Quanto amate certi piccoli gioielli Tiffany, il cuore Open Heart definito solo dal contorno cicciotto, il fagiolo Bean trasformato in un oggetto di lusso, il bracciale Bone che avvolge il polso, o il fratellino minore, lo Split?

Quante di voi in viaggio a New York non hanno resistito al desiderio di tornare a casa una scatolina di quel particolare punto di colore che non è un colore, ma un marchio di fabbrica (Pantone lo creò su misura, e si chiama 1837 Blue, citando l’anno di fondazione della Maison)? Se siete tra queste, dovete ringraziare una donna, Elsa Peretti.

Che ha trasformato in icone forme morbide e segni semplici, e soprattutto ha portato l’argento nell’Olimpo del lusso. Un lusso contemporaneo, accessibile a (quasi) tutti, declinato in creazioni che sono ornamenti ma anche oggetti di design, talismani, compagni di viaggio. Elsa Peretti è morta oggi, dopo una vita di quelle che si leggono nei romanzi. Nata a Firenze il 1 maggio 1940, suo padre era Nando, fondatore e patron dell’API, Anonima Petroli Italiana (oggi si chiama IP); Elsa si stanca presto di riti e miti dell’alta società italiana, pur se animata dalla dolce vita, e se ne va in Svizzera, dove si mantiene dando lezioni di sci nella scicchissima Gstaad. Approda a Milano e, dotata com’è di un fisico alto e longilineo, diventa modella, scelta che rende furibonda l’assai più convenzionale famiglia; la sorella maggiore Mila ha intanto impalmato il conte Aldo Maria Brachetti, cui ha portato in dote azienda e cognome (ma questa, come diciamo sempre è un’altra storia) Dopo aver posato – in veste da suora – addirittura per Dalì, Elsa approda a New York; è il 1968, il momento più adatto del secolo. Incontra Halston, stilista giovane ma celeberrimo – è lui a creare il pillbox indossato da Jackie Kennedy all’inaugurazione della presidenza del marito – e i loro litigi allo Studio 54 diventano leggenda, raccontati perfino da Andy Warhol.
Elsa disegna la bottiglia per il profumo Halston, best seller negli USA, e per sé un ciondolo, il bottle, che diventerà famoso a sua volta. Helmut Newton la immortala in uno scatto storico con lei vestita da coniglietta, e inizia la collaborazione della vita, quella con Tiffany, e le sue collezioni vanno esaurite in un giorno. Tanti legami, nessun matrimonio, nessun figlio, tanti cani, la vita di Elsa non è dedicata solo al frivolo e all’effimero; quando arriva l’enorme eredità paterna crea una fondazione, la Nando and Elsa Peretti Foundation, che con decine di milioni di euro promuove in tutto il mondo progetti su diritti umani, ricerca scientifica, ambiente, arte e cultura.

Pian piano si stanca delle mille luci di New York, e si dedica sempre di più al borgo spagnolo di Sant Martì Vell, dove recupera un’antica struttura in pietra. Nel 2019 vince il premio Leonardo da Vinci alla carriera, e la Biennale dedica una mostra alle sue creazioni.
Una volta lessi una sua intervista in cui citava Pavese e il suo mestiere di vivere, augurarsi d’averlo imparato; ora è arrivato il momento del riposo, con un grazie per tutta la bellezza e la felicità che le sue creazioni hanno regalato e continueranno a regalare.

Da parte mia, grazie anche per l’esempio di realizzazione femminile, che ha dato semplicemente, senza mai pensare di farlo, né volerlo.
Che bella storia questa. Buona riposo signora.
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Una donna veramente notevole, che verrà ricordata con affettuoso rimpianto da molti.
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