Jackie, la donna che visse tre volte (parte terza)

Nel giorno in cuiavrebbe compiuto 92 anni, concludiamo il ricordo di Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis; in calce trovate i link per i precedenti capitoli.

(Ph: David Cairns/Getty Images)

“Non sia dimenticato quel breve luminoso momento che fu Camelot” dice Jackie Kennedy a Theodore White che va ad intervistarla per la rivista Life il 29 novembre, una settimana dopo la morte del Presidente.

La Camelot del ventesimo secolo finisce con un regicidio.

Dopo la tragedia, dopo le immagini iconiche che contribuiscono a creare il mito, come il tailleur rosa di Jackie macchiato del sangue del marito (Quel tailleur rosa), dopo il funerale che mischia l’austera solennità del rito alla tenerezza dei due orfani, resta una vedova di trentaquattro anni che deve ricostruire la vita per sé e per i suoi bambini. Intanto, anche se sembra brutto, Jackie e i figli devono sgomberare rapidamente dalla White House, che è diventata ufficio e residenza del nuovo Presidente Lyndon B. Johnson; la famigliola torna nella casa di Georgetown da cui i Kennedy erano usciti per diventare la prima coppia del Paese e scrivere una pagina di storia.

Washington è e resta la città di Jack, il suo ricordo è ovunque e rinnova il dolore ad ogni respiro; è ora di ricominciare, altrove. Il suocero, che di fatto li mantiene, vorrebbe nuora e nipotini a Boston, sede del clan Kennedy, ma Jackie decide di tornare alle origini: la loro meta sarà New York. A settembre 1964 si trasferisce coi bambini in un grande appartamento al numero 1040 della Fifth Avenue: quattordici stanze di cui cinque camere da letto, un grande soggiorno affacciato su Central Park, una bella cucina – dove lei in verità entra raramente – camini dappertutto. Sarà la sua casa per il resto della vita.

Non sono tempi facili, gli Americani si aspettano che lei sia la vedova della nazione, ma alla sua età Jackie vuole probabilmente qualcosa di diverso per sé e per i figli, a partire dal rispetto della loro privacy. In questo insolito ruolo di First Lady Vedova Jackie continua a partecipare a molte manifestazioni che ricordano il marito: il 14 maggio 1965 è nel Regno Unito, ospite con i figli della Regina, che inaugura il John Kennedy Memorial a Runnymede. È sempre di uno chic assoluto, la ex First Lady, semplicissima in total white, mentre Her Majesty – maggiore di soli tre anni – non resiste al richiamo di quei cappelli tutti tempestati di fiori, così di moda da influenzare perfino le cuffie da bagno. Anche i bambini sono in bianco come la mamma, col piccolo John, quattro anni e mezzo, che dà la manina al Duca di Edimburgo.

Sono i figli il suo pensiero principale, aldilà di ogni ambizione o desiderio personale, è il futuro di Caroline e John Jr. a preoccupare Jackie. Ma la situazione precipita il 6 giugno 1968, quando Robert, fratello minore del presidente ucciso e candidato a sua volta alla presidenza, viene ucciso a Los Angeles durante la campagna per le primarie. Jackie si convince che i Kennedy sono diventati un bersaglio, e non si sente più sicura negli USA. Tra la sorpresa di tutti e le critiche di molti, decide di sposare Aristotele Onassis. Che è sicuramente ricchissimo – forse il più ricco – decisamente non bello, anche se chi lo conosce gli attribuisce un certo fascino; parecchi anni (ventirè) più di lei, e qualche centimetro in meno di altezza.

Che non sia il classico matrimonio d’amore lo rivela il prenup, il contratto prenuziale che regola dettagliatamente e minuziosamente perfino i rapporti coniugali. Il matrimonio si celebra il 20 ottobre 1968 a Skorpios, isola greca dello Ionio di proprietà dello sposo. La sposa si conferma una fuoriclasse dello stile indossando un abito bianco avorio che scandalizza i benpensanti, dato che il candido abito nuziale è simbolo della purezza della nubenda, inadatto quindi alle seconde nozze. Ma lei si è innamorata: non tanto del nuovo marito, quanto di un giovane stilista di Voghera che proprio quell’anno ha incantato con la sua White Collection; l’abito creato per queste nozze lo proietterà definitivamente nell’empireo della moda, e gli aprirà le porte del mercato internazionale. Valentino crea per Jackie un abito corto, con gonna a pieghe piatte e un corpino lungo e accollato intarsiato di pizzo, le lunghe maniche trattenute da alti polsini. Un abito sofisticato e quasi rivoluzionario, in aperto contrasto con la moda dell’epoca che prediligeva forme geometriche e colori squillanti. In pochi giorni la maison, tempestata di telefonate da vecchie e nuove clienti, vende ben 400 abiti della collezione, e sembra che anche Audrey Hepburn abbia voluto il suo, nel nuovo Jackie style.

Non è un matrimonio felice, troppo diversi gli sposi, che passano insieme il tempo strettamente necessario. Va detto che Onassis è sempre molto affettuoso e paterno con i bambini Kennedy, mentre sua figlia Christina, neanche diciottenne all’epoca del matrimonio, non riesce a legare con la matrigna. Ari torna presto tra le braccia dell’amata Maria Callas, che lo adora, mentre la moglie, ribattezzata Jackie O, diventa la regina della mondanità internazionale e dello shopping.

I rotocalchi sono pieni delle sue immagini e del suo stile: i pantaloni bianchi, i sandali infradito, i grandi occhiali da sole, i foulard Hermès legati in testa, la borsa a spalla (Gucci gliene dedica una che ha ancora un grandissimo successo e viene riproposta continuamente), i bijoux, soprattutto quelli favolosi di Kenneth J. Lane (Jackie, Kenneth e la collana dei sogni) mentre passeggia per Capri o per Ravello in compagnia di Valentino o di Gianni Agnelli, che si vocifera sia più di un amico.

A separare definitivamente i coniugi arriva una nuova tragedia: nel 1973 l’adorato figlio di lui, il venticinquenne Alexander, muore in un incidente aereo gettando il padre in una disperazione da cui non si solleverà più. Anche il matrimonio con Jackie è finito, ma Ari muore prima di finalizzare il divorzio. È il 1975, Jackie ha 46 anni ed è di nuovo vedova, ma questa volta è totalmente padrone di sé e del suo destino.

Inizia la sua terza vita. Torna in pianta stabile negli USA. riapre l’amato appartamento al 1040, ma invece di godersi l’eredità Onassis continuando la vita lussuosa degli ultimi anni si trova un lavoro. Il primo settembre di quell’anno inizia a lavorare per la casa editrice Viking; poi passerà alla Doubleday, e continuerà questa attività che l’appassiona tanto fino alla fine; i paparazzi che l’hanno assediata nelle residenze dei Kennedy o nei luoghi del jet set, ora la inseguono per le vie di New York, mentre va a piedi in ufficio.

Trova anche l’amore: Maurice Templesman, mercante di diamanti suo coetaneo. Un uomo “normale” forse il vero grande amore della sua vita. Nel 1988 lui si trasferisce da lei, si occupa delle sue finanze e sembra riesca addirittura quadruplicare i 26 milioni di dollari ereditati da Onassis. La primogenita Caroline si è sposata e la rende nonna di Rose, Tatiana e John, l’adorato figlio John Jr le crea invece qualche grattacapo: vorrebbe fare l’attore mentre lei lo spinge verso la carriera legale, e frequenta ragazze che non le piacciono troppo: dalla storica girlfriend Daryl Hannah, a Madonna (probabilmente l’incubo di molte suocere). Forse Jackie vede il figlio troppo simile al padre, anche lui avvolto dalla meravigliosa maledizione di essere un Kennedy.

Ma almeno questa volta la tragedia le è risparmiata: all’inizio del 1994 le viene diagnosticato un linfoma non-Hodgkin; la sera del 19 maggio muore nella sua casa. I suoi funerali vengono celebrati quattro giorni dopo nella chiesa St. Ignatius Loyola in Park Avenue, la stessa dov’era stata battezzata 65 anni prima. Maurice Templesman, l’uomo che l’ha amata, rispettata, protetta, mai tradita come John, mai esibita come Ari, e le è stato accanto in ogni momento nei brevi mesi della malattia, legge una poesia che lei amava: Itaca, di Konstantinos Kavafis.

E aggiunge che il loro viaggio insieme era stato “troppo breve, purtroppo, troppo breve”, ma “pieno di avventura e saggezza, risate e amore, galanteria e grazia”

Trovate qui i capitoli precedenti:

Jackie, la donna che visse tre volte (parte prima) Jackie, la donna che visse tre volte (parte seconda)

Qui il post sulla morte di John F. Kennedy Jr. A Royal Calendar – 16 luglio 1999

Save the date!

Se il pomeriggio di martedì 30 non avete impegni, o se vi piacerebbe averne ma siete in zona rossa, ho qualcosa per voi.

Mercante in Fiera – cioè la splendida realtà delle Fiere di Parma – ha invitato me insieme con grandi esperte del bijou americano ad accompagnarvi in un breve viaggio in questo magico mondo. Oltre a un po’ di storia del gioiello non prezioso si parlerà del ruolo fondamentale degli artigiani italiani immigrati negli USA, e di grandi protagonisti come Kennteh Jay Lane. Ma ci sarà anche posto per il più regale degli accessori, declinato in versione meno impegnativa, e sarà proprio Lady Violet a trattare l’argomento.

L’appuntamento è alle 17:00 del 30 marzo seguendo questo link; https://m.youtube.com/user/fierediparma

Se non foste libere, resterà disponibile la registrazione. Enjoy!

Un post su Kenneth Jay Lane ha inaugurato questo blog; lo trovate qui Jackie, Kenneth e la collana dei sogni

Jackie, la donna che visse tre volte (parte seconda)

Il 25 novembre 1963 c’è un bambino che compie tre anni, ma non li festeggia in giardino con gli amichetti. Il 25 novembre 1963 c’è una bambina che due giorni dopo ne compirà sei, ma neanche lei li festeggerà come al solito. Il 25 novembre 1963 c’è una giovane donna che invece di organizzare due compleanni ha organizzato un funerale.

Quei due bambini nei loro cappottini di tweed azzurro  danno la mano alla loro mamma vestita di nero, il cui volto pietrificato fa da contrappunto ai marmi di Washington, e con lei accompagnano il padre nel suo ultimo viaggio. Che lo traghetterà dalla cronaca alla storia. Probabilmente considerata in famiglia come il fiocco sulla scatola del prodotto JFK («Venderemo Jack come sapone» diceva il padre, il ricchissimo e spregiudicatissimo patriarca Joseph P. Kennedy) Jackie in quei giorni tragici e cruciali diventa il centro di tutto. Lei a tenere insieme la famiglia, lei a studiare nei dettagli la cerimonia.

(Ph. PH2 Aaron Peterson/U.S. Navy)

Si ispira ai funerali di Lincoln: la bara sull’affusto di cannone seguito da un cavallo con gli stivali infilati alla rovescia nelle staffe, un’immagine che resterà famosa quasi quanto quella del piccolo John che (dietro suggerimento materno) fa il saluto militare al padre. Il 29 novembre Jackie incontra Theodore White della rivista Life,  nella casa di famiglia a Hyannis Port. Gli racconta di quanto Jack amasse Artù, l’eroe idealista raccontato in un libro e in un famoso musical «Don’t let it be forgot, that for one brief, shining moment there was Camelot» (Non sia dimenticato quel breve luminoso momento che fu Camelot) gli dice. Sul sole che tramonta su  Camelot nasce il mito.

L’alba spunta su Camelot venerdì il 20 gennaio 1961, quando si insedia la presidenza Kennedy; è un giorno freddissimo e le strade di Washington sono piene di neve. The Inauguration Of President John F. KennedyTra le tante signore che assistono all’insediamento del nuovo Presidente avvolte nelle loro pellicce spicca la nuova First Lady con un semplice cappotto beige. Gli uomini invece sono in tight, con cappotto e cappello a cilindro; ma quando il Presidente giura, e poi pronuncia il celeberrimo discorso Ask not, il cappotto se lo toglie; JFK, che a 43 anni è il più giovane mai eletto a quella carica, vuol dare da subito l’idea del cambiamento suggerendo energia, salute, potenza. Purtroppo è molto meno in salute di quanto si pensi, e Jackie – che avrebbe voluto reggere la Bibbia su cui giurare, come si fa oggi – sorride enigmatica: secondo qualcuno è perché sa quanti mutandoni e maglie di lana abbia lui sotto l’abito, per sopportare il freddo.

Alla sua prima apparizione ufficiale Jacqueline fissa già i canoni del suo stile, a partire da quel cappello – il pillbox – che diventerà il suo marchio di fabbrica. Oleg Cassini, il sarto che ha scelto come compagno in quest’avventura, è praticamente perfetto: un aristocratico nato a Parigi da padre russo e madre francese che ha studiato con De Chirico, poi si è trasferito negli USA dove frequenta il jet set, lavora nel cinema e veste molte attrici. Ne sposa una (Gene Tierney) si fidanza con un’altra (Grace Kelly); ha quel gusto francese che la nuova First Lady ama tanto e la cittadinanza americana, necessaria per enfatizzare il progetto dei nuovi States, quelli della New Frontier. Jackie ha solo trentun’anni, supera appena il metro e 70, è sottile e naturalmente elegante. Nei mille giorni che dura Camelot il couturier creerà per lei circa 300 mise con uno stile ben definito e immediatamente riconoscibili: linee semplici – preferita quella ad A per gli abiti – giacche a scatola con maniche 3/4, tessuti pregiati, quasi sempre monocromi. Con loro i neonati anni ’60 inventano la donna moderna.

La sera precedente all’inaugurazione i Kennedy partecipano a un gala, e l’abito disegnato da Cassini è pura perfezione: di una semplicità quasi grafica, realizzato in un pesante satin svizzero, unica decorazione un fiore stilizzato in vita. Una volta in auto per raggiungere il gala, il Presidente chiede all’autista di accendere l’illuminazione interna della vettura, in modo che tutte le persone sulla strada possano ammirare la moglie. Un abito di transizione: porta Jackie alla White House e tra le donne meglio vestite di sempre, e traghetta la moda in una nuova fase.

La conferma che la via imboccata è quella giusta arriva qualche mese dopo: il Presidente e la First Lady visitano il vicino Canada dal 16 al 18 maggio 1961; Jackie non è sicurissima di saper affrontare ciò che il nuovo ruolo le richiede, ma le sue foto in total red tra le Giubbe Rosse fanno il giro del mondo. Jackie appunta sulla spalla sinistra una spilla che rappresenta due frutti, in diamanti e rubini; è un dono di Jack, disegnata da Jean Schlumberger per Tiffany. Anche con gioielli e bijoux la First Lady promuove il made in USA: si tratti degli amati bangles di Schlumberger, cui finirà per dare il nome, o dei favolosi bijoux creati dall’amico Kenneth Jay Lane, creatore del collier a tre fili di perle (false) che Jackie indossa spesso e volentieri, anche nelle occasioni più importanti. (Kenneth Jay Lane è una delle passioni di Lady Violet, qui trovate un post dedicato proprio a lui e a Jackie Jackie, Kenneth e la collana dei sogni).

A giugno la definitiva consacrazione: i Kennedy vanno in visita ufficiale in Francia, il Paese da dove arrivano gli antenati di Jackie, i Bouvier. Parigi è l’amatissima città degli studi giovanili alla Sorbonne, ed è naturalmente la capitale mondiale della moda. Jackie alterna creazioni di Cassini ad altre di couturier francesi, realizzate però da una sartoria americana, Chez Ninon, su disegno e con materiali originali, secondo la tecnica “line to line”. È uno Chanel realizzato da Chez Ninon anche uno dei suoi abiti più famosi, il taiilleur rosa indossato a Dallas, il giorno in cui il sogno di Camelot affoga nel sangue (Quel tailleur rosa). 

Ma la sera del gala a Versailles è Givenchy a vestirla – con un abito bianco dal corpino ricoperto di fiori – e il solitamente sobrio De Gaulle, affascinato, la paragona a un quadro di Watteau. Se insieme sono una potenza di giovinezza, bellezza, eleganza, charme, humour (a Parigi Jack si presenta come “l’uomo che accompagna Jacqueline Kennedy”) anche nelle visite in solitaria Jackie incanta.

Sublime l’undici marzo 1962 per l’udienza privata in Vaticano, accolta da Papa Giovanni XXIII, in lungo nero con mantiglia.Splendida nei mille cambi durante il viaggio in India e Pakistan, accompagnata dalla sorella Lee Radziwill, dal 12 al 21 dello stesso mese. In nove giorni la First Lady indossa almeno 22 mise diverse; le cronache del tempo riportano una collezione di abiti declinati nei colori dei fiori delle spezie e della pietre preziose del subcontinente indiano: il bianco il giallo l’arancio il verde il rosa pesca.

Il 1962 non è un anno semplice per il matrimonio Kennedy; il 5 agosto viene trovata morta nella sua casa di Los Angeles Marilyn Monroe; che un paio di mesi prima, ubriaca e vestita di un abito color carne che poco lasciava all’immaginazione aveva cantato Happy birthday to you al presidente, in una serata al Madison Square Garden cui Jackie si era ben guardata dal partecipare. La storia è nota, e come spesso accade alle persone universalmente famose  pochi dettagli intimi vengono risparmiati dalla curiosità altrui. Lady Violet pensa che alla fine anche l’antagonismo tra Jackie e Marilyn abbia contribuito alla popolarità dei Kennedy, e alla loro leggenda. La raffinatezza di Jackie, la sua cultura, gli eventi artistici ospitati per la prima volta alla White House trovavano il loro contraltare in Marilyn – e nella sua performance – in un mix di alto e basso, di élite e di popolare.

L’anno seguente Jackie è di nuovo incinta, mentre Jack comincia a fare piani per la rielezione del 1964. Il 9 agosto nasce Patrick, ma è prematuro e muore due giorni dopo. Il colpo per la First Lady è pesante, nel suo passato ci sono già un aborto spontaneo e una bimba nata morta, Arabella.

Per riposare e riprendersi, parte con la sorella per la Grecia, dove incontra la famiglia reale al palazzo Tatoi. Accetta l’invito di Aristotele Onassis per una crociera sullo yacht Christina. Lei non lo sa, ma la sua prima vita sta per finire. La seconda però è già all’orizzonte. 

Qui trovate la prima parte del post dedicato a Jackie: Jackie, la donna che visse tre volte (parte prima)

Qui l’ultima parte: Jackie, la donna che visse tre volte (parte terza)

Qui il post dedicato al figlio John F. Kennedy Jr, che oggi avrebbe compiuto 60 anni A Royal Calendar – 16 luglio 1999

Una giornata particolare

Cronaca di una giornata ricca e movimentata, perché va bene che ieri era il primo giorno di primavera e voi siete tutti contenti, ma chez Lady Violet il 21 marzo è soprattutto il compleanno di questa signorina qui, che ha girato la boa dei cinque anni. purple by stefaniaDopo aver comprato un guinzaglio nuovo (coi brillantini!) avendo rotto il precedente entrando in ascensore, dopo aver passeggiato e mangiato biscotti, è arrivato il momento dell’afternoon tea con le amiche (mie), che manco a dirlo sono tutte innamorate di lei e l’hanno sommersa di coccole e ottimi bocconcini che sono la sua passione (le coccole, ma pure i bocconcini). Forse non siamo del tutto obiettivi, ma la verità è che Miss Purple è veramente irresistibile, caratteristica che divide con tutti i canetti come lei – i Welsh Corgi Pembroke – tant’è che hanno ammaliato anche una famosa signora, come sapete bene. E tutte le volte che esco in sua compagnia, cioè praticamente sempre, c’è qualcuno che esclama: guarda, il cane della regina! E se volete vi racconterò tutta la storia dei royal corgis.

Poi accade che quella tra il 22 e il 23 marzo è per me la notte del più doloroso degli addii, ma questo è anche il giorno in cui gli antichi celebravano la morte di Attis e le viole nate dal suo sangue. Mito di morte e rinascita, che è la magia della primavera; e le viole sono fiori molto amati non solo da Lady Violet, ma pure da qualche regal personaggio che forse non vi aspettate. E se volete vi racconterò anche questa storia.

Per celebrare tutti questi eventi io ho indossato questo, che non è una viola ma è viola, e in questa sua totale violitudine fu fatto per me nell’antro magico del genio dei bijoux, Kenneth Jay Lane.

La storia della mia passione per lui e per i suoi favolosi bijoux però ve l’ho già raccontata, anzi è una di quelle con cui ha esordito Lady Violet, e se non ve la ricordate o ve la siete persa la trovate qui Jackie, Kenneth e la collana dei sogni

Jackie, Kenneth e la collana dei sogni

Immaginate una bambina che sotto l’ombrellone su una spiaggia medioadriatica sfoglia la rivista appena acquistata dalla mamma. Immaginate che quella bambina si imbatta nella fotografia della donna più chic, più glam, e probabilmente pure più ricca dell’epoca (siamo all’inizio degli anni ’70), già vedova dell’uomo più importante della terra. Immaginate che la bambina resti incantata dalla favolosa collana che l’elegante signora ha sfoggiato ad un gran gala a New York, e poi immaginate la stessa bambina con gli occhi sbarrati leggere che quella collana è falsa. Sì falsa, come quelle con cui gioca lei. Insomma, quasi.  E allora la bambina affascinata si legge tutta la storia, e la storia è questa. Cinque anni dopo l’assassinio del presidente a Dallas, la First Widow Jackie sposa Aristotele Onassis, ricchissimo e chiacchieratissimo armatore greco, che la ricopre di gioielli da favola. Tra questi la collana incriminata, enormi zaffiri rubini e smeraldi contornati di diamanti a formare  un disegno  indianeggiante. Il valore è enorme, ma l’aspetto è un po’, come dire, too much, e allora Jackie invita a casa il suo amico Kenneth Jay Lane, geniale e talentuoso creatore di bijoux, e gli chiede di fargliene una falsa, meno impegnativa e più divertente. Kenneth accetta commentando con deliziosa perfidia che non è certo di riuscire a replicare dei cabochon così brutti, e propone a Jackie di risparmiare sull’ingente spesa necessaria per la creazione del modello, consentendogli di inserire la collana in collezione. Jackie accetta, ed è così che nasce una prima serie di Jackie Necklaces, realizzate in varie versioni in cui i cabochon originari vengono sostituiti da pietre naturali come l’occhio di tigre, o resine chimiche che imitano corallo, turchese, lapislazuli, giada, diventando in breve famose e desideratissime.

E a volte, quando s’incontrano, Jackie sussurra all’orecchio di Kenneth: “l’altro giorno ho visto la nostra collana in Dynasty!”.

Ma la storia non è finita, e continua al di qua dell’oceano. Perché mentre gli anni passano la bambina cresce, e ogni tanto ripensa a quella collana, e un giorno la trova per caso in un piccolo negozio romano che oggi non c’è più, e decide di fare un lavoro che non le piace pur di comprarsela, e al termine di un anno un po’ pesante se la porta a casa finalmente, nella versione con l’occhio di tigre. E non è ancora finita, perché grazie alla collana la non più bambina troverà una splendida amica, e tramite lei conoscerà lo stesso Kenneth  Lane, e New York, e il mondo magico dei bijoux americani che hanno incantato donne di tutto il mondo, anche Wallis, Grace, Margaret, Diana cui certo non mancavano gioielli da sogno.

E impara una delle leggi dello stile: se un diamante è per sempre, uno strass è per tutte.