Royal chic shock e boh – A “wedding” in Venice

A gentile richiesta dedichiamo la nostra rubrica all’evento che ha invaso Venezia, giornali e tg: le nozze tra Paperone Bezos e la sua Brigitta Sánchez. Senza entrare nella diatriba su Venezia gratificata o penalizzata e con un’ovvia premessa: ciascuno può e deve fare quello che vuole col proprio corpo i propri soldi e la propria vita. E se temete che l’argomento sia miliardario (in dollari) ma troppo plebeo per i nostri standard vi tranquillizzo, nel delirio veneziano c’era anche una quota royal rappresentata dalla Giordania.

(Ph: Instagram @laurensanchezbezos)

Prima di analizzare le mise consentitemi una piccola riflessione, innescata da un commento ascoltato nel diluvio di chiacchiere di questi giorni. Qualcuno, non ricordo chi e me ne scuso, diceva che Jeff Bezos è diventato uno degli uomini più ricchi del mondo grazie all’originalità del suo pensiero, che gli ha consentito di inventare qualcosa che non c’era, mentre ora vive questa fase della sua vita in un modo piuttosto conformista, come un Kardashian qualsiasi. Personalmente apprezzo che abbia scelto una signora più o meno sua coetanea (la sposa ha sei anni di meno) invece della solita giovanissima bellissima “modella”; sicuramente colpisce il massiccio ricorso alla chirurgia plastica della suddetta signora, che di fatto la rende simile a molte delle sue ospiti. Le quali peraltro hanno fatto le stesse scelte di stile: scollature, spacchi, corsetti, abiti stretti, fantasie maculate. Insomma mi sembra di poter dire che, almeno tra coloro che sono stati a Venezia questo weekend, chi ha una grande disponibilità economica pensa di poter incidere sulla realtà e modificarla, senza però sapere bene come manovrare il cambiamento, e dunque facendolo nel modo più banale e scontato, per nulla originale e men che meno rivoluzionario

Altro aspetto rilevante di queste nozze è che in effetti non sono nozze. Quelle vere sono già state celebrate, in privato, qualche settimana fa, dopo la firma di un sostanziale e accurato prenup – l’accordo prematrimoniale che blinda le proprietà degli sposi (e incidentalmente in Italia non è valido) – secondo le leggi statunitensi. Dunque, escludendo un improbabile matrimonio religioso, quella che è stata celebrata tra i due è una cerimonia simbolica, non voglio dire una festa in maschera ma quasi. E per questo, ho avuto l’ispirazione di abbinare a ogni mise il titolo di un film.

E però va detto che neanche in questo caso Besos ha inventato nulla, potendo noi italiani poter contare su un celebre, illustrissimo precedente. Dunque via con Il carnevale di Venezia

Aureolata di veli come una fanciulla, Lauren si è affidata ai furbissimi Dolce&Gabbana, che per questa creazione hanno scomodato nientepopodimenoche Sophia Loren, sposa in Un marito per Cinzia del sempre fascinoso Cary Grant con un abito molto simile (anzi, il corpetto è stato copiato paro paro). Ho apprezzato le maniche lunghe e la scollatura che raggiunge pudicamente il collo, fermata da una miriade di bottoncini, due dettagli che rimandano al padre di tutti gli abiti nuziali del dopoguerra: quello disegnato da Helen Rose nel 1956, dono di nozze della MGM per la diva Grace Kelly che lasciava Hollywood per Monaco. Ho apprezzato meno la linea a sirena spinta, che però è molto nello stile di Lauren, la quale tra viso, décolleté e abiti è sempre talmente tirata che mi dà l’idea stia per scoppiare. Se poi smaniate per sapere se la sposa abbia rispettato la tradizione del qualcosa di nuovo qualcosa di vecchio posso rassicurarvi, Lauren ha rivelato a Vogue che il qualcosa di prestato erano gli orecchini, forniti da Domenico Dolce, mentre il qualcosa di blu è un piccolo souvenir riportato dal brevissimo viaggio spaziale compiuto qualche mese con amiche a bordo di una navicella Blue Origin. Insomma, rispettate perfettamente le usanze come nel più tradizionale degli sponsali, pizzo e velo compresi. Ora, io capisco che le americane siano meno sofistiche di noi e come insegna Beautiful pure al decimo matrimonio, magari accompagnate all’altare dai figli – o magari addirittura dai nipoti – vogliano l’abito bianco, ma qui siamo pure nel matrimonio per finta, più che un matrimonio un bride-pride, dunque assolutamente shock, compresa la naturalissima posa usata per questa foto. Dolce&Gabbana hanno firmato anche lo smoking dello sposo, ampiamente criticato da esperti di moda maschile, appassionati e chiunque sia dotato si normali capacità visive. Venezia la luna e tu

Mercoledì sera gli sposi hanno offerto una pre-pre serata nuziale, per accogliere gli ospiti che stavano arrivando. Quando Lauren è apparsa tra le tende rigate dello scicchissimo hotel Aman era rigata pure lei, con un abito monospalla di Alexander McQueen della collezione Irene del 2003 che costa pure poco: 5200 euro. L’abito è veramente interessante, in satin blu notte è percorso da righe che non sono parte del tessuto ma bottoncini di madreperla cuciti uno per uno con filo rosso.

(Ph: Timeless Vixen)

Il geometrico rigore delle righe adagiato sulle abbondanti e supertoniche curve della signora fa un po’ effetto mal di mare, ma non è male. L’abito è bello, ma l’indosso boh. Culastrisce nobile veneziano.

(Ph: CUBR//BACKGRID)

Per la festa prenuziale di giovedì sera la scelta è caduta su Schiaparelli, un abito particolare ma declinato su di lei in un modo non particolarmente convincente. Il punto focale è rappresentato dal corsetto, che migliaia di perline dorate rendono quasi metallico in contrasto col resto: una gonna e un’alta fascia sul seno in un tessuto color crema ricamato a fiori. Osservando la foto del modello in sfilata si possono notare le differenze nella realizzazione.

Nonostante la significativa differenza in altezza (Lauren dichiara di essere 1,60) quello che abbiamo visto a Venezia è assai più lungo, forse per renderlo più simile a un abito da sera, ma così non slancia particolarmente la già non longilinea signora.

(Ph: Stefano Mazzola)

Ciò che ha colpito di più Lady Violet, e non in positivo, è il modo in cui la fascia sia diventata quasi un volant e sporge, adagiata sull’importante e poco morbida poitrine. Che vi devo dire, l’effetto abat jour ci sta tutto, ma pure quello impalcatura. Shock. Capriccio veneziano.

(Ph: Stefano Rellandini/Getty Images)

Venerdì pomeriggio la sposa si avvia al luogo della cerimonia con una mise descritta sulla stampa anglosassone così: “quando Grace (Kelly) incontra Audrey (Hepburn)”. Secondo me le due non ce l’hanno fatta ad incontrarsi, e non si è vista nemmeno la altrettanto citata Jackie (Kennedy) ma confesso che questa mise è l’unica che ho apprezzato: il più classico dei tailleur Dior, gonna midi e giacchina avvitata con brevi maniche, color avorio con bottoni neri. L’abbondante capigliatura trattenuta da un foulard Hermès, il modello Brides de Gala en Fleurs nel colore ébène / blanc / gris anthracite. Appartiene alla collezione attuale, se vi piace 530 euro ed è vostro.

(Ph: Ernesto Ruscio)

Hermès anche la borsa, una Kelly in coccodrillo nero, come le slingback che completano l’insieme. Ora, a parte il fatto che Lauren è sempre eccessiva, caratteristica che nell’estetica europea difficilmente si traduce in eleganza, a parte le unghie ad artiglio, a parte la poca naturalezza che mostra nell’indossare un look che chiaramente non le appartiene, per me questa mise è quella che più si avvicina allo chic. Non lo raggiunge, ma questo momento di understatement è un balsamo. Anonimo veneziano

(Ph: Lapresse)

Sabato mattina, in attesa del gran ballo finale, gli ospiti hanno fatto quello che volevano e mentre Ivanka Trump ha visitato le Gallerie dell’Accademia gli sposi hanno invitato una cinquantina di amici per una colazione (seconda colazione, cioè a pranzo) all’Harry’s Bar, sotto l’occhio attento di Arrigo Cipriani in persona. I signori Bezos hanno ripreso il loro stile standard: lei in miniabito nero con gran volant tenuto bello teso dall’abbondante décolleté, ciabattine con tacco, cappello di paglia con alta fascia e a contrasto una clutch bianca che sembra proprio la Kelly Cut Hermès in alligatore Lui in completo color topo stile mafia colombiana. Shock. Un maresciallo in gondola

(Ph: Nicolas Gerardin)

Alla terza serata anche i giornali specializzati iniziano a mostrare segni di cedimento, figuriamoci noi. Per la soirée danzante Lauren si è rivolta a Versace, alla linea Atelier, che sarebbe la Haute Couture della maison. Donatella Versace ha assecondato lo stile della signora con un modello che enfatizza la ricchezza di seno e fianchi contrapposti al vitino di vespa, un abito drappeggiato che fino al ginocchio segue le forme, per poi aprirsi in una morbida gonna plissettata. Molto bello il colore, i ricami in oro argento bronzo e cristalli Swarovski sono tipici della maison, il problema è che la parte ricamata, probabilmente per enfatizzare i fianchi, si allunga troppo e finisce per non slanciare (eufemismo) soprattutto chi di suo non sia particolarmente alta. E no, non bastano i tacchi vertiginosi. Un grande boh. La venexiana

(Ph: Reuters)

Immaginiamo che la signora Bezos sia felice lo stesso, e si consolerà dalle critiche ammirando i diamantoni che brillano alle sua dita. La foto è stata scattata mentre la nubenda si avviava alla cerimonia nuziale di venerdì sera, e può esserer considerata la prova che i due erano già sposati. All’anulare destro Lauren porta l’anello di fidanzamento, un raro diamante rosa con taglio a cuscino, mentre l’enorme pietra ovale all’anulare sinistro dovrebbe essere l’anello nuziale (scordatevi la semplice fascia d’oro, in certi ambienti non usa più). Prova definitiva il braccialetto al polso sinistro da cui pendono le lettere LB. Che immagino non siano le iniziali di Lino Banfi, ma quelle di Lauren Bezos. Canal grande

E noi? L’unico film che vedrei volentieri ora è Dimenticare Venezia.

Royal chic shock e boh – Pre Coronation party

È venerdì 5 maggio, ed è pomeriggio. Mancano poche ore all’incoronazione, reali e capi di stato sono arrivati da ogni parte della terra e King Charles li accoglie a Buckingham Palace per un ricevimento di benvenuto. Camilla non c’è, si prepara al grande giorno; anche Charles si ritirerà al termine del party mentre vari membri della Royal Family e altri reali ceneranno insieme da Oswald’s, club chic di Mayfair, .

Assente la prima dama del regno, è presente la seconda a farne le veci: la Principessa di Galles è ritratta con due signore di particolare rilievo. Alla sua sinistra la First Lady ucraina Olena Zelens’ka, in nero, con un modello francamente impossibile da decifrare, mentre Jill Biden indossa un abito a giacca Tom Ford come fosse una vestaglietta da casa. Da ciò che vedo, boh.

Catherine ha scelto per l’occasione un colore che ama tanto da averlo indossato anche il giorno in cui fu annunciato il fidanzamento con William. Un abito in crêpe di poliestere di Self Portrait in royal blue, caratterizzato da un grosso nodo ritorto sul petto, che insieme con le maniche dà a tutta la mise un’aria irrimediabilmente anni ’80. I dettagli in strass su spalle e polsini sono leziosamente ripresi sul cinturino delle slingback Aquazzurra in tinta. Il modello originale dell’abito presenta uno spacco aperto fino a mezza coscia, lo avrà mantenuto così anche lei? Boh.

Mi scuso per la qualità dell’immagine, ma i pochi scatti a figura intera di Catherine sono tutti così; in compenso la foto ci fa sbirciare la toilette di altre due signore presenti. Della Duchessa di Brabante parleremo a breve, ma sullo sfondo a sinistra si vede la sempre discreta Sophie del Liechtenstein, con un completo stampato a grandi ortensie bianche, un po’ anni ’50 un po’ Baviera, regione che in fondo le ha dato i natali. Che vi devo dire, boh.

(Ph: Chris Jackson/Getty Images)

Concludiamo il breve giro delle First ladies con la nostra, Laura Mattarella. Nell’unica fotografia disponibile, pubblicata dall’accout twitter del Quirinale, compare a sua volta a mezzobusto, il che non rende possibile un’attenta analisi della sua mise.

In linea di massima, ormai sapete che Lady Violet non ama (eufemismo) certe sfumature turchesi, celestine, acquamarina su signore che abbiano superato l’adolescenza, e si tiene a distanza da quei tessuti lucidi e rigidi, che tendono a raddoppiare i volumi (Laura se lo può permettere, io no). Inoltre eviterei accessori inutili tipo la stola messa in diagonale, che fa un po’ madre dello sposo. Molto bello il biondo dei capelli, il resto boh.

Sterziamo ora decisamente verso le monarchie; Rania è regina di Giordania da ben ventiquattro anni, ne aveva solo ventotto quando è salita sul trono col marito. Da allora ci delizia con le sue toilettes, ma questa volta non sono convinta. L’abito, che porta una firma importante nella storia della moda – Schiaparelli – non so perché mi fa pensare a don Abbondio. Saranno tutti quei bottoni? L’arricciatura così bassa, benché Rania non abbia un filo di pancetta, squilibra il baricentro dell’abito, forse per ripristinare l’equilibrio ci sarebbe voluta una signora più alta, sebbene la regina non sia certo bassa. Insomma, boh.

Di anni ne aveva solo 21 Jetsun Pema, quando ha sposato il re del Bhutan diventando la sua regina. Oggi ne ha quasi 33 (li compie il 4 giugno, compleanno che divide con la piccola Lilibet Diana), è ancora la più giovane regina regnante, ed è sempre dotata di una bellezza incantevole, di una grazia particolare e di uno stile unico, grazie anche alla raffinata eleganza degli abiti tradizionali che indossa di solito. In questo caso il color zafferano si abbina al fucsia e al lilla. Bellissima, abbinatissima al marito, sta bene perfino col tappeto. Superchic.

La Reina Letizia sceglie abilmente una maison britannica, e un colore insolito, una tonalità di verde che una volta si chiamava chartreuse, come il liquore dolciastro e appiccicaticcio che preparavamo i monaci certosini nella Grande Chartreuse. Letizia non è né dolciastra né appiccicaticcia, e l’abito – creato da Victoria Beckham evidentemente avendo in mente la stessa sottilissima silhouette che le due signore hanno in comune – le sta bene, soprattutto quel drappeggio piazzato in quel punto, ma non mi entusiasma. Certo è il manifesto di come sia cambiata la forma anche in ambienti superformali: abitino da party a bordo piscina, niente calze. Ma alla fine, boh. Con una postilla: se anche Felipe col suo metro e 97 inizia a girare con gli orli così lunghi stiamo freschi.

LONDON, ENGLAND – MAY 05: Grand Duchess Maria Teresa and Grand Duke Henri of Luxembourg attend the Coronation Reception for overseas guests at Buckingham Palace on May 05, 2023 in London, England. (Photo by Chris Jackson/Getty Images)

Menzione d’onore per Maria Teresa di Lussemburgo, che pure per un invito meno formale segna il territorio e adorna il collo con un importante gioiello Van Cleef & Arpels in diamanti e smeraldi, appartenuto alla suocera Josephine-Charlotte: è una tiara convertibile, e infatti spesso è stata usata come collier, come in questa occasione. La granduchessa per ragioni imperscrutabili è in una fase-pantaloni, tanto da indossarli anche al recente matrimonio della figlia. Anche lei, che è donna di mondo, sceglie la moda British, nel suo caso Alexander McQueen, e indossa la rivisitazione di uno smoking maschile (insomma, quasi) caratterizzato da tagli arricchiti di pizzo. Bello e fresco il viso, meravigliosa la collana, ma non mi convince, forse semplicemente non è adatto all’occasione, all’orario. O forse ci voleva un indosso più rock. Anche qui, boh.

(Ph: Samir Hussein/WireImage)

Charlène de Monaco si attovaglia – verbo non scelto a caso – con un completo pantalone azzurro pervinca, caratterizzato da un top monospalla con un lungo drappo ricamato ton sur ton, pronta per un pigiama party. Non solo non mi piace, ma non è una cosa da portare in città, figuriamoci a Buckingham Palace. Se proprio non se ne può fare a meno, va bene su una terrazza dell’Hotel De Paris, per una di quelle pubblicità patinate che mi fanno sempre convinta ad andare altrove. Shock.

Passate in rassegna le sovrane, è la volta delle principesse ereditarie, magari andrà meglio.

Uhm, forse no. Mette Marit, consorte del principe Ereditario di Norvegia, probabilmente intenzionata a mostrare il proprio supporto a King Charles, si mette addosso una cosa che sembra un pezzo di bandiera inglese. E forse è proprio quella l’ispirazione, trattandosi di un capetto Alexander McQueen, una giacca color block di una collezione 2016, che evoca il tanto amato stile militare. Noi mettiamo dei fiori nei nostri cannoni, shock.

Coppia di rosa per due principesse ereditarie: tonalità bubble gum per Victoria, futura regina di Svezia. L’abito di Roland Mouret è caratterizzato da alcuni drappeggi che non esaltano la sua linea. Molto divertenti gli accessori – scarpe Gianvito Rossi e borsa Louboutin – in pelle metallica fucsia. In fondo questa mise la rappresenta, imperfetta ma simpatica. Chic di incoraggiamento. Al contrario, Mary, futura regina consorte di Danimarca, è spesso talmente perfetta da risultare noiosetta. Rosa corallo intenso per un abito che i più attenti di voi forse avranno riconosciuto: lo indossava l’anno scorso alla cresima della figlia Isabella (Le foto del giorno – Scene di famiglia), ed è molto simile a quello indossato da Salma di Giordania al matrimonio della sorella Iman, il 12 marzo scorso (Scene da un matrimonio). Una creazione Andrew Gn, chic.

Scelgono curiosamente il nero entrambe le più giovani future regine; la ventunenne Elisabeth del Belgio indossa un abito un po’ punitivo Armani. Il modello originale è lungo alla caviglia, in questo caso è stato accorciato, e l’effetto finale ricorda una tonaca. Peccato, boh. Invece Catharina-Amalia dei Paesi Bassi, 19 anni, ha trovato una mise che le piace e le sta bene – in questo caso un tailleur pantaloni di Marina Rinaldi – e la ripropone in vari colori: fucsia una settimana prima per il Koningsdag, (Le foto del giorno – Compleanni e anniversari),nero in questa occasione. Nonostante l’accoppiata con la nonna Beatrix, anch’essa in nero, rischia di essere un po’ pesante, lei risulta perfetta per la serata, chic.

In rappresentanza dei reali senza trono loro ci sono quasi sempre, anche in virtù dell’abbondante parentela e dei legami personali. Anne Marie, nata principessa di Danimarca e diventata Regina di Grecia, è quel che si direbbe una vera signora: divide con la cognata Sophia la caratteristica di essere figlia di re e moglie di re, e si vede. Molto semplice in un completo Max Mara verde scuro, che tutto sommato rispetta il suo lutto – è rimasta vedova a gennaio – senza imporlo in società. Chic. Col figlio maggiore, il Diadoco Pavlos, e la di lui moglie Marie Chantal hanno inaugurato la modalità io mammmeta e tu, che penso vedremo spesso. Marie Chantal dal canto suo sta rafforzando il legame col mondo greco, indossando come già in altre occasioni una creazione di Mary Katrantzou, stilista ateniese che vive e lavora a Londra. Abito couture écru con maniche a campana, semplicissimo, impreziosito da una collana di grosse perle. Non sono una fan della signora, ma è indubbiamente chic.

Pronti per l’incoronazione?

Republican chic shock e boh – Inauguration Day edition (parte seconda)

Gli artisti

Confesso di essere rimasta piuttosto colpita dalla giovanissima poetessa Amanda Gorman, che non conoscevo. Scelta dalla First Lady, donna di vasta e profonda cultura, Amanda ha portato sul palco passione e forza e speranza e unità e luce. Luce incarnata dal quel delizioso cappotto giallo limone di Prada, coraggiosamente abbinato a un bandeau rosso indossato come una corona. Amanda, la ragazzina nera che dimostra meno dei suoi 22 anni, cresciuta da una madre single, che sogna un giorno di diventare presidente e intanto partecipa a un altro giuramento: l’essenza del sogno americano.

Se guardate con attenzione la fotografia, al medio della mano destra di Amanda brilla un anello particolare: un uccellino in gabbia. È un dono di una delle sue più celebri fan, Oprah Winfrey, e in un bel gioco simbolico rimanda a Caged bird poesia di Maya Angelou, che a sua volta presenziò a una inaugurazione, quella di Bill Clinton nel 1992. Chic.

Gli ospiti musicali

Mi scuso per il titolo di tono sanremese, ma non vorrei fosse dimenticata la performance di Garth Brooks, che ha cantato a cappella Amazing Grace, il celebre inno scritto da quel John Newton che dopo aver lavorato per i trafficanti di schiavi ricevette da Dio la straordinaria grazia della conversione. Se ve lo siete perso trovate un link in fondo; sulle tv italiche Brooks, liquidato come “cantante country col tipico cappello” è stato bypassato a favore dell’inserto pubblicitario.

Tutti invece hanno visto Lady Gaga e Jennifer Lopez, che con le loro mise hanno riproposto il feroce antagonismo tra due grandi signore della moda che accese vari decenni del secolo scorso: Elsa Schiaparelli e Coco Chanel. Schiaparelli Haute Couture la scelta di Lady Gaga, che ha cantato l’inno nazionale. Il texano Daniel Roseberry, direttore artistico della maison dal 2019, ha creato per lei – in una settimana, sembra – un abito really impressive che ha deliziato alcuni, scioccato altri. Per il momento più altamente simbolico i colori scelti il rosso e il blu che col bianco compongono la bandiera Stars&Stripes: (e rappresentano i due schieramenti politici); un giacchino in cachemire blu scuro che si allungava sui fianchi fino a far esplodere un’enorme gonna in faille di seta scarlatta.

Avrei evitato quella pettinatura da babushka, passata comunque quasi inosservata davanti all’enorme spilla in foggia di picassiana colomba della pace (finalmente la pace nel mondo!). Sicuramente molto grande, probabilmente troppo per la cantante, così minuta, ma sicuramente bilanciata dal volume della gonna. Certamente la mise più chiacchierata e divisiva, adorata e detestata. Lady Violet pensa intanto che se dovessimo usare come metro il gusto personale la discussione finirebbe subito; è ovvio che ciascuno consideri il proprio il migliore che c’è, e ammiri chi ne ha uno affine, anche tra chi gli abiti li crea. Ed è altrettanto ovvio che se il gusto è insindacabile ogni signora prediliga il suo e lo segua. Se vogliamo fare un passo in più, bisogna ricordare che anche gli abiti sono un codice, e i codici appartengono alla cultura che li genera; ma le culture, anche se simili, non sono uguali. Personalmente penso che quello di Lady Gaga più che un abito sia un costume, un abito di scena eccentrico quanto lei, e per questo spettacolo secondo me funzionava bene. Noi non lo metteremmo mai? Amen signore, direi che ci faremo il problema quando saremo chiamate a cantare l’inno nazionale al giuramento di un presidente. Fatemi però spendere due parole anche sulla spilla; io riconosco la massima autorevolezza nel campo a due gran dame: la prima è HM Queen Elizabeth, aiutata sia dalla signorilità regale del tratto sia dalla ricchezza inarrivabile del proprio scrigno. L’altra è Madeline Albright. Nata a Praga nel 1937 e naturalizzata statunitense, negli otto anni della presidenza Clinton è stata prima ambasciatore all’ONU, poi Segretario di Stato.

Appassionata collezionista di spille, sia preziose sia di bigiotteria, non solo ne ha indossate di ogni forma e grandezza – senza farsi mai limitare dall’altezza non proprio svettante – ma le ha usate sempre per lanciare metamessaggi, come raccontato con grande accuratezza dalla mostra Read my pins, che Lady Violet vide al Museum of Arts and Design di New York nel 2010. Indovinate? Anche in quella collezione c’è una spilla, parte di un set, molto simile a quella sfoggiata da Miss Germanotta. Qual è dunque il giudizio di Lady Violet sulla sua pari grado? Né chic, né shock, né boh, sublime.

Jennifer Lopez, in total white Chanel, è la dimostrazione che una mise uscita da una celebre maison non è condizione sufficiente per essere chic, e forse nemmeno necessaria. Un cappotto troppo grande lasciato aperto mostra una classica blusa col fiocco, pantaloni lunghissimi a coprire le scarpe con superplateau che le donano la grazia di Popeye, maniche anch’esse troppo lunghe che finiscono con l’assembrarsi coi polsini della camicia e i bracciali fitti di perle. Un insieme confuso e “sporco” nonostante il candore, senza un grammo dello chic codificato da Mademoiselle Coco. Inquietante il fondotinta color terracotta, a meno che non fosse una voluta citazione dei gloriosi capi indiani. Augh. Shock.

La First Lady uscente

Impossibile non parlare dell’uscita di scena di Melania, che ha attirato commenti adoranti e critiche severe (oltre a offese odiose, che alle donne non si risparmiano mai). I Trump se ne sono andati la mattina del 20, senza partecipare al passaggio delle consegne; scelta grave e ingiustificabile, uno sgarbo inemendabile nei confronti non solo del nuovo Presidente, ma del Paese intero. Per il suo farewell outfit, prima di raggiungere la tenuta di famiglia in Florida, Melania ha usato l’artiglieria pesante: giacchino Chanel con maniche 3/4, tubino Dolce&Gabbana, scarpe Louboutin, Birkin Hermès in coccodrillo, occhialoni da diva. Una mise très chic – secondo me più adatta al giorno inoltrato che alle otto di mattina – che oggettivamente le stava da dea. Ho sempre trovato la signora Trump statuaria, sia per la perfezione dell’aspetto sia per il marmoreo calore che emana; nel ruolo che ha appena abbandonato non credo passerà alla storia, probabilmente penalizzata anche dall’essere straniera, e dall’avere degli Stati Uniti un’immagine parziale colta da un osservatorio privilegiato. Se vogliamo anche in questo caso ricorrere ai codici di comunicazione, vedo in quest’ultima la riaffermazione di ciò che le si è sempre riconosciuto: bellezza, gusto nel vestire, un bel portamento (e diciamolo, pure la capacità di camminare con grazia su un prato col tacco 12). Inutile fare la lista della spesa, il marito è notoriamente milionario; milionario in debiti si dice da più parti, il che potrebbe in parte spiegare la necessità di un’ostentazione che francamente evitabile dato il momento e il ruolo: secondo Lady Violet anche in questo caso less is more. Due righe a parte le merita la borsa: so che è considerata di gran lusso, che è l’oggetto del desiderio di moltissime signore che purtroppo difficilmente riusciranno a possederla, ma la borsa di coccodrillo per me proprio no. Ha vissuto il suo momento d’oro negli anni ’50 e ’60, quando era uno status symbol quanto e più del visone, simbolo di prestigio e lusso a causa della difficoltà di reperirne la pelle. Ma da quando i coccodrilli sono usciti dal mito per essere allevati come fossero trote nelle paludi della Florida, si è perso il valore del lusso, rimanendo tutt’al più quello del costo. A meno che Melania, giustappunto ricollocata in Florida, voglia a sua volta impiantare qualche allevamento nella tenuta di Mar-a-Lago, nel qual caso sarebbe un’abile mossa di marketing. Personalmente non posso separare l’idea dalla borsa di coccodrillo da un ricordo d’infanzia: uno zio ingegnere trasferito da decenni in Venezuela tornò una volta in Italia portando con sé pelli di coccodrillo per le sorelle, e non so perché volle omaggiare mio padre di un piccolo coccodrillo vero, impagliato, che prima di essere spedito in cantina fu riposto sul ripiano più altro della libreria. Da dove ogni tanto mio fratello e io lo tiravamo giù per spaventare gli ospiti. Sarei disposta a un’unica eccezione: le scarpine in coccodrillo bordeaux con la punta in seta nera che una delle donne più eleganti del mondo, Consuelo Crespi, si dice indossasse sotto gli abiti da sera. Ma qui siamo davvero nel mito.

Sbarcando dall’Air Force One in Florida, Melania ha sorpreso tutti con un radicale cambio di look: via il nero e avanti la fantasia tra l’etnico e il geometrico dell’abito Gucci, con le G del logo in bella vista, sia mai non si capisse il brand; via anche le Loboutin, al suo posto un paio di Roger Vivier quasi flat, che certo rendono diversa la camminata. Se le sarà messe per scappare da Donald, visto che non s’è fermata neanche davanti davanti ai microfoni della stampa? Vedremo. Chic ma non elegante.

Dulcis in fundo

La pandemia ha impedito lo svolgimento dei tradizionali balli che chiudono l’Inauguration Day, al loro posto uno spettacolo ricco di artisti capitanati da Tom Hanks. La nuova First Lady ha scelto un insieme di Gabriela Hearst ricchissimo di simboli (pure troppo): l’abito replica il modello di quello indossato la mattina, un tubino con sprone e maniche di chiffon ricamato di fiori, gli stessi che compaiono sull’orlo del cappottino en pendant. Non fiori a caso, ma quelli che rappresentano i 50 Stati dell’Unione. All’interno del pardessous era ricamata una famosa frase sul valore dell’insegnamento di Benjamin Franklin. Perché anche all’interno della White House Jill si sia tenuta i guanti bianchi, infilandoli sotto il delicato polsino, resta francamente un mistero.

Tutta la mise è un grande boh.

Chiudiamo con quella che per Lady Violet è l’immagine più tenera dell’Inauguration Day: il nuovo Presidente assiste allo spettacolo con in braccio il nipotino Beau, ultimo nato del figlio Hunter. Il bimbo ha lo stesso nome dello zio, il primogenito di Biden, scomparso nel 2015 per un tumore cerebrale. Era lui che nei desideri del padre avrebbe dovuto correre per la White House, e sembra che anche durante il giorno del giuramento il padre abbia detto che avrebbe voluto vedere il figlio al posto suo. Ma a volte ai genitori capita anche questo, prestare le gambe e camminare al posto di chi non c’è più.

Qui trovate il video di Garth Brooks https://www.youtube.com/watch?v=kr8H2bFzOY8

Chic shock e boh – Oscar edition (parte seconda)

LA VIE EN ROSE oscar 19 helenSe avevate dubbi sul colore della prossima stagione, la risposta arriva chiara da Los Angeles: il rosa. Non solo il living coral scelto da Pantone come simbolo dell’anno ma ogni sfumatura, dal ciclamino al cipria fino al lilla. Tonalità che si ritrovano tutte nella mise di Dame Helen Mirren; l’abito in chiffon è Schiaparelli, la maison che inventò lo shocking pink; favoloso, le dona moltissimo e lei lo indossa con divertita eleganza, che vogliamo di più? Chic oscar 19 juliaArriva, premia e chiude. Tocca a Julia l’onore di incoronare la pellicola regina degli Oscar, Green Book, e quello di dimostrare che Elie Saab sa fare anche abiti senza usare il pizzo. Risultato banalotto ma piacevole. Chic oscar 19 Marie-KondoCon grazia, senza disturbare e senza mettere in disordine ha attraversato il red carpet Marie Kondo-san, che a furia di buttare probabilmente ha buttato via anche le curve. Anche per lei, in Jenny Packham, vale la prima regola del drappeggio, tenendo magari presente anche che l’incarnato orientale non splende con questo rosa polveroso. Boh oscar 19 angelaTemendo di non essere notata Angela Bassett sceglie un abito fucsia fosforescente di Reem Acra – che se noi non sappiamo chi sia una ragione ci sarà – caratterizzato da un’enorme propaggine sulla spalla destra, con uno spacco che sale sulla coscia fino a incrociare la massa di capelli a stento trattenuti in una pony tail bassa. Che dire, quando spiegavano che less is more Angela probabilmente era a casa malata. Shock oscar-19-maya.jpgQuest’abito, indossato da Maya Rudolph, ha ricevuto molte critiche, spesso accompagnate dal commento eh, ma la moda italiana… Eh, ma questa è moda italiana, Giambattista Valli per la precisione, che crea con una seta bella ma rischiosa un abito impossibile, che richiederebbe fisico e attitude – meglio entrambi, ma almeno uno è indispensabile – così no, sorry. Shock oscar-19-gemma-e1551218065988.jpgUna delle mise che mi sono piaciute di più: Gemma Chan in Maison Valentino; tipico abito che si ama o si odia, eccessivo senza eccessi (ma con tasche, dove sembra l’attrice avesse messo dei biscotti!); impagabile l’aria imbronciata. Chic oscar-19-sarah.jpgSenza dubbio Brandon Maxwell vince l’oscar per gli abiti più brutti del red carpet. Dopo aver mortificato Melissa McCarty infierisce su Sarah Paulson, che abbiglia con un gonnellone azalea agganciato a una mantellina buona per la tinta dal parrucchiere, che per di più fa sparire le spalle della malcapitata, e per contrasto la testa diventa enorme. Ignobile. Shock

DEMONI E DEIoscar 19 lisa jasonIn rosa cipria anche la coppia LisaBonet-Jason Momoa, divisi da 12 anni e 40 centimetri ma uniti dall’amore, da due figli e dalle scelte di stile. Entrambi indossano Fendi, per lei un abito che mischia tessuti e colori esaltando l’unicità della sua esotica bellezza, per lui uno smoking in nuance, creato appositamente. Cool oscar 19 serenaSerena Williams non recita (almeno per ora), gioca a tennis, ma interpreta bene l’abito da sera Armani Privé: la gonna è splendida, il volant verticale dona movimento e il taglio le fa una vita sottilissima. Il bustino ha il suo punto focale nel luminoso inserto amaranto, peccato che sia veramente troppo stretto, e si veda. Goddess oscar-19-ashley.jpgE a proposito di dee, l’arrivo di Ashley Graham sul red carpet deve aver fermato qualche pacemaker, oltre a riempire di sacro orgoglio ogni signora curvy sulla faccia del pianeta. Zac Posen ha creato il perfetto abito a sirena che scolpisce ed esalta ogni curva. 48 is the new 38 oscar-19-billy-1.jpgSe Ashley ha sfidato le convenzioni esibendo la bellezza del suo corpo pieno, Billy Porter è andato oltre, prendendo di petto un altro dei grandi tabù di Hollywood, l’identità sessuale. E lo ha fatto presentandosi in abito da sera, nel senso di un’immensa gonna di velluto nero sotto un rigoroso tuxedo; non un uomo vestito da donna, ma un uomo con la gonna, una sorta di creatura fantastica, un favoloso centauro. LBD Large Black Dress oscar 19 selma-blair-Menzione d’onore per Selma Blair, che ha partecipato al party di Vanity Fair indossando un abito Ralph & Russo Couture a teli di chiffon di diversi colori con un accessorio insolito, un bastone. È la prima uscita pubblica dell’attrice dopo che le è stata diagnosticata una forma aggressiva di sclerosi multipla. Braveheart oscar 2019 charlizeLa bionda d’oro di Hollywood Charlize Theron si è presentata con un inedito bob castano che esalta il colore freddo dell’abito Dior Couture. Una linea semplice, quasi monacale, con l’unico dettaglio della linea acuta delle spalle, svela sul dietro la schiena completamente nuda con l’abito che si allunga in uno strascico, come se il tessuto che manca sul dorso fosse dolcemente scivolato a terra. Non solo couture, anche  architecture. Back to perfection

91st Annual Academy Awards - ArrivalsStessa pettinatura e stesso modello per un’altra divina, Irina Shayk il cui abito nero Burberry non ha la stessa costruzione rigorosa del Dior di Charlize motivo per cui, per evitare che l’abissale scollatura dorsale se ne vada per i fatti suoi, è stato necessario inserire una cinturina, che ha il vantaggio di rendere l’abito più intrigante (però le frange dorate sul nero fanno funeral home). Insomma, l’uno è più elegante, l’altro più piccante. Spice girl oscar 19 gagaConcludiamo questa lunga rassegna con Miss Germanotta, Lady Gaga, la quale ha cambiato varie mise nere tenendo però sempre salde due cose: il total black e il collier Tiffany col favoloso diamante fancy da 128 carati allacciato al collo. Sul red carpet veste Alexander McQueen, un abito anni ’50 col dettaglio dei fianchi arricchiti da una particolare sagomatura, guanti lunghi stile Gilda e il tocco personale della pettinatura a banana sulla sommità della testa. La mise non è eccezionale, lei lo è. Diva

P.S. la coppia, forse solo immaginaria, Bradley-Gaga, separata dalla donna di lui guardingamente seduta tra loro mi ha ricordato questo: https://www.youtube.com/watch?v=8U5EcoyWUAw

Qui la prima parte del post Chic shock e boh – Oscar edition (parte prima)