Le foto del giorno – L’importante è partecipare

Oggi l’inaugurazione dei giochi olimpici di Parigi 2024, con cerimonia au bord de la Seine. La Ville Lumière si è naturalmente riempita non solo di atleti, ma anche di reali e capi si stato che accompagnano le loro delegazioni. Due i momenti ufficiali per loro: ieri sera la cena nella piramide del Louvre ospiti del Presidente del CIO, Comitato Olimpico Internazionale, Thomas Bach e della consorte Claudia. Oggi invece sono stati ricevuti all’Eliseo dal Presidente Macron e signora. Iniziamo questa carrellata fotografica partendo da noi, col Presidente Mattarella accompagnato dalla figlia Laura. Che è una donna dotata di notevole signorilità, ma non particolarmente elegante.

(Ph:  Ludovic Marin/POOL – ANSA/EPA)

Per la cena della vigilia ha scelto pantaloni bianchi con una blusa/poncho con stampa a farfalle. L’abbiamo vista vestita meglio, ma anche peggio. Fotografie dei Mattarella oggi all’Eliseo non ne ho trovate, ma ho trovato un aneddoto su Macron che al termine del ricevimento offerto alla stampa estera accreditata, conversando con un nostro connazionale, ha sottolineato il legame che sente col nostro Paese e con Napoli, ricordando insieme a Brigitte che il loro incontro fu favorito da una pièce di Eduardo De Filippo. E alla domanda se sapesse qualche parola in napoletano ha risposto caffè sospeso. Molto ben detto, Monsier le Président.

(Ph: Jeanne Accorsini)

Non potevano mancare i Principi di Monaco; del loro amore per lo sport abbiamo detto spesso, e ricordiamo che entrambi hanno partecipato come concorrenti a edizioni precedenti. Bella e grintosa la Princesse con top e pantaloni Alexander McQueen; una mise che sottolinea molto le ampie spalle, ma non male.

(Ph: Eliot Blondet)

Albert II e Charlène non hanno mancato l’appuntamento con i Macron; lei in total white con accessori silver, lui con l’uniforme olimpica del Principato; sarà per quello che Brigitte si è messa le mani ai capelli conciandoli così? Io però Albert quando fa queste cose lo amo: non si tira mai indietro, e non è poco.

Ecco i sovrani belgi, reduci dall’emozione della laurea a Oxford della primogenita Elisabeth – che completerà la sua formazione a Harvard – la Reine indossa a sua volta pantaloni bianchi con una blusa/poncho assai scenografica, che in effetti è una tuta ed è firmata Natan. Mathilde irradia luce, la trovo veramente splendida, e stavolta non posso neanche parlare male del suo amato couturier!

Alla cena al Louvre partecipano anche Los Reyes, con Letizia che diplomaticamente omaggia la Francia presentandosi in Dior dalla testa ai piedi. Mi piace molto, e mi piace il fatto che osi qualcosa di diverso; ho scelto questa foto dove l’abito si apprezza meglio. Poi i capelli così tirati la invecchiano un po’, ma non si può avere tutto.

Oggi all’Eliseo Felipe è andato da solo, non chiedetemi perché. La foto ve la metto lo stesso perché insomma, El Rey è sempre un bel vedere, e El Rey a Parigi è sempre una buona idea.

(Ph: Arturo Holmes/POOL/AFP)

Presenti i sovrani più “nuovi”, quelli di Danimarca, che giocano quasi in casa viso che in fondo il re è francese per metà. Anche Mary sceglie una tuta rossa, di Max Mara, con sandali Aquazzura e clutch Prada; insomma Made in Italy al 100%. La regina, che è arrivata dalla Sardegna dove era in vacanza col marito, è apparsa ringiovanita; opera del nuovo colore di capelli con ciocche color caramello vicino al viso (si chiama face framing) e forse qualche ritocco. A 52 anni, con un nuovo lavoro e un marito forse distratto, ci sta.

(Ph: COSL/LUXPRESS)

Per due sovrani che hanno preso servizio da poco eccone due che stanno per lasciare: i Granduchi del Lussemburgo, che hanno annunciato da ottobre il graduale passaggio dei poteri al figlio Guillaume. Maria Teresa ha tirato fuori dall’armadio un abito marrone con scollo all’americana, prudentemente arricchito da una stola, del libanese Rabih Kayrouz. Mi piace anche lei, starò diventando troppo buona?

Royals britannici, svedesi, norvegesi non pervenuti, mentre ieri al Louvre è arrivato – da solo e in anticipo – Willem-Alexander d’Olanda, che oggi era in tribuna con la consorte ad applaudire gli atleti.

Riassumendo, mi sembra che ogni delegazione abbia fatto un po’ come voleva, e le fotografie risentono di questa scelta. Non tutti hanno partecipato agli eventi ufficiali, alcuni hanno inaugurato il villaggio degli atleti del proprio Paese, alcuni oggi si sono fatti un selfie in tribuna. Dunque troverete tante immagini diverse, comunque piacevoli e persino divertenti.

Lady Violet vi saluta con questa bella foto di gruppo dall’Eliseo, e vediamo se riconoscete qualcuno.

Comincio io: la signora in azzurro, quinta da sinistra, è Jill Biden, col completo indossato l’anno scorso all’incoronazione di Charles e Camilla. E chi sarà quella dea in rosso arancio e borsa azzurra al centro della scena? Insomma vinca il migliore, ma ricordiamoci che l’importante è partecipare!

Royal chic shock e boh – Tra stile e simbolo

Ma quanto ci è piaciuto il cappotto indossato da Rania per i 25 anni di regno del marito, e dunque pure suoi? E vogliamo lasciarlo nell’oblio? Giammai! Partiamo dunque da lei per questo chic shock e boh straordinario. 

Con una sobria cerimonia, che il momento non invita a troppi festeggiamenti, mercoledì 7 la Giordania ha celebrato il giubileo d’argento del sovrano. Notavamo come le signore del nucleo familiare del sovrano fossero in nero; probabilmente in onore di Re Hussein scomparso 25 anni fa, ma secondo altri in segno di lutto per la tragica situazione a Gaza che la regina, di origine palestinese, segue con determinata passione. Rania sublime in un cappotto Dior dall’ampio collo incrociato e dalla linea che si ispira ai classici della maison, È in lana double un particolare tessuto, molto sofisticato, di gran moda fino a qualche decennio fa. Un tessuto doppio, costituito da due orditi e una trama o due trame e un ordito, non necessariamente double face, ma l’aspetto è quello. Ricordo che mia madre aveva alcuni cappotti, tra cui uno cammello all’esterno e avorio all’interno.

Un tessuto la cui lavorazione richiede una capacità artigianale, ragion per cui si trova sempre più di rado; ai tempi d’oro era uno dei grandi saperi della maison Dior. Perdonatemi se mi sono dilungata, ma questo capo non è solo bello, è anche colto se mi passate il termine; Rania lo ha abbinato a borsa Vuitton, modello Chain it. Superchic.

La figlia maggiore dei sovrani, la principessa Iman, è la più informale con pantaloni, dolcevita, e un cappotto sfrangiato Alaïa. Vi dirò, non mi dispiace per niente e mi sembra anche piuttosto adatto alla sua figura minuta. Chic. Mi convince meno la scelta della sorella Iman, con un cappottino Vuitton che non la valorizza appieno, con un orlo che litiga con quello che c’è sotto. È un capo della collezione 2001, per cui potrebbe arrivare dallo sterminato guardaroba materno, il che giustificherebbe l’incerto fitting. Boh.

Dulcis in fundo la principessa ereditaria Rajwa, che evidentemente non è freddolosa e al posto del cappotto indossa un abito midi, semplice ed elegante (ME+EM) completato da un paio di slingback, le Vendome 70 di YSL . Tocco originale la borsa in color verde smeraldo. È la Gabrielle della maison Moynat, molto popolare tra le royal ladies: la regina Camilla ne ha almeno un paio. Sicuramente chic, ma non si può fare a meno di notare come finora la futura regina sia piuttosto defilata. Ieri, 12 febbraio, i sovrani – impegnati in un viaggio in vari Paesi per sollecitare il cessate il fuoco a Gaza – sono stati ricevuti alla White House dal Presidente e dalla First Lady. Con loro c’era il principe ereditario Hussain, ma la moglie Rajwa è evidentemente rimasta a casa. Ora, è vero che questa è una rubrica che si occupa di stile, ma non si può fare a meno di notare l’espressione dei giordani, contrapposta al sorriso – magari solo di circostanza – dei Biden.

(Ph: Jim Watson/Getty Images)

Differenza che si nota anche nei colori scelti dalle due signore: lampone per Jill, molto graziosa, ma come spesso le accade sbaglia i volumi, boh. Nero e grigio per Rania, in total look Dior: polo in cashmere, gonna a ruota, scarpe e clutch. Chic. Prende sempre più corpo l’ipotesi che la regina mostri i suoi sentimenti per la crisi a Gaza anche usando l’abbigliamento; dal 7 ottobre ha infatti indossato solo bianco, nero e colori neutri; un metamessaggio fortemente simbolico e sicuramente interessante. Non so invece come inquadrare la latitanza di Rajwa, interessante anch’essa anche se per motivi diversi. Capisco che il tour dei sovrani sia più politico che diplomatico, per cui magari la sua presenza potesse essere considerata superflua, ma in questi primi mesi di matrimonio si è vista davvero poco. Ha accompagnato il marito in qualche appuntamento all’estero, ma mai in patria, mentre siamo abituati a vedere le nuove principesse, soprattutto se straniere (Rajwa è saudita) impegnate a conoscere direttamente il loro nuovo Paese. Forse l’uso locale è diverso, vedremo, ma i tour reali sono un elemento costante dell’attività di sovrani presenti e futuri. A tal proposito, sono stati annunciati i primi due viaggi all’estero dei nuovi sovrani danesi: Frederik X e Mary saranno in Svezia il 6 e 7 maggio, e in Norvegia il 14 e 15; il 14 maggio è anche il loro ventesimo anniversario di matrimonio, vedremo cosa si inventeranno. Intanto una cosa è certa, non vedremo più i profondi curtsy di cui Mary era maestra.

Proprio di una visita di stato, e proprio in Svezia, tratta la seconda parte di questo post. Ed è una visita dal sapore particolare: quella della coppia presidenziale francese nel Paese scandinavo la cui famiglia reale, i Bernadotte, ha molti legami con la Francia a partire dall’origine. Origine che ha consentito di rifornire i forzieri di gioielli straordinari.

(Ph: Clément Morin/Kungl. Hovstaterna)

Ecco dunque i Macron ricevuti a palazzo dai sovrani con due dei tre figli e rispettivi coniugi. Sofia, moglie del principe Carl Philip, ha una certa fascinazione per lo stile lolitesco, nonostante si avvicini ai 40 (li compirà a dicembre). L’abito è di Philosophy, linea disegnata da Lorenzo Serafini; non è brutto, anzi, ma l’indosso è un po’ troppo gnegne: orlo al ginocchio proprio perché più corto non si poteva, calze color carne, scarpine da brava bambina, e capelli sparsi a pioggia; la trovo terribile, è veramente lo stile che piace a lei e io detesto. Shock, senza rancore. Dal lato opposto la principessa ereditaria Victoria vestita dallo stilista del suo cuore, quel Pär Engsheden che firmò il suo abito da sposa. Perfetta per l’occasione: belli il modello e il punto di rosso, inevitabili le Gianvito 105 di Gianvito Rossi, mi piace meno il copricapo che la schiaccia un po’, avrei preferito qualcosa con maggior volume. Comunque chic. Accanto a lei la Première Dame in uno di suoi soliti completini abito+cappotto, immagino Vuitton come quasi tutto ciò che indossa, questa volta in un color menta delicato e piuttosto freddo. Avrei evitato le scarpe nere – che mi sembra siano le sue preferite – ma personalmente mi sarei astenuta anche da quel colorino, dunque… non mi entusiasma, ma abbastanza chic. E arriviamo alla Regina Silvia, che compie uno dei suoi non moltissimi passi falsi. Non tanto e non solo per il datatissimo completo con abito in una fantasia geometrica usata anche per i dettagli della giacchina nera, ma per il basco. Che non è un cappello elegante, e va indossato con la necessaria nonchalanche e non piazzato in capo così rigidamente.

(Ph: Olle Lindeborg / SCANPIX)

Mi sorge un dubbio: la bella Silvia avrà tratto ispirazione da Anne-Aymone Giscard d’Estaing, ritratta in questa fotografia in compagnia del marito allora presidente Valéry e i sovrani di Svezia all’uopo pubblicata dalla Casa reale a testimonianza dei precedenti incontri tra i due Paesi? Shock.

(Ph: Clément Morin/Kungl. Hovstaterna)

Scende la sera, e porta con sé il banchetto di stato, le toilettes da gran sera e i diademi. Silvia in viola, ripropone l’abito della maison di fiducia Georg et Arend indossato alla consegna dei premi Nobel 2022. Allora non ci piacque, e francamente nemmeno ora, ma trovo molto divertente la clutch, la Queen of hearts di Judit Leiber. Non aiuta l’equilibrio della mise la fascia della Légion d’honneur indossata nella versione più ampia e non quella sottile riservata di solito le signore. Ma ogni cosa scompare davanti alla storica bellezza della parure di camei: diadema, collier, orecchini, e da quello che intravvedo anche il bracciale. Boh, ma che splendore! Accanto a lei la Première Dame vestita da nonna di Elsa, con uno dei soliti abiti dalla linea smilza, arricchito da una cascata di cristalli. Dalla smorfia direi che non è convinta neanche lei; Lady Violet la trova convintamente shock.

La Principessa Ereditaria Victoria ha scelto uno dei diademi più interessanti della collezione svedese e non solo; una tiara di acciaio il cui sbrilluccichio è dato dalla lavorazione del metallo, essendo totalmente priva di gemme. Un pezzo favoloso, francamente uno dei miei preferiti della collezione svedese. Risale anch’esa all’epoca napoleonica, e si ritiene sia stata creata per Hortense de Beauharnais, figlia dell’imperatrice Joséphine. Accantonata per decenni, fu ritrovata per caso dalla regina Silvia poco dopo le sue nozze, tornando a godere dell’attenzione che merita. E ve lo dico, ce n’è anche un’altra, più piccola, risalente sempre allo stesso periodo. Confesso, ho preferito concentrarmi sulla tiara per sorvolare sul vestito di broccato indossato da Victoria, creato da H&M e indossato in precedenza, di sicuro per la serata dei premi Nobel del 2016. Anno in cui il sofà di Lady Violet non esisteva ancora, sennò lo avrebbe stroncato anche allora. Sembra la carta di un enorme cioccolatino, e pure il marito Daniel mi sembra perplesso. Shock.

Annega nei drappeggi anche Sofia, con una creazione del couturier svedese Lars Wallin. Troppo tutto: troppo ricco, troppo lungo, troppo pasticciato, pure troppe pieghe; e non aiuta la pettinatura con le ciocche che sfuggono morbidamente dal diadema, la sua solita tiara nuziale, questa volta decorata con perle. E mi taccio sulle scarpe con platform Charlotte Olympia; per fortuna si vedono poco! Inevitabilmente shock.

Va in scena il royal wedding – Gli invitati

Dopo gli sposi e la cerimonia che li ha uniti in questa straordinaria giornata, ecco gli ospiti di particolare importanza, il cui arrivo alle nozze abbiamo potuto apprezzare grazie alla perfetta organizzazione e all’accoglienza che i sovrani hanno riservato ad ognuno. Un affascinante mix di Oriente e Occidente, di favolose toilettes e abiti già visti, di costumi tradizionali e creazioni couture. E pure qualche incidente, per fortuna solo sfiorato: con la Principessa Muna, seconda moglie del defunto Re Hussein e madre dell’attuale sovrano, sono arrivate le figlie gemelle, Aisha e Zein.

Zein, la signora bruna coi capelli corti, indossa un abito verde bosco di Carolina Herrera con borsetta Bulgari mentre la sorella Aisha, la signora bionda, ha scelto un elegante abito beige di Reem Acra. Che oplà, poche ore dopo è comparso uguale uguale addosso a Beatrice di York. Per fortuna che era la cena di gala e Aisha si era cambiata! Va detto che l’abito sta molto bene a entrambe, nonostante tra le due royal ladies ci siano ben vent’anni di differenza, 55 contro 35. La sintesi tra Oriente e Occidente è compiuta.

Della mise serale di Beatrice parleremo prossimamente, per la cerimonia Mrs Mapellli Mozzi aveva scelto un’altra toilette che a me è piaciuta molto: un abito di Needle & Thread, in polyestere riciclato come le paillettes che lo decorano; il riciclo è ormai la nuova frontiera del lusso. Il modello è caratterizzato da una morbida linea ad A che Beatrice ha reso più aderente con una cintura nera, en pendant col fiocco che trattiene i capelli. Rispettato il dress code: abito scuro per gli uomini e lungo da giorno per le signore, senza tiara (ma non temete, più tardi c’è stato spazio anche per loro).

La presenza di Edo e Bea è stata un po’ una sorpresa, data la partecipazione – confermata a poche ore dal matrimonio – dei Principi di Galles in rappresentanza della Corona. Grande attesa per vedere Catherine all’opera sullo scenario internazionale nel suo nuovo ruolo, e soprattutto per vederla abbigliata per l’occasione. Non ha deluso, anzi ha messo a segno pure un bel colpo, scegliendo lo stesso couturier che firmava l’abito della sposa, Elie Saab. Abito rosa antico (molto antico) collo alto, maniche lunghe, linea flou. Il ricamo è molto raffinato, lei è sicuramente bella, gli orecchini sono tanto ma non stonano, non si è messa nemmeno un fiocco in testa, come hanno fatto altre, ma se dovessi dirvi che mi ha conquistata mentirei. Un incanto che non mi ha catturata.

Molto interessante per me osservare gli ospiti mediorientali: donne in generale molto belle e molto curate (a volte troppo) alcune vestite all’occidentale altre secondo la tradizione, altre ancora mischiando gli stili. Ad esempio, ho trovato elegante la Principessa Basma bint Talal, zia del sovrano. Per noi tanto oro indossato di pomeriggio sarebbe troppo, ma l’abito è molto bello e lei, compagna di studi di Anne The Princess Royal porta assai bene i suoi 72 anni.

Ugualmente interessanti le interazioni, tenendo naturalmente presente che non conosciamo tutti e ignoriamo la profondità dei rapporti; ho notato ad esempio i signori sauditi non baciare la regina, né le signore il re; e colpisce il fatto che praticamente nessuno fa il curtsy ai sovrani. Rimedia Mary di Danimarca, che si produce come sempre in una riverenza profondissima, pure troppo. La principessa danese, accompagnata dal marito con la sua tradizionale andatura caracollante (mi aspetto sempre che affibbi qualche pacca sulle spalla, e raramente resto delusa) ha riproposto un abito Erdem, francamente non il mio preferito, peggiorato dal fiocco azzurro tra i capelli, da attempata adolescente; la salvano le scarpe, che qui non si vedono ma sono le celeberrime Hangisi di Manolo Blahnik, rese immortali dalla Carrie Bradshaw di Sex and the city.

Dalla Scandinavia con furore altri due eredi al trono: il povero Haakon di Norvegia giunto, come annunciato, solo soletto e dunque passato praticamente inosservato. Victoria di Svezia in un maxi dress a fiorellini del brand svedese byMalina all’occorrenza utilizzabile anche come camicia da notte.

Altra coppia di eredi che stiamo vedendo spesso sono Alois e Sophie del Liechtenstein; come i sovrani giordani, stanno per festeggiare i trent’anni di matrimonio (il 3 luglio). Lei mi piace moltissimo anche in questa sobria versione in pizzo blu – l’abito è il modello Julianna di Diane von Furstenberg – arricchita dagli zaffiri di famiglia, E che falcata!

Presente anche qualche erede al trono non ancora accoppiato e dunque in compagnia del genitore sovrano come la duchessa di Brabante scortata dal padre, Roi Philippe. La deliziosa fanciulla sembra aver ereditato la passione per i cape dress della madre, ma il suo, di Essentiel Antwerp, ha il pregio di essere più allegro e leggero, meno matronale. In mano Elisabeth ha una clutch di Armani, modello La Prima, altro must di famiglia.

(Ph: Patrick Van Katwijk/Getty Images)

Nonostante la sua presenza fosse stata annunciata, non s’è vista un’altra giovane erede al trono: Catharina-Amalia farà la sua comparsa solo al ricevimento serale lasciando la cerimonia nuziale ai genitori. Máxima ripropone un abito di Luisa Beccaria, che addosso a lei perde l’eleganza rarefatta e romantica del brand per assumere un’aria quasi flamenca; non mi ha convinta. Non so se fosse successo qualcosa, ma i sovrani mi sembravano piuttosto immusoniti, e c’è stato anche un siparietto al momento di salutare Abdullah II che dal basso del suo metro e 60 (più o meno) si è alzato sulle punte dei piedi ridendo davanti all’altissima e sempre taccatissima Máxima.

Oltre alla coppia olandese, e il già citato Philippe dei Belgi, presenti in ordine sparso altri sovrani, regnanti o emeriti: visto e riconosciuto il sultano malese con la moglie e il sultano del Brunei accompagnato da uno dei figli minori, Abdul Mateen. Non è l’erede al trono – ma mai dire mai – però il giovinotto, invero piuttosto belloccio, è una mezza star di Instagram (che insomma, puoi essere pure un principe ereditario, ma se non regni sui social non sei nessuno).

Accompagnata non dal marito ma da una delle di lui sorelle, la principessa (il titolo è Ashi) Euphelma, ecco Jetsun Pema Regina del Bhutan. E sorpresa! Abbiamo scoperto un colore che non le dona tanto. Siamo innamorati da sempre della love story tra i sovrani, che ha portato il Re a rinunciare alla poligamia dedicandosi solo a lei, ma la tradizione del Paese è diversa. Il Quarto Re Drago, padre dell’attuale monarca, ha sposato quattro donne: Euphelma e il Re hanno in comune il padre ma madre diversa. Però le quattro mogli sono sorelle tra loro, dunque i vari figli nati sono fratelli e cugini. Non bastasse, Euphelma ha sposato un fratello minore della Regina. Anche le signore del Bhutan sono interessate alla moda, e per questo matrimonio hanno abbinato agli abiti tradizionali due clutch firmatissime: Louboutin per la regina, Dior per la principessa.

(Ph: Patrick Van Katwijk/Getty Images)

Entrata super scenografica per la Sheikha Moza bint Nasser, madre dell’emiro del Qatar. Il suo lungo soprabito rosa e nero, ispirato alla secessione viennese – in particolare all’architetto Josef Hoffman – mi ricordava qualcosa, e infatti ecco qui Valentino collezione haute couture autunno inverno 1989 https://www.youtube.com/watch?v=X65UeiSOXlA

Valentino vintage (ne ha una vera collezione) anche per la Reina Emerita Sofía, giunta a rappresentare la Spagna in compagnia dell’acciaccatissimo Juan Carlos, proveniente però da Abu Dhabi, dove ormai risiede. L’abito rosa a balze è stato indossato dalla Reina per i 60 anni di Carl Gustav di Svezia, nel 2006; la spilla invece fu vista la prima volta al battesimo del figlio Felipe, 55 anni fa.

Nessun Grimaldi presente per Monaco, qualcuno ha inviato anche membri di secondo piano; gesto non particolarmente rispettoso, trattandosi del matrimonio di futuri sovrani, ma tant’è. Dal Lussemburgo c’era il minore dei figli dei Granduchi Sébastien; dal Giappone è arrivata Hisako, Principessa Takamado – il marito, scomparso vent’anni fa, era cugino dell’Imperatore Emerito Akihito – con la maggiore delle figlie, Tsuguko. La Principessa Takamado è una donna di grande cultura e dinamismo, sicuramente la più “moderna” delle molte principesse giapponesi. Poi certo, questo damascato blu è un po’ fuori moda, ma non è facile vestire in uno stile così diverso dal proprio. E vi prego di notare la clutch a forma di civetta della figlia.

Ultime degli ospiti ad arrivare Jill Biden con la figlia Ashley, cui chiederei: se il dress code prevede il lungo, perché midi? La First Lady invece rispetta le regole: Reem Acra anche per lei – la stilista libanese è piuttosto popolare negli USA – un caftano color ostrica non particolarmente donante.

Nell’attesa di parlarvi della cena di gala mi è venuta un’idea: che ne dite di sfruttare le tantissime immagini delle signore giordane, più che per ammirane le mise per cercare di definire le intricate parentele all’interno della famiglia reale? Palesatevi!

Royal chic shock e boh – Coronation edition (parte prima)

Royal blue

(Ph: WPA POOL/Getty Images)

Col blu non si sbaglia mai devono aver pensato le varie signore che per affrontare l’evento clou dell’anno si sono affidate al colore più rassicurante del mondo occidentale. A partire dall’incintissima Eugenie di York, che ha avvolto il suo pancione quasi a termine in un look total bue, firmato Fendi dal collo ai piedi (il cappello è di autore sconosciuto). E proprio i due estremi mi perplimono: da una parte quel pillbox piazzato in testa come un tegamino, dall’altra i sandali open toe. Che oltre ad essere francamente inadatti sembrano pure piuttosto scomodi, ma la gravidanza è una di quelle liete condizioni in cui le scarpe non vanno criticate. Notevolissimo l’insieme in diamanti di Garrard, il collier e gli orecchini Albemarle di cui per ora non abbiamo altre notizie. Un dono, un prestito? vedremo. Per me sarebbe boh, che diventa chic col bonus bebè.

(Ph: Mark Cuthbert/Getty Images)

Maria Teresa di Lussemburgo mi lascia senza parole, una donna di mondo come lei dovrebbe sapere che in una occasione del genere i pantaloni sono banditi. Non vorrei che questa recente passione fosse dovuta a un qualche problema fisico, unico caso in cui si potrebbe scusate una tale scelta. Altrimenti no, e il completo Alexander McQueen, tra le spalle, la banda sui pantaloni e quel drappo ammainato sul davanti, nemmeno la slancia. Sorry, shock.

(Ph: David Fisher/Shutterstock)

Favolosa la regina Suthida di Thailandia in abito tradizionale. Non saprei dire se abbia scelto il blu – divinamente abbinato con l’argento e un tocco di lilla – perché le piace o per far brillare la leggendaria demiparure di zaffiri e diamanti della suocera, l’altrettanto leggendaria regina Sirikit, ma l’effetto è veramente wow. Unico dubbio per la borsetta che sembra un vecchio ferro da stiro, ma basta spostare lo sguardo… Chic.

Con un’affezionata lettrice di questo blog ci stavamo chiedendo se ci libereremo mai del bluette/royal blue/blu elettrico. Temo di no, infatti ecco appropinquarsi Victoria di Svezia, con l’intera mise in tonalità Klein blue. Il suo abito è opera dello stilista svedese Pär Engsheden, nome che probabilmente vi dirà poco – il riservatissimo couturier non ha un sito né pagine social – ma negli anni egli ha creato molte delle mise indossate dalle signore Bernadotte, tra cui IL vestito, quello con cui Victoria ha sposato il suo Daniel. Svedese anche il creatore del pillbox, Tim Martenson, così come la creatrice della clutch – è la Port Doré di Susan Szatmary – disegnata in Svezia e realizzata in Italia, come tutti prodotti della designer. Al collo della futura regina brilla una rivière di diamanti che Victoria – beata lei – indossa spesso. Sulla spalla la spilla dell’ordine reale di famiglia con il ritratto del padre, re Carlo Gustavo. Un grande boh.

(Ph: Jeff Spicer/Getty Images)

La principessa Margarita di Romania è la figlia maggiore del defunto re Mihail, (il padre, privo di figli maschi, l’aveva nominata erede presuntiva, in contrasto con la legge salica che non prevede la presenza di donne sul trono; ma il trono non c’è più, dunque problema risolto). Ha un bellissimo titolo: Custode della Corona di Romania; purtroppo ha anche una passione smodata per tessuti damascati, texture lucide e tagli improbabili. Salviamo quella sublime spilla a forma di giglio, ma il completino fosforescente, peggiorato dall’improbabile fascinator, va bocciato senza pietà. Shock.

(Ph: WIREIMAGE)

Lei non è una vera royal lady, ma dopo William tutti i sovrani britannici avranno i suoi geni. È la suocera del regno, Carole Middleton, madre della Principessa di Galles. E nessuno mi toglie dalla mente che abbia scelto questa tonalità di blu come ideale rimando al mantello del Royal Victorian Order indossato dalla figlia. La sua mise è di Catherine Walker, maison spesso scelta da Carole, da Catherine, e a dirla tutta pure da Diana buon’anima. Non mi piace, il cappottino è troppo lungo (e pure stazzonato), tremendo il begiarello rosato delle scarpe, e a quasi settant’anni si potrebbe evitare il cerchietto coi fiorellini? Shock.

(Ph: Jeff J Mitchell/Getty Images)

Riecco la versione ellenica della triade capitolina: Anne Marie Pavlos e Marie Chantal. La regina indossa una creazione blu inchiostro di Celia Kritharioti, la più antica maison greca, fondata ad Atene nel 1906. Sobria, signorile, come ci si immagina una sovrana (nel suo caso ex), non più giovanissima, sempre bella e dotata di garbata distinzione. Lei è elegante, il robe-manteau con quel taglio che si ferma sui fianchi boh. La mise della nuora Marie Chantal ci introduce al secondo gruppo, quello delle signore in azzurro. Sceglie ancora la stessa stilista che l’ha vestita per il ricevimento del giorno prima a Buckingham Palace, la greca Mary Katrantzou, mentre cappellino a goccia è di Philip Treacy. Non è il migliore dei suoi look – e lei nelle foto ha pure un discreto muso – ma difficilmente Marie Chantal sbaglia. Vorrei notaste la clutch a forma di libro, creazione di Olympia Le-Tan, brand di nicchia che sta attirando una certa attenzione, tra cui quella di un’altra Olympia, la figlia di Pavlos e di sua moglie; la fanciulla ne è anche testimonial. Marie Chantal portava una di queste pochette anche al party nel giorno prima dell’incoronazione, ma questa è particolarmente interessante per via del titolo: In search of the lost time, che sarebbe il titolo inglese della Récherche di Proust; scelta dettata dal colore o metamessaggio? Comunque chic.

Le azzurre

(Ph: Stuart C. Wilson/Getty Images)

Non è in costume tradizionale un’altra sovrana esotica, ‘Masenate Mohato Seeiso, Regina Consorte del Lesotho. Un abito troppo lungo e abbondante, che noi non metteremmo mai di mattina, e certo non abbineremmo a un vezzoso cappellino, eppure io la trovo molto elegante, grazie anche allo splendido portamento, davvero regale. Chic.

(Ph: Jeff Spicer/Getty Images)

La First Lady americana è una bella donna; è anche una donna che ha dedicato tutta la vita all’insegnamento, e infatti non perde mai quell’aspetto da professoressa simpatica sempre dalla parte degli studenti. All’incoronazione di King Charles e Queen Camilla ha rappresentato il marito, e pure la moda statunitense: in questo caso un tailleur Ralph Lauren in un bellissimo color fiordaliso. Non so perché non mi convince, sarà il fitting, sarà il fiocchetto sulla testa come un’attempata adolescente? Jill dev’essere proprio convinta, perché ne portava uno uguale, naturalmente nero, al funerale di Queen Elizabeth. Boh.

(Ph: Getty Images)

Forse la migliore versione di sempre di Zara Tindall che ha presenziato all’incoronazione dello zio, cui è legatissima (si narra che il nome Zara lo scelse lui), tutta d’azzurro vestita. Molto bello il robe manteau di Laura Green, con il cappellino della stessa tonalità (Juliette Botterill) mentre la borsa Strathberry (altro brand da tenere d’occhio) e le scarpe sono in un celeste più chiaro e polveroso. Perfetto il dettaglio della spilla di diamanti, dono di nozze di Charles alla sorella per il suo matrimonio con Mark Phillips, genitori di Zara. Chic.

(Ph: Getty Images)

Ve lo dico subito, con Louise non sono obiettiva, sto sviluppando una vera passione per questa fanciulla. L’anatroccolo di casa Windsor sta diventando un delizioso cigno, con un portamento che avrebbe incantato suo nonno. Abito da jeune fille en fleur – e chi meglio di lei? – di Suzannah London, che ha realizzato anche il vestito che sua madre portava sotto il mantello del Royal Victorian Order. Questo è il modello Kumiko, realizzato in una seta stampata con gli iris fotografati da Rachel Levy, artista francese specializzata in fotografia botanica. Sul capo, il cappello Pomona di Jane Taylor – a sua volta autrice dell’acconciatura della Duchessa di Edimburgo – realizzato nella sfumatura di azzurro violetto dei fiori dell’abito. Perfette anche le scarpe, in una tonalità nude molto simile al suo incarnato. Chic.

Le sfumature violacee della toilette di Louise ci portano verso un altri colori ed altre mise, che potrete leggere nella seconda parte del post. Stay tuned.

Royal chic shock e boh – Pre Coronation party

È venerdì 5 maggio, ed è pomeriggio. Mancano poche ore all’incoronazione, reali e capi di stato sono arrivati da ogni parte della terra e King Charles li accoglie a Buckingham Palace per un ricevimento di benvenuto. Camilla non c’è, si prepara al grande giorno; anche Charles si ritirerà al termine del party mentre vari membri della Royal Family e altri reali ceneranno insieme da Oswald’s, club chic di Mayfair, .

Assente la prima dama del regno, è presente la seconda a farne le veci: la Principessa di Galles è ritratta con due signore di particolare rilievo. Alla sua sinistra la First Lady ucraina Olena Zelens’ka, in nero, con un modello francamente impossibile da decifrare, mentre Jill Biden indossa un abito a giacca Tom Ford come fosse una vestaglietta da casa. Da ciò che vedo, boh.

Catherine ha scelto per l’occasione un colore che ama tanto da averlo indossato anche il giorno in cui fu annunciato il fidanzamento con William. Un abito in crêpe di poliestere di Self Portrait in royal blue, caratterizzato da un grosso nodo ritorto sul petto, che insieme con le maniche dà a tutta la mise un’aria irrimediabilmente anni ’80. I dettagli in strass su spalle e polsini sono leziosamente ripresi sul cinturino delle slingback Aquazzurra in tinta. Il modello originale dell’abito presenta uno spacco aperto fino a mezza coscia, lo avrà mantenuto così anche lei? Boh.

Mi scuso per la qualità dell’immagine, ma i pochi scatti a figura intera di Catherine sono tutti così; in compenso la foto ci fa sbirciare la toilette di altre due signore presenti. Della Duchessa di Brabante parleremo a breve, ma sullo sfondo a sinistra si vede la sempre discreta Sophie del Liechtenstein, con un completo stampato a grandi ortensie bianche, un po’ anni ’50 un po’ Baviera, regione che in fondo le ha dato i natali. Che vi devo dire, boh.

(Ph: Chris Jackson/Getty Images)

Concludiamo il breve giro delle First ladies con la nostra, Laura Mattarella. Nell’unica fotografia disponibile, pubblicata dall’accout twitter del Quirinale, compare a sua volta a mezzobusto, il che non rende possibile un’attenta analisi della sua mise.

In linea di massima, ormai sapete che Lady Violet non ama (eufemismo) certe sfumature turchesi, celestine, acquamarina su signore che abbiano superato l’adolescenza, e si tiene a distanza da quei tessuti lucidi e rigidi, che tendono a raddoppiare i volumi (Laura se lo può permettere, io no). Inoltre eviterei accessori inutili tipo la stola messa in diagonale, che fa un po’ madre dello sposo. Molto bello il biondo dei capelli, il resto boh.

Sterziamo ora decisamente verso le monarchie; Rania è regina di Giordania da ben ventiquattro anni, ne aveva solo ventotto quando è salita sul trono col marito. Da allora ci delizia con le sue toilettes, ma questa volta non sono convinta. L’abito, che porta una firma importante nella storia della moda – Schiaparelli – non so perché mi fa pensare a don Abbondio. Saranno tutti quei bottoni? L’arricciatura così bassa, benché Rania non abbia un filo di pancetta, squilibra il baricentro dell’abito, forse per ripristinare l’equilibrio ci sarebbe voluta una signora più alta, sebbene la regina non sia certo bassa. Insomma, boh.

Di anni ne aveva solo 21 Jetsun Pema, quando ha sposato il re del Bhutan diventando la sua regina. Oggi ne ha quasi 33 (li compie il 4 giugno, compleanno che divide con la piccola Lilibet Diana), è ancora la più giovane regina regnante, ed è sempre dotata di una bellezza incantevole, di una grazia particolare e di uno stile unico, grazie anche alla raffinata eleganza degli abiti tradizionali che indossa di solito. In questo caso il color zafferano si abbina al fucsia e al lilla. Bellissima, abbinatissima al marito, sta bene perfino col tappeto. Superchic.

La Reina Letizia sceglie abilmente una maison britannica, e un colore insolito, una tonalità di verde che una volta si chiamava chartreuse, come il liquore dolciastro e appiccicaticcio che preparavamo i monaci certosini nella Grande Chartreuse. Letizia non è né dolciastra né appiccicaticcia, e l’abito – creato da Victoria Beckham evidentemente avendo in mente la stessa sottilissima silhouette che le due signore hanno in comune – le sta bene, soprattutto quel drappeggio piazzato in quel punto, ma non mi entusiasma. Certo è il manifesto di come sia cambiata la forma anche in ambienti superformali: abitino da party a bordo piscina, niente calze. Ma alla fine, boh. Con una postilla: se anche Felipe col suo metro e 97 inizia a girare con gli orli così lunghi stiamo freschi.

LONDON, ENGLAND – MAY 05: Grand Duchess Maria Teresa and Grand Duke Henri of Luxembourg attend the Coronation Reception for overseas guests at Buckingham Palace on May 05, 2023 in London, England. (Photo by Chris Jackson/Getty Images)

Menzione d’onore per Maria Teresa di Lussemburgo, che pure per un invito meno formale segna il territorio e adorna il collo con un importante gioiello Van Cleef & Arpels in diamanti e smeraldi, appartenuto alla suocera Josephine-Charlotte: è una tiara convertibile, e infatti spesso è stata usata come collier, come in questa occasione. La granduchessa per ragioni imperscrutabili è in una fase-pantaloni, tanto da indossarli anche al recente matrimonio della figlia. Anche lei, che è donna di mondo, sceglie la moda British, nel suo caso Alexander McQueen, e indossa la rivisitazione di uno smoking maschile (insomma, quasi) caratterizzato da tagli arricchiti di pizzo. Bello e fresco il viso, meravigliosa la collana, ma non mi convince, forse semplicemente non è adatto all’occasione, all’orario. O forse ci voleva un indosso più rock. Anche qui, boh.

(Ph: Samir Hussein/WireImage)

Charlène de Monaco si attovaglia – verbo non scelto a caso – con un completo pantalone azzurro pervinca, caratterizzato da un top monospalla con un lungo drappo ricamato ton sur ton, pronta per un pigiama party. Non solo non mi piace, ma non è una cosa da portare in città, figuriamoci a Buckingham Palace. Se proprio non se ne può fare a meno, va bene su una terrazza dell’Hotel De Paris, per una di quelle pubblicità patinate che mi fanno sempre convinta ad andare altrove. Shock.

Passate in rassegna le sovrane, è la volta delle principesse ereditarie, magari andrà meglio.

Uhm, forse no. Mette Marit, consorte del principe Ereditario di Norvegia, probabilmente intenzionata a mostrare il proprio supporto a King Charles, si mette addosso una cosa che sembra un pezzo di bandiera inglese. E forse è proprio quella l’ispirazione, trattandosi di un capetto Alexander McQueen, una giacca color block di una collezione 2016, che evoca il tanto amato stile militare. Noi mettiamo dei fiori nei nostri cannoni, shock.

Coppia di rosa per due principesse ereditarie: tonalità bubble gum per Victoria, futura regina di Svezia. L’abito di Roland Mouret è caratterizzato da alcuni drappeggi che non esaltano la sua linea. Molto divertenti gli accessori – scarpe Gianvito Rossi e borsa Louboutin – in pelle metallica fucsia. In fondo questa mise la rappresenta, imperfetta ma simpatica. Chic di incoraggiamento. Al contrario, Mary, futura regina consorte di Danimarca, è spesso talmente perfetta da risultare noiosetta. Rosa corallo intenso per un abito che i più attenti di voi forse avranno riconosciuto: lo indossava l’anno scorso alla cresima della figlia Isabella (Le foto del giorno – Scene di famiglia), ed è molto simile a quello indossato da Salma di Giordania al matrimonio della sorella Iman, il 12 marzo scorso (Scene da un matrimonio). Una creazione Andrew Gn, chic.

Scelgono curiosamente il nero entrambe le più giovani future regine; la ventunenne Elisabeth del Belgio indossa un abito un po’ punitivo Armani. Il modello originale è lungo alla caviglia, in questo caso è stato accorciato, e l’effetto finale ricorda una tonaca. Peccato, boh. Invece Catharina-Amalia dei Paesi Bassi, 19 anni, ha trovato una mise che le piace e le sta bene – in questo caso un tailleur pantaloni di Marina Rinaldi – e la ripropone in vari colori: fucsia una settimana prima per il Koningsdag, (Le foto del giorno – Compleanni e anniversari),nero in questa occasione. Nonostante l’accoppiata con la nonna Beatrix, anch’essa in nero, rischia di essere un po’ pesante, lei risulta perfetta per la serata, chic.

In rappresentanza dei reali senza trono loro ci sono quasi sempre, anche in virtù dell’abbondante parentela e dei legami personali. Anne Marie, nata principessa di Danimarca e diventata Regina di Grecia, è quel che si direbbe una vera signora: divide con la cognata Sophia la caratteristica di essere figlia di re e moglie di re, e si vede. Molto semplice in un completo Max Mara verde scuro, che tutto sommato rispetta il suo lutto – è rimasta vedova a gennaio – senza imporlo in società. Chic. Col figlio maggiore, il Diadoco Pavlos, e la di lui moglie Marie Chantal hanno inaugurato la modalità io mammmeta e tu, che penso vedremo spesso. Marie Chantal dal canto suo sta rafforzando il legame col mondo greco, indossando come già in altre occasioni una creazione di Mary Katrantzou, stilista ateniese che vive e lavora a Londra. Abito couture écru con maniche a campana, semplicissimo, impreziosito da una collana di grosse perle. Non sono una fan della signora, ma è indubbiamente chic.

Pronti per l’incoronazione?

Royal chic shock e boh – Red!

Molte royal ladies – e molte di quelle che ho trovato interessanti – questa settimana hanno indossato il rosso, perciò che ne dite di dedicare la nostra rubrica a questo splendido colore? Let’s start!

The Princess of Wales

Un inizio col botto: per il lancio della campagna Shaping Us, che promuove il benessere dei più piccoli, dalla gravidanza ai cinque anni d’età, Catherine arriva nella sede dei premi BAFTA – di cui William è presidente – con un completo clamoroso. Una creazione Alexander McQueen in crêpe di lana con giacca asimmetrica e pantaloni dalla linea leggermente a zampa. Rossi anche gli accessori: décolleté Gianvito Rossi e clutch con inutile fiocco di Miu Miu. Purtroppo Catherine non resiste e sceglie un paio di orecchini di bigiotteria di una bruttezza rara, come ahimé spesso le accade. Anyway, chic.

The Queen Consort

(Ph: Getty Images)

Dallo scorso anno la Camilla è Colonello dei Grenadier Guards (carica onorifica in cui ha sostituito quello scriteriato del cognato Andrew) e martedì 31 gennaio ha compiuto il primo atto in tale veste, visitando Lille Barracks ad Aldershot, nella contea di Hampshire. Probabilmente in onore alla giubba scarlatta dei granatieri ha scelto a sua volta il rosso in una tonalità che le dona particolarmente. Il cappotto di Fiona Clare Couture mi sembra familiare ma non saprei dire se lo abbia già indossato, dato che il modello ormai è diventato il suo segno distintivo e ne ha una collezione. Già vista invece la bella borsa Coco Handle Chanel, nera come gli stivali. Nessuna spilla in questa occasione per la Queen Consort, ma due monili che porta praticamente sempre: il bracciale Vintage Alhambra di Van Cleef & Arpels, con i cinque quadrifogli in agata blu, e collier Apollo di Kiki McDonough, con un topazio blu centrale e cinque piccoli diamanti; è assai probabile che il numero cinque che si ripete sia nel bracciale sia nella collana si riferisca ai suoi cinque nipotini. Nonna e regina, chic.

Olandesi in tour

(Ph: RVD)

La settimana appena trascorsa ha visto il debutto di Catharina-Amalia, futura regina dei Paesi Bassi, al seguito dei genitori in un lungo viaggio ufficiale della durata di ben due settimane. Meta le Antille Olandesi, definizione con cui noi indichiamo genericamente un insieme di territori che nel corso degli anni hanno mutato il loro status, pur rimanendo parte del Regno dei Paesi Bassi. Innumerevoli – e non sempre logiche – le mise indossate dalle due signore, ma loro sono così e noi così le prendiamo. Lunedì 30, quarto giorno del tour, i reali arrivano ad Aruba, e la regina sceglie il rosso. L’abito è Natan, il modello Jenny in crêpe di seta, e rappresenta un po’ l’evoluzione del solito cape dress. Mi piace molto l’abbinamento con accessori bordeaux, soprattutto la classica clutch Jige Hermès; non altrettanto le scarpe con inserti in pvc – queste sono le Plexi di Gianvito Rossi – ma Máxima le adora, e tanto basta, Rosso per il grande cappello Fabienne Delvigne opportunamente riproposto, e rosso anche, soprattutto, per i gioielli, a partire dalla favolosa spilla parte della parure di diamanti e rubini detta Pauwenstaart, a coda di pavone. Chic. Accanto a tale dispiegamento di regale glamour la povera Amalia infilata in un completo in lino Max Mara sembra in pigiama, o peggio nell’uniforme dei deportati alla Cayenna (che sta pure da quelle parti). Shock.

Il giorno seguente la famiglia sbarca a Curaçao, e le due signore coordinano le loro mise scegliendo un rosso/arancio molto caraibico. La regina indossa un completo low cost firmato Massimo Dutti: giacca monopetto e morbidi pantaloni crop che con la sua altezza può mettersi tranquillamente, con sottogiacca nude e accessori nei colori della terra. Amalia osa pantaloni di lino bianco – che indossa spesso in questo viaggio e devo dire quasi sempre impeccabilmente – e blusa rossa. Non mi dispiacciono né mi fanno impazzire, dunque boh per le mise ma chic per il colore perfettamente coordinato e per i bouquet, abbinatissimi pure loro.

(Ph: Curacao Chronicle)

Giovedì 2 è un giorno speciale per i sovrani: il ventunesimo anniversario di matrimonio, e i locali fanno loro dono di un lucchetto da agganciare ad una installazione artistica; dal trono a Moccia è un attimo! Più fortunata la figlia che riceve invece un intero ponte; d’ora in poi porterà il suo nome. Questa è una di quelle occasioni uno di cui non si capisce il dress code: Willem-Alexander senza giacca né cravatta ricorda quei film degli anni ’60 in cui i mariti al lavoro in città nel fine settimana raggiungevano le mogli al mare con la prole. Máxima invece è vestita come se dovesse andare a una prima comunione: cappellino fiorato a calotta Fabiene Delvigne, abito giallo limone con accessori pitone (tutto Natan), perfino i guanti. Molto meno formale Catharina-Amalia in pantaloni di lino rosso, blusa fiorata di Isabel Marant, borsetta Natan dall’armadio materno e scarpine nude Gianvito Rossi. Francamente li trovo tremendi, shock. In questo viaggio abbiamo iniziato a conoscere la giovanissima principessa d’Orange. Le sue mise ci convincono? Non sempre. La fanciulla ha volumi importanti – altissima, forme morbide, un bel viso pieno, chioma abbondante – che secondo Lady Violet dovrebbero essere armonizzati meglio: nell’ultimo caso i pantaloni sono troppo stretti, la blusa troppo striminzita, le scarpine troppo da città. Ma in fondo ha solo ha solo 19 anni e tanto tempo per divertirsi a sperimentare.

Les Girls

(Ph: Instagram @queenrania)

Anche i reali hashemiti sono in viaggio di lavoro, e accompagnati dal principe ereditario sono volati negli USA. La First Lady e la Regina si sono fatte ritrarre insieme, un po’ Millie e Melody, le nipotine di Minnie, un po’ Laverne &Shirley (se siete troppo giovani e non sapete di cosa stia parlando, beati voi e non vi resta che googlare). Innanzi tutto consentitemi una piccola considerazione: tra le due signore ci sono circa vent’anni di differenza, ma Jill regge il confronto senza problemi. Per lei total red: abito Brandon Maxwell e scarpe Marion Parke, Rania sceglie invece il total blue: dress Elie Saab con borsa Sicily Dolce e Gabbana e scarpe Gianvito Rossi, gettonatissimo questa settimana. Un filo stucchevoli ma chic.

La Reine Mathilde

Non è proprio rosso, o meglio non solo rosso, ma capirete che non potevo privarvi di tale spettacolo. Il 31 gennaio i sovrani belgi hanno ricevuto le Autorità del Paese per gli auguri per il nuovo anno, (tassativamente proibiti da febbraio in poi). La Reine ha sfoggiato una mise color block: parte superiore del corpino e maniche rosso scuro, il resto rosa shocking. Nemmeno il leggendario aplomb di Sa Majesté le Roi riesce a camuffare la sua perplessità; quanto a me vi dico una cosa sola; perfino Natan si è affrettato a dichiarare che non è opera sua. Quasi quasi preferisco il completino animalier della cognata Astrid con gonna da ballerina in chiffon Ho detto quasi. Shock+shock, così non litigano.

Rossi terziari

(Ph: Instagram @queenrania)

Le ultime due mise di oggi con tutta evidenza non sono rose, ma siccome desidero parlarvene lo stesso potrei sottolineare come i loro colori siano composti anche dal rosso, che è un colore primario (e spero che apprezzerete questa arrampicata sugli specchi per cambiare argomento). La prima mise la indossa Queen Rania in uno degli appuntamenti americani. Mentirei se negassi di essere stata attratta da quel favoloso tocco di ciclamino, ma ciò che mi ha convinta è l’idea che qualcosa di particolare possa trasformare interamente il look, per cui qui una lunga sciarpa accende il classico completo gonna nera/camicia bianca Replicabile sempre e da chiunque, ma attenzione all’effetto cameriera di bar/ristorante/tea room. Indagando meglio ho scoperto che quella non è una sciarpa, ma un drappo variamente cucito alla camicia, per cui francamente non mi piace (oltre alla mia naturale avversione per il raso lucido, soprattutto di giorno, che rischia di farci sembrare un pacco regalo e ingrassa pure). Per cui la camicia è shock, ma l’idea di un accessorio così chiaramente protagonista è chic.

(Ph: PPE/Nieboer)

Nessun dubbio invece per la mise di Máxima, in compagnia di una costernata Amalia, in un lungo punitivo caftano verde menta Essentiel Antwerp che la invecchia un po’ troppo, boh. A movimentare l’ultima sera a Curaçao pensa la regina, che per partecipare al Tumba Festival sceglie questo monospalla a strisce diagonali marroni e rosa con fioccone/tovagliolo. Accessoriato con ciabattoni che neanche al castello delle cerimonie, con l’aggravante che questi sono Gianvito Rossi. L’abito è coraggiosamente firmato Natan, che questa volta ha almeno indovinato il nome del modello, chiamandolo Odia. Vostra Maestà, ricordatevi quello che povero blog sa da tempo: Natan vi odia! Shock.

Royal chic shock e boh – G7 special edition

Cari lettori, una piccola sorpresa per voi. Questa volta la vostra rubrica preferita inaugura il weekend invece di chiuderlo, e vi racconta il summit del G7, tenuto in Cornovaglia lo scorso fine settimana.

Ad onta del clamoroso squilibrio tra i rappresentanti dei due sessi che segna un netto 6 a 1 in favore dei maschi, se dovessimo dare un titolo all’evento ci piacerebbe chiamarlo pink power, in onore delle importanti signore che hanno aperto e chiuso le danze di rosa vestite. E siccome ubi major con quel segue, iniziamo dalla fine cioè dalla visita – la prima in veste ufficiale – che i Biden hanno fatto alla Regina per l’inevitabile afternoon tea a Windsor Castle.

Ora, tecnicamente è ancora primavera, e io me la vedo Miranda Priestly storcere il nasino affermando: floreale? per la primavera? avanguardia pura! ma credo che Her Majesty se ne infischi serenamente di tutte le Mirande in circolazione, e serenamente indossa il più primaverile degli abiti, a grandi fiori su fondo rosa intenso, del fido Stuart Parvin, più cappello in tinta di Rachel Trevor Morgan. Seminascosta tra la vegetazione, la Jardine Diamond Brooch, una stella a otto punte di diamanti, lascito testamentario di una Lady Jardine scomparsa nel 1981. Come abbiamo detto spesso, Her Majesty è ormai l’icona stessa della regalità, e dunque non può essere ingabbiata in nessuna delle nostre categorie; sublime, e basta. Altro discorso per la First Lady, che ha riciclato un completo azzurro polvere indossato negli USA un mesetto fa. Jill Biden è una bella donna che non dimostra i suoi settant’anni, non credo voglia dimostrarne quaranta, né penso che le interessi entrare nella Best Dressed List. Non una novella Jackie, dunque – definizione abusatissima, spesso senza fondamento – ma sempre graziosa e piacevole. In questo caso il fitting è un po’ così e la giacca troppo grande; mia madre avrebbe detto che nell’insieme fa figura, per me è boh.

La bionda Jill balza agli onori delle fashioncronache due giorni prima quando in compagnia della Duchessa di Cambridge fa visita a una scuola, la Connor Downs Academy nella cittadina di Hayle. L’ambiente naturale per la First Lady, che ha dedicato la vita all’insegnamento (e alla famiglia). Indossa un blazer di un bellissimo fucsia su un abito bianco con gonna scampanata. Ora, abbinare i blazer agli abiti non è mai facile per una questione di pesi e di volumi: in questo caso la giacca di tweed (L’Agence) è troppo pesante e lunga rispetto all’abito, e lo schiaccia un po’. Belle le slingback nude Valentino, che durante questo viaggio ha ben sfruttato. Boh. La Duchessa di Cambridge risponde con un abito rosa scuro, della sua maison preferita, Alexander McQueen. Il colore le dona abbastanza, il modello no; lei è alta e molto magra e quest’abito le fa una vita lunghissima e sproporzionate, che nemmeno la cintura aiuta ad accorciare. Però Lady Violet, una ragazza degli anni ’80, è lieta di questo strisciante ritorno delle spalle imbottite (magari non a punta come queste, onde allontanare il sospetto che l’abito sia stato indossato con tutta la stampella). Boh.

L’insieme abito+blazer dev’essere proprio amato dalla First Lady, che giovedì, al suo arrivo in Cornovaglia compare in un abito bianco e nero (Brandon Maxwell) dagli incerti drappeggi che finiscono per trasformare i pois in olive. Completa la mise un giacca nera che ostenta, spaparanzata sulla schiena, la scritta LOVE (immaginiamo Zadig & Voltaire), accessoriando il tutto con scarpe tozze e pesanti. Shock. La neosignora Johnson, dotata più di denti che di grazia, sceglie invece il rosso di un abito dell’inglesissimo brand L.K.Bennet, che non sarebbe neanche brutto ma è indossato male assai. Boh.

Direi che il più chic dei quattro è senz’altro Mr President.

Per fortuna che c’è Her Majesty; le First Ladies passano, portate dai venti elettorali come novelle Mary Poppins, lei resta. E riceve gli augusti ospiti da par suo, lei che col suo aplomb dimostra inequivocabilmente chi tiene la spada dalla parte del manico.

La scortano le future regine consorti, qualunque sarà il loro titolo una volta che i mariti siederanno sul trono. La Duchessa di Cornovaglia è in bianco e blu, con accessori en pendant. L’abito ha una bella stampa grafica, il modello è quello che Camilla porta spesso e fa bene perché le dona, ed è molto adatto all’occasione, formale ma non troppo. Chic.

La Duchessa di Cambridge ha scelto il total white – come Brigitte Macron, che si intravvede dietro al marito – un robe-manteau firmato Alexander McQueen, bello ma un po’ eccessivo per la circostanza. Al polso sinistro un bracciale a tre fili di perle appartenuto a Diana; ai piedi delle slingback di un beige cipriato bruttarello assai, e totalmente sbagliato per la sua carnagione. Ma attenzione, perché c’è un dettaglio interessante: intravvedete il fiocchetto sul tallone? Ebbene sì, è il modello Deneuve del brand italiano Aquazzurra. E chi ha reso famoso nel mondo brand e modello? Meghan, Duchessa di Sussex e cognata di Catherine! Via, scatenatevi scatenatevi con le supposizioni. Chic.

Fatto il loro dovere, i royals se ne tornano a casa ente il summit procede. Il sabato c’è altro momento conviviale: un barbecue che non ha mancato di attirare critiche da chi desidererebbe organizzarne uno, magari per festeggiare un matrimonio, ma ancora non può. I sette grandi (più due) appaiono affascinati e divertiti – quell’allegria un po’ forzata dei liceali in gita – nell’osservare i volteggi della pattuglia acrobatica; un pomeriggio di quasi estate al mare, in cui ognuno s’è vestito come gli pareva. Come la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, prima a sinistra (dietro di lei il marito Heiko, che non è giapponese come il nome potrebbe far pensare, ma un aristocratico tedesco). Ursula è la pupilla di Angela Merkel, e veste come lei: pantaloni – di solito neri – e giacche colorate; uno stile stituzional-carabinieresco. Seguono i Biden, e il premier canadese Justin Trudeau senza moglie (non vi scaldate, una moglie c’è ma è rimasta a casa coi pupi). Poi i padroni di casa, i Johnson, tra cui fa capolino il capino di Mario Draghi (anche lui senza moglie, donna Maria Serena è piuttosto schiva). La signora in completo pantaloni bianco è Amélie Derbaudrenghien, consorte del belga Charles Michel, Presidente del Consiglio d’Europa, che è alle sue spalle; accanto a lei il primo ministro giapponese Yoshihide Suga con la moglie Mariko. Chiude la fila la Première Dame Brigitte Macron; non pervenuti il marito Emmanuel e la Cancelliera Merkel; si saranno allontanati per decidere un nuovo asse Parigi-Berlino o sono semplicemente stati tagliati fuori dalla foto?

Madame Macron si è vestita da zia di Sicilia alla messa della domenica, con l’aggravante che l’abito è pure di Vuitton, più tacchi a spillo veramente adatti alla spiaggia. Shock. Molto meglio accanto a lei Suga-san, vestita con semplicità: pantaloni bianchi e cardigan grigio perla, en pendant col trench tenuto in mano. Quasi casual, se non fosse per lo splendido collier a più fili di perle. Chic. La First Lady è semicoperta dal piccolo Wilfred Johnson, 13 mesi e mezzo e una zazzera chiaramente ereditata da papà Boris. Trovo questa la peggiore delle mise di Jill Biden: abito bianco a maxifarfalle nere e viola, anche questo del designer texano Brandon Maxwell, che questa volta non ha dato il meglio di sé. O almeno spero. Per ripararsi dal vento fresco stola in tinta, e anche per lei décolleté col tacchetto. Shock. Semicoperta anche Madame Michel, adeguata nel suo completo bianco, a patto di lasciare in albergo i sandaletti a due fasce. Chic. Chiudiamo con la padrona di casa, la trentatreene Carrie Symonds, che è diventata Mrs Johnson lo scorso 29 maggio. La signora sembra prediligere lo stile boho-più-o-meno-chic, come dimostrato il giorno delle nozze, quando ha indossato un abito che sembrava arrivare dritto dritto da Coachella. Il caftano di mussolina a fiori non è male, ed è senz’altro adatto per un pomeriggio in spiaggia. Ora si pone il dilemma: sarà stato noleggiato anche questo come quello da sposa, nel probabile tentativo di smorzare le chiacchiere sui guai economici del marito, che con sei figli ha un menage piuttosto complicato? Ma soprattutto, perché sotto l’abito hippy Carrie ha piazzato dei mocassini? Boh.

Republican chic shock e boh – Inauguration Day edition (parte seconda)

Gli artisti

Confesso di essere rimasta piuttosto colpita dalla giovanissima poetessa Amanda Gorman, che non conoscevo. Scelta dalla First Lady, donna di vasta e profonda cultura, Amanda ha portato sul palco passione e forza e speranza e unità e luce. Luce incarnata dal quel delizioso cappotto giallo limone di Prada, coraggiosamente abbinato a un bandeau rosso indossato come una corona. Amanda, la ragazzina nera che dimostra meno dei suoi 22 anni, cresciuta da una madre single, che sogna un giorno di diventare presidente e intanto partecipa a un altro giuramento: l’essenza del sogno americano.

Se guardate con attenzione la fotografia, al medio della mano destra di Amanda brilla un anello particolare: un uccellino in gabbia. È un dono di una delle sue più celebri fan, Oprah Winfrey, e in un bel gioco simbolico rimanda a Caged bird poesia di Maya Angelou, che a sua volta presenziò a una inaugurazione, quella di Bill Clinton nel 1992. Chic.

Gli ospiti musicali

Mi scuso per il titolo di tono sanremese, ma non vorrei fosse dimenticata la performance di Garth Brooks, che ha cantato a cappella Amazing Grace, il celebre inno scritto da quel John Newton che dopo aver lavorato per i trafficanti di schiavi ricevette da Dio la straordinaria grazia della conversione. Se ve lo siete perso trovate un link in fondo; sulle tv italiche Brooks, liquidato come “cantante country col tipico cappello” è stato bypassato a favore dell’inserto pubblicitario.

Tutti invece hanno visto Lady Gaga e Jennifer Lopez, che con le loro mise hanno riproposto il feroce antagonismo tra due grandi signore della moda che accese vari decenni del secolo scorso: Elsa Schiaparelli e Coco Chanel. Schiaparelli Haute Couture la scelta di Lady Gaga, che ha cantato l’inno nazionale. Il texano Daniel Roseberry, direttore artistico della maison dal 2019, ha creato per lei – in una settimana, sembra – un abito really impressive che ha deliziato alcuni, scioccato altri. Per il momento più altamente simbolico i colori scelti il rosso e il blu che col bianco compongono la bandiera Stars&Stripes: (e rappresentano i due schieramenti politici); un giacchino in cachemire blu scuro che si allungava sui fianchi fino a far esplodere un’enorme gonna in faille di seta scarlatta.

Avrei evitato quella pettinatura da babushka, passata comunque quasi inosservata davanti all’enorme spilla in foggia di picassiana colomba della pace (finalmente la pace nel mondo!). Sicuramente molto grande, probabilmente troppo per la cantante, così minuta, ma sicuramente bilanciata dal volume della gonna. Certamente la mise più chiacchierata e divisiva, adorata e detestata. Lady Violet pensa intanto che se dovessimo usare come metro il gusto personale la discussione finirebbe subito; è ovvio che ciascuno consideri il proprio il migliore che c’è, e ammiri chi ne ha uno affine, anche tra chi gli abiti li crea. Ed è altrettanto ovvio che se il gusto è insindacabile ogni signora prediliga il suo e lo segua. Se vogliamo fare un passo in più, bisogna ricordare che anche gli abiti sono un codice, e i codici appartengono alla cultura che li genera; ma le culture, anche se simili, non sono uguali. Personalmente penso che quello di Lady Gaga più che un abito sia un costume, un abito di scena eccentrico quanto lei, e per questo spettacolo secondo me funzionava bene. Noi non lo metteremmo mai? Amen signore, direi che ci faremo il problema quando saremo chiamate a cantare l’inno nazionale al giuramento di un presidente. Fatemi però spendere due parole anche sulla spilla; io riconosco la massima autorevolezza nel campo a due gran dame: la prima è HM Queen Elizabeth, aiutata sia dalla signorilità regale del tratto sia dalla ricchezza inarrivabile del proprio scrigno. L’altra è Madeline Albright. Nata a Praga nel 1937 e naturalizzata statunitense, negli otto anni della presidenza Clinton è stata prima ambasciatore all’ONU, poi Segretario di Stato.

Appassionata collezionista di spille, sia preziose sia di bigiotteria, non solo ne ha indossate di ogni forma e grandezza – senza farsi mai limitare dall’altezza non proprio svettante – ma le ha usate sempre per lanciare metamessaggi, come raccontato con grande accuratezza dalla mostra Read my pins, che Lady Violet vide al Museum of Arts and Design di New York nel 2010. Indovinate? Anche in quella collezione c’è una spilla, parte di un set, molto simile a quella sfoggiata da Miss Germanotta. Qual è dunque il giudizio di Lady Violet sulla sua pari grado? Né chic, né shock, né boh, sublime.

Jennifer Lopez, in total white Chanel, è la dimostrazione che una mise uscita da una celebre maison non è condizione sufficiente per essere chic, e forse nemmeno necessaria. Un cappotto troppo grande lasciato aperto mostra una classica blusa col fiocco, pantaloni lunghissimi a coprire le scarpe con superplateau che le donano la grazia di Popeye, maniche anch’esse troppo lunghe che finiscono con l’assembrarsi coi polsini della camicia e i bracciali fitti di perle. Un insieme confuso e “sporco” nonostante il candore, senza un grammo dello chic codificato da Mademoiselle Coco. Inquietante il fondotinta color terracotta, a meno che non fosse una voluta citazione dei gloriosi capi indiani. Augh. Shock.

La First Lady uscente

Impossibile non parlare dell’uscita di scena di Melania, che ha attirato commenti adoranti e critiche severe (oltre a offese odiose, che alle donne non si risparmiano mai). I Trump se ne sono andati la mattina del 20, senza partecipare al passaggio delle consegne; scelta grave e ingiustificabile, uno sgarbo inemendabile nei confronti non solo del nuovo Presidente, ma del Paese intero. Per il suo farewell outfit, prima di raggiungere la tenuta di famiglia in Florida, Melania ha usato l’artiglieria pesante: giacchino Chanel con maniche 3/4, tubino Dolce&Gabbana, scarpe Louboutin, Birkin Hermès in coccodrillo, occhialoni da diva. Una mise très chic – secondo me più adatta al giorno inoltrato che alle otto di mattina – che oggettivamente le stava da dea. Ho sempre trovato la signora Trump statuaria, sia per la perfezione dell’aspetto sia per il marmoreo calore che emana; nel ruolo che ha appena abbandonato non credo passerà alla storia, probabilmente penalizzata anche dall’essere straniera, e dall’avere degli Stati Uniti un’immagine parziale colta da un osservatorio privilegiato. Se vogliamo anche in questo caso ricorrere ai codici di comunicazione, vedo in quest’ultima la riaffermazione di ciò che le si è sempre riconosciuto: bellezza, gusto nel vestire, un bel portamento (e diciamolo, pure la capacità di camminare con grazia su un prato col tacco 12). Inutile fare la lista della spesa, il marito è notoriamente milionario; milionario in debiti si dice da più parti, il che potrebbe in parte spiegare la necessità di un’ostentazione che francamente evitabile dato il momento e il ruolo: secondo Lady Violet anche in questo caso less is more. Due righe a parte le merita la borsa: so che è considerata di gran lusso, che è l’oggetto del desiderio di moltissime signore che purtroppo difficilmente riusciranno a possederla, ma la borsa di coccodrillo per me proprio no. Ha vissuto il suo momento d’oro negli anni ’50 e ’60, quando era uno status symbol quanto e più del visone, simbolo di prestigio e lusso a causa della difficoltà di reperirne la pelle. Ma da quando i coccodrilli sono usciti dal mito per essere allevati come fossero trote nelle paludi della Florida, si è perso il valore del lusso, rimanendo tutt’al più quello del costo. A meno che Melania, giustappunto ricollocata in Florida, voglia a sua volta impiantare qualche allevamento nella tenuta di Mar-a-Lago, nel qual caso sarebbe un’abile mossa di marketing. Personalmente non posso separare l’idea dalla borsa di coccodrillo da un ricordo d’infanzia: uno zio ingegnere trasferito da decenni in Venezuela tornò una volta in Italia portando con sé pelli di coccodrillo per le sorelle, e non so perché volle omaggiare mio padre di un piccolo coccodrillo vero, impagliato, che prima di essere spedito in cantina fu riposto sul ripiano più altro della libreria. Da dove ogni tanto mio fratello e io lo tiravamo giù per spaventare gli ospiti. Sarei disposta a un’unica eccezione: le scarpine in coccodrillo bordeaux con la punta in seta nera che una delle donne più eleganti del mondo, Consuelo Crespi, si dice indossasse sotto gli abiti da sera. Ma qui siamo davvero nel mito.

Sbarcando dall’Air Force One in Florida, Melania ha sorpreso tutti con un radicale cambio di look: via il nero e avanti la fantasia tra l’etnico e il geometrico dell’abito Gucci, con le G del logo in bella vista, sia mai non si capisse il brand; via anche le Loboutin, al suo posto un paio di Roger Vivier quasi flat, che certo rendono diversa la camminata. Se le sarà messe per scappare da Donald, visto che non s’è fermata neanche davanti davanti ai microfoni della stampa? Vedremo. Chic ma non elegante.

Dulcis in fundo

La pandemia ha impedito lo svolgimento dei tradizionali balli che chiudono l’Inauguration Day, al loro posto uno spettacolo ricco di artisti capitanati da Tom Hanks. La nuova First Lady ha scelto un insieme di Gabriela Hearst ricchissimo di simboli (pure troppo): l’abito replica il modello di quello indossato la mattina, un tubino con sprone e maniche di chiffon ricamato di fiori, gli stessi che compaiono sull’orlo del cappottino en pendant. Non fiori a caso, ma quelli che rappresentano i 50 Stati dell’Unione. All’interno del pardessous era ricamata una famosa frase sul valore dell’insegnamento di Benjamin Franklin. Perché anche all’interno della White House Jill si sia tenuta i guanti bianchi, infilandoli sotto il delicato polsino, resta francamente un mistero.

Tutta la mise è un grande boh.

Chiudiamo con quella che per Lady Violet è l’immagine più tenera dell’Inauguration Day: il nuovo Presidente assiste allo spettacolo con in braccio il nipotino Beau, ultimo nato del figlio Hunter. Il bimbo ha lo stesso nome dello zio, il primogenito di Biden, scomparso nel 2015 per un tumore cerebrale. Era lui che nei desideri del padre avrebbe dovuto correre per la White House, e sembra che anche durante il giorno del giuramento il padre abbia detto che avrebbe voluto vedere il figlio al posto suo. Ma a volte ai genitori capita anche questo, prestare le gambe e camminare al posto di chi non c’è più.

Qui trovate il video di Garth Brooks https://www.youtube.com/watch?v=kr8H2bFzOY8

Republican chic shock e boh – Inauguration Day edition (parte prima)

Sessant’anni fa, il 20 gennaio 1961, John F. Kennedy giurava come 35° Presidente degli Stati Uniti, e una donna – sua moglie Jackie – faceva in qualche modo la storia inaugurando una stagione di stile, classe, eleganza, che dura tuttora. Ieri è entrato in carica il 46° Presidente, Joseph R. Biden Jr – il secondo cattolico alla White House dopo JFK – e un’altra donna ha fatto davvero la storia. Questa volta però non reggeva con grazia commossa la Bibbia su cui avrebbe giurato il marito; questa volta a giurare è stata lei, Kamala Deva Harris.

La Vice Presidente

Per le ventiquattr’ore che hanno cambiato la sua vita (e un po’ anche la nostra) Madam Vice President ha scelto brand americani non ancora celebri; la sera del 19, vigilia del giuramento, ha partecipato insieme con i Biden e suo marito Doug Emhoff – da oggi Second Gentleman degli USA – a una cerimonia al Lincoln Memorial, in onore delle vittime del covid in abito di maglia, stivali e un camel coat firmato Pyer Moss, brand fondato nel 2013 dallo stilista di origini haitiane Kerby Jean-Raymond. Che si è già fatto notare alla New York Fashion Week per poi distinguersi per l’impegno in prima persona durante la pandemia, ragione che immaginiamo avrà convinto Kamala. Stile classico e sensibilità sociale, unione perfetta, coronata dalla piccola bandiera appuntata su rever. Chic.

(Ph: Getty Images)

La mise del Vice President era probabilmente la più attesa, e lei non ci ha deluso ma ci ha confuso. Perché il cappotto scelto per il giuramento, firmato da Christopher John Rogers, era di un colore che virava a seconda della luce e delle riprese, piuttosto diverso da una foto all’altra. Appena l’ho visto mi sembrava viola, poi più indaco, mentre un’amica assai esperta di tessuti diceva royal blue. Alla fine i presenti e i giornali si sono espressi: purple, viola. Ed è partita la gara all’interpretazione. In molti hanno (abbiamo) pensato alle suffragette, che avevano scelto a rappresentarle tre colori: verde, bianco, viola, dato che in inglese le iniziali (G-green, W-white, V-violet) formano l’acronimo GWV cioè Give Women the Vote.

Tre colori, tre significati: lealtà per il viola, purezza per il bianco, speranza per il verde; negli USA poi al verde viene sostituito l’oro (Gold) con lo stesso significato di speranza (sarebbe interessante ragionare sul fatto che gli Americani ripongono la loro speranza nell’oro, ma questa è decisamente un’altra storia), ciò che a noi interessa è il viola come simbolo della forza e del potere delle donne, a suo tempo simbolo anche di Shirley Chisholm, prima donna nera ad essere eletta alla House of Representatives (nel 1968), prima, quattro anni dopo, a tentare – senza successo – la scalata alla White House.

Cromaticamente il viola è un colore secondario, che nasce dall’unione di blu e rosso, simbolo dell’unione del cielo e della terra; blu e rosso (col bianco) sono anche i colori della bandiera americana, nonché quelli dei due partiti: blu per i Democratici e rosso per i Repubblicani. Insomma, scelta perfetta; meno perfetto il modello: cappotto a un petto – tra l’altro inspiegabilmente abbottonato a destra – che tra la lunghezza e il taglio non la valorizzava affatto, tremende le calze e pure le scarpette di vernice, troppo delicate per tale signora, e pure per la giornata freddissima. Boh.

La First Lady

(Ph: Getty Images)

Jill Biden è una bella signora con origini italiane (i nonni erano siciliani), due lauree e una grande reputazione come insegnante. Per l’omaggio al Lincoln Memorial anche lei sceglie il viola, nel suo caso un bel melanzana; e anche lei punta su brand americani emergenti: bello il cappotto di Jonahan Cohen, fermato da un fiocco di velluto. Mi piace molto la scelta degli accessori: dalla mascherina creata dallo stesso designer con tessuti riciclati ai guanti color lavanda. Dimenticabili le scarpe nude, ma possiamo essere soddisfatti. Chic.

Per l’Inauguration Day la scelta è caduta sulla giovane Alexandra O’Neill e sul suo brand Markarian, fondato solo nel 2017. Il colore scelto, definito ocean blue, sicuramente dona molto alla bionda e delicata Jill (personalmente lo detesto, ma non importa); il tessuto un tweed percorso da microscopici svarowsky per riflettere la luce; la mise composta da un abito con sprone e maniche in chiffon e gonna definita da un pannello smerlato, più cappotto con collo sciallato e polsi in velluto; en pendant mascherina, guanti e scarpe.

Anche in questo caso il taglio del cappotto non mi convince, la insacca un po’ – nel bozzetto aveva una linea più interessante – e poi perché tutti quei bottoni? Boh.

La Second Lady uscente

Menzione d’onore a Karen Pence; col marito Mike – che certo non figura nel pantheon di Lady Violet – ci ha messo la faccia, salvando situazione e decoro. Perché l’assenza del Presidente uscente Trump è stata grave e penosa a un tempo; perché le cerimonie hanno una liturgia che va rispettata, e tali liturgie hanno un senso profondo. In politica la forma è sostanza, i due Presidenti insieme rappresentano la forza nella continuità; e se, come spesso accade, appartengono a partiti diversi, anche l’unità della nazione. Concetto che Ms Pence, anche lei una stimata insegnante, sembra avere ben chiaro. E dunque è arrivata col marito, sobriamente (pure troppo) vestita di nero con un bel cappotto semplice ma della sua taglia, indovinando persino le calze, pesanti e opache a modino. Chic, anche per la dignità.

Le ex First Ladies

Ve lo dico subito, c’è del viola anche qui. Andando a ritroso rispetto alla presenza alla White House, la prima è Michelle Obama; bello il cappotto di Sergio Hudson, bordeaux o melanzana a seconda della luce, perfetta la lunghezza, ben abbinato il pullover in una nuance più scura, brutti i pantaloni, in una punta di amaranto che stona col resto; è ilproblema del total color: bisogna abbinare con cura i tessuti o si rischia l’inguacchio. Anche il cinturone, alto in vita ad allungare le gambe, finisce per appesantire la figura, mentre la mascherina nera abbinata ai capelli abbondantemente boccolati rendono Michelle un po’ troppo dark. Pur potendo sfoggiare il migliore degli accessori, il favoloso marito Barack, in questo caso sono un po’ perplessa. Boh.

Laura Bush è una donna graziosa e garbata, non è mai stata una fashion icon, ha sempre tenuto un profilo piuttosto basso, e anche in questo caso conferma la sua natura. Va bene il filo di perle, bene le scarpe flat, bene i capelli freschi di shampoo, passi la borsetta ciondolante, ma il cappottino double grigio perla è veramente troppo stretto e troppo corto, e l’abitino che si intravvede pure. Shock.

Hillary Clinton non è stata solo una First Lady, ma anche la prima donna candidata alla presidenza. Anche lei in viola – nel suo caso il significato simbolico è praticamente certo – in una tonalità quasi fluo per il completo pantaloni e la sciarpa en pendant. Però la giacca è stretta e gli abbinamenti un incubo: cappotto marrone, guanti scarpe e mascherina neri. Pure Bill sembra lun po’ sconsolato osservarsi i piedi, calzati in un rispettabile 47 (giuro! l’ho incontrato). Shock.

Nancy Pelosi

La speaker della House of Representatives è donna di carettere e la sua decisione traspare anche dalle sue mise; per l’Inauguration Day sceglie un bel turchese per il giaccone con abbottonatura laterale, en pendant con la sciarpa e le scarpine da Cenerentola (ma dove diavolo le avrà trovate?). Turchese e blu sulla mascherina, guanti blu, e il tocco ulteriore di luce della gonna bianca che si intravede. Una grande bandiera appuntata su un rever completa la mise, e dimostra che Nancy ha appreso appieno la lezione sull’uso simbolico delle spille impartita da quella gran conoscitrice di Madeleine Albright. A patto che si cambi le scarpe, chic.

Bernie Sanders

Non sarà attento al look come le signore di cui sopra, ma rischia davvero di trasformarsi in una fashion con suo malgrado. Il senatore ha assistito al giuramento imbacuccato in giaccone Burton da 132,96 dollari, pantaloni uniqlo da 69,90 e un paio di imperdibili muffole tricottate con gli avanzi di lana da un’insegnante del suo stato, il Vermont. Anche il giaccone è prodotto in Vermont; esiste anche una limited edition che ritrae sul dorso la faccia del senatore. In questo scatto dov’è appartato e un po’ ingrugnito, Bernie Sanders, sempre in corsa e mai candidato, sembra incarnare il detto sempre damigella e mai sposa. Chi non si è mai sentito così? Chic.

As soon as possible la seconda parte, enjoy!