Breaking News – Ci sarà!

Buone notizie, buonissime, dalla terra d’Albione. Confermata la presenza della Principessa di Galles alla finale maschile del torneo di Wimbledon, domani pomeriggio.

Catherine ha il patronage reale dell’England Lawn Tennis and Croquet Club, che organizza il torneo, dunque la sua presenza di solito è scontata, ma non quest’anno. Date le sue condizioni di salute, la promiscuità dell’evento e la sua durata, questa è veramente un’ottima notizia, e non vediamo l’ora di vederla, sperando che questo sia davvero un altro piccolo passo verso il pieno recupero. Appuntamento dunque domani alle 14.00, le 15.00 ora italiana.

Le foto del giorno – Di nuovo in sella

Le foto di oggi rallegreranno molti; mostrano la Princess Royal di nuovo al lavoro dopo l’incidente con trauma cranico occorsole lo scorso 23 giugno, che aveva richiesto una settimana di ricovero al Southmead Hospital di Bristol.

Oggi Anne ha assistito alle gare del Campionato Nazionale della RDA, la Riding for the Disabled Association, associazione equestre per i disabili. Organizzata presso la Hartpury University nel Gloucestershire, è la più importante competizione dedicata ad amazzoni e cavalieri con disabilità, che hanno incontrato la principessa e hanno ricevuto i premi dalle sue mani.

Oltre a invidiarne la mise autunnale, Lady Violet non può che ribadire la sua ammirazione per questa signora, un vero fiore d’acciaio (sempre che le faccia piacere essere definita fiore, cosa di cui non sono sicurissima). E poi come si sente a suo agio lei nelle occasioni equestri, forse neanche sua madre.

A proposito di cavalli e cavalieri, oggi il Principe di Galles ha partecipato all’annuale Royal Polo Charity Cup, che esiste da 13 anni e finora ha raccolto ben 13 milioni di sterline da destinare a cause sociali. Nelle scorse edizioni non è mai mancata a fare il tifo per lui la moglie Catherine, ma nei giorni scorsi era stato reso noto che quest’anno non avrebbe potuto per le ben note ragioni di salute. Ancora incerta la presenza della Principessa di Galles almeno alle finali di Wimbledon, avendo il patronage dell’England Lawn Tennis and Croquet Club, che organizza il prestigioso torneo. Speriamo di vederla, ma speriamo soprattutto di vederla in salute.

Novant’anni di King Giorgio (parte prima)

Se Valentino è the Emperor, l’imperatore, Giorgio è the King, il re; per noi repubblicani affascinati dai reali non potrebbe esserci forma di regalità più splendente, più soddisfacente e più indiscutibile a livello planetario.

Nato l’undici luglio 1934 a Piacenza da Ugo e Maria, Giorgio ha un fratello, Sergio, maggiore di cinque anni e una sorella, Rosanna, più giovane di cinque. Un’infanzia di guerra, divisa tra povertà e dolore, come tante in quegli anni.

Il padre, impiegato, nel 1949 decide di trasferirsi a Milano sperando di poter offrire alla famiglia qualcosa di più. Giorgio si diploma al liceo scientifico Leonardo da Vinci e si iscrive a medicina, ma tre anni dopo parte per il servizio militare. Quando torna, la sua vita cambia binario: viene assunto alla Rinascente, simbolo della modernità e dell’Italia che appunto rinasce dopo la guerra. Si occupa di vari aspetti tra cui la pianificazione delle vetrine, da cui nasce la leggenda che abbia fatto il vetrinista. Serio, rigoroso, perfezionista, studia materiali e tessuti, la forme, le linee e finisce con attirare l’attenzione di un giovanotto che ha già un nome nella moda maschile: Nino Cerruti, figlio di un produttore di tessuti di Biella, che gli affida la sua linea Hitman. L’uno è “il signor Nino” e forse da lui l’altro eredita il vezzo di farsi chiamare sempre “il signor Armani”.

Siamo in pieni anni ’60, il decennio in cui cambia tutto, e non solo nella moda, basti pensare che nel nostro Paese inizia con La dolce vita e finisce con la strage di Piazza Fontana. A Londra ci sono i Beatles con le loro giacche guru e Mary Quant con la minigonna; Kings Road e Carnaby Street; nel 1967 Flavio Lucchini si inventa L’uomo Vogue. Il decennio si conclude con la realizzazione del sogno più grande di tutti: il 21 luglio 1969 l’uomo sbarca sulla luna. In questo tourbillon di cambiamenti, innovazioni, trasformazioni, Giorgio propone una rivoluzione di stile che sembra piccola ma diventerà grandissima; un immagine sobria, educata, istruita, direi quasi milanese, che parte dal concetto di giacca destrutturata e non si ferma più.

Arriva il secondo incontro della vita: Sergio Galeotti, un giovane architetto più giovane di dieci anni. Toscano di Pietrasanta, sanguigno quanto l’altro è algido; uno rumorosamente allegro l’altro sobriamente riservato. Come spesso accade tra persone così diverse si riconoscono e si innamorano alla follia. Sergio spinge Giorgio a mettersi in proprio, rinunciando alla tranquillità anche economica offerta da Cerruti. Nel 1975 nasce la Giorgio Armani SpA (e nel 1979 Lady Violet riceve dalla madre il primo capo, una giacca/cardigan di lana blu che dev’essere ancora in giro). Gli anni ’70 però sono caratterizzati anche dall’incubo del terrorismo, per cui la moda di Armani, elegante ma senza eccessi, impiega poco a soppiantare l’allegro stile hippy – che pure aveva una sua funzione, essendo percepito come povero – a questo si aggiunge la crisi energetica (vi ricordate l’austerity?) che si riflette sia sulla possibilità di spendere sia direttamente sulla disponibilità dei tessuti; la collaborazione tra Armani e i Rivetti, proprietari del GFT(Gruppo Finanziario Tessile) imprimerà una spinta decisiva al cambiamento. È questo il momento in cui nasce il Made in Italy, concetto prima sconosciuto, insieme a termini come “stilista” o “showroom”. Molto si deve al genio di Galeotti, che si occupa della parte gestionale guidato da intuizioni valide ancora oggi. La società nasce con l’investimento di due milioni e mezzo di lire, frutto anche della vendita del maggiolino di Giorgio, in un piccolo spazio a Corso Venezia; verranno poi la sede di via Borgonuovo, col meraviglioso teatro che fa spesso da palcoscenico alle sfilate, la sede di via Durini; e le residenze private: i dammusi a Pantelleria e la villa a Broni, tra Pavia e Piacenza, con animali esotici nell’ampio parco e un Tiepolo in salotto.

Nonostante la teenager Lady Violet avesse trovato il suo stilista del cuore, grazie anche – soprattutto – alla generosità materna, vi sorprenderò dicendovi di aver influito solo in minima parte nel successo planetario di King Giorgio, che alla fine degli anni ’70 inizia ad avere una clientela di tutto rispetto.

(Ph: Ron Galella/Getty Images)

Il 3 aprile 1978 Diane Keaton, candidata all’Oscar come migliore attrice per Annie Hall, si presenta al Dorothy Chandler Pavilion con una rigorosa giacca grigia Armani, che fa dal contraltare al gonnellone a righe; un mix tra maschile e femminile che incarna, probabilmente suo malgrado e con una certa disordinata naïveté, l’dea dello stile Armani. Vince lei, e in qualche modo vince pure lui.

Hollywood, enorme cassa di risonanza, se ne accorge, e nel 1980 un film lancia due stelle nel firmamento. Il film è American Gigolo: rende Richard Gere una star mondiale e apre a Giorgio Armani, che lo dota di un guardaroba completo, le porte delle sterminate praterie americane. Sergio Galeotti ha l’idea di assoldare come specialissima PR Lee Radziwill, sorella di Jackie Kennedy, il cui stile lo ha incantato; anche lei aiuterà Armani a sfondare negli USA. Nel corso degli anni saranno sempre di più le attrici e gli attori a farsi vestire da Armani, creatore di un lusso talmente elegante da far sembrare lo stile hollywoodiano ancora più pacchiano. Nasce l’Emporio, che nel 1987 verrà raccontato da uno spot promozionale diretto addirittura da Martin Scorsese; allo stesso anno risale la definitiva consacrazione del legame tra Armani e il cinema, con la creazione degli abiti indossati dagli Intoccabili, nel film di Brian De Palma. Sono gli anni ’80, quelli dell’edonismo reganiano e della Milano da bere, quelli in cui tutto è possibile. E tutto sembra davvero possibile, ma purtroppo c’è il rovescio del medaglia, e si chiama sindrome da immunodeficienza acquisita, AIDS. Viene identificata nel 1981 e si diffonde in modo tragicamente rapido. Sergio Galeotti si ammala, e muore il 14 agosto 1985; ha compiuto quarant’anni solo 19 giorni prima. Giorgio si trova squarciato dal dolore e dalla necessità di decidere il meglio per le sue aziende.

Cambia ancora binario; come ve lo racconterò nella seconda parte, che trovate qui: Novant’anni di King Giorgio (parte seconda)

Le foto del giorno – Let’s party!

La serata clou dell’estate monegasca è senza dubbio il gala della Croix Rouge, che quest’anno si terrà venerdì 19 luglio nella Salle des Étoiles dello Sporting di Montecarlo. Hermès ha donato una splendida Kelly rossa, che sarà messa all’asta per la raccolta fondi (poi non dite che non lo sapevate!).

(Ph: David Niviere/ABACAPRESS.COM)

Ma nel Principato c’è sempre una ragione per fare festa, e sabato scorso è stata la volta del party organizzato per i vent’anni dell’associazione Fight Aids Monaco, fondata nel 2004 dalla principessa Stéphanie a sostegno delle persone ammalate, o sieropositive, o colpite dallo stigma che ha sempre contraddistinto questa terribile malattia. Tema della serata i favolosi anni ’80, quando eravamo sicuramente giovani e forse pure felici. Con Stéphanie c’erano le due figlie Pauline Ducruet e Camille Gottlieb; assente il primogenito Louis con la moglie Marie, in attesa del secondo bebé. La principessa ha potuto contare anche sul sostegno del fratello Albert, che in queste occasioni non manca mai; un vero capofamiglia. Lady Violet, che ha sempre avuto un debole per lui – negli anni ’80, gentile sportivo e capelluto era un vero principe azzurro – lo ama particolarmente per questo.

(Ph: Frédéric Nebinger/Palais princier)

Una bella festa con molti cantanti dell’epoca, da Patrick Hernandez, il primo a sinistra (ve la ricordate Born to be alive?) alla nostra Sabrina Salerno, splendente in bianco abbracciata a Camille. Non è mancata nemmeno la riproposizione di Ouragan, la hit di Stéphanie nella sua fase cantante pop.

(Ph: Frédéric Nebinger/Palais princier)

Sul palco si è esibita la band Stars 80; ok, sono un po’ acciaccati ma è per una buona causa, e secondo me si sono anche divertiti. Non è mancata la lotteria con premi definiti prestigieux; non li ha offerti Hermès ma negozi monegaschi e sostenitori dell’associazione. Cioè non chi coglie (giustamente, per carità) l’occasione per la propria visibilità, ma chi tiene a Stéphanie e approva il suo impegno.

(Ph: Frédéric Nebinger/Palais princier)

La serata si è conclusa sulle note di L’or de nos vies, canzone scritta dalla band Kyo per l’associazione nel 2006 ed eseguita dal team Fight Aids Monaco, che ha così voluto rendere omaggio alla principessa (notare i ventagli con scritto “Stéphanie”). Ve lo dico, questo party mi è piaciuto un sacco, ci farò un pensierino per l’edizione dei 25 anni.

La foto del giorno – Pop Wills

Dove pop sta per “popular”, popolare, in questo caso non nel senso di famoso ma di vicino al popolo. Il Principe di Galles questa sera ha assistito a Dusseldorf alla partita Inghilterra Svizzera, valevole per i quarti di finale degli Europei. I Three Lions hanno vinto ai rigori, e si giocheranno la semifinale contro la vincitrice tra Olanda e Turchia, che mentre scrivo è in testa per 1 a 0.

(Ph: EURO 2024 News Pool- ENP)

La premessa sportiva serve a introdurre una piccolissima riflessione: quando Lady Violet era giovane i membri della Royal Family giocavano principalmente a polo – era proprio una loro caratteristica – amavano gli sport equestri in generale, alcuni giocavano a tennis e comunque non mancavano a Wimbledon, e tutt’al più tifavano per il rugby, sport che ha visto i suoi natali in Albione. Passione per il calcio non pervenuta. È bastata una generazione e le cose sono cambiate completamente: il futuro re è appassionatissimo di calcio, nonché accanito tifoso dell’Aston Villa, la squadra di Birmingham. Tutte le volte che può non manca agli incontri importanti, internazionali e anche nazionali, scatenandosi nel tifo e perdendo l’aplomb in un modo che alla nonna regina accadeva solo quando correva un suo cavallo ad Ascot o in altri posti simili. Ecco, è anche attraverso cose così che avviene il processo di popolarizzazione (nel doppio senso di vicinanza al popolo ma anche di celebrità) delle famiglie reali in generale, e di quella britannica in particolare.

Prima o poi riprenderemo questo discorso; intanto se in questo pigro sabato di luglio vi incuriosisce sapere per chi tifano i reali, andate a leggere questo post: Tre leoni hanno sbranato undici vichinghi

Le foto del giorno – Politica e misteri

Piccola divagazione politica (non vi spaventate/innervosite/annoiate e continuate a leggere): domani, 4 luglio, nel Regno Unito si vota per rinnovare il Parlamento. Domenica 7 in Francia si terrà il secondo turno delle elezioni, anche qui per il rinnovo del Parlamento, convocate anticipatamente dal presidente Macron dopo il risultato delle europee. In Olanda invece le elezioni ci sono state il 22 novembre; è arrivato primo il PVV, partito nazionalista di estrema destra, che però è rimasto ben lontano dalla maggioranza, dunque per trovare un accordo e fare il governo ci sono voluti ben sette mesi. Il nuovo minister-president è Dick Schoof, già capo dei servizi segreti; lui e il suo gabinetto hanno giurato ieri nelle mani del re Willem-Alexander.

(Ph: Rijksoverheid)

Fin qui la cronaca, ora passiamo a quello che interessa a noi, il costume. Il giuramento è avvenuto nella sontuosa sala detta Oranjezaal, all’interno del palazzo Huis ten Bosch a L’Aja. Interessante la formula, che viene letta da un funzionario di corte, il Direttore dell’Ufficio del Re:

Giuro (dichiaro) che per essere nominato Ministro (Segretario di Stato), non ho dato né promesso alcun regalo o favore, direttamente o indirettamente, sotto qualsiasi nome o pretesto.

Giuro (dichiaro e affermo) che, per fare o astenermi dal fare qualsiasi cosa in questo ufficio, non ho accettato né accetterò, direttamente o indirettamente, alcun regalo o promessa.

Giuro (prometto) fedeltà al Re, allo Statuto del Regno e alla Costituzione.

Giuro (prometto) che adempirò fedelmente ai doveri impostimi dal mio ufficio.

I ministri rispondono “ 
Allora aiutami Dio Onnipotente! ” oppure  
Questo lo dichiaro e prometto! ”

Se nel nuovo esecutivo sono presenti ministri che hanno già servito in tale veste, cioè hanno già giurato, non devono farlo di nuovo (quanto sono interessanti questi dettagli per capire meglio i diversi Paesi?).

(Ph: Rijksoverheid)

Segue foto di gruppo all’interno del palazzo. Fin qui tutto bene e diciamo che l’influenza multicolor della regina Máxima si vede in molte delle signore, altro che la sobrietà del governo Draghi! (Republican chic shock e boh – Governo Draghi special edition)

Poi è il momento della fotografia all’aperto, sui gradini del palazzo, e qui sorpresa! Lady Violet non ha fatto in tempo ad ammirare l’eleganza dei signori in tight e questi che fanno? Se lo tolgono!

(Ph: Rijksoverheid)

Ma perché? E poi come hanno fatto, si sono portati il cambio e si sono chiusi in bagno? E perché invece le signore sono rimaste col vestito di prima? Mistero! Preciso di aver visto alcuni filmati relativi al giuramento, ed è andata proprio così, entrano in tight ed escono in completo blu. Mah.

Sessantacinque anni insieme (più o meno)

Confesso, questo anniversario non me lo ricordo praticamente mai. Per fortuna ha pensato a ricordarmelo una di voi, carissime lettrici e cari lettori, e la stessa Casa reale ha fornito una nuova fotografia per celebrare la giornata. Oggi i sovrani emeriti del Belgio, Albert e Paola, festeggiano i 65 anni di matrimonio.

“Nozze di palissandro” le definisce il tweet che accompagna la fotografia; io non sono esperta di queste definizioni, ma mi verrebbe da chiamarle nozze di grafene, che pare sia il materiale più resistente e insieme il più elastico. Perché questo matrimonio nato come una favola attraversa solitudini, dolori e tradimenti, addirittura una figlia illegittima. Poi gli sposi si ritrovano – complice anche un comune cammino di fede – e cominciano da capo. Questa volta funziona, e l’unione viene sublimata dal trono, che arriva a sorpresa in conseguenza alla morte del fratello di lui, Baudouin, ucciso da una crisi cardiaca a nemmeno 63 anni.

Albert e Paola si conoscono nel novembre 1958 a Roma, dove lui è stato spedito a rappresentare il re all’incoronazione papale di Giovanni XXIII, eletto al soglio il 28 ottobre. Lui si dichiara a dicembre, ancora a Roma, durante la festa di compleanno di Maria Camilla Pallavici, ad aprile la sposa viene presentata al popolo belga e alla stampa, il 2 luglio le nozze.

Prima la cerimonia civile nella Salle Empire a palazzo reale, celebrata dal borgomastro di Bruxelles, poi quella religiosa nella cattedrale, che gli sposi raggiungono a bordo di una cadillac; altre venti seguono, con a bordo gli ospiti più importanti, tra cui gli ex sovrani d’Italia Umberto e Maria José, zia di Albert. Lo sposo, 25 anni, fa la sua figura con indosso l’uniforme da capitano di fregata, le principali decorazioni belghe e il collare da Cavaliere di Gran Croce di Onore e Devozione dell’Ordine di Malta; naturalmente tutti gli occhi sono per la ventunenne sposa, che non delude. Per il suo abito Paola si è rivolta a Concetta Buonanno, celebre sarta napoletana che serve l’alta società. Tanti anni fa lessi su un giornale di mia madre che la Buonanno era nota per non accettare clienti alte meno di 1,70. Ignoro l’altezza di Paola, ma mi viene da pensare che le signore italiane che soddisfacessero il requisito all’epoca dovevano essere pochine.

Di una misura però possiamo essere certi: lo strascico dell’abito è lungo bel cinque metri. Per il resto un modello semplice, direi virginale: scollatura rotonda, maniche a 3/4, la vita sagomata e definita da un fiocco. Diversamente da quello indossato da un’altra celebre sposa di quegli anni, Grace Kelly, non c’è pizzo; in questo modo si lascia tutta l’attenzione al prezioso velo ottocentesco portato in dote dalla nonna – la belga Laura Mosselman du Chenoy – e protagonista di parecchi matrimoni sia nella famiglia reale belga sia in quella Ruffo di Calabria.

C’è invece una cosa che le spose Paola e Grace hanno in comune: non indossato diademi; se l’attrice americana ha una cuffietta dello stesso pizzo dell’abito, la principessa italiana una coroncina di fiori d’arancio.

Segue un ricevimento al castello di Laeken per 140 selezionatissimi invitati, cui Paola serve personalmente la torta nuziale. Alla fine vengono ammessi i giornalisti: questo è il primo evento trasmesso in diretta dalla televisione belga.

Poi gli sposi partono per la luna di miele alle Baleari. Torneranno in tre: il figlio Philippe nascerà il 15 aprile 2960, nove mesi e 13 giorni dopo le nozze dei genitori.

P.S. nel post ho citato la principessa Grace, e oggi è anche l’anniversario, il tredicesimo, dei sovrani di Monaco, Albert e Charlène. Qui trovate un post sui tanti royal wedding di luglio (Quante spose di luglio!)

P.S. 2 la gentile lettrice mi ha segnalato anche il pezzo di Vanity Fair dedicato a questo anniversario. Ve lo giro volentieri, se non l’avete già letto è veramente interessante. https://www.vanityfair.it/article/paola-del-belgio-abito-da-sposa-senza-tiarafbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTEAAR1eC4XmSXuKRopXyS1Oiprkr_oV8pFV1EJ7LLNwiG1QI89i1ctfxAh1OAo_aem_-0QOMVSKfXWbh_8wF5Ir8Q