Cari ospiti del sofà di Lady Violet, mi sono assentata qualche giorno – un breve viaggio e contemporaneamente un piccolo infortunio che non mi consente di stare a lungo al pc – ed ecco che un’altra principessina è arrivata, prima di quanto ci potessimo aspettare, visto che la fotografia della mamma incinta era apparsa solo tre settimane fa (Belle notizie).
Ed è così che i sovrani di Giordania sono diventati nonni per la seconda volta: tre giorni fa è nata ad Amman la piccola Amina, primogenita della principessa Iman e del marito Jamaal, con l’imperdibile copertura social di nonna Rania. In meno di 20 giorni sono nate tre piccole royal – Athena Mapelli Mozzi il 29 gennaio, Ines di Svezia il 7 febbraio e Amina il 16 – consideriamolo un segno di pace e speranza, e soprattutto speranza nella pace.
Sessantacinque anni fa invece non c’erano i social, e la comunicazione era senz’altro più sobria – si diceva che una vera signora doveva comparire sui giornali solo tre volte e per tre precisi motivi: nascita, matrimonio e morte – eppure quel lontano venerdì di fine inverno la notizia, almeno nel Regno Unito, ha la sua rilevanza. Alle tre e mezza del pomeriggio vede la luce a Buckingham Palace Andrew Albert Christian Edward, primo principe a nascere da un sovrano in carica dai tempi di Queen Victoria. Il pupo, secondo maschio di Queen Elizabeth II e di Prince Philip, scavalca la sorella maggiore Anne e diventa the spare, mentre Charles resta the heir. Pessima mossa, ancorché obbligata. Bello, allegro, sfrontato, tutto il contrario del meno aitante e più melanconico Charles. E infatti sembra che il cadetto si lamenti spesso della sua collocazione, affermando di poter essere un re migliore del fratello. All’inizio sembra avere un suo perché (e Lady Violet confessa un certo, come dire, interesse nei suoi confronti). Negli anni dell’adolescenza non si comporta male, soprattutto a Gordonstoun, la scuola superiore già frequentata dal padre e dal fratello (che la odiava), dove la cura del fisico è importante quanto la formazione culturale, se non di più. Riesce persino a diventare un eroe, partecipando alla guerra lampo contro l’Argentina per il possesso delle isole Falklands/Malvinas. Sposa la rossa Sarah, diventa padre, e sembra avviato alla vita un po’ noiosa e un po’ inutile del figlio cadetto di due genitori di quel calibro. Il divorzia arriva presto, e probabilmente neanche per colpa sua, poi inizia una lenta costante discesa. L’improvvisazione, l’arroganza, la mancanza di cultura diventano le caratteristiche che lo contraddistinguono.
Ma c’è di peggio, di molto peggio. L’amicizia con Jeffrey Epstein, milionario di origine più dubbia del suo patrimonio, pedofilo e spacciatore di carne umana, meglio se minorenne. Epstein muore in carcere nel 2019, ma la sua ombra si stende inesorabile sulla vita del vita del principe, che pensa di poter gestire lo scandalo – in effetti ha sempre pensato di essere al di sopra di tutto e tutti – decide di fare a modo suo e ovviamente lo fa malissimo. A novembre del 2019 compare sugli schermi della BBC, intervistato da Emily Maitlis, ed è il disastro: i sudditi e il resto del mondo vedono un uomo bugiardo, arrogante, con poco cervello, pochi modi e molta boria. Una catastrofe, che lo costringe ad annullare i sontuosi festeggiamenti per i sessant’anni, nel 2020 (Le foto del giorno – 19 febbraio). Allora però ricevette gli auguri pubblici dalla Famiglia, che oggi si è ben guardata dal farglieli. E temo che si sia pure offeso, e ancor una volta non abbia capito nulla.
(Ph: Glyn Kirk/Pool/AFP via Getty Images)
Se questa storia vi interessa e volte saperne di più, c’è una miniserie, A very royal scandal, che dovrebbe essere visibile su TimVision, perciò non l’ho ancora visto. Altrimenti potete leggere Courtiers di Valentine Low, royal correspondent del Times che rivela parecchi retroscena, da prendere naturalmente sempre con un po’ di misura. C’è anche in italiano, si intitola Cortigiani ed è edito da PiEmme.
Questo penultimo venerdì di gennaio viene animato da due notizie, magari non inattese, ma comunque belle.
(Ph: Instagram @queenrania)
La prima: la regina Rania di Giordania annuncia su Instagram che sta per diventare di nuovo nonna. E lo fa postando una foto al tramonto della figlia Iman con un bel pancino, in compagnia del marito Jameel Alexander Thermiotis. La coppia si è sposata il 12 marzo 2023 (Scene da un matrimonio) anche se le loro nozze sono state messe un po’ in secondo piano da quelle dell’erede al trono e fratello maggiore di Iman, Hussein, che il 1 giugno dello stesso anno ha sposato la bella Rajwa. Il bebè in arrivo troverà già una cuginetta con cui giocare, la piccola Iman (sì, pure lei) figlia di Hussein e Rajwa, e vedremo se anche in questo caso si ricorrerà a un nome di famiglia. La regina, che evidentemente è l’unica con l’incarico di tenere i rapporti tra la famiglia e i social, dando l’annuncio ha scritto una frase molto carina: “Two is a couple, three is a blessing” (due è una coppia, tre una benedizione); e noi non vediamo l’ora di conoscere questa nuova creatura, che porti con sé innanzi tutto la benedizione della pace.
(Ph: Instagram @andreas_megos
Della seconda notizia si mormorava da un po’ e ora arriva la conferma direttamente dalla Casa reale di Grecia. Il principe Nikolaos, terzogenito di Costantino e Anne-Marie si sposa! O meglio, si risposa, visto che l’anno scorso ha divorziato dalla moglie Tatiana. La fortunata è Chryssi Vardinoyannis; figlia di un armatore greco amico degli ex sovrani e divorziata a sua volta. Anzi, visto che lei ha divorziato alla fine del 2023 e lui pochi mesi dopo, molte voci vorrebbero la liason tra i due già iniziata. La verità almeno per ora non è dato sapere, ciò di cui possiamo essere certi è che Nikolaos ama le bionde. Il matrimonio avverrà in una data ancora da definire ma sicuramente ad Atene, e noi vedremo che tipo di cerimonia sarà.
Lady Violet non può nascondere la propria soddisfazione: se inizia il trend del divorzio con conseguente nuovo matrimonio, i royal wedding non finiscono veramente più! Intanto auguri+auguri.
Una sola foto che vale un intero post: nel suo account Instagram la regina di Giordania pubblica questa deliziosa immagine che la ritrae in videoconferenza con in braccio la nipotina Iman.
(Ph: Instagram @queenrania)
La didascalia recita più o meno: la prima riunione su Zoom della piccola Iman qualche giorno fa. La bambina ha compiuto 3 mesi domenica scorsa, sembra avere i capelli castani e noi non vediamo l’ora di vederla in tutto il suo delicato splendore quando i genitori penseranno che sia arrivato il momento. Quanto a splendore, la bellissima nonna ne emana in ogni occasione nonostante in questa foto, complici forse gli occhiali e i capelli piatti, evochi vagamente una Santanché più giovane, bella e raffinata. Lady Violet si era chiesta spesso che nonna sarebbe stata Rania, ed ecco la risposta: tenera e partecipe. Poi magari non farà la torta di mele, ma sembra già aver inglobato la piccola nella sua vita. Almeno per il tempo di una fotografia, che è bella e pure furba.
Ma quanto ci è piaciuto il cappotto indossato da Rania per i 25 anni di regno del marito, e dunque pure suoi? E vogliamo lasciarlo nell’oblio? Giammai! Partiamo dunque da lei per questo chic shock e boh straordinario.
Con una sobria cerimonia, che il momento non invita a troppi festeggiamenti, mercoledì 7 la Giordania ha celebrato il giubileo d’argento del sovrano. Notavamo come le signore del nucleo familiare del sovrano fossero in nero; probabilmente in onore di Re Hussein scomparso 25 anni fa, ma secondo altri in segno di lutto per la tragica situazione a Gaza che la regina, di origine palestinese, segue con determinata passione. Rania sublime in un cappotto Dior dall’ampio collo incrociato e dalla linea che si ispira ai classici della maison, È in lana double un particolare tessuto, molto sofisticato, di gran moda fino a qualche decennio fa. Un tessuto doppio, costituito da due orditi e una trama o due trame e un ordito, non necessariamente double face, ma l’aspetto è quello. Ricordo che mia madre aveva alcuni cappotti, tra cui uno cammello all’esterno e avorio all’interno.
Un tessuto la cui lavorazione richiede una capacità artigianale, ragion per cui si trova sempre più di rado; ai tempi d’oro era uno dei grandi saperi della maison Dior. Perdonatemi se mi sono dilungata, ma questo capo non è solo bello, è anche colto se mi passate il termine; Rania lo ha abbinato a borsa Vuitton, modello Chain it. Superchic.
La figlia maggiore dei sovrani, la principessa Iman, è la più informale con pantaloni, dolcevita, e un cappotto sfrangiato Alaïa. Vi dirò, non mi dispiace per niente e mi sembra anche piuttosto adatto alla sua figura minuta. Chic. Mi convince meno la scelta della sorella Iman, con un cappottino Vuitton che non la valorizza appieno, con un orlo che litiga con quello che c’è sotto. È un capo della collezione 2001, per cui potrebbe arrivare dallo sterminato guardaroba materno, il che giustificherebbe l’incerto fitting. Boh.
Dulcis in fundo la principessa ereditaria Rajwa, che evidentemente non è freddolosa e al posto del cappotto indossa un abito midi, semplice ed elegante (ME+EM) completato da un paio di slingback, le Vendome 70 di YSL . Tocco originale la borsa in color verde smeraldo. È la Gabrielle della maison Moynat, molto popolare tra le royal ladies: la regina Camilla ne ha almeno un paio. Sicuramente chic, ma non si può fare a meno di notare come finora la futura regina sia piuttosto defilata. Ieri, 12 febbraio, i sovrani – impegnati in un viaggio in vari Paesi per sollecitare il cessate il fuoco a Gaza – sono stati ricevuti alla White House dal Presidente e dalla First Lady. Con loro c’era il principe ereditario Hussain, ma la moglie Rajwa è evidentemente rimasta a casa. Ora, è vero che questa è una rubrica che si occupa di stile, ma non si può fare a meno di notare l’espressione dei giordani, contrapposta al sorriso – magari solo di circostanza – dei Biden.
(Ph: Jim Watson/Getty Images)
Differenza che si nota anche nei colori scelti dalle due signore: lampone per Jill, molto graziosa, ma come spesso le accade sbaglia i volumi, boh. Nero e grigio per Rania, in total look Dior: polo in cashmere, gonna a ruota, scarpe e clutch. Chic. Prende sempre più corpo l’ipotesi che la regina mostri i suoi sentimenti per la crisi a Gaza anche usando l’abbigliamento; dal 7 ottobre ha infatti indossato solo bianco, nero e colori neutri; un metamessaggio fortemente simbolico e sicuramente interessante. Non so invece come inquadrare la latitanza di Rajwa, interessante anch’essa anche se per motivi diversi. Capisco che il tour dei sovrani sia più politico che diplomatico, per cui magari la sua presenza potesse essere considerata superflua, ma in questi primi mesi di matrimonio si è vista davvero poco. Ha accompagnato il marito in qualche appuntamento all’estero, ma mai in patria, mentre siamo abituati a vedere le nuove principesse, soprattutto se straniere (Rajwa è saudita) impegnate a conoscere direttamente il loro nuovo Paese. Forse l’uso locale è diverso, vedremo, ma i tour reali sono un elemento costante dell’attività di sovrani presenti e futuri. A tal proposito, sono stati annunciati i primi due viaggi all’estero dei nuovi sovrani danesi: Frederik X e Mary saranno in Svezia il 6 e 7 maggio, e in Norvegia il 14 e 15; il 14 maggio è anche il loro ventesimo anniversario di matrimonio, vedremo cosa si inventeranno. Intanto una cosa è certa, non vedremo più i profondi curtsy di cui Mary era maestra.
Proprio di una visita di stato, e proprio in Svezia, tratta la seconda parte di questo post. Ed è una visita dal sapore particolare: quella della coppia presidenziale francese nel Paese scandinavo la cui famiglia reale, i Bernadotte, ha molti legami con la Francia a partire dall’origine. Origine che ha consentito di rifornire i forzieri di gioielli straordinari.
(Ph: Clément Morin/Kungl. Hovstaterna)
Ecco dunque i Macron ricevuti a palazzo dai sovrani con due dei tre figli e rispettivi coniugi. Sofia, moglie del principe Carl Philip, ha una certa fascinazione per lo stile lolitesco, nonostante si avvicini ai 40 (li compirà a dicembre). L’abito è di Philosophy, linea disegnata da Lorenzo Serafini; non è brutto, anzi, ma l’indosso è un po’ troppo gnegne: orlo al ginocchio proprio perché più corto non si poteva, calze color carne, scarpine da brava bambina, e capelli sparsi a pioggia; la trovo terribile, è veramente lo stile che piace a lei e io detesto. Shock, senza rancore. Dal lato opposto la principessa ereditaria Victoria vestita dallo stilista del suo cuore, quel Pär Engsheden che firmò il suo abito da sposa. Perfetta per l’occasione: belli il modello e il punto di rosso, inevitabili le Gianvito 105 di Gianvito Rossi, mi piace meno il copricapo che la schiaccia un po’, avrei preferito qualcosa con maggior volume. Comunque chic. Accanto a lei la Première Dame in uno di suoi soliti completini abito+cappotto, immagino Vuitton come quasi tutto ciò che indossa, questa volta in un color menta delicato e piuttosto freddo. Avrei evitato le scarpe nere – che mi sembra siano le sue preferite – ma personalmente mi sarei astenuta anche da quel colorino, dunque… non mi entusiasma, ma abbastanza chic. E arriviamo alla Regina Silvia, che compie uno dei suoi non moltissimi passi falsi. Non tanto e non solo per il datatissimo completo con abito in una fantasia geometrica usata anche per i dettagli della giacchina nera, ma per il basco. Che non è un cappello elegante, e va indossato con la necessaria nonchalanche e non piazzato in capo così rigidamente.
(Ph: Olle Lindeborg / SCANPIX)
Mi sorge un dubbio: la bella Silvia avrà tratto ispirazione da Anne-Aymone Giscard d’Estaing, ritratta in questa fotografia in compagnia del marito allora presidente Valéry e i sovrani di Svezia all’uopo pubblicata dalla Casa reale a testimonianza dei precedenti incontri tra i due Paesi? Shock.
(Ph: Clément Morin/Kungl. Hovstaterna)
Scende la sera, e porta con sé il banchetto di stato, le toilettes da gran sera e i diademi. Silvia in viola, ripropone l’abito della maison di fiducia Georg et Arend indossato alla consegna dei premi Nobel 2022. Allora non ci piacque, e francamente nemmeno ora, ma trovo molto divertente la clutch, la Queen of hearts di Judit Leiber. Non aiuta l’equilibrio della mise la fascia della Légion d’honneur indossata nella versione più ampia e non quella sottile riservata di solito le signore. Ma ogni cosa scompare davanti alla storica bellezza della parure di camei: diadema, collier, orecchini, e da quello che intravvedo anche il bracciale. Boh, ma che splendore! Accanto a lei la Première Dame vestita da nonna di Elsa, con uno dei soliti abiti dalla linea smilza, arricchito da una cascata di cristalli. Dalla smorfia direi che non è convinta neanche lei; Lady Violet la trova convintamente shock.
La Principessa Ereditaria Victoria ha scelto uno dei diademi più interessanti della collezione svedese e non solo; una tiara di acciaio il cui sbrilluccichio è dato dalla lavorazione del metallo, essendo totalmente priva di gemme. Un pezzo favoloso, francamente uno dei miei preferiti della collezione svedese. Risale anch’esa all’epoca napoleonica, e si ritiene sia stata creata per Hortense de Beauharnais, figlia dell’imperatrice Joséphine. Accantonata per decenni, fu ritrovata per caso dalla regina Silvia poco dopo le sue nozze, tornando a godere dell’attenzione che merita. E ve lo dico, ce n’è anche un’altra, più piccola, risalente sempre allo stesso periodo. Confesso, ho preferito concentrarmi sulla tiara per sorvolare sul vestito di broccato indossato da Victoria, creato da H&M e indossato in precedenza, di sicuro per la serata dei premi Nobel del 2016. Anno in cui il sofà di Lady Violet non esisteva ancora, sennò lo avrebbe stroncato anche allora. Sembra la carta di un enorme cioccolatino, e pure il marito Daniel mi sembra perplesso. Shock.
Annega nei drappeggi anche Sofia, con una creazione del couturier svedese Lars Wallin. Troppo tutto: troppo ricco, troppo lungo, troppo pasticciato, pure troppe pieghe; e non aiuta la pettinatura con le ciocche che sfuggono morbidamente dal diadema, la sua solita tiara nuziale, questa volta decorata con perle. E mi taccio sulle scarpe con platform Charlotte Olympia; per fortuna si vedono poco! Inevitabilmente shock.
Mentre siamo concentrati sulla salute di un sovrano seduto sul trono da pochi mesi, allargando lo sguardo ne troviamo un altro che ieri ha celebrato il giubileo d’argento.
È il 7 febbraio 1999 quando, abbastanza a sorpresa, Abdullah sostituisce il padre sul trono di Giordania. Hussein, il “piccolo re”, quando muore ha solo 63 anni ma soffre da tempo di un linfoma non Hodgkin, per il quale si sottopone ciclicamente a terapie negli USA. Durante l’ultimo ricovero diventa evidente che non c’è più nulla da fare e lui torna a morire in patria. Ricordo che ogni Paese che veniva sorvolato dall’aereo reale faceva alzare dei caccia per scortarlo in segno di rispetto; non so se sia pratica comune, ma mi sembrò molto bello, e bello mi sembra ancora. Avvicinandosi la fine il sovrano aveva fatto cambiare la costituzione rimuovendo dal ruolo di principe ereditario il fratello minore Hassan – accusato di aver abusato del ruolo di plenipotenziario durante l’assenza del sovrano – sostituendolo con il figlio Abdullah. Che è stato probabilmente il principe ereditario dalla carriera più breve, almeno della storia recente: 14 giorni, dal 24 gennaio al 9 febbraio. Accanto a lui diventa regina la moglie Rania, giovanissima – appena 28 anni – e bellissima. Nel tempo è diventata anche elegantissima, distinguendosi per il sostegno alle donne e il contrasto alla discriminazione sessuale, aspetto che la fa molto apprezzare in occidente, un po’ meno dai più integralisti del suo Paese e del mondo arabo.
Ieri dunque nella corte del palazzo Raghadan l’importante ricorrenza è stata celebrata con una sobria cerimonia, cui non saprei dire se seguiranno altri festeggiamenti. La situazione nell’area come si sa è assai delicata, e infatti oggi il sovrano è partito per un tour che toccherà USA, Canada, Francia e Germania per caldeggiare il cessate il fuoco nella striscia di Gaza.
Il tutto si è svolto alla presenza della famiglia reale quasi al completo: manca il figlio minore Hashem ma ci sono i principi ereditari ad aprire la fila. Dopo di loro la madre del Re, Muna, le figlie dei sovrani Iman (senza il marito) e Salma, il principe Faisal (fratello minore di Abdullah) con la moglie, e la principessa Alia, primogenita del defunto re. Dopo di lei una coppia che abbiamo già conosciuto; il principe Ghazi, cugino di Abdallah, con la moglie Maryam, la spagnola Miriam Ungría y López, vedova del principe Kardam di Bulgaria (Che fantastica storia). La signora rischia di diventare anche suocera reale, dato che si parla con insistenza di un flirt tra il figlio Boris e Catharina-Amalia d’Olanda, che a Madrid è di casa. Avrete notato che a parte il suo cappottino azzurro quello cammello di Muna le royal ladies sono vestite di nero. Se fossimo in occidente direi che, come uso in molte famiglie, ci si veste a lutto in onore del defunto nel giorno dell’anniversario della sua scomparsa.
Ora, è vero che nel mondo islamico il nero non è il colore del lutto, ma è anche vero che ai funerali di Hussein le donne di famiglia erano in nero con il capo coperto da un velo bianco. Ulteriore conferma viene dalla immagine che ritrae i sovrani sulla tomba del defunto re; la regina è appunto in nero, con lo splendido cappotto Dior, il capo coperto da un velo bianco.
Come ha fatto per tutti i 24 anni precedenti, come le figlie che si intravvedono dietro di lei.
Dopo di loro, arrivano anche i principi ereditari, che devo dire finora non hanno goduto di particolare visibilità, soprattutto lei; ha la stessa età che aveva la suocera quando divenne regina, ma penso che la dolce Rajwa dovrà armarsi di santa pazienza.
Grande classico dell’estate, con l’insalata di riso il burraco e il morto a galla, è mettere il naso nelle relazioni altrui e Lady Violet non si tira certo indietro.
La prima coppia è quella che incuriosisce di più sia perché coinvolge un futuro re, sia perché è la prima che riguarda la nuova generazione, sia infine perché la fanciulla ha sangue e titolo italiani, italianissimi. Lui è Christian di Danimarca, 18 anni da compiere il 15 ottobre, secondo nella successione dopo il padre Frederik. Lei è Maria Chiara di Borbone Due Sicilie, e 18 anni li ha compiuti a capodanno. Nata a Roma, è la minore delle due figlie dei Duchi di Castro, Carlo di Borbone Due Sicilie e Camilla Crociani, uno di quei matrimoni – invero piuttosto frequenti – in cui lei diventa nobile e lui diventa ricco. La fanciulla ha studiato privatamente, parla ben sei lingue, ma sulla pagina che la riguarda sul sito di famiglia non si parla di progetti universitari. Su questa coppia non ci sono certezze ma solo indizi. Il primo: i due sono stati visti insieme a Montecarlo nei giorni del Grand Prix; il secondo: in coda alle vacanze di famiglia a Ibiza lui si è fermato a St Tropez dove lei è in villeggiatura; il terzo: l’articolo che ha dedicato loro la rivista ¡Hola!, pubblicazione regina della prensa del corazón. Nulla di certo dunque, ma come sanno i fan della divina Agatha (e gli appassionati di letteratura gialla in generale) un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova. Per sapere qualcosa in più non dobbiamo aspettare tanto, solo due mesi; vedremo cosa succederà per il compleanno di lui, che sarà celebrato col fasto che merita. Però a me la bionda Camilla – che qualcuno chiama Princess Barbie, di modissima in questi giorni – consuocera di sovrani mi piacerebbe assai, e l’accoppiata con la bruna Mary sarebbe piuttosto stimolante.
(Ph: splashniews.com)
Seconda coppia, altra mancanza di certezza ma voci che sulla stampa anglosassone si susseguono da vari mesi. Lui, Constantine Alexios di Grecia, è il secondogenito e primo maschio dei cinque figli di Pavlos e Marie-Chantal; anche lui compirà gli anni a ottobre, nel suo caso 25. Tenuto a battesimo dall’attuale Principe di Galles, nel Regno Unito è considerato il miglior partito in circolazione, dopo che anche il giovane simpatico e ricchissimo Duca di Westminster ha annunciato le proprie nozze (a giugno dell’anno prossimo). Lei è Poppy Delevingne, della famosa famiglia di imprenditori e modelle. Ha dodici anni di più, un paio di pupi, e risulta ufficialmente sposata, ma si pensa sia separata di fatto da un annetto. Un amore che noi comuni mortali possiamo seguire soprattutto grazie a Instagram: lui posta immagini bucoliche di lei, lei mette i cuoricini ai post di lui. Sembra uno di quegli amori “leggeri” e a questo stadio non ci sono elementi per dire che evolverà in altro, ma è proprio il caso di dire che… se son papaveri fioriranno (per i non anglofoni, poppy è il papavero). E vi assicuro che di lui parleremo ancora.
La terza coppia è l’unica che possiamo dare per certa, dato che ha appena annunciato le nozze. In questo caso diamo la precedenza a lei, la deliziosa Iman Pahlavi; trent’anni a settembre, seconda delle tre belle figlie di Reza, principe ereditario dell’Iran, e dunque nipote della leggendaria Farah Diba. Come sapete, la famiglia reale iraniana fu costretta all’esilio a seguito della rivoluzione islamica; quando il 16 gennaio 1979 lo Shah e la Shabanou abbandonarono il Paese, Reza era all’estero per ragioni di studio, e non ha mai più rimesso piede in patria. Dalla morte del padre, nel 1980, è il capo della famiglia e pretendente al trono; vive negli Stati Uniti con l’occhio sempre fisso al suo Paese e a ciò che vi accade. Negli USA ha conosciuto e sposato Yasmine Etemad-Amini, anche lei iraniana rifugiata all’estero, avvocata e attivista; hanno avuto tre figlie: Noor, Iman e Farah. Lo sposo si chiama Bradley Sherman, ha 33 anni e lavora nella finanza; la coppia si frequenta da tre anni, dopo il fidanzamento alle Bahamas con tutta la famiglia non ha ancora resa nota la data del matrimonio ma si sa che poi Iman e Bradley vivranno a New York, dove lei lavora per American Express. Sono molto curiosa di vedere queste nozze, che penso avranno uno stile più americano che persiano, certo molto lontano dai matrimoni dei nonni della sposa (o quello del nonno con Soraya); sono anche lieta della felicità che spero porterà alla famiglia, negli anni straziata dalla morte dei due figli più giovani dei sovrani, Leila e Ali Reza, entrambi suicidi a dieci anni di distanza. Francamente, più di quello che chiunque possa sopportare.
Se volete, in attesa di bearci delle immagini nuziali, su Netflix trovate il film Drottningen och jag, documento che una regista iraniana naturalizzata svedese (in lingua originale con sottotitoli) ha girato nel 2008 con la Shabanou.
Mi sono resa conto di avere titolato molti post sui royal wedding Scene da un matrimonio, espressione diventata popolare dall’omonimo, pall… noiosissimo film di Ingmar Bergman. Dunque questa volta si cambia! E andiamo a raccontare questo royal wedding di giugno.
L’appuntamento è per il pomeriggio di giovedì 1 a Zahar Palace, edificio eretto nel 1957 e da allora sede di molti eventi reali, come il matrimonio tra gli attuali sovrani, che il 10 giugno celebreranno il trentesimo anniversario. Alle 16.00 arrivano il Re e la Regina per dare il benvenuto ai 140 ospiti accuratamente selezionati: familiari, teste coronate e capi di stato. Lui molto emozionato, dimostra un po’ più dei suoi 61 anni; lei bellissima come sempre, con un trucco che resta impeccabile nonostante il caldo e gli almeno 200 baci ricevuti sulle guance levigate.
La prima sorpresa è la sua mise: ci si aspettava qualcosa di clamoroso, fastoso, magari ispirato alla tradizione mediorientale, invece Rania si presenta sobria, austera, quasi monacale. E in nero. Ora non fissatevi col colore, vi prometto a breve un post su colori e matrimoni. Per le nozze del primogenito la regina sceglie un abito Dior Haute Couture con corpino aderente e gonna svasata; sola decorazione un ricamo écru sugli alti polsini, il collo montante e la schiena; ricamo che viene riproposto anche sulla clutch. Oltre a tutto il resto, una lezione di fitting.
Iniziano ad arrivare gli invitati: la Principessa Muna, nonna inglese dello sposo, sceglie il lilla, che coi capelli bianchi è una meraviglia.
Stesso colore per Azza Al Sudairi, madre della sposa, in compagnia del marito e della famiglia saudita. Lei ha i capelli coperti da un velo all’uso del suo Paese. Entrambi i padri degli sposi parteciperanno attivamente al rito islamico, mentre le due madri seguiranno la cerimonia sedute vicine.
Riconosco solo qualche appartenente alla famiglia reale giordana, molti sono giovani, cugini dello sposo. Non c’è l’ultima moglie del defunto re, la Regina Noor, ma probabilmente ci sono i suoi figli, che non conosco. Col marito Ghazi bin Muhammad, cugino del Re, arriva in elegante caftano verde acido la spagnola Maryam al Ghazi, già principessa di Tărnovo per aver sposato il principe Kardam di Bulgaria, deceduto dopo anni di sofferenza in conseguenza di un incidente automobilistico. La sua rinascita dopo la tragedia l’abbiamo raccontata qui Che fantastica storia. Sicuramente non c’è Haya, sorellastra del sovrano, né il marito Mohammed bin Rashid Al Maktoum, emiro di Dubai, da cui è fuggita e sta divorziando tra problemi e pericoli.
Delizioso l’ingresso di Iman, prima figlia dei sovrani: meno di tre mesi fa la sposa era lei. Per le nozze del fratello indossa un bell’abito beige di Ashi Studio, maison fondata dal saudita Mohamed Ashi, ormai un punto di riferimento dell’Arab style. La madre le rivolge uno sguardo ammirato e orgoglioso; Rania dev’essere una di quelle donne che sono un toccasana per l’autostima dei figli. Se invece siete come Lady Violet, avrete rivolto uno sguardo sorpreso e desolato al copritermosifone in legno finto antico.
Poco prima delle 17.00 è la volta dello sposo. Indossa un’uniforme che non gli da un’aria troppo marziale, ricca com’è di fregi e greche, frizzi e lazzi, ispirata a quella indossata dal padre per il suo matrimonio. In occasione delle nozze, il principe ha ricevuto dal padre la spada hashemita, copia di quella forgiata nel 1916 per Abdullah I, primo re della dinastia e bisnonno dell’attuale sovrano (con la revoca del mandato britannico, la Giordania ha ottenuto l’indipendenza il 25 maggio 1946). Realizzata col ferro estratto nei pressi del castello di Ajiloun, reca inciso un versetto del Corano: “se Dio ti protegge non sarai mai sconfitto”. A Lady Violet, non particolarmente amante delle armi, sembra soprattutto un po’ lunga per il proprietario. Poi è vero che esiste tutta una mitologia riguardante spade e sciabole, spesso dotate di nome proprio (Excalibur, Durlindana); storie affascinanti che magari un giorno racconteremo, ma oggi più che mai pensiamo all’amore, non alla guerra.
Mentre Hussein raggiunge il suo posto, arriva a palazzo la Rolls Royce Phantom V realizzata nel 1968 per la regina Zein Al-Sharaf, nonna del sovrano. A bordo c’è Rajwa, accompagnata da Salma, sorella minore dello sposo; Iman le aspetta sulla porta.
Le due principesse, vestite in modo totalmente differente (la più giovane indossa un abito azzurro di Stella McCartney) svolgono il ruolo di damigelle della sposa, che al suo apparire rivela infine il segreto meglio mantenuto di ogni matrimonio: l’abito nuziale. In questo caso accompagnato da una deliziosa sorpresa: sarà il fratello minore dello sposo, il principe Hashem, diciotto anni di tenerezza e goffaggine, ad accompagnare la quasi cognata e il suo voluminoso strascico all’altare (in senso figurato naturalmente, non ci sono altari nel rito islamico).
A creare l’abito con cui Miss Rajwa Al Safi diventa sua Altezza Reale la Principessa Ereditaria di Giordania è stato incaricato il libanese Elie Saab, già autore di altri celebri wedding dress in uno stile inconfondibile, principalmente in pizzo. In questo caso niente pizzo, ma un modello in crêpe con due punti di forza: il primo è lo scollo asimmetrico sottolineato dal drappeggio in diagonale che scolpisce l’abito addosso alla sposa. So che le asimmetrie non piacciono molto, e dunque non tutti approveranno: personalmente le adoro, trovo che la linea geometrica si adatti meravigliosamente alla figura alta e slanciata di Rajwa, e anche alla sua natura razionale di architetto. Tra l’altro, il web ha prontamente fornito una immagine di Rania, in cui indossa esattamente lo stesso scollo in un abito, sempre di Saab, del 2001.
Secondo punto di forza il sontuoso strascico che parte dalla vita, quasi fosse una sopragonna, aggiungendo volume e importanza. La decorazione tridimensionale è composta da 550 petali che formano dei fiori, in parte applicati anche sul velo in tulle di seta. Sei chili (!) di perline e cristalli completano l’abito, immagino contribuendo a renderlo piuttosto pesante e difficile da manovrare. Inoltre la sposa, probabilmente per non sovrastare il suo sposo, indossa delle babbucce rasoterra che ne ingoffano ulteriormente la camminata.
Questo secondo me è il vero limite di quest’abito, che peraltro mi è piaciuto molto: il sensazionale primo impatto si è un po’ perso col movimento, anche a causa del percorso accidentato – gira a destra, a sinistra, sali le scale, scendi le scale, passa sotto l’arco – che sposa e accompagnatore hanno dovuto compiere per raggiungere il gazebo dove si sarebbe svolta la cerimonia. In certi momenti sembrava di assistere a Giochi senza frontiere (se siete troppo giovani, beati voi e googlate). Insomma, diciamo un modello adatto più alla lineare sontuosità di una cattedrale. Un pensiero di comprensione e stima per le due povere quasi cognate costrette a inseguire la sposa pancia a terra cercando di tenere sotto controllo quello tsunami di tessuto.
Sui capelli bruni di Rajwa, separati da una scriminatura centrale e sciolti sulle spalle – insomma una spettinatura – brilla una nuova, inedita tiara di diamanti, che lei indossa come un cerchietto, e resta staccata dal velo, lasciando visibile uno spicchio di capelli. La tiara, con gli orecchini in abbinamento, è una creazione del gioielliere francese Fred. Lateralmente si vedono degli elementi di calligrafia araba a formare le parole “Rajwatum min Allah” cioè “una preghiera esaudita da Dio” frase pronunciata – e pure pubblicata su Instagram – dalla regina Rania in riferimento alla futura nuora.
La cerimonia è officiata dal dr Ahmed Al Khalaileh, imam di corte. Non conoscendo il rito islamico, mi ha colpito il fatto che la sposa non parli, per lei parla il padre. Meno male che almeno firma!
Particolare lo scambio delle fedi: gli sposi sono arrivati indossando l’anello all’anulare destro, poi se lo sono sfilato a vicenda e infilato a sinistra. Segue casto bacio sulle guance, accolto con gratitudine da chi ancora ricorda il royal wedding kiss meno elegante di sempre (do you remember? tenete a mente questo matrimonio, c’è un elemento di cui parleremo a breve Royal chic shock e boh – 1986 Royal wedding edition). Dopo il brevissimo rito, tocca agli sposi ricevere auguri (e baci) dagli ospiti; ho notato che Rajwa non ha fatto il curtsy a nessuno, neanche ai sovrani in carica.
La festa continua – anzi, comincia – bisogna spostarsi a Al Husseiniya Palace; gli sposi lo fanno accompagnati da un corteo che si chiama Red Motorcade: a bordo di una jeep bianca (la stessa usata per le loro nozze dai sovrani) sono scortati da veicoli rossi, 8 jeep e 11 motociclette, nel loro prima bagno di folla da sposati. Io ho molto apprezzato i sidecar, e l’entusiasmo dei giovani volontari della fondazione del principe ereditario che tutti intutati hanno formato una simpatica e imperfetta bandiera
Arrivati a destinazione l’inevitabile, interminabile spettacolo a base di canti e danze tipici, culminato col taglio della torta. A sette piani (torna il numero sette, di particolare valenza simbolica per la Giordania), decorata con cascate di fiori azzurri.
In quel momento la tv di stato inquadra due cantanti: di mezz’età, con pancetta e giacca grigia come i capelli. Uguali. Due gemelli, praticamente Al e Bano. Felicità, forse un panino, no bicchieri di vino e al prossimo post, dedicato agli ospiti!
Per scivolare nel weekend vi propongo qualche dettaglio in più sul royal wedding giordano di domenica scorso, quei particolari che nel tempo rapido della cronaca rischiano di sfuggire, o si scoprono più tardi.
Nella foto con tutta la famiglia reale giordana, terza da sinistra in prima fila è la nonna paterna della sposa, la principessa Muna, elegantissima in grigio e verde oliva. In seconda fila, al secondo e terzo posto da destra una coppia di cui abbiamo parlato qualche mese fa, protagonista di un amore romantico quanto inatteso: Ghazi bin Muhammad, cugino del re, e la moglie Maryam al Ghazi, nata Miriam Ungría y López, già Principessa vedova di Tărnovo (il post dedicato a loro lo trovate qui Che fantastica storia).
Se vi interessa qualcosa sulla famiglia dello sposo, ecco l’incontro tra consuoceri; direi che Rania ha trovato – letteralmente – qualcuna alla sua altezza: la madre dello sposo, Corina Hernández, fotografa e proprietaria di una galleria d’arte a Miami dove, tra gli altri, espone i suoi lavori. Lo sposo proviene da una ricchissima famiglia greco-venezuelana; il nonno, Dimitrios Thermiotis emigrò da Andros, isola delle Cicladi, alla volta di Caracas, iniziò a farsi chiamare Jimmy e si dedicò all’importazione di beni di lusso nel Paese latinoamericano. Tra i brand importati c’era anche Dior; e si racconta che il divino Christian nel 1952 venisse accolto proprio da Jimmy al suo arrivo all’aeroporto della capitale venezuelana.
La scelta di Dior per le mise della sposa e di sua madre è forse un delicato omaggio a questa storia familiare? Sia come sia, il nipote di Dimitrios/Jimmy, nelle cui vene scorre sangue greco ebraico spagnolo e pure italiano, chiamato come il nonno, ha trasformato il proprio nome in Jameel convertendosi all’islam, conversione necessaria per sposare la principessa giordana.
Quanti di voi sono rimasti affascinati dalla clutch della madre della sposa, proprietaria tra l’altro di una collezione di borse da far invidia a chiunque? È il modello Le 8 di Jennifer Chamandi, giovane designer di accessori britannica di origine libanese, le cui collezioni sono rigorosamente made in Italy. La clutch, che a me era sembrata argento, è invece in satin color baby blue ed è stata realizzata su misura per la regina sostituendo la fibbia a goccia rovesciata (la cruna dell’ago, simbolo della maison) del modello standard con elementi calligrafici arabi a formare la parola Imany, cioè “la mia Iman”. La stessa designer ha fornito anche le scarpe per madre e sorella della sposa: le Lorenzo 105 per Rania e Lorenzo 65 in pelle dorata con tacco largo per Salma. Ho scoperto che questo brand, che non conoscevo, chiama i diversi modelli delle sue scarpe con nomi maschili italiani: Vittorio, Roberto, Renato.
Last but not least, la tiara. Iman ha fermato il suo velo di tulle ricamato con un piccolo diadema di diamanti, mai visto in precedenza. Ciò che si sa è che si tratta di una creazione Chaumet, e probabilmente arriva da nonna Muna; non è noto però se la tiara sia stata realizzata per l’occasione, o fosse già nei forzieri della ex sovrana. Nella sua delicatezza la trovo molto adatta ad una ragazza così giovane e a un matrimonio di non primissimo piano. Personalmente non amo particolarmente i disegni così stilizzati ma – senza velo, of course – un giro ce lo farei volentieri. Se l’idea di curiosare tra i diademi che Chaumet mette a disposizione diverte anche voi seguite il link https://www.chaumet.com/fr_fr/haute-joaillerie/diademes
Questa domenica è dedicata al primo royal wedding dell’anno, quello tra la principessa giordana Iman bintAbdullah II E Jameel Alexander Thermiotis.
Alcune immagini non sono eccezionali, essendo tratte dalla ripresa video della TV giordana; le altre vengono dal profilo IG della regina Rania. Tutte però raccontano di un bel matrimonio semplice (nei limiti del possibile per la figlia di un re) e romantico, perfetta sintesi tra oriente e occidente, secondo lo stile della Corte hashemita. Tema della decorazione il bianco: fiori candele cuscini in un allestimento curato dalla società giordana ADegrees.
La sposa è arrivata al luogo delle nozze, all’interno della residenza reale, al braccio del fratello maggiore, accompagnata solo da due piccole damigelle.
Deliziosa, indossa un abito di linea molto semplice, con dettagli in un tessuto semitrasparente arricchito da leggeri tocchi di pizzo, creato esclusivamente per lei da Dior. In testa un bellissimo velo di tulle ricamato, fermato da una piccola tiara di diamanti a me sconosciuta, che non è quella appartenente alla madre con cui Iman era stata fotografata in un recente ritratto, troppo importante per una sposa così giovane e un matrimonio intimo.
Fedele a sé stessa la bella madre della sposa, commossa come da copione, in un lungo abito plissé della collezione Dior Haute Couture 2022/23, con una clutch color argento. Maria Grazia Chiuri, direttore creativo della storica maison francese, piazza dunque un doppio colpo vestendo le due signore più in vista della giornata. Complimenti e un pizzico di italico orgoglio.
La sorella minore della sposa, la ventiduenne Salma, osa uno dei colori più di moda della stagione, il fucsia intenso, per un abito Andrew GN. Scelta bold anche per Rajwa, prossima sposa alla Corte giordana, che punta sul giallo acceso di un cape dress firmato Roksanda, secondo me un mezzo scivolone perché rischia di distogliere l’attenzione dalla sposa, unico peccato capitale in una cerimonia nuziale.
Mi è piaciuto molto il saluto tra il re e sua madre, la principessa Muna. Nata Antoinette Avril Gardiner, suo padre era un alto ufficiale britannico di stanza in Medio Oriente. Sposò il defunto re Husayn – si dice che i due si fossero conosciuti durante le riprese di Lawrence d’Arabia – il 25 maggio 1961 ma il matrimonio non fu ben accolto dai giordani, che non apprezzavano una regina occidentale che per di più aveva ascendenze ebraiche. La coppia ebbe quattro figli: oltre all’attuale sovrano, il principe Faysal e le principesse gemelle Aisha e Zain. Nonostante il divorzio del 1971, Muna è rimasta in Giordania, dove si è occupata principalmente della formazione delle infermiere.
Non è mancata la torta piramidale, che lo sposo, leggermente imbarazzato, ha tagliato con una sciabola che evidentemente, fortunatamente, non è abituato a maneggiare; in definitiva una bella festa di famiglia.
Auguri agli sposi! L’appuntamento ad Amman è per giovedì 1 giugno.
Ieri la Regina Rania ha ospitato la cerimonia dell’henné in onore della figlia Iman, che domenica si unirà inmatrimonio con Jameel Alexander Thermiotis.
La sposa è arrivata vestita di bianco, in un abito ispirato alla tradizione del suo Paese creato da Reema Dahbour stilista Giordana d’origine palestinese, come Rania. La regina ha aggiunto un tocco pieno di significato dando alla figlia la cintura del suo abito da sposa, disegnato dal britannico Bruce Oldfield (probabile creatore dell’abito dell’incoronazione di Camilla).
A festeggiare Iman c’era anche la futura cognata Rajwa Al Saif che come la futura suocera ha scelto una mise di ispirazione tradizionale – saudita l’una, giordana l’altra – nelle tonalità del magenta con tocchi di arancione odi rosa cipria. Una visione di grazia, bellezza, eleganza veramente rare.
L’uso dell’henné a scopo medicinale e per decorare la pelle in occasione di feste o eventi sacri è attestato in tempi antichissimi tra le popolazioni sahariane, in Mesopotamia in Egitto e tra gli Ebrei; in testi assiri del VII secolo a.C. si parla della decorazione con l’henné delle mani di una fanciulla che si prepara al matrimonio. La cerimonia dell’henné celebra il momento in cui la sposa dice addio alla casa paterna, festeggiata dalla madre e dalle donne di famiglia, e probabilmente fino a qualche decennio serviva anche a istruire la fanciulla sulla vita coniugale, cosa che francamente oggi mi sentirei di escludere.
Mi ha un po’ sorpreso la presenza di fotografi uomini in quello che avrebbe dovuto essere un gineceo, ma in fondo è la testimonianza di come sia possibile mantenere il fascino delle tradizioni adattandole a uno stile di vita contemporaneo. Un’altra cosa che non manca mai di colpirmi è la relazione che la regina Rania riesce a stabilire con le donne del suo Paese, così diverse da lei. Un Paese (come tutti quelli dell’area) organizzato in un sistema tribale dal tempo dei Nabatei, se non prima. L’identità araba è cosa assai più complessa di quanto si pensi e di quanto io sappia dire.
Non ci resta che aspettare domenica, godendoci questi giorni di preparazione, chissà se porteranno altre sorprese.