Concludendo la settimana che ha visto Naruhito sedersi definitivamente sul Trono del Crisantemo eccoci a uno dei momenti che preferite: il commento alle mise. Grande protagonista, ve lo dico subito, il cape dress, scelto da diverse in signore in versione giorno/sera, e in diversi colori (lo si è visto anche sulla moglie del Primo Ministro della Repubblica Ceca, in bordeaux la mattina, e in bianco con mantella corta al banchetto di gala).
Il modello giusto per una cerimonia del genere, deve aver pensato Mary, futura regina consorte di Danimarca, che lo ha indossato in entrambe le occasioni, declinandolo nella palette grigio/lavanda/mauve. Più chic secondo me per la cerimonia mattutina, in abito Valentino cui ha abbinato un cappello Philip Treacy con grandi rose nelle sfumature del viola, e in contrasto il rosso dei rubini della parure che Napoleone donò a Désirée Clary (in questo caso Mary indossa bracciale più collier e orecchini, l’uno e gli altri senza pendenti). Di grande impatto la versione serale, quando l’abito assume una sfumatura tendente al mauve, scopre le spalle, e il mantello si ricopre di cristalli: una variante meno sofisticata dell’altra, ma comunque perfetta per l’occasione. Avendo Mary un gran gusto e un ottimo senso dello stile, non ha caricato il tutto con una tiara di particolare importanza scegliendo invece il piccolo diadema edoardiano, con rosette di diamanti, piccoli rubini e spinelli, con orecchini in parure, che ha acquistato da sé a un’asta nel 2012.
In un’ideale sfida tra i due brand più prestigiosi del made in Italy, altro cape dress a scatenare il delirio è quello rosa cipria – firmato Armani Privé – indossato con una semplice toque da Mathilde, Regina Consorte dei Belgi. Che per farsi perdonare tanto raffinato splendore, la sera si veste da centrino sottotorta in pizzo dorato, con un fitting la cui bruttezza è seconda solo al modello: spalle strette, scollatura indecisa e pannello a strascico che parte dalla vita, in modo da poter tranquillamente ammazzare qualunque tipo di fianco. La salva dal disastro solo l’eleganza innata e la tiara delle Nove Province, indossata nella forma più semplice, come bandeau.
Siete un po’ deluse dai diademi visti finora? Niente paura, state per rifarvi, grazie a Máxima e al suo stile flamboyante. Per la cerimonia di intronizzazione la regina ricicla la mise del Prinsjesdag 2017: un abito Natan in broccato di seta a grandi rose, in una sfumatura di grigio tendente al blu, e lo completa con un cappello en pendant, stessa nuance di colore e stessa rosa monstre, pericolosamente simile a un cavolfiore. Per la sera abito dégradé dal rosso al nero e ritorno, con ricamo a zigzag nella fascia centrale. L’avrà scelto per abbinarlo alle punte della Mellerio Ruby Tiara? Comunque sia non importa, un diadema del genere va su tutto, e sta bene con tutto.
Se però volete sapere qual è la tiara preferita da Lady Violet, state per scoprirla, non prima di aver bevuto l’amaro calice della mise del mattino. Stiamo parlando della Reina Letizia, che ha partecipato alla cerimonia di intronizzazione con un abito in satin a fiori tapisserie di Matilde Cano. L’abito appartiene alla collezione 2020, ed è in preordine sul sito a euro 339. Ora, io sono certa che su qualche sito/giornale/magazine italico abbiate letto qualcosa del tipo “Letizia incanta con l’abito low cost”, ma fatemi dire una cosa. Indossare in un’occasione del genere un abito low cost è una cafonata unica, una forma di snobismo infantile e ridicolo. Ciò detto, l’abito è discreto ma troppo lungo, per cui nel camminare la Reina continuava a dare calcetti al tessuto perché non finisse sotto le suole. A completare il tutto, i capelli schiacciati da un bandeau senza infamia e senza lode, forse ispirato da quelli resi famosi dalla Duchessa di Cambridge, 10 anni più giovane e 10 centimetri più alta, la quale ha comunque chiaro il concetto che ciò che si mette in testa deve avere sempre un po’ di volume in verticale così da slanciare la figura. L’avete vista Mary, sì? Per fortuna ci pensava il collier di diamanti della regina Victoria Eugenia, dono di nozze del marito Alfonso XIII, a risollevare il tono.
Per la sera, Letizia va sul sicuro con un Carolina Herrera shocking pink, ricamato a fiori che a molti hanno ricordato quelli del manton del Manila, lo scialle sfrangiato importato dalla Cina e diventato popolarissimo in Spagna durante il Settecento. Abito d’impatto, fitting perfettibile (guardate la piega sul pur esilissimo braccio), ma la tiara vince tutto. È la Fleur de Lys, la più importante del forziere spagnolo; anch’essa dono di dono di nozze di Alfonso XII alla moglie Vittoria Eugenia, che la indossò in quell’occasione, è riservata alla regina. I tre grandi gigli di Francia intercalati da volute e tempestati di diamanti di varie dimensioni sono uno dei simboli araldici dei Borbone; è realizzata in platino, il che la rende ragionevolmente leggera. La tiara è chiamata anche Ansorena, dal nome dei gioiellieri madrileni che la realizzarono nel 1906.
Un po’ indecisa invece Victoria di Svezia, arrivata col padre Carl Gustav. Per la cerimonia sceglie un abito Escada blu inchiostro, che completa con un cappello Philip Treacy, in un modello simile a quello di Mary. Al gala invece si presenta con un abito in pizzo beigiarello, che tra colore e modello non le dona particolarmente. La scelta della tiara però mi commuove, è la Laurel Wreath, firmata Boucheron ed ereditata dalla prozia Lilian, protagonista di una meravigliosa storia d’amore che un giorno vi racconterò. Victoria è la sola delle royal ladies – immagino perché sarà il monarca e non la regina consorte – a indossare la fascia blu con bande rosse del Supremo Ordine del Crisantemo (come il Principe di Galles e Frederik di Danimarca). I sovrani indossano tutti il collare dell’Ordine, che è la massima onorificenza nipponica; le regine consorti portano invece la fascia gialla con bande rosse dell’Ordine della Corona Preziosa, riservato alle donne. La povera Mary di Danimarca, che al momento non ha ricevuto alcuna onorificenza giapponese, come da regola indossa quella di più alto rango del suo paese: il danese Ordine dell’Elefante (e immagino abbia scelto il colore dei suoi abiti in modo da valorizzare al massimo questa caratteristica).
I più belli, i più eleganti, i più affascinanti per Lady Violet?
Loro: Re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck del Bhutan e la sua Regina, Jetsun Pema. Di giorno o di sera, nello splendore degli abiti tradizionali, lui ha charme e autorevolezza nonostante la giovane età (e i capelli impomatati), lei è di una bellezza imbarazzante, altro che principesse, duchesse e tutte le altre -esse che affollano le cronache.
E poi, per la sera sono in viola!
Con mio sommo dolore non possiamo chiudere in bellezza. Forse vi sarete chiesti se ci fosse qualcuno a rappresentare l’Italia. La risposta è sì, l’incarico è stato svolto dalla seconda carica dello stato, il Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. La quale al banchetto di gala il cui dress code prevedeva white tie, abito da sera, decorazioni e diademi, si è presentata in pantaloni. Questo sempre perché gli Italiani sono i più eleganti di tutti, giusto? https://twitter.com/i/status/1187034643712921601

Tra i presenti non è passata inosservata questa elegante coppia; lui è Hisashi Owada, un ex diplomatico (come testimonia la nonchalance con cui indossa il frac), lei è sua moglie Yumiko: sono i genitori dell’Imperatrice Masako, che come la suocera Michiko proviene da una famiglia borghese.
Non sappiamo esattamente cosa ci fosse dentro, tranne che per un oggetto che è stato reso noto. È una bomboniera in argento col simbolo del crisantemo, e un uccello simbolico – direi una fenice, simbolo di pace – intessuto anche nel Korozen no goho, il costume tradizionale color arancio bruciato indossato da Naruhito.
La storia antica del Giappone è avvolta dall’oscurità, dato che le prime testimonianze scritte risalgono solo all’VIII secolo dopo Cristo. Il mito racconta del primo imperatore Jimmu Tennō – discendente di Amaterasu, divinità solare e dea madre dello Shintoismo – che fonda l’impero nel 660 avanti Cristo; le fonti parlano invece di una società tribale, sottoposta a un’autorità religiosa all’origine della figura imperiale. Ispirandosi al modello cinese, le riforme attuate nei secoli VII e VIII danno vita a una struttura centralizzata, con capitale a Nara (nel 710) e poi a Kyoto (794); dalla Cina arriva il buddismo Ch’án, che in Giappone diventa Zen. Il potere dell’imperatore resta a lungo più formale che sostanziale, e lo stato centralizzato si indebolisce con l’affermazione di potentati locali sempre più influenti. A partire dal secolo X il potere passa decisamente nelle mani di alcuni clan familiari: dapprima i Fujiwara, poi soppiantati dai Minamoto che assumono il titolo di shogun (“generalissimo”),
Il momento clou si è svolto invece nella il salone di stato foderato di legno di pino, dove erano stati montati i due troni per l’imperatore e per l’imperatrice. Naruhito ha indossato un altro soukai, questa volta color arancio bruciato, intessuto col motivo della fenice portatrice di pace; il suo nome è Korozen no goho, ed è l’abito cerimoniale dell’imperatore da dodici secoli. In testa il tradizionale kanmuri di seta nera, con una lunga coda che si innalza per ben 60 centimetri.
Masako ha sostituito il jūnihitoe bianco con una versione policroma, e sarebbe affascinante capire la simbologia dei diversi strati, che non è casuale né per colori né per decorazioni.
Jūnihitoe tradizionale, in una scicchissima combinazione di viola e rosso, per tutte le principesse di casa reale, che invece durante la visita ai templi imperiali erano vestite all’occidentale; eccole, guidate dall’erede al trono e dalla sua famiglia: con mise simili: abito lungo da giorno, con cappello privo di tesa, ed eventuali decorazioni.
In mano un ventaglio – sì, anche sotto la pioggia – che ha un valore storico e simbolico (pensate che era parte anche del corredo del samurai: agitandolo dava il segnale d’attacco, quando non se usava proprio come arma uno in ferro). Sono abiti di nostro gusto? Non particolarmente, ma perché dovrebbero? Sono perfettamente adeguati alla iconografia nipponica, così rigorosamente lineare. Sull’uso dei colori pastello sarebbe interessante l’opinione di Michel Pastoureau, studioso di simbologia e massimo esperto mondiale di storia del colore; sono certa che la prima cosa che sottolineerebbe è che la percezione del colore non è fisiologica ma culturale, cioè influenzata dalla cultura di appartenenza. D’altro canto perché noi consideriamo un abito lungo giallo pallido poco adatto a una signora over 50? Esatto, il gusto evolve all’interno di un sistema culturale; altra cultura, altro gusto.
Last but not least, l’ombrello. Io lo so che voi state per chiedermi perché questo nero funereo, perché non si è optato invece per uno di quelli resi celebri da Her Majesty, marca Fulton, in pvc trasparente con banda coordinata al colore della mise? Da quello che so, gli ombrelli di quel genere si trovano veramente dappertutto, sono spesso offerti da negozi e ristoranti al loro clienti per affrontare piogge improvvise, e dunque considerati piuttosto cheap. Questi invece sembrano proprio quelli assai raffinati, in seta nera e con il manico in legno di ciliegio, albero simbolo del Paese. E se noi li troviamo tristi ho idea che alle signore della Imperial Family la nostra opinione interessi il giusto, cioè niente.
La sera, al banchetto di gala, sovrani e famiglia imperiale in stile occidentale: white tie per gli uomini, abito da sera per le signore, con l’Imperatrice che sfoggia l’ottocentesca Meiji Tiara.
Dopo una breve cerimonia riservata all’interno dei templi imperiali, Naruhito e Masako vestiti dei sontuosi abiti tradizionali hanno raggiunto la Matsu no Ma, il salone di stato del Palazzo Imperiale. L’Imperatore ha preso posto nel trono imperiale Takamikura, da cui ha letto il discorso in cui si è impegnato a rispettare la Costituzione e a rappresentare l’unità del popolo nipponico. Accanto a lui l’Imperatrice, nel trono Michodai.
Concluso l’emozionante debutto ufficiale della figlia Leonor, che nei giorni scorsi ha per la prima volta partecipato alla consegna dei premi Princesa de Asturias – tenendo anche un paio di discorsi, e dimostrando una maturità sicuramente superiore ai suoi quasi 14 anni – Los Reyes sono atterrati a Tokyo. Letizia osa il total black, arma neanche tanto segreta di chi vuol sembrare un po’ più minuto, e dunque totalmente inutile del suo caso. Lui non resiste, e ripropone il mocassino con nappina. Sospiro di rassegnazione.
Dal Regno Unito è in arrivo il Principe di Galles, mentre la sovrana, che ormai non lascia più il suolo patrio, ieri s’è vestita di uno splendido lilla e se n’è andata al QIPCO British Champions Day 2019, a godersi una giornata tra gli amati cavalli. Privilegi dell’età.
Nell’anno che si avvia a conclusione ha lasciato il trono seguendo il marito Akihito e ha visto suo figlio prenderne il posto, ha festeggiato le nozze di diamante, si è sottoposta a un intervento chirurgico per un tumore al seno. Sempre con la stessa grazia, lo stesso garbo, la stessa sobrietà, lo stesso sorriso accennato che si indovina sincero. E sempre con lo stesso stile impeccabile: guardate la sinfonia di grigi di questa foto, la tunica di lei, l’abito di lei, i capelli di entrambi, il divano su cui sono seduti. Dovesse vederli Re Giorgio (Armani) impazzirebbe!

A sinistra il principe Hisahito, tredici anni tra qualche settimana, che un giorno erediterà il Trono del Crisantemo bypassando la cugina Aiko che pur essendo figlia dell’Imperatore viene discriminata nella successione nipponica in quanto femmina. A destra il Gyalsey, cioè il principe ereditario del Bhutan (il suo nome è Jigme Namgyel Wangchuck), che di anni ne ha solo tre e mezzo, ma è già un ottimo padrone di casa.
Al principe giapponese auguro di poter servire il proprio Paese anche in un altro ruolo, restituendo il diritto del trono all’erede naturale; o almeno la capacità di cambiare le regole, quando potrà farlo. Al piccolo bhutanese di seguire il cammino tracciato dal nonno, che ha improntato il proprio regno alla ricerca del FIL (Felicità Interna Lorda) dei cittadini, in contrapposizione all’ossessione per il PIL.
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Auguriamo buon compleanno alla moglie di Pierre, Beatrice Borromeo, che oggi ne compie 34, e raggiungiamo finalmente Thimphu, capitale del piccolo regno himalayano del Bhutan, dove sono in visita privata, su invito del sovrano, i principi ereditari del Giappone accompagnati dal figlio. Benché non si tratti di un tour ufficiale, la famiglia incontrerà comunque King Jigme, e all’arrivo all’aeroporto di Paro – che padre e figlio hanno raggiunto su voli diversi, in ossequio alle regole di sicurezza imposte agli eredi al trono – è stata accolta da tre delle sorelle del re.
Se come me siete affascinati dall’Oriente, il 22 e 23 ottobre non prendete impegni, c’è l’intronizzazione ufficiale dell’Imperatore Naruhito. Il Principe Charles ci sarà, e voi?
La cerimonia di intronizzazione vera e propria – non incoronazione, dato che l’imperatore in Giappone la corona non ce l’ha – è durata pochi minuti, e si è svolta nella sala detta Matsu no Ma, la stanza del pino, considerata la più elegante del palazzo imperiale essendo anche l’unica dotata di pavimento in legno. Al nuovo imperatore sono stati offerti i simboli del potere, la spada e il gioiello; il terzo, lo specchio simulacro della dea Amaterasu resta custodito in un edificio sacro nel recinto del Palazzo. Niente costume tradizionale in questo caso, Naruhito ha indossato un occidentalissimo frac come gli altri presenti: i maschi della famiglia imperiale, dignitari, e i membri del governo. La cerimonia è preclusa alla futura imperatrice e alle signore in generale, ma dato che nel governo siede una (unica) donna oggi c’era anche lei, Satsuki Katayama – non ci sono immagini, ma dal video che trovate in fondo direi che indossasse un kimono chiaro – una piccola rivoluzione che speriamo ne preannunci una più grande. Perché la cosa che veramente noi non riusciamo a digerire di questo paese così complicato e affascinante è che dopo Naruhito il trono non tocchi all’erede naturale, e solo perché è una femmina, per cui dopo aver seguito un binario dritto, di padre in figlio per tante generazioni, ora si preveda un deragliamento verso il fratello e poi suo figlio, quello maschio naturalmente.
Le signore sono arrivate subito dopo, e con Masako al suo fianco il neoimperatore ha indirizzato il primo messaggio alla nazione. E ora sì, che abbiamo visto le teste coronate!
La nuova imperatrice consorte ha sfoggiato la Meiji Scroll Tiara, che oltre ad essere riservata alla moglie del sovrano è probabilmente la più antica nella collezione nipponica; le tiare sono infatti comparse in seguito all’occidentalizzazione del paese, iniziata durante il regno dell’imperatore Meiji (1867-1912). La tiara dovrebbe essere una creazione Chaumet realizzata alla fine dell’Ottocento: una ringhiera composta da una serie di volute ricoperte di diamanti che può essere indossata da sola, o con l’aggiunta di grandi pietre, come ha fatto Masako, che per non farle sentire sole ha aggiunto un collier a doppio filo semplice semplice, solo diamanti e nient’altro.
Anche la cognata Kiko, moglie del fratello dell’imperatore, ha indossato i gioielli che segnano il suo nuovo ruolo, quello di principessa ereditaria. È di uso esclusivo della moglie dell’erede al trono questa importante tiara dall’intricato disegno; l’abbiamo vista su Masako il giorno delle sue nozze, e prima del suo aveva ornato il capo della suocera Michiko, negli anni prima di salire al trono. Poi come sapete per lungo tempo la depressione ha tenuto Masako lontana da molti eventi pubblici, per cui la tiara s’è vista poco, ma sono certa che Kiko la porterà spesso insieme al collier in parure. Ora diciamoci la verità, non ho dubbio che sia una deliziosa amabile signora, ma sarà per il taglio così affusolato degli occhi, sarà per quello ancor più affusolato delle labbra, l’aspetto da cognata perfida un po’ ce l’ha.
