochino il tuo dispiacere?

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  3. Credo che un abito royal debba avere delle caratteristiche di “visibilità” infatti ha sempre strascico, velo, diadema importanti, deve essere un evento pubblico e quindi deve imprimersi bene nella mente anche visto a distanza.
    Deve insomma bucare lo schermo, i royal vivono di rappresentanza, l’abituccio non regge alcuni carati di diamanti piazzati sulla testa. L’understatement non può esistere nei matrimoni (e nei funerali) reali. Poi se vuoi parliamo anche del funerale, che fu altrettanto iconico e in cui
    suonarono song for athene, di Tavener, pezzo che mi ha fatto a suo tempo venire la pelle d’oca

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    • Il funerale di Diana fu veramente un rito collettivo, anche molto complesso data l’eco che quella morte ebbe a livello planetario, e fecero bene a farlo così, non solo per lei, ma proprio per il popolo britannico, che in quel momento ne aveva bisogno. Proprio stasera stavo riguardando l’episodio di The Crown in cui Lord Altrincham critica la Regina e poi propone dei cambiamenti, e lei è così intelligente da capirne l’utilità, al di là del fastidio personale. Questa capacità di capire e di rinnovarsi, senza scadere nella banalizzazione, è senz’altro uno degli elementi più interessanti della monarchia britannica, per me. Sull’abito da sposa sono d’accordo, anche in questo caso il significato trascende la forma.

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