Sono giorni un po’ strani, tra l’immarcescibile Festival di Sanremo – che non ho seguito, dunque i commenti sulle mise li rinviamo alla prossima edizione – e la tragedia del terremoto in Turchia e Siria, che ha visto oggi superare la soglia delle venticinquemila vittime.

In sintesi: non avevo particolare voglia di frizzi e lazzi, ma nemmeno di rattristarvi troppo. La cifra perfetta l’ha trovata per me Jetsun Pema, Regina Consorte del Bhutan, che ha dalla sua due grandi atout. Da una parte la saggezza buddhista, incentrata sulla compassione e sulla capacità di distacco dalle cose terrene, dall’altra la grazia incantevole e i gesti misurati della sovrana la rendono l’interprete perfetta per i sentimenti di questi giorni. Ieri la regina ha guidato una cerimonia con Primo Ministro e autorità del suo Paese insieme con gli ambasciatori presenti in Bhutan. Sono state accese mille lampade a burro nel Palazzo di Tashichho Dzong, antica fortezza religiosa che ora ospita le istituzioni a capo del Paese.

Le lampade a burro utilizzano solitamente come combustibile il burro di yak e sono sempre presenti nei templi e nelle cerimonie del Buddhismo tibetano da cui quello bhutanese deriva. Secondo la tradizione, la fiamma delle lampade aiuta la concentrazione e la pratica della meditazione, consente la dissoluzione delle afflizioni e favorisce il raggiungimento dell’illuminazione. In questo caso l’intenzione è accompagnare i defunti e consolare coloro che stanno soffrendo. Alla fine, nulla di troppo diverso dalle nostre candele.

Sono sempre colpita dal tempo e dall’energia che gli uomini spendono nel disegnare confini, e dalla facilità con cui la loro intima essenza li superi.