Royal chic shock e boh – A “wedding” in Venice

A gentile richiesta dedichiamo la nostra rubrica all’evento che ha invaso Venezia, giornali e tg: le nozze tra Paperone Bezos e la sua Brigitta Sánchez. Senza entrare nella diatriba su Venezia gratificata o penalizzata e con un’ovvia premessa: ciascuno può e deve fare quello che vuole col proprio corpo i propri soldi e la propria vita. E se temete che l’argomento sia miliardario (in dollari) ma troppo plebeo per i nostri standard vi tranquillizzo, nel delirio veneziano c’era anche una quota royal rappresentata dalla Giordania.

(Ph: Instagram @laurensanchezbezos)

Prima di analizzare le mise consentitemi una piccola riflessione, innescata da un commento ascoltato nel diluvio di chiacchiere di questi giorni. Qualcuno, non ricordo chi e me ne scuso, diceva che Jeff Bezos è diventato uno degli uomini più ricchi del mondo grazie all’originalità del suo pensiero, che gli ha consentito di inventare qualcosa che non c’era, mentre ora vive questa fase della sua vita in un modo piuttosto conformista, come un Kardashian qualsiasi. Personalmente apprezzo che abbia scelto una signora più o meno sua coetanea (la sposa ha sei anni di meno) invece della solita giovanissima bellissima “modella”; sicuramente colpisce il massiccio ricorso alla chirurgia plastica della suddetta signora, che di fatto la rende simile a molte delle sue ospiti. Le quali peraltro hanno fatto le stesse scelte di stile: scollature, spacchi, corsetti, abiti stretti, fantasie maculate. Insomma mi sembra di poter dire che, almeno tra coloro che sono stati a Venezia questo weekend, chi ha una grande disponibilità economica pensa di poter incidere sulla realtà e modificarla, senza però sapere bene come manovrare il cambiamento, e dunque facendolo nel modo più banale e scontato, per nulla originale e men che meno rivoluzionario

Altro aspetto rilevante di queste nozze è che in effetti non sono nozze. Quelle vere sono già state celebrate, in privato, qualche settimana fa, dopo la firma di un sostanziale e accurato prenup – l’accordo prematrimoniale che blinda le proprietà degli sposi (e incidentalmente in Italia non è valido) – secondo le leggi statunitensi. Dunque, escludendo un improbabile matrimonio religioso, quella che è stata celebrata tra i due è una cerimonia simbolica, non voglio dire una festa in maschera ma quasi. E per questo, ho avuto l’ispirazione di abbinare a ogni mise il titolo di un film.

E però va detto che neanche in questo caso Besos ha inventato nulla, potendo noi italiani poter contare su un celebre, illustrissimo precedente. Dunque via con Il carnevale di Venezia

Aureolata di veli come una fanciulla, Lauren si è affidata ai furbissimi Dolce&Gabbana, che per questa creazione hanno scomodato nientepopodimenoche Sophia Loren, sposa in Un marito per Cinzia del sempre fascinoso Cary Grant con un abito molto simile (anzi, il corpetto è stato copiato paro paro). Ho apprezzato le maniche lunghe e la scollatura che raggiunge pudicamente il collo, fermata da una miriade di bottoncini, due dettagli che rimandano al padre di tutti gli abiti nuziali del dopoguerra: quello disegnato da Helen Rose nel 1956, dono di nozze della MGM per la diva Grace Kelly che lasciava Hollywood per Monaco. Ho apprezzato meno la linea a sirena spinta, che però è molto nello stile di Lauren, la quale tra viso, décolleté e abiti è sempre talmente tirata che mi dà l’idea stia per scoppiare. Se poi smaniate per sapere se la sposa abbia rispettato la tradizione del qualcosa di nuovo qualcosa di vecchio posso rassicurarvi, Lauren ha rivelato a Vogue che il qualcosa di prestato erano gli orecchini, forniti da Domenico Dolce, mentre il qualcosa di blu è un piccolo souvenir riportato dal brevissimo viaggio spaziale compiuto qualche mese con amiche a bordo di una navicella Blue Origin. Insomma, rispettate perfettamente le usanze come nel più tradizionale degli sponsali, pizzo e velo compresi. Ora, io capisco che le americane siano meno sofistiche di noi e come insegna Beautiful pure al decimo matrimonio, magari accompagnate all’altare dai figli – o magari addirittura dai nipoti – vogliano l’abito bianco, ma qui siamo pure nel matrimonio per finta, più che un matrimonio un bride-pride, dunque assolutamente shock, compresa la naturalissima posa usata per questa foto. Dolce&Gabbana hanno firmato anche lo smoking dello sposo, ampiamente criticato da esperti di moda maschile, appassionati e chiunque sia dotato si normali capacità visive. Venezia la luna e tu

Mercoledì sera gli sposi hanno offerto una pre-pre serata nuziale, per accogliere gli ospiti che stavano arrivando. Quando Lauren è apparsa tra le tende rigate dello scicchissimo hotel Aman era rigata pure lei, con un abito monospalla di Alexander McQueen della collezione Irene del 2003 che costa pure poco: 5200 euro. L’abito è veramente interessante, in satin blu notte è percorso da righe che non sono parte del tessuto ma bottoncini di madreperla cuciti uno per uno con filo rosso.

(Ph: Timeless Vixen)

Il geometrico rigore delle righe adagiato sulle abbondanti e supertoniche curve della signora fa un po’ effetto mal di mare, ma non è male. L’abito è bello, ma l’indosso boh. Culastrisce nobile veneziano.

(Ph: CUBR//BACKGRID)

Per la festa prenuziale di giovedì sera la scelta è caduta su Schiaparelli, un abito particolare ma declinato su di lei in un modo non particolarmente convincente. Il punto focale è rappresentato dal corsetto, che migliaia di perline dorate rendono quasi metallico in contrasto col resto: una gonna e un’alta fascia sul seno in un tessuto color crema ricamato a fiori. Osservando la foto del modello in sfilata si possono notare le differenze nella realizzazione.

Nonostante la significativa differenza in altezza (Lauren dichiara di essere 1,60) quello che abbiamo visto a Venezia è assai più lungo, forse per renderlo più simile a un abito da sera, ma così non slancia particolarmente la già non longilinea signora.

(Ph: Stefano Mazzola)

Ciò che ha colpito di più Lady Violet, e non in positivo, è il modo in cui la fascia sia diventata quasi un volant e sporge, adagiata sull’importante e poco morbida poitrine. Che vi devo dire, l’effetto abat jour ci sta tutto, ma pure quello impalcatura. Shock. Capriccio veneziano.

(Ph: Stefano Rellandini/Getty Images)

Venerdì pomeriggio la sposa si avvia al luogo della cerimonia con una mise descritta sulla stampa anglosassone così: “quando Grace (Kelly) incontra Audrey (Hepburn)”. Secondo me le due non ce l’hanno fatta ad incontrarsi, e non si è vista nemmeno la altrettanto citata Jackie (Kennedy) ma confesso che questa mise è l’unica che ho apprezzato: il più classico dei tailleur Dior, gonna midi e giacchina avvitata con brevi maniche, color avorio con bottoni neri. L’abbondante capigliatura trattenuta da un foulard Hermès, il modello Brides de Gala en Fleurs nel colore ébène / blanc / gris anthracite. Appartiene alla collezione attuale, se vi piace 530 euro ed è vostro.

(Ph: Ernesto Ruscio)

Hermès anche la borsa, una Kelly in coccodrillo nero, come le slingback che completano l’insieme. Ora, a parte il fatto che Lauren è sempre eccessiva, caratteristica che nell’estetica europea difficilmente si traduce in eleganza, a parte le unghie ad artiglio, a parte la poca naturalezza che mostra nell’indossare un look che chiaramente non le appartiene, per me questa mise è quella che più si avvicina allo chic. Non lo raggiunge, ma questo momento di understatement è un balsamo. Anonimo veneziano

(Ph: Lapresse)

Sabato mattina, in attesa del gran ballo finale, gli ospiti hanno fatto quello che volevano e mentre Ivanka Trump ha visitato le Gallerie dell’Accademia gli sposi hanno invitato una cinquantina di amici per una colazione (seconda colazione, cioè a pranzo) all’Harry’s Bar, sotto l’occhio attento di Arrigo Cipriani in persona. I signori Bezos hanno ripreso il loro stile standard: lei in miniabito nero con gran volant tenuto bello teso dall’abbondante décolleté, ciabattine con tacco, cappello di paglia con alta fascia e a contrasto una clutch bianca che sembra proprio la Kelly Cut Hermès in alligatore Lui in completo color topo stile mafia colombiana. Shock. Un maresciallo in gondola

(Ph: Nicolas Gerardin)

Alla terza serata anche i giornali specializzati iniziano a mostrare segni di cedimento, figuriamoci noi. Per la soirée danzante Lauren si è rivolta a Versace, alla linea Atelier, che sarebbe la Haute Couture della maison. Donatella Versace ha assecondato lo stile della signora con un modello che enfatizza la ricchezza di seno e fianchi contrapposti al vitino di vespa, un abito drappeggiato che fino al ginocchio segue le forme, per poi aprirsi in una morbida gonna plissettata. Molto bello il colore, i ricami in oro argento bronzo e cristalli Swarovski sono tipici della maison, il problema è che la parte ricamata, probabilmente per enfatizzare i fianchi, si allunga troppo e finisce per non slanciare (eufemismo) soprattutto chi di suo non sia particolarmente alta. E no, non bastano i tacchi vertiginosi. Un grande boh. La venexiana

(Ph: Reuters)

Immaginiamo che la signora Bezos sia felice lo stesso, e si consolerà dalle critiche ammirando i diamantoni che brillano alle sua dita. La foto è stata scattata mentre la nubenda si avviava alla cerimonia nuziale di venerdì sera, e può esserer considerata la prova che i due erano già sposati. All’anulare destro Lauren porta l’anello di fidanzamento, un raro diamante rosa con taglio a cuscino, mentre l’enorme pietra ovale all’anulare sinistro dovrebbe essere l’anello nuziale (scordatevi la semplice fascia d’oro, in certi ambienti non usa più). Prova definitiva il braccialetto al polso sinistro da cui pendono le lettere LB. Che immagino non siano le iniziali di Lino Banfi, ma quelle di Lauren Bezos. Canal grande

E noi? L’unico film che vedrei volentieri ora è Dimenticare Venezia.

Royal chic shock e boh – Special papal edition (parte seconda)

ASSOLUTAMENTE BOH

Il primo boh è più di metodo che di merito e nasce dall’osservazione delle mise scelte dalle signore presenti non come mogli di, ma per il ruolo politico che esercitano direttamente. Le più importanti, almeno per noi – la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni – erano vestite in maniera simile: capo scoperto e completo pantaloni nero. In pratica erano vestite da uomo. Sulle donne di potere che preferiscono abiti più o meno maschili si potrebbe scrivere un libro, e forse un giorno Lady Violet scriverà se non libro almeno un post, intanto osserviamo nel dettaglio le due signore.

Ursula von der Leyen non è cattolica ma è baronessa, dovrebbe quindi sapere che i bottoni dorati sono troppo chiassosi per un funerale. E francamente avrei anche evitato il giacchino corto in favore di una giacca più lunga e strutturata, così mi fa pensare a un ballerino di tango, tacchetti compresi. A meno che non volesse omaggiare le origini argentine del Papa defunto.

Meglio il completo scelto da Giorgia Meloni: bella la giacca, non male i pantaloni, a palazzo ma non ampi come quelli che indossa spesso e più che un palazzo ricordano il Colosseo, e non donano alla sua figura minuta. Cui non donano neppure le calze color cipria che si ostina a indossare: in generale creano uno stacco cromatico e non la slanciano, in questa occasione sono sbagliate e stop. Devo però rimarcare che qui non sono tanto le calze il problema, quanto la presenza della signora Patrizia Scurti, segretaria particola della presidente, che segue come un’ombra anche dove non dovrebbe, tipo il parterre dedicato alle autorità in rappresentanza dei Paesi. Che, vale la pena ricordarlo, spetta a chi rappresenta il proprio Paese, non chi ha un ruolo professionale anche se di assoluto prestigio.

Restando in ambito politico, lui è stato senz’altro uno dei protagonisti della giornata (e di un paio di fotografie di rara potenza). Dal febbraio 2022 il presidente ucraino Volodymyr Zelensky indossa tenute di sapore di militare, per ricordare a tutti che il suo Paese è in guerra. Molti approvano, molti altri no; personalmente approvo lo sforzo di vestirsi di nero, sforzo che vari signori, di ben altre condizioni, non hanno fatto. Corretta la consorte Olena, seduta alla sua destra.

(Ph: Filippo Monteforte/Getty Images)

E veniamo a chi, pur non avendo problemi di guardaroba, ha preferito il blu. Che non è un errore in senso stretto, in quanto agli uomini era richiesto abito nero o scurissimo, che vuol dire grigio (scelta migliore, dopo il nero), o appunto il blu. Che però sotto la luce diretta del sole spesso vira in tonalità più accese. Ora, siccome non parliamo di persone che hanno un solo abito scuro, non capisco questa riluttanza. William di Galles è recidivo, non è la prima volta che si presenta in blu invece che in nero; anzi, penso che un abito nero non ce l’abbia proprio. Non capisco, e non mi adeguo.

Però questa foto con lui che saluta Giorgia, i raggi del sole che si riflettono sulla sua ampia fronte, è assai simpatica.

(Ph: Instagram @queenrania)

I sovrani di Giordania in questa occasione mi sembrano quegli studenti intelligenti che non si impegnano. Lui è un altro dei blue brothers, lei indossa correttamente il nero e il capo velato, ma sceglie una mise un po’ così, a partire dal giubbotto di Alaïa, non particolarmente adatto all’occasione, abbinato a una bella gonna a trapezio Dior, in mano la borsa Gabrielle di Moynat

(Ph: Vandeville Eric/ABACA /ipa-agency.net)

Scivola poi sulle calze nude e sulle scarpe Christian Loubutin, il modello Iriza 100 che ha dunque tacchi di 10 centimetri; troppo alti, che non le davano nemmeno un’andatura troppo elegante, come si vede nei video. E a volerla dire tutta hanno pure le suole dipinte di rosso, simbolo della maison; per carità. Insomma, potrebbe impegnarsi di più, e non ho dubbi che lo farà.

(Ph: Getty Images)

Lei le calze le ha nere, e sarebbe impeccabile se non fosse per l’orlo della gonna. La fascinazione di Laura Mattarella per le gonne sopra al ginocchio resta per me un mistero.

ASSOLUTAMENTE SHOCK

(Ph: Raphael Lafargue/ABACA)

Terribile Maria Teresa del Lussemburgo, che è arrivata a capo scoperto (ma ha in mano una mantiglia, per cui penso che durante la cerimonia se la sia messa). A parte la linea dell’abito – che credo sia un soprabito, non le dona affatto e confesso mi ha fatto pensare a un copriteiera – peggiorata dal cinturone Etro, le maniche di chiffon sono assolutamente inadatte, come la caviglia chiara che sbuca dall’orlo. Deludente anche il Granduca, di solito assai chic; lui è uno di quelli che ha indossato l’abito blu, ce ne faremo una ragione. Eviterò di parlare della lunghezza dell’abito sfoggiato dalla signora che li segue, ma come si fa?

Il blu di ogni abito maschile impallidisce davanti a quello scelto dal Presidente USA Donald Trump, aggravato dalla cravatta blu fosforescente (Don, sulla cravatta non si discute, dev’essere nera). Costernato anche il gentiluomo del Papa Mariano Hugo Windisch-Graetz, lui sì veramente impeccabile. Tra loro la First Lady Melania, che è cattolica e quel giorno compiva 55 anni. Una piccola premessa, dato che della signora sicuramente parleremo ancora nei prossimi mesi e per qualche anno. Personalmente la trovo sicuramente bella, piuttosto interessante, spesso ben vestita ma quasi mai davvero elegante. Ha un fisico notevole e un eccellente portamento imparato immagino sulle passerelle del suo passato da modella, ove mai ne avesse calcata una (io non ne ho mai viste, ma magari mi sbaglio). Ha buon gusto, sa cosa le sta bene, e ha la possibilità di acquistarlo. Però la trovo sempre piuttosto artefatta, mai naturale. La trovo insomma enigmatica (aggettivo che mi piace molto) e dotata di allure, ma la classe è altro che portare bene un bell’abito. Tutto ciò premesso, analizziamo la mise di oggi: soprabito doppiopetto Dolce&Gabbana, bellissimo, sobrio anche se più potente che modesto. Piazzata in testa una mantiglia calata sulla fronte, quasi fosse una frangetta; completano la mise delle calze nude talmente leggere da sembrare che non le avesse, e il solito tacco 12(mila).

(Ph: Dan Kitwood/Getty Images)

Ciliegina sulla torta, i guantini di pizzo, che assestano un brutto colpo all’amore di Lady Violet per i guanti.

Il peggio del peggio, altro che shock, ultrashock: le foto fatte col cellulare dalle autorità. Comportamento già assai criticabile nei comuni mortali, assolutamente imperdonabile da chi ha un ruolo di primo piano. Alla fine ci siamo dovuti abituare agli applausi, ma le foto no, dai.

A questo punto non vedo l’ora di scoprire chi sarà il prossimo Pontefice, e di assistere alla sua intronizzazione. Dunque a presto, spero.

Se vi siete persi la prima parte, la trovate qui: Royal chic shock e boh – Special papal edition (parte prima)

Royal chic shock e boh – È primavera

Otto giorni fa la soirée che inaugura la primavera monegasca, primo grande evento di gala del mondo royal: il Bal de la Rose. Con la presenza per il secondo anno consecutivo della princesse Charlène, a lungo latitante, che ha accompagnato il marito Albert II, patrono della manifestazione, la princesse Caroline, i suoi quattro figli e le due nuore.

(Ph: Eric Mathon / Palais princier)

Ed è proprio dalla più giovane dei Grimaldi presenti che partiamo, Alexandra, nata dal terzo matrimonio di Caroline con Ernst August von Hannover. Il che rende la fanciulla un’Altezza Reale, la inserisce – un po’ indietro in verità – nella successione al trono britannico, ma la priva dello charme dei fratelli Casiraghi. Lei però è una ragazza volitiva, e ha trovato il modo per mettersi al centro dell’attenzione, scegliendo un abito Haute Couture di Giambattista Valli. Un’orgia di chiffon rosa con gonna amplissima, corpino a vita bassa sottolineato da un tralcio di rose, e come se non bastasse un drappeggio che cade dalle spalle fino ai gomiti e oltre. Mi piace? No, ma amo le ragazze che cercano il proprio stile e sperimentano. E guardando la Famille Princière in gruppo, che sia Alexandra ad attirare l’attenzione, col supporto del bel fidanzato Ben-Sylvester Strautmann – lui in altezza lei in ampiezza – non c’è dubbio. Shock, ma salvo la cascata di diamanti del collier Cartier.

(Ph: Eric Mathon / Palais princier)

Per molti anni Charlène ha evitato il Bal de la Rose, tanto che si dava per certa una divisione dei ruoli tra primedonne: a lei il Gala de la Croix Rouge – di cui è presidente Albert – a Caroline l’evento di marzo, essendo presidente della Fondation Princesse Grace, cui vanno i proventi della serata. Dall’anno scorso partecipa anche la Principessa Consorte; non saprei se ciò sottintenda qualche novità nelle dinamiche familiari, ma devo dire che la sua mise mi ha delusa assai. Charlène ha optato per un total look Dolce e Gabbana: abito monospalla in pizzo Chantilly verde scuro su fourreau di velluto nero, décolletée nere, pure loro in pizzo (modello Bellucci) e orecchini della linea alta gioielleria. Francamente lo trovo tremendo, e mi chiedo la ragione di questa scelta, visto che il tema della serata era Sunset Ball, a evocare i colori di un tramonto ai Caraibi. Shock.

Nemmeno la mise di Caroline è troppo caraibica, ma francamente siamo su un altro pianeta. Abito Chanel Haute Couture della collezione primavera estate 2024, realizzato in un tessuto operato in sbieco. Le mezze maniche e gli inserti del corpino rimandano al tessuto tweed caratteristico della maison, ma il punto focale è lo scollo asimmetrico che scopre una spalla, soluzione furbissima per le signore meno giovani, dato che com’è noto le spalle sono in pratica l’unica parte del corpo a non invecchiare. La linea semplice dell’abito è lo sfondo perfetto per la favolosa spilla Chaumet. Superchic.

Sarà perché lei dai Caraibi viene davvero – è nata a New York da una delle più importanti (e ricche) famiglie colombiane – ma Tatiana, moglie di Andrea Casiraghi, è l’unica ad aver omaggiato il tema della serata. La sua scelta cade su un abito Erdem rosa corallo, in un tessuto jacquard con disegno di garofani, con un grande fiocco sulla spalla sinistra. La spalla e destra e il fianco opposto sono decorati da un ricamo floreale. Confesso, l’abito non mi convince affatto, ma mi piace molto addosso a lei. Trovo che Tatiana abbia uno stile personale sempre più interessante e convincente, affatto banale. Chic.

(Ph: Bruno Bebert/Pool Monaco/Bestimage)

Sono arrivate senza accompagnatori Charlotte e Beatrice. La prima ha una relazione con scrittore Nicolas Mathieu, che a Monaco non si è ancora visto; l’altra è moglie di Pierre Casiraghi, che però non era presente. Entrambe sono legate e due importanti maison francesi, che le hanno vestite anche in questa occasione, senza grande successo, a mio avviso. Chanel per Charlotte, un abito nero con corpino ricamato di cristalli, gonna a balze più corta davanti da cui sporgono le scarpine profilate di strass. Dior per Beatrice, con un capedress rosso scuro sicuramente bello ma invernale. Insomma, più che rispettare il tema dato hanno preferito l’argomento a piacere. Un grande boh per entrambe.

Attenzione a parte merita l’acconciatura di Beatrice. Addobbata con gioielli della collezione disegnata da Jean Schlumberger per Tiffany, indossa una collana col celebre ciondolo Bird on a Rock e gli orecchini abbinati. Non bastando, ha anche piazzato una spilla della collezione sulla treccia posticcia che le incorona il capo; un tentativo di evocare l’indimenticabile Grace? No dai, veramente troppo, shock.

In attesa della visita di stato che i sovrani britannici compiranno in Italia da domani, ci sono un paio di royal ladies questa settimana sono state in trasferta.

(Ph: Kongehuset)

La prima è Mary di Danimarca, che è stata ospite dei Macron col marito Frederik X. All’arrivo nella Ville Lumière la coppia reale è stata ricevuta a Les Invalides; in omaggio al Paese ospitante la regina ha scelto un tailleur color crema Dior, con scarpe bicolori Gianvito Rossi, borsa Mulberry, e in testa una creazione Jane Taylor. La falcata sicura, opposta ai tacchi della Première Dame incastrati nel selciato, sottolinea anche l’opportunità di evitare nelle occasioni pubbliche le gonne troppo corte, anche se firmate Vuitton. Danimarca chic, Francia shock.

(Ph: Kongehuset)

La sera le due coppie si sono riunite all’Eliseo per la cena di gala. Evidentemente non si tratta di uno state banquet, per cui i signori erano in completo (il famoso abito scuro o lounge suit sugli inviti) e le signore in lungo ma con mise non particolarmente importanti. Mary interpreta a perfezione la regola abbinando una gonna a fiori del danese Lasse Spangenberg a una blusa bianca del brand australiano CLEA, clutch Anya Hindmarch e scarpe Gianvito Rossi. Non mi fa impazzire ma non c’è dubbio che sia perfettamente in linea con lo stile della serata e della stessa Mary, chic. Meno adatta la scelta di Brigitte, in Louis Vuitton blu con ricami d’argento, che mi fa pensare a un caftano. Boh.

(Ph: Getty Images)

La sera seguente i sovrani hanno ricambiato l’invito con una cena a Le Grand Hôtel de Paris. Mary ha scelto un abito nero con ricami in oro di Taller Marmo, restando fedele alle scarpe Gianvito Rossi, questa volta in pizzo nero e camoscio. Personalmente non amo troppo l’abbinamento dell’oro col nero; e penso che questo genere di modello si apprezzi di più dal vivo, perché potrebbe avere dei dettagli raffinati che in foto non si colgono, dunque boh.

Altra coppia in viaggio questa settimana i sovrani del Belgio, che sono stati in Vietnam. Mathilde ha alternato modelli occidentali ad alti ispirati al Paese ospite, con fortune alterne anch’esse.

(Ph: Belgium MFA)

Per la cena di stato la scelta è caduta su un abito dll’importante fantasia floreale di Dries Van Noten. Non è male, ma forse ci vorrebbe maggiore grinta per non renderlo un capo troppo démi-monde, troppo bon-ton. Non mi dispiace ma non mi convince, boh.

Peggio la mise del giorno seguente: un modello di Carolina Herrera a fiori sulle tonalità del viola, che ricorda gli anni ’50, con accessori in tinta: scarpine, bolerino (Natan) e bandeau (Fabienne Delvigne, il modello Rueda). Ve lo dico, è troppo viola pure per Lady Violet. Shock.

(Ph: Belgium MFA)

Per la cena offerta dai sovrani per ricambiare l’ospitalità Mathilde ha indossato una mise che ricorda molto l’abito tradizionale vietnamita, l’áo dài. Un gesto incantevole cui purtroppo la realizzazione non rende giustizia. Intanto il colore, un salmone che starebbe male pure all’omonimo pesce, aggravato da un fitting imbarazzante, e considerando che è stato creato su misura (dal sarto della Reine, Saïd Meer di Meer Couture) francamente non è accettabile. Mi dispiace, ma shock.

Alla fine la mise che ho apprezzato di più è quella della partenza: un semplice completo pantaloni giallo (Caroline Biss) e una sciarpa ricevuta in regalo durante il viaggio. Assolutamente chic, la mise e il gesto, che poi è la chiave della vera eleganza.

Royal chic shock e boh – Royal November

Tra i royal appuntamenti più importanti di novembre, oltre al compleanno di King Charles, c’è senza dubbio la festa nazionale del Principato di Monaco, e noi da qui partiamo.

Tradizione vorrebbe che il giorno della Fête Nationale combaciasse con l’onomastico del Principe, e per i 55 anni abbondanti del regno di Rainier III la celebrazione è avvenuta il 19 novembre, festa (insieme al 17 giugno) di San Ranieri. Alla morte del vecchio sovrano il successore, Albert, avrebbe dovuto anticipare di qualche giorno, dato che il 15 novembre si celebra Sant’Alberto Magno, ma il nuovo monarca ha mantenuto la vecchia data, come omaggio al padre e al patrono della dinastia, che è appunto Ranieri. Martedì 19 dunque il Principato si è vestito a festa, e le strade imbandierare della rocca hanno accolto la Famille Princière quasi al completo. A partire dalla principessa consorte, la bionda Charlène, in completo pantaloni lilla di Vuitton.

La giacca asimmetrica è interessante, con una bella linea scolpita, ma tira un po’ sul punto vita; i pantaloni mi piacciono meno e mi sembra che l’orlo della gamba destra sia più lungo. Pesante l’abbinamento con gli accessori neri – borsa e scarpe dal tacco spesso, tutto Vuitton – terrificanti le calze nere. Tutto l’insieme non mi convince affatto: inadatto all’occasione e troppo rigido. Lei è piuttosto goffa e poco disinvolta, probabilmente anche perché molto timida, e inguainata in questo genere di mise mi fa pensare a un soldatino di legno, compreso il fascinator con doppia piuma; insomma, qualche amica toscana direbbe che tutto l’insieme è pissero, per me è semplicemente shock. E so che qualcuna salverebbe i gradi orecchini di brillanti; li salverei anch’io, ma mai e poi mai li indosserei di mattina!

(Ph: Eric Mathon/Palais princier)

Deliziosa Gabriella in cappottino azzurro cielo Dior; personalmente non amo i bambini in abiti firmati, ma lei è molto graziosa, e il broncio mostrato in più occasioni durante la giornata le restituisce appieno la natura di bambina, e pure simpatica.

(Ph: Niviere David/ABACAPRESS.COM)

Sceglie Dior anche la zia Stéphanie, con un cappottino che abbina il nero al blu. So che molti inorridiscono alla semplice idea, ma io stavolta la trovo elegante come non si vedeva da tanto; mi piace la semplicità e l’assenza di effetti speciali, limitati al tatuaggio che spunta dalle slingback Prada. Assolutamente chic. Da molto Stéphanie non porta cappelli, e tutto sommato guardando oggi la sorella maggiore Caroline non so darle torto. La primogenita di Grace è in total Chanel ma sarà per il troppo nero, sarà per i capelli acconciati male sotto quel fascinator, che invecchia come poche cose al mondo, ma l’effetto finale non è entusiasmante. Peccato perché l’abito che si intravvede dal cappottino, in pizzo tridimensionale, è bellissimo, lei è sempre chic ma stavolta non mi sembra assai sotto tono. Boh.

(Ph: Stephane Cardinale-Corbis/Getty Images)

Grande attenzione per la mise della figlia minore di Caroline, Alexandra di Hannover, che ha tirato fuori da un’armadio di famiglia un tailleur, probabile creazione del divino Balenciaga, appartenuto a nonna Grace. Elegantissima sia lei sia l’operazione, in una parola meravigliosa; talmente tanto da distogliere l’attenzione sull’orlo dei pantaloni del cugino Louis Ducruet, che fa sembrare un dilettante anche zio Albert. Brava Alexandra, très chic.

La sorella Charlotte Casiraghi è global ambassador Chanel, ed è naturalmente vestita dalla maison. Accompagnata dai due bei figli Raphaël e Balthazar – che pur avendo padri diversi si somigliano molto e hanno lo stesso modello di orecchie – la fanciulla indossa un cappottino di tweed in quella tonalità di azzurro che è uno dei trend di stagione, abbinato ad accessori neri che in questo caso fanno effetto colour block. Lei mi piace praticamente sempre; in particolare in questo caso mi sembra tanto francese, e mi ricorda attrici e cantanti degli anni ’60 e ’70 come Françoise Hardy o Catherine Spaak, sarà per le gambe in mostra o le scarpine Mary Jane Chanel? Chic.

Capitolo cognate: numero 1)Tatiana Santo Domingo, moglie di Andrea Casiraghi; la apprezzo sempre di più, trovo che vada definendo sempre meglio il suo stile. Per l’occasione ha scelto un completo Dolce&Gabbana con giacchina avvitata e gonna midi in tssuto pied-de-coq, che sarebbe il pied-de-poule ma più grande. Attenzione al dettaglio: i capelli legati con un foulard e soprattutto il pullover dolcevita al posto della camicia. Impeccabile, informata. chic.

Cognata numero 2) la nostra Beatrice Borromeo, consorte di Pierre Casiraghi. Come Tatiana, compare quasi sempre semicoperta dai figli, per cui ho scelto questa tenerissima foto col secondogenito Francesco che si gode una carezza del padre (che sotto il tight porta i mocassini, lo sciagurato!). Beatrice è per Dior ciò che Charlotte è per Chanel, per cui la sua mise arriva direttamente, e per intero, dalla maison: tailleur grigio con giacca dal collo alla coreana e gonna midi plissé. Neri gli accessori: dall’adorabile fascinator a forma di goccia con veletta, alle décolleté, alla borsa, la Small Lady Dior Joy. Strachic (lei, lui tra scarpe inadatte barba lunga e cravatta allentata sembra reduce da una notte di bisboccia, come suo fratello).

Questa volta il ruolo delle sorellastre tocca alle figlie di Stéphanie, Camille e Pauline. La prima ha un bel cappotto verde (Tara Jarmon) perfetto per andare in ufficio, l’altra ha scelto Miu Miu: abito stropicciato ad arte in satin color crema sotto il cappotto grigio fumo, veramente troppo over. Anche l’over è un trend di stagione, ma non per un’occasione di questa formalità. Boh+boh, ma molto carine.

(Ph: Eric Mathon/Palais princier)

La giornata si è conclusa con un gala al Grimaldi Forum, dove la Famille Princière ha assistito a una rappresentazione della Bohème di Puccini (di cui quest’anno è il centenario della morte). Partendo da sinistra: Tatiana in abito di velluto verde a balze del suo brand Muzungu Sister; sarà che mi ricorda quello che avevo da bambina, ovviamente corto e con le balze solo accennate, a me piace, chic. Charlène è in blu, ancora Vuitton; non mi fa impazzire, soprattutto con i capelli pettinati così, ma sicuramente chic. Blu anche per Caroline, in un classico Jenny Packham tutto paillettes, e il tocco ultramoderno della clutch Bottega Veneta nera compresa la metalleria, chic anche lei. La figlia minore Alexandra si butta sul colore star della stagione, il bordeaux e sceglie uno scenografico abito di Giambattista Valli col piccolo corpino cosparso di volant. Lo adoro, chic. Chiude il gruppo Beatrice, anche questa volta in Dior, con un sontuoso abito in velluto nero con ricamo al collo. La fotografia non rende, ma è veramente superchic. A questo punto mi sorge una riflessione: per la festa di quest’anno, tranne qualche eccezione, i Grimaldi si sono sicuramente mostrati al loro meglio; perché dunque non li trovo mai convincenti fino in fondo? Secondo me perché hanno perso smalto, e sembrano un po’ dei sopravvissuti. Probabilmente il mio giudizio è condizionato dal ricordare bene il sublime glamour che Grace aveva portato in dote al Principato, ma morta lei è iniziato un lento declino, forse anche perché molte manifestazioni sono rimaste le stesse senza avere la forza della storia né del simbolo, e sono dunque solo anacronistiche. Per tacere del povero Albert, che costretto a indossare la poco marziale uniforme dei Carabiniers non ha l’autorevolezza paterna. Parlavo qualche giorno fa con un’amica di Lady Violet, e convenivamo sul fatto che la vita mondana monegasca ormai oscilli tra il memoriale e la sagra di paese.

Parlavamo di storia ed ecco qui, la famiglia reale britannica. Martedì sera, mentre i Grimaldi assistevano alla Bohème, a Buckingham Palace i Windsor ricevevano il Corpo Diplomatico accreditato a Londra per l’annuale ricevimento. C’era il re, nelle sua veste di capo dell’Order of the garter, con giarrettiera d’ordinanza allacciata al polpaccio sinistro, c’era il Principe di Galles in frac, e c’era la regina in una sinfonia di blu. Camilla ha scelto un abito in velluto operato di Fiona Clare come base per la fascia azzurra dell’Order of the garter, il Royal family order del marito (La foto del giorno – L’ordine di Carlo) col ritratto di Charles sostenuto da un fiocco celeste chiaro, e la tiara con le cinque acquamarine vista in precedenza sulla cognata Sophie. Personalmente non amo troppo gli azzurri, men che meno l’acquamarina, ma che le vogliamo dire se non chic?

Finale col botto, perché una mise del genere non può passare sotto silenzio. Il 12 novembre, impegnata in una serie di incontri ad Amman l’associazione delle donne impegnate nelle professioni e nel business, Rania si è presentata nella sua personale versione degli anni ’80: giacca corta Sportmax, leggings (ma all’epoca si chiamavano fuseaux) con la staffa portata sopra le scarpe dal tacco altissimo, e il nuovo secchiello Kalimero di Bottega Veneta. Sarà la nonnitudine che le ha dato un nuovo sprint? Comunque spaziale!

Royal chic shock e boh – Una settimana di mezza primavera

Martedi 14 il principe di Monaco Albert II ha ricevuto all’Eliseo, dalle mani del presidente Macron, l’onorificenza di Commendatore dell’Ordre du mérite agricole, ordine cavalleresco prestigioso, che francamente non so se abbia ancora qualcosa a che fare con l’agricoltura. Però, ripensandoci, credo che allo Château de Marchais, proprietà dei Grimaldi nel nord della Francia, siano associate anche coltivazioni di vario genere, per cui probabilmente l’onorificenza ha più senso di quanto non sembri.

Il sovrano era accompagnato da moglie figli e sorella maggiore, a sua volta insignita della stessa onorificenza alcuni anni fa. Non c’ è una foto a figura intera, ma si può apprezzare lo stesso l’eleganza sicura di Caroline, con soprabito crema su vestitino nero, e borsetta Chanel. Che le vogliamo dire se non chic?

Charlène deve aver frainteso e ha pensato di doversi vestire in stile casual/agricolo con un tailleur pantalone scozzesone, un po’ lumberjack (che poi sarebbe il taglialegna), un po’ Scaramacai (celebre clown televisivo del tempo che fu). Shock. Assai meglio la figlia Gabriella, con un cappottino bianco Dolce e Gabbana molto più vicino allo stile della zia che a quello della madre.

(Ph: Rodrigo Freitas / NTB)

Martedì 14 è anche il primo giorno del viaggio ufficiale in Norvegia di Frederik e Mary di Danimarca, nel ventesimo anniversario del loro matrimonio. Mary sbarca dal vascello reale con cui la coppia ha raggiunto Oslo da Copenaghen (traversata fatta anche da Lady Violet tanti anni fa) nel suo più classico stile bon ton: giacchina color panna Ralph Lauren, gonna fantasia Erdem, borsetta Max Mara e i soliti stiletti Gianvito Rossi. Completa il tutto un fascinator più adatto a un matrimonio; chic ma noiosetta. Ugualmente soporifera la mise di Mette Marit, in abito Fendi color taupe con banda avorio che riprende il cappellone; data l’altezza la principessa pare un po’ un ombrellone. La trovo terribile, shock. Non si può certo parlare di noia con le due signore più agée; la regina Sonja accende la sua mise beige chiaro grazie a un soprabitino color aragosta con ramages e dettagli avorio. A ottantasette anni vorrei essere così. Ma pure a sessantasette. Chic. E come non amare la principessa Astrid che ripropone l’abito Polo Ralph Lauren che le avevamo già visto e apprezzato la settimana scorsa (Royal chic shock e boh – Special edition (parte prima), aggiungendo un cappello boater piazzato sulle ventitré. Irresistibile, l’eleganza del chissene…

Al banchetto di stato accade una cosa particolare: tutte e tre le principali signore scelgono mise che avevano indossato in precedenza, a royal wedding svedesi. La stilista di fiducia Birgit Hallstein ha rimaneggiato l’abito color lavanda con cui Mary aveva partecipato alle nozze tra Carl Philip e Sofia nel 2015. È stato aggiunto dello chiffon a coprire spalle e braccia (scelta strategica, anche se la regina danese mi sembra ancora piuttosto tonica) e il volume della gonna è stato dimezzato. Ma il senso di quell’orlo così corto? Va bene che sotto Mary porta le celeberrime Hangisi di Manolo Blahnik, ma francamente sono perplessa. Sul capo della neosovrana brilla la tiara di perle Poiré, in parure con orecchini e spilla. Non so, non mi convince, boh.

Anche Mette Marit ripropone la mise – o meglio, una parte – indossata al matrimonio di Carl Philip e Sofia: la gonna a fiori di Temperley London, che allora era abbinata a un corpino a mezze maniche rosa, ora è invece indossata con una creazione del brand francese Gunhild Paris, fondato da una stilista norvegese che ha lavorato anche per Dior e Givenchy ma non sembra proprio. Un modello che non esalta il punto vita e si allunga sulla pancia senza però raggiungere l’arricciatura della gonna. Salvo solo, per ovvi motivi, la tiara di ametista; il resto è shock.

Sonja ripropone tale e quale l’incredibile abito arancio con gonna e mantellina plissé indossata alle nozze di Victoria e Daniel di Svezia, il 19 giugno 2010; ora come allora lo ha abbinato alla sontuosissima parure di smeraldi. La adoro, ma questa volta passo, shock.

Il giorno dopo appuntamento col Primo Ministro Jonas Gahr Støre per un pranzo al castello di Akershus. Mary propone il manifesto del suo stile più classico: pencil skirt midi (Emilia Wickstead) che esalta la sua silhouette e blusa color cielo (Jesper Høvring) che illumina il viso. Le scarpe Prada replicano l’incarnato della regina a perfezione, e la clutch, Prada pure lei, non può che adeguarsi. Chic.

Tanta chirurgica perfezione finisce con l’oscurare l’onesto vestitino blu, firmato Oscar de la Renta, di Mette Marit. Ma prenderlo della propria misura pareva brutto? Boh. Chi non si fa oscurare da nessuno è la regina Sonja, con un tailleurino azzurro a bande fosforescenti. Shock, ma pur così abbigliata la sovrana non perde un grammo del suo charme.

C’è stata anche una passeggiata sul fronte del porto di Oslo, che in questi anni ha subito una profonda trasformazione con interventi architettonici ad hoc e l’apertura di istituzioni culturali di rilievo come il nuovo museo Munch o il teatro dell’opera. Très chic la regina Sonja, che da grande appassionata e sostenitrice delle arti appare perfettamente a suo agio sia nell’ambiente, sia col candido insieme pantaloni sportivi camicia di sangallo e sneakers. Non si può dire lo stesso della nuora Mette Marit, ingoffata da ampi (troppo!) pantaloni beige di Sportmax e blusa di Pia Tjelta Studio, brand fondato da un’attrice norvegese che probabilmente è meglio che continui a recitare. Shock.

Deliziosamente impeccabile Mary, che durante queste giornate è stata vista spesso mano nella mano col marito. Per lei ampia gonna blu, una bella camicia bianca che fa sempre la sua figura (Bagutta), ballerine bicolore Chanel, tracolla Chloe e un cappello stile panama (ma di un brand australiano) per ripararsi dal sole del nord. Molto chic, e quanto è carina questa foto?

Concludiamo con due ladies in green.

(Ph: NLImage/Patrick van Emst)

Venerdì 17 Máxima ha festeggiato in privato il cinquantatreesimo compleanno, ma il giorno precedente era stato ricco di impegni. Ne ho scelto uno, la visita a realtà che si occupano della popolazione anziana nella città di Almere. L’abito di viscosa è del solito Natan, e vi confesso che non mi dispiace per niente, nonostante le spiegazzature, anche perché ho una gran simpatia per il color lime e devo dire che a lei sta benissimo. La clutch è di Sophie von Haubsburg, brand italiano – anzi romano – fondato dalla bionda principessa d’Asburgo, coniugata Windisch Graetz, sempre più amato dalle royal ladies. Italiane anche le scarpe, le solite Gianvito 105 di Gianvito Rossi. Chic, e auguri.

Prima di volare in Italia per celebrare gli 80 anni della battaglia di Montecassino la Duchessa di Edimburgo ha partecipato col marito ad una cerimonia nella capitale scozzese. Dì la verità Sophie, hai perso una scommessa, sennò non si spiega come ti sia venuto in mente di farti appioppare da Suzannah London, che tante volte ti ha vestita carina, questo completino anni ’50 pesante come un topper per il letto. Ho visto un’immagine ravvicinata del tessuto, che ha una interessante lavorazione diamantata, ma gonfia la gonna in maniera assurda (e mi taccio sull’orlo). Non mi convincono nemmeno le scarpe nude di Prada, meglio la clutch con catenella, anch’essa di Sophie von Haubsburg, nella stessa tonalità del completo. Se mai c’è stata una mise che porta la persona che la indossa è questa. Shock!

Royal chic shock e boh – Sweet November

Royal Halloween

Giuro, ho visto questa foto e mi sono chiesta se l’impareggiabile Máxima si fosse unita ai bambini a caccia di dolcetto o scherzetto. E invece no, è solo la mise scelta per uno dei suoi tanti impegni, in questo caso i trent’anni di Home-Start Nederland, programma mondiale di supporto per le famiglie, con l’obiettivo principale di assisterle nella crescita dei bambini piccoli. L’abito in tweed bianco e nero di Dolce & Gabbana (ce l’ha uguale Amal Clooney), arricchito da una grande spilla Natan, mi piace e le sta bene; il cappello è Philip Treacy e benché io ami lui e le sue creazioni in questo caso secondo me rende tutto troppo overdressed; lei è bella, anche elegante – calze lucide a parte – ma mi sembra un po’ troppo. Attendo con interesse il vostro parere, per me francamente boh. Però certo non si può dire che quando arriva lei, camminando sulle Gianvito 105 di Gianvito Rossi, non si capisca che è la regina.

Nonostante abbia annunciato da vari mesi il rientro con la famiglia nella madrepatria, la Principessa Madeleine di Svezia vive ancora negli USA, a Miami; e una foto degli O’Neal mascherati per Halloween non manca mai. Quest’anno il figlio si è messo la maschera di Scream, le due bambine non ho capito da cosa sono vestite, i genitori sembrano due cantanti country, o una cosa così. Una breve ricerca ha spiegato l’arcano: Adrienne, la piccola di casa, è Anna, la sorella della bionda Elsa nel cartone Frozen, Nicolas è l’unico che avevo indovinato, la figlia maggiore Leonore è la Barbie dell’omonimo film. I genitori invece dovrebbero essere lei Beth (con un abito Derek Lam 10 Crosby) e lui Rip della serie televisiva Yellowstone (confesso, mai vista). Boh, io invero li trovo terribili, mi assale il dubbio di essere troppo antica.

Tartan Queens

Torniamo su un terreno meno rischioso, squisitamente autunnale, e adorato da Lady Violet: il tartan. E riprendiamo da Máxima, che lo ha scelto per il Prix de Rome (nonostante il nome, è un premio olandese dedicato agli artisti, che immagino ottengano la possibilità di un periodo di studi nell’Accademia del loro Paese a Roma). L’abito è Natan, la borsa il modello Moneypenny di Sophie Habsburg. Non sono una fan di quel cappello, ma nell’insieme (come avrebbe detto mia madre) la trovo chic.

La Principessa di Galles non si è vista moltissimo nelle ultime settimane, ma il 2 novembre era in Scozia con il marito William (che ora ha raggiunto Singapore per gli Earthshot Prize). Lo scopo, conoscere iniziative dedicate ai più piccoli e alla loro salute fisica e mentale, che è il suo principale campo di interesse e di impegno. William non si è ancora convinto a indossare il kilt – prima o poi lo farà, ne sono certa – Catherine intanto ha sfoggiato una bella giacca imbottita Burberry, con simpatici pantaloni a zampetta (Mother Denim). Trovo orrendi gli scarponcini Ba&Sh, per il resto chic.

Terza royal lady, terza interpretazione del tartan; questa volta è Mary di Danimarca, che si è concessa un bagno di folla nella cittadina di Esbjerg con un giaccone reversibile di Massimo Dutti indossato dal lato scozzese (l’altro è in tinta unita navy) e completato con pantaloni ampi, dolcevita e guanti blu. Chic. Si è capito che mi piace il tartan?

Ma quanto sono carini? E come sta bene Mary col beanie di cashmere, cioè quel modello di cappello/cuffia che sta male praticamente a chiunque abbia superato l’adolescenza?

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La sera la coppia ha consegnato i premi a loro intitolati, i Kronprinsparrets Priser; la futura regina consorte di Danimarca ha scelto un abito midi di velluto blu, del brand danese Rotate, trapunto di cristalli che lo accendono come il cielo del Nord. Non mi fa impazzire, però è il suo stile ed è adatto all’occasione; ma perché il marito si è presentato con un abito da giorno, per di più marrone? Boh.

Chi si rivede!

(Ph: Fredrik Varfjell/NTB)

Nell’ultimo post (Royal chic shock e boh – Bye bye October) avevamo accennato al fatto che il Re di Norvegia era stato colpito dal covid ma si era già ripreso, ed ecco la prova: il 31 ottobre i sovrani, accompagnati dagli eredi, hanno offerto un pranzo per i 75 anni del Nordic Council, che riunisce i paesi scandinavi – Danimarca Norvegia Svezia, più Islanda e isole – per armonizzarne le politiche. Se Sonja è chic as usual in una mise bordeaux che indossa spesso, Mette-Marit è apparsa un po’ infagottata in un abito a riquadri crema e lime Dior, da cui francamente mi aspetterei qualcosa di meglio. Shock.

In serata, sotto la prima neve di Oslo, i Principi Ereditari sono arrivati all’Opera per consegnare i premi per l’Ambiente assegnati dal Nordic Council. Sotto una cappa di pelliccia su cui non mi pronuncio la principessa indossa un lungo abito a fiori (byTiMo). Mia madre aveva qualcosa del genere, ma lo portava d’estate. Mi sembra un po’ informe, pasticciato.

E visto che Haakon porta un semplice completo blu, non era meglio un abito più semplice, magari midi? Boh, ma complimenti alla signora con gli scarponi fucsia.

Il 3 novembre c’è stato il gemellaggio tra il comune di Monaco e quello ligure di Dolceacqua; dal Palais princier ci informano che la firma “avviene esattamente cinque secoli dopo il giuramento di fedeltà degli amministratori di Dolceacqua, Apricale, Isolabona e Perinaldo, ad Augustin Grimaldi, signore di Monaco e vescovo di Grasse, a Monaco, il 3 novembre 1523”. In effetti nella foto non compare nessuno dei due sindaci, Georges Marsan e Fulvio Gazzola, in compenso si può apprezzare a figura intera Charlène e il suo completo pantaloni misto cachemire firmato Chloe. Tralasciando il colore, che non deve piacere a me (e infatti non mi piace) ma non mi sembra che la valorizzi particolarmente, il taglio così over non mi convince per niente; le fa le spalle ancora più ampie e la testa ancora più piccola. Boh. Segnalo che il primo signore a sinistra, col completo che deve essersi ritirato dopo un passaggio in lavatrice, è S.E. Giulio Alaimo, il nostro ambasciatore nel Principato.

E per continuare a farci del male, ecco una immagine del pomeriggio, quando la scena si è spostata a Dolceacqua; Charlène è rimasta a casa (diamole torto…) mentre ha fatto la sua non particolarmente elegante comparsa il senatore Gasparri, ché alla fine Albert II è sempre un capo di stato straniero, e va ricevuto con una certa formalità. La prossima volta facciamo un piccolo sforzo in più, dai.

Madri e figlie

Se la notizia della settimana è senz’altro il diciottesimo compleanno della Princesa de Asturias con conseguente giuramento sulla Costituzione che ne sancisce l’assunzione ufficiale del ruolo di principessa ereditaria, quella di stile potrebbe tranquillamente essere l’abito della sorella Sofía. Che per il gran día di Leonor ha scelto un leggero capedress Erdem leggero romantico e svolazzante, ma invece che comprarlo l’ha noleggiato sulla piattaforma spagnola Borow, dimostrando così che la scelta consapevole l’attenzione allo spreco e alla sostenibilità si confermano centrali per le nuove generazioni, anche royal.

(Ph: EFE/ Jesús Diges)

Tre giorni dopo la loro madre Letizia ha partecipato al Festival cinematografico Ópera Prima a Tudela, in Navarra, dove ha consegnato alla vedova una targa in memoria di Carlos Saura. per l’occasione ha scelto il grigio, un abito Cortana con stivali alti sopra al ginocchio di Nina Ricci. A seconda delle foto, l’abito sembra a volte brutto a volte bello, quindi facciamo la media: boh.

(Ph: The Temple Church)

Chiudiamo con lei, la Princess Royal, che nei giorni scorsi ha partecipato alla Choral Evensong a Temple Church, incantevole chiesa londinese da visitare assolutamente la prossima volta che andrete a Londra, nel caso non la conosceste. Nel corso del servizio religioso, celebrato il 2 novembre, la principessa ha letto un brano della lettera ai Corinzi, lo stesso letto al funerale della defunta Regina. E lo ha fatto indossando un mantello che abbiamo spesso visto indossato da sua madre. In panno di lana nero, chiuso da un alamaro e quattro bottoni dorati, creato dalla manifattura Admiral.

Si può immaginare qualcosa di più chic?

Royal chic shock e boh – Royal wedding banquet

Quando ho visto lei…

…ho pensato a lei…

…e mi sono detta che no, di Angelica Sedara ce n’è una e una soltanto. E non solo per la bellezza irripetibile della giovane Claudia, o per quell’abito disegnato da Piero Tosi e realizzato della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. E nemmeno per il sontuoso sfondo di palazzo Valguarnera Gangi, assai più scenografico delle scure geometrie di Amman. È che proprio, semplicemente, a me l’abito non piace. Non mi piace perché sembra una meringa con ciuffi di panna, ma soprattutto non mi piace addosso a Rajwa. Non perché le stia male, anzi, ma perché – almeno per l’idea che mi sono fatta di lei – non la rappresenta, né personalmente né culturalmente, la banalizza. L’abito Dolce & Gabbana Alta Moda nasce con una sorta di cappuccio che copre testa e spalle conferendogli un certo senso; così secondo me non ne ha. Shock.

La madre della sposa è solitamente una delle protagoniste del matrimonio; in questo caso Azza Al Sudairi, madre di Rajwa, ha accolto e gestito con grazia l’inevitabile declassamento, lasciando le luci alla ribalta ovviamente alla figlia e poi a consuocera, sovrane e principesse varie. È anche l’unica che non si è cambiata per il banchetto di gala; lei e il marito hanno mantenuto lo stesso abbigliamento della cerimonia, ma non saprei dire perché. La signora ha dunque sfruttato al massimo la sua mise, una creazione couture di Georges Hobeika, stilista libanese – categoria che sta andando fortissimo, e non solo in questo matrimonio – in doppio crêpe in un’elegante punto di lilla. Ho pescato nel web il bozzetto dell’abito, l’immagine non è granché ma può aiutare a farvi un’idea del modello. Io la trovo elegante, molto. Chic.

Couturier libanese – il celebratissimo Elie Saab, che ha vestito la sposa per il rito nuziale – anche per la Regina Rania. L’abito viene dalla collezione couture primavera estate di quest’anno, che si ispira alla Thailandia e alla sua opulenza; è stato rimaneggiato per adattarlo alla bisogna, ad esempio aggiungendo le maniche assenti nell’originale. Benché mi piaccia lo spirito etnico il risultato non mi convince, il colore non dona particolarmente alla sovrana e il tutto mi sembra un po’ pasticciato, forse anche a causa dei capelli sciolti, che non sono mai una grande scelta per le occasioni formali. Notevole la Arabic Scroll Tiara, che nelle volute contiene una lode ad Allah, ma per il resto boh.

Scommetto che alla Sheikha Moza del Qatar non capita mai di aprire l’armadio e non trovare nulla da mettersi. Forse le è successo, poi il marito le ha comprato direttamente la Maison Valentino e voilà. Per il banchetto di gala, il suo abito in un favoloso color lime – Valentino ça va sans dire – rilegge il modello base aggiungendo lunghe maniche e un elegante cappuccio. Avendo il capo coperto, Moza non ha indossato sopra il diadema come invece ha fatto la sovrana malese (con un risultato non particolarmente apprezzabile). No, lei il diadema se l’è messo in vita: una cintura di diamanti e smeraldi. Considerando l’attuale girovita di Lady Violet, ci vorrebbe l’intera Colombia. Strachic.

Ecco con il marito la Regina Azizah Aminah Maimunah Iskandariah di Malesia. L’abito tradizionale ha il suo fascino, il colore è notevole, ma la tiara messa sul capo velato… vogliamo dire che il mix tra culture non funziona sempre? Shock.

Parliamo di regine? Eccola! Máxima dei Paesi Bassi raramente si perde eventi di alto profilo come questo. Fa una scelta molto interessante optando per il brand indopakistano Mahpara Khan: un abito sbrilluccicosissimo, talmente tanto da oscurare lo splendore della tiara Stuart, la più importante del forziere olandese (più un’altra chilata di diamanti, hai visto mai, più la clutch argento Dior). Secondo me messi insieme così i vari elementi finiscono per annullarsi, boh. Con lei e il marito al banchetto di gala c’è anche la figlia Catharina-Amalia che il raffinato, cerebrale Jan Taminiau ha vestito come una di quelle bambole che si tenevano sul comò, effetto aggravato dalla parure di rubini con la tiara che evoca un pavone. A parte tutto, veramente troppo per una ragazza di neanche vent’anni, shock.

Altra futura regina presente, Elisabeth del Belgio, più disinvolta della collega olandese forse per carattere, ma forse pure per la madre che, almeno in pubblico, dilaga meno. Però devo confessare una piccola delusione: la fanciulla ha sfoggiato un abito Armani Privé che sarebbe stato da mille e una notte, ma qualche notte se l’è persa per strada. Mi spiego: la collezione si ispira ai rombi, compresi quelli dell’abito di Arlecchino; il modello in questione in origine è nero con i rombi di colori diversi (potete vederlo qui, dal minuto 14’35 https://www.youtube.com/watch?v=dPIcV8NN6l4); realizzato in questa tonalità di blu, che imperversa in ogni dove, ed estesa anche alla clutch, sempre Armani, modello La Prima (a Bruxelles evidentemente ne hanno una collezione) perde parecchio fascino.

E forse è troppo importante per una ragazza così giovane. La Duchessa di Brabante al compimento del diciottesimo anno – o forse del ventunesimo, non è chiaro -, ha ricevuto in dono una tiara tutta per sé, appartenuta all’aristocratica famiglia britannica Vestey e acquistata dai genitori per lei. Personalmente non mi piace troppo, ma soprattutto trovo che non le doni. Insomma, nonostante il genio di re Giorgio, boh.

Amo questa donna, Sophie del Liechtenstein, la amo. Adoro il suo abito, un modello quasi sportivo – la maison, Carolina Herrera, lo definisce Floral Trench (in seta pura, basta col polyestere!) – reso da sera aggiungendo volume alla gonna. Poi forse un’occasione del genere avrebbe richiesto qualcosa di più formale, ma a me piace da pazzi, e lo trovo molto adatto a lei. Bellissima anche la tiara, la Kinsky a palmette (o a caprifoglio), uno dei diademi del Liechtenstein che sono molto pochi ma molto buoni. Chic.

Temo che Frederik e Mary di Danimarca si siano avviati a diventare i nuovi eredi di lungo corso, dopo che il decano del gruppo, Charles, si è infine sistemato sul trono. Lei mantiene sempre bellezza ed eleganza, ma mi sembra con un filo di noia. Per il royal wedding giordano non si è sforzata più di tanto: oltre alla mise per la cerimonia ha riutilizzato anche quella per il banchetto di gala; un abito che lo stilista danese Jesper Høvring aveva creato per lei nel 2010, per le nozze di Victoria di Svezia, e già rimaneggiato in precedenza. In questo caso è stato aggiunto del pizzo che copre il corpino e scende dalla spalla. Tra l’altro è l’unica a portare un monospalla, forse sarebbe stato più indicato qualcosa con le maniche, come hanno fatto tutte le altre invitate. A me non piace molto, quindi boh, ma se ha trascurato il dress code sarebbe decisamente shock. La tiara è quella edoardiana con piccoli rubini e spinelli che sembra si sia comprata da sé (e pagata pure poco, meno di diecimila euro).

Della Principessa di Galles abbiamo già notato la coazione a ripetere le mise. Noiosetto l’abito Jenny Packham visto e rivisto, che sta discretamente con la fascia del Royal Victorian Order ma fa a cazzotti con nastro giallo del Royal Family Order. Poi certo, la Lover’s Knot Tiara è un pezzo che ha fatto la storia, e gli orecchini sono se possibile ancora più belli, ma trovo il tutto poco entusiasmante. Boh.

Abbiamo discusso un po’ sulla gaffe sfiorata da Beatrice di York, che al banchetto di gala indossava lo stesso abito della principessa Aisha, zia dello sposo; e più in particolare come mai, avendo già visto il suo abito indossata da un’altra, se lo è messo lo stesso. Probabilmente davvero non aveva portato altro, e penso che avesse scelto quel modello di Reem Acra perché la decorazione evoca la forma della tiara York, diadema nuziale della madre Sarah, che non si vedeva più da molti anni. L’abito non mi fa impazzire, la tiara nemmeno, ed è messa un po’ storta. Boh.

Victoria di Svezia invece si è ritrovata al banchetto di gala con la principessa Zein vestita proprio con lo stesso identico abito – il modello Gingko di Safiyaa – diverso solo per il colore. Ne valeva la pena? Per un abito di polyestere che gira da anni? Boh. (nel caso vi fosse sfuggito, questo è il post, sugli abiti indossati da più royal ladies Il caffè del lunedì (di martedì) – Gemelle).

Last but not least, e pure in retrospettiva, la Reina Emerita di Spagna, che ha tirato fuori dall’armadio un abito grigio perla senza infamia e senza lode, completandolo con il set di rubini Van Cleef & Arpels, ricevuto in dono da Niarchos per le nozze con Juan Carlos. Considerando l’infelicità di quel matrimonio, francamente per un ricevimento nuziale avrei scelto altro, e la mise non mi entusiasma, quindi boh, Ma lei, a 84 anni, è uno splendore.

Con Doña Sofía compaiono nella fotografia la regina bhutanese Jetsun Pema con la cognata Ashi Euphelma. Per una volta vedere l’abito tradizionale da dietro è interessante, anche se in un colore che fa un po’ Barbie Bhutan. Però quel rosa baby potrebbe contenere un metamessaggio: non ci sono conferme ufficiali, ma la regina ha colto l’occasione della trasferta giordana per una breve vacanza con i due figli. E in alcune foto, con un abito BA&SH sembra proprio in dolce attesa.

È in arrivo una principessa? Boh!

Royal chic shock e boh – Red!

Molte royal ladies – e molte di quelle che ho trovato interessanti – questa settimana hanno indossato il rosso, perciò che ne dite di dedicare la nostra rubrica a questo splendido colore? Let’s start!

The Princess of Wales

Un inizio col botto: per il lancio della campagna Shaping Us, che promuove il benessere dei più piccoli, dalla gravidanza ai cinque anni d’età, Catherine arriva nella sede dei premi BAFTA – di cui William è presidente – con un completo clamoroso. Una creazione Alexander McQueen in crêpe di lana con giacca asimmetrica e pantaloni dalla linea leggermente a zampa. Rossi anche gli accessori: décolleté Gianvito Rossi e clutch con inutile fiocco di Miu Miu. Purtroppo Catherine non resiste e sceglie un paio di orecchini di bigiotteria di una bruttezza rara, come ahimé spesso le accade. Anyway, chic.

The Queen Consort

(Ph: Getty Images)

Dallo scorso anno la Camilla è Colonello dei Grenadier Guards (carica onorifica in cui ha sostituito quello scriteriato del cognato Andrew) e martedì 31 gennaio ha compiuto il primo atto in tale veste, visitando Lille Barracks ad Aldershot, nella contea di Hampshire. Probabilmente in onore alla giubba scarlatta dei granatieri ha scelto a sua volta il rosso in una tonalità che le dona particolarmente. Il cappotto di Fiona Clare Couture mi sembra familiare ma non saprei dire se lo abbia già indossato, dato che il modello ormai è diventato il suo segno distintivo e ne ha una collezione. Già vista invece la bella borsa Coco Handle Chanel, nera come gli stivali. Nessuna spilla in questa occasione per la Queen Consort, ma due monili che porta praticamente sempre: il bracciale Vintage Alhambra di Van Cleef & Arpels, con i cinque quadrifogli in agata blu, e collier Apollo di Kiki McDonough, con un topazio blu centrale e cinque piccoli diamanti; è assai probabile che il numero cinque che si ripete sia nel bracciale sia nella collana si riferisca ai suoi cinque nipotini. Nonna e regina, chic.

Olandesi in tour

(Ph: RVD)

La settimana appena trascorsa ha visto il debutto di Catharina-Amalia, futura regina dei Paesi Bassi, al seguito dei genitori in un lungo viaggio ufficiale della durata di ben due settimane. Meta le Antille Olandesi, definizione con cui noi indichiamo genericamente un insieme di territori che nel corso degli anni hanno mutato il loro status, pur rimanendo parte del Regno dei Paesi Bassi. Innumerevoli – e non sempre logiche – le mise indossate dalle due signore, ma loro sono così e noi così le prendiamo. Lunedì 30, quarto giorno del tour, i reali arrivano ad Aruba, e la regina sceglie il rosso. L’abito è Natan, il modello Jenny in crêpe di seta, e rappresenta un po’ l’evoluzione del solito cape dress. Mi piace molto l’abbinamento con accessori bordeaux, soprattutto la classica clutch Jige Hermès; non altrettanto le scarpe con inserti in pvc – queste sono le Plexi di Gianvito Rossi – ma Máxima le adora, e tanto basta, Rosso per il grande cappello Fabienne Delvigne opportunamente riproposto, e rosso anche, soprattutto, per i gioielli, a partire dalla favolosa spilla parte della parure di diamanti e rubini detta Pauwenstaart, a coda di pavone. Chic. Accanto a tale dispiegamento di regale glamour la povera Amalia infilata in un completo in lino Max Mara sembra in pigiama, o peggio nell’uniforme dei deportati alla Cayenna (che sta pure da quelle parti). Shock.

Il giorno seguente la famiglia sbarca a Curaçao, e le due signore coordinano le loro mise scegliendo un rosso/arancio molto caraibico. La regina indossa un completo low cost firmato Massimo Dutti: giacca monopetto e morbidi pantaloni crop che con la sua altezza può mettersi tranquillamente, con sottogiacca nude e accessori nei colori della terra. Amalia osa pantaloni di lino bianco – che indossa spesso in questo viaggio e devo dire quasi sempre impeccabilmente – e blusa rossa. Non mi dispiacciono né mi fanno impazzire, dunque boh per le mise ma chic per il colore perfettamente coordinato e per i bouquet, abbinatissimi pure loro.

(Ph: Curacao Chronicle)

Giovedì 2 è un giorno speciale per i sovrani: il ventunesimo anniversario di matrimonio, e i locali fanno loro dono di un lucchetto da agganciare ad una installazione artistica; dal trono a Moccia è un attimo! Più fortunata la figlia che riceve invece un intero ponte; d’ora in poi porterà il suo nome. Questa è una di quelle occasioni uno di cui non si capisce il dress code: Willem-Alexander senza giacca né cravatta ricorda quei film degli anni ’60 in cui i mariti al lavoro in città nel fine settimana raggiungevano le mogli al mare con la prole. Máxima invece è vestita come se dovesse andare a una prima comunione: cappellino fiorato a calotta Fabiene Delvigne, abito giallo limone con accessori pitone (tutto Natan), perfino i guanti. Molto meno formale Catharina-Amalia in pantaloni di lino rosso, blusa fiorata di Isabel Marant, borsetta Natan dall’armadio materno e scarpine nude Gianvito Rossi. Francamente li trovo tremendi, shock. In questo viaggio abbiamo iniziato a conoscere la giovanissima principessa d’Orange. Le sue mise ci convincono? Non sempre. La fanciulla ha volumi importanti – altissima, forme morbide, un bel viso pieno, chioma abbondante – che secondo Lady Violet dovrebbero essere armonizzati meglio: nell’ultimo caso i pantaloni sono troppo stretti, la blusa troppo striminzita, le scarpine troppo da città. Ma in fondo ha solo ha solo 19 anni e tanto tempo per divertirsi a sperimentare.

Les Girls

(Ph: Instagram @queenrania)

Anche i reali hashemiti sono in viaggio di lavoro, e accompagnati dal principe ereditario sono volati negli USA. La First Lady e la Regina si sono fatte ritrarre insieme, un po’ Millie e Melody, le nipotine di Minnie, un po’ Laverne &Shirley (se siete troppo giovani e non sapete di cosa stia parlando, beati voi e non vi resta che googlare). Innanzi tutto consentitemi una piccola considerazione: tra le due signore ci sono circa vent’anni di differenza, ma Jill regge il confronto senza problemi. Per lei total red: abito Brandon Maxwell e scarpe Marion Parke, Rania sceglie invece il total blue: dress Elie Saab con borsa Sicily Dolce e Gabbana e scarpe Gianvito Rossi, gettonatissimo questa settimana. Un filo stucchevoli ma chic.

La Reine Mathilde

Non è proprio rosso, o meglio non solo rosso, ma capirete che non potevo privarvi di tale spettacolo. Il 31 gennaio i sovrani belgi hanno ricevuto le Autorità del Paese per gli auguri per il nuovo anno, (tassativamente proibiti da febbraio in poi). La Reine ha sfoggiato una mise color block: parte superiore del corpino e maniche rosso scuro, il resto rosa shocking. Nemmeno il leggendario aplomb di Sa Majesté le Roi riesce a camuffare la sua perplessità; quanto a me vi dico una cosa sola; perfino Natan si è affrettato a dichiarare che non è opera sua. Quasi quasi preferisco il completino animalier della cognata Astrid con gonna da ballerina in chiffon Ho detto quasi. Shock+shock, così non litigano.

Rossi terziari

(Ph: Instagram @queenrania)

Le ultime due mise di oggi con tutta evidenza non sono rose, ma siccome desidero parlarvene lo stesso potrei sottolineare come i loro colori siano composti anche dal rosso, che è un colore primario (e spero che apprezzerete questa arrampicata sugli specchi per cambiare argomento). La prima mise la indossa Queen Rania in uno degli appuntamenti americani. Mentirei se negassi di essere stata attratta da quel favoloso tocco di ciclamino, ma ciò che mi ha convinta è l’idea che qualcosa di particolare possa trasformare interamente il look, per cui qui una lunga sciarpa accende il classico completo gonna nera/camicia bianca Replicabile sempre e da chiunque, ma attenzione all’effetto cameriera di bar/ristorante/tea room. Indagando meglio ho scoperto che quella non è una sciarpa, ma un drappo variamente cucito alla camicia, per cui francamente non mi piace (oltre alla mia naturale avversione per il raso lucido, soprattutto di giorno, che rischia di farci sembrare un pacco regalo e ingrassa pure). Per cui la camicia è shock, ma l’idea di un accessorio così chiaramente protagonista è chic.

(Ph: PPE/Nieboer)

Nessun dubbio invece per la mise di Máxima, in compagnia di una costernata Amalia, in un lungo punitivo caftano verde menta Essentiel Antwerp che la invecchia un po’ troppo, boh. A movimentare l’ultima sera a Curaçao pensa la regina, che per partecipare al Tumba Festival sceglie questo monospalla a strisce diagonali marroni e rosa con fioccone/tovagliolo. Accessoriato con ciabattoni che neanche al castello delle cerimonie, con l’aggravante che questi sono Gianvito Rossi. L’abito è coraggiosamente firmato Natan, che questa volta ha almeno indovinato il nome del modello, chiamandolo Odia. Vostra Maestà, ricordatevi quello che povero blog sa da tempo: Natan vi odia! Shock.

Royal chic shock e boh

È la prima domenica d’autunno e torna la nostra rubrica, sperando che gli eventi pubblici e densi di royals siano sempre di più, testimonianza di un ritorno alla normalità mai tanto atteso.

Montecarlo

Giovedì sera il Principato ha ospitato la quinta edizione del gala Planetary Health, col supporto della fondazione del Principe Sovrano e di quella della sua consorte. La Principessa – ancora in carica ma al momento in aspettativa – è comparsa virtualmente con un messaggio, lontana come una dea degli oceani, mentre al braccio dell’allegro Albert c’era un’altra bionda, e che bionda! La divina Sharon Stone, più grande del sovrano di soli quattro giorni, è una vera diva hollywoodiana, e come tale è specialista nella fondamentale disciplina del dress to impress. In questo caso ha scelto un abito da gran sera di Dolce&Gabbana Alta Moda, in taffeta viola inchiostro (che chiamarlo viola tampone di questi tempi pare brutto); abbinato a sandali neri e a una borsa color prugna, la Devotion; tutto della maison. Nonostante il colore, la cui scelta delizia Lady Violet, la mise non ci fa impazzire, per cui per noi è boh. Però Sharon ci piace a prescindere, per la bellezza, l’intelligenza, la forza e la capacità di risorgere, novella fenice, dai tanti guai che le sono accaduti nel corso degli anni.

Accanto a lei, la pur elegantissima Caroline un po’ scompare, però il contrasto tra il rigore dell’una e l’esuberanza dell’altra è una delizia. La principessa resta fedele a Chanel Haute Couture, di cui indossa un insieme dal vago sapore orientale, caftano e pantaloni, in pizzo lavorato.

Lady Violet la adora, ma è fuori di dubbio che debba ancora perfezionare le sue scelte in funzione della nuova capigliatura nature; abbiamo già detto che il grigio è difficile da portare, ancora più del bianco, e la scelta dei colori è fondamentale per illuminare il viso che altrimenti rischia di risultare spento e invecchiato. In compenso gli orecchini sono un sogno. Chic.

Presenti alla serata anche due rapprentanti della generazione più giovane: Andrea Casiraghi che ha scortato la madre, e Pauline Ducruet, in un originale miniabito/trench rosso amaranto che mette in mostra le splendide gambe. A me è piaciuta (e non accade spesso!): chic.

Utrecht

Lo diciamo sempre, Máxima è un genere a sé, può essere tutto e il suo contrario. È anche una donna bella e fascinosa, anche se a volte (spesso) è too much – almeno per il nostro gusto – quando sembra emergere prepotente la sua anima sudamericana. Veste spesso Natan, che secondo me non le fa sempre un buon servizio. Qualche sera fa, in compagnia del sovrano marito, ha partecipato a Utrecht al concerto per i 100 anni del Nederlandse Bachvereeniging, il più antico ensemble di musica barocca del Paese, e per l’occasione ha riciclato una creazione della maison belga. Il total color, in un delicato cipria, le dona, e i capelli acconciati in uno chignon le tolgono quell’aspetto un po’ disordinato che le regala spesso la chioma lasciata allo stato brado. Dovrebbe però stare attenta ai tessuti pesanti e lucidi, come quello di questi pantaloni, che rendono monumentale la sua giunonica figura. Boh.

New York

Giovedì 23 ha preso il via il tour newyorkese dei Duchi di Sussex che, mollati i pupi a casa, sono volati sulla East Coast. Il passaggio dall’assolata California alla Grande Mela dev’essere stato scioccante per Meghan, che è apparsa sempre vestita da inverno pieno, con tanto di cappotto. Il viaggio della coppia è iniziato con una visita a Ground Zero, ospiti del sindaco Bill de Blasio e della neogovernatrice dello Stato Kathy Hochul, il che ha fatto arricciare il naso di chi ha letto nel gesto l’intento di presentarsi come (o la convinzione di essere) una sorta di royal family americana.

Anyway, per l’occasione Meghan era opportunamente abbigliata in total black (o blue, secondo Vogue US): cappottino Emporio Armani, pullover dolcevita, pantaloni di taglio maschile veramente troppo lunghi su pump dal tacco altissimo e sottile. Discreta, piuttosto scontata, boh.

In seguito c’è stato l’incontro con l’ambasciatore USA all’ONU, e in questo caso la duchessa si è vestita da vera working girl: ha mantenuto il pullover, sostituito i pantaloni con una pencil skirt (o forse è un abito intero) e cambiato il cappotto, nonostante i 27 gradi; questa volta la scelta è caduta su un classico Max Mara, il Rispoli. Italiana anche la borsa: la classica Iside Valextra. Chic, ma per carità le maniche del cappotto arrotolate no!

Altro giro all’ONU, altro incontro – questa volta col Vice-Segretario Generale Amina Mohamed – altro cappotto Max Mara, il Lilia, bellissimo, in cashmere color tabacco, mortificato da camicia e pantaloni di un beige che non ci azzecca granché, da cui spuntano le pump Manolo Blanhik in camoscio che abbiamo intravisto il giorno del suo compleanno. Sorry, non mi convince, boh.

La mise che sulla carta avrei preferito è ahimé quella che le sta peggio: un insieme giaccone più pantaloni Loro Piana in un bellissimo color bacca con dettagli a contrasto (con un altro paio di pump Manolo en pendant), indossato per visitare una scuola di Harlem ai cui studenti la duchessa ha declamato, e credo donato, la propria recente fatica letteraria: The Bench. Il che potrebbe rientrare nel reato di tortura, ancorché leggera. Veniamo alla mise: è tutto troppo grande? La giacca è troppo squadrata? I pantaloni troppo larghi? I capelli troppo spioventi? Direi tutto, e pure altro. Shock.

Finale col botto; al Global Citizen Live, dove Harry ha tenuto uno dei suoi speech, Meghan ha indossato un miniabito Valentino con ricami di cristalli all’orlo al collo e sulle brevi maniche. Un vestitino che si prende la responsabilità di evidenziare i difettucci della duchessa (anche quelli che non ha): pancino postgravidanza – ricordiamo che alla fine ha partorito da neanche 4 mesi – forma monoblocco; inoltre il girocollo non la slancia, e la pettinatura non aiuta. Terribile l’abbinamento con scarpe nere, probabilmente scelte per il cappotto, l’ennesimo, con cui è arrivata. Furbissima la borsa: è la Lady Dior, dedicata a Diana che le donò fama eterna: Style file: Diana Principessa di Galles (terza parte). éurtroppo non basta una borsa, né una firma. Shock.

Republican chic shock e boh – Inauguration Day edition (parte seconda)

Gli artisti

Confesso di essere rimasta piuttosto colpita dalla giovanissima poetessa Amanda Gorman, che non conoscevo. Scelta dalla First Lady, donna di vasta e profonda cultura, Amanda ha portato sul palco passione e forza e speranza e unità e luce. Luce incarnata dal quel delizioso cappotto giallo limone di Prada, coraggiosamente abbinato a un bandeau rosso indossato come una corona. Amanda, la ragazzina nera che dimostra meno dei suoi 22 anni, cresciuta da una madre single, che sogna un giorno di diventare presidente e intanto partecipa a un altro giuramento: l’essenza del sogno americano.

Se guardate con attenzione la fotografia, al medio della mano destra di Amanda brilla un anello particolare: un uccellino in gabbia. È un dono di una delle sue più celebri fan, Oprah Winfrey, e in un bel gioco simbolico rimanda a Caged bird poesia di Maya Angelou, che a sua volta presenziò a una inaugurazione, quella di Bill Clinton nel 1992. Chic.

Gli ospiti musicali

Mi scuso per il titolo di tono sanremese, ma non vorrei fosse dimenticata la performance di Garth Brooks, che ha cantato a cappella Amazing Grace, il celebre inno scritto da quel John Newton che dopo aver lavorato per i trafficanti di schiavi ricevette da Dio la straordinaria grazia della conversione. Se ve lo siete perso trovate un link in fondo; sulle tv italiche Brooks, liquidato come “cantante country col tipico cappello” è stato bypassato a favore dell’inserto pubblicitario.

Tutti invece hanno visto Lady Gaga e Jennifer Lopez, che con le loro mise hanno riproposto il feroce antagonismo tra due grandi signore della moda che accese vari decenni del secolo scorso: Elsa Schiaparelli e Coco Chanel. Schiaparelli Haute Couture la scelta di Lady Gaga, che ha cantato l’inno nazionale. Il texano Daniel Roseberry, direttore artistico della maison dal 2019, ha creato per lei – in una settimana, sembra – un abito really impressive che ha deliziato alcuni, scioccato altri. Per il momento più altamente simbolico i colori scelti il rosso e il blu che col bianco compongono la bandiera Stars&Stripes: (e rappresentano i due schieramenti politici); un giacchino in cachemire blu scuro che si allungava sui fianchi fino a far esplodere un’enorme gonna in faille di seta scarlatta.

Avrei evitato quella pettinatura da babushka, passata comunque quasi inosservata davanti all’enorme spilla in foggia di picassiana colomba della pace (finalmente la pace nel mondo!). Sicuramente molto grande, probabilmente troppo per la cantante, così minuta, ma sicuramente bilanciata dal volume della gonna. Certamente la mise più chiacchierata e divisiva, adorata e detestata. Lady Violet pensa intanto che se dovessimo usare come metro il gusto personale la discussione finirebbe subito; è ovvio che ciascuno consideri il proprio il migliore che c’è, e ammiri chi ne ha uno affine, anche tra chi gli abiti li crea. Ed è altrettanto ovvio che se il gusto è insindacabile ogni signora prediliga il suo e lo segua. Se vogliamo fare un passo in più, bisogna ricordare che anche gli abiti sono un codice, e i codici appartengono alla cultura che li genera; ma le culture, anche se simili, non sono uguali. Personalmente penso che quello di Lady Gaga più che un abito sia un costume, un abito di scena eccentrico quanto lei, e per questo spettacolo secondo me funzionava bene. Noi non lo metteremmo mai? Amen signore, direi che ci faremo il problema quando saremo chiamate a cantare l’inno nazionale al giuramento di un presidente. Fatemi però spendere due parole anche sulla spilla; io riconosco la massima autorevolezza nel campo a due gran dame: la prima è HM Queen Elizabeth, aiutata sia dalla signorilità regale del tratto sia dalla ricchezza inarrivabile del proprio scrigno. L’altra è Madeline Albright. Nata a Praga nel 1937 e naturalizzata statunitense, negli otto anni della presidenza Clinton è stata prima ambasciatore all’ONU, poi Segretario di Stato.

Appassionata collezionista di spille, sia preziose sia di bigiotteria, non solo ne ha indossate di ogni forma e grandezza – senza farsi mai limitare dall’altezza non proprio svettante – ma le ha usate sempre per lanciare metamessaggi, come raccontato con grande accuratezza dalla mostra Read my pins, che Lady Violet vide al Museum of Arts and Design di New York nel 2010. Indovinate? Anche in quella collezione c’è una spilla, parte di un set, molto simile a quella sfoggiata da Miss Germanotta. Qual è dunque il giudizio di Lady Violet sulla sua pari grado? Né chic, né shock, né boh, sublime.

Jennifer Lopez, in total white Chanel, è la dimostrazione che una mise uscita da una celebre maison non è condizione sufficiente per essere chic, e forse nemmeno necessaria. Un cappotto troppo grande lasciato aperto mostra una classica blusa col fiocco, pantaloni lunghissimi a coprire le scarpe con superplateau che le donano la grazia di Popeye, maniche anch’esse troppo lunghe che finiscono con l’assembrarsi coi polsini della camicia e i bracciali fitti di perle. Un insieme confuso e “sporco” nonostante il candore, senza un grammo dello chic codificato da Mademoiselle Coco. Inquietante il fondotinta color terracotta, a meno che non fosse una voluta citazione dei gloriosi capi indiani. Augh. Shock.

La First Lady uscente

Impossibile non parlare dell’uscita di scena di Melania, che ha attirato commenti adoranti e critiche severe (oltre a offese odiose, che alle donne non si risparmiano mai). I Trump se ne sono andati la mattina del 20, senza partecipare al passaggio delle consegne; scelta grave e ingiustificabile, uno sgarbo inemendabile nei confronti non solo del nuovo Presidente, ma del Paese intero. Per il suo farewell outfit, prima di raggiungere la tenuta di famiglia in Florida, Melania ha usato l’artiglieria pesante: giacchino Chanel con maniche 3/4, tubino Dolce&Gabbana, scarpe Louboutin, Birkin Hermès in coccodrillo, occhialoni da diva. Una mise très chic – secondo me più adatta al giorno inoltrato che alle otto di mattina – che oggettivamente le stava da dea. Ho sempre trovato la signora Trump statuaria, sia per la perfezione dell’aspetto sia per il marmoreo calore che emana; nel ruolo che ha appena abbandonato non credo passerà alla storia, probabilmente penalizzata anche dall’essere straniera, e dall’avere degli Stati Uniti un’immagine parziale colta da un osservatorio privilegiato. Se vogliamo anche in questo caso ricorrere ai codici di comunicazione, vedo in quest’ultima la riaffermazione di ciò che le si è sempre riconosciuto: bellezza, gusto nel vestire, un bel portamento (e diciamolo, pure la capacità di camminare con grazia su un prato col tacco 12). Inutile fare la lista della spesa, il marito è notoriamente milionario; milionario in debiti si dice da più parti, il che potrebbe in parte spiegare la necessità di un’ostentazione che francamente evitabile dato il momento e il ruolo: secondo Lady Violet anche in questo caso less is more. Due righe a parte le merita la borsa: so che è considerata di gran lusso, che è l’oggetto del desiderio di moltissime signore che purtroppo difficilmente riusciranno a possederla, ma la borsa di coccodrillo per me proprio no. Ha vissuto il suo momento d’oro negli anni ’50 e ’60, quando era uno status symbol quanto e più del visone, simbolo di prestigio e lusso a causa della difficoltà di reperirne la pelle. Ma da quando i coccodrilli sono usciti dal mito per essere allevati come fossero trote nelle paludi della Florida, si è perso il valore del lusso, rimanendo tutt’al più quello del costo. A meno che Melania, giustappunto ricollocata in Florida, voglia a sua volta impiantare qualche allevamento nella tenuta di Mar-a-Lago, nel qual caso sarebbe un’abile mossa di marketing. Personalmente non posso separare l’idea dalla borsa di coccodrillo da un ricordo d’infanzia: uno zio ingegnere trasferito da decenni in Venezuela tornò una volta in Italia portando con sé pelli di coccodrillo per le sorelle, e non so perché volle omaggiare mio padre di un piccolo coccodrillo vero, impagliato, che prima di essere spedito in cantina fu riposto sul ripiano più altro della libreria. Da dove ogni tanto mio fratello e io lo tiravamo giù per spaventare gli ospiti. Sarei disposta a un’unica eccezione: le scarpine in coccodrillo bordeaux con la punta in seta nera che una delle donne più eleganti del mondo, Consuelo Crespi, si dice indossasse sotto gli abiti da sera. Ma qui siamo davvero nel mito.

Sbarcando dall’Air Force One in Florida, Melania ha sorpreso tutti con un radicale cambio di look: via il nero e avanti la fantasia tra l’etnico e il geometrico dell’abito Gucci, con le G del logo in bella vista, sia mai non si capisse il brand; via anche le Loboutin, al suo posto un paio di Roger Vivier quasi flat, che certo rendono diversa la camminata. Se le sarà messe per scappare da Donald, visto che non s’è fermata neanche davanti davanti ai microfoni della stampa? Vedremo. Chic ma non elegante.

Dulcis in fundo

La pandemia ha impedito lo svolgimento dei tradizionali balli che chiudono l’Inauguration Day, al loro posto uno spettacolo ricco di artisti capitanati da Tom Hanks. La nuova First Lady ha scelto un insieme di Gabriela Hearst ricchissimo di simboli (pure troppo): l’abito replica il modello di quello indossato la mattina, un tubino con sprone e maniche di chiffon ricamato di fiori, gli stessi che compaiono sull’orlo del cappottino en pendant. Non fiori a caso, ma quelli che rappresentano i 50 Stati dell’Unione. All’interno del pardessous era ricamata una famosa frase sul valore dell’insegnamento di Benjamin Franklin. Perché anche all’interno della White House Jill si sia tenuta i guanti bianchi, infilandoli sotto il delicato polsino, resta francamente un mistero.

Tutta la mise è un grande boh.

Chiudiamo con quella che per Lady Violet è l’immagine più tenera dell’Inauguration Day: il nuovo Presidente assiste allo spettacolo con in braccio il nipotino Beau, ultimo nato del figlio Hunter. Il bimbo ha lo stesso nome dello zio, il primogenito di Biden, scomparso nel 2015 per un tumore cerebrale. Era lui che nei desideri del padre avrebbe dovuto correre per la White House, e sembra che anche durante il giorno del giuramento il padre abbia detto che avrebbe voluto vedere il figlio al posto suo. Ma a volte ai genitori capita anche questo, prestare le gambe e camminare al posto di chi non c’è più.

Qui trovate il video di Garth Brooks https://www.youtube.com/watch?v=kr8H2bFzOY8