Il desiderio dello Shah è legge, dunque la principessa Shams e Soraya partono da Londra alla volta dell’Iran.
Prima sosta a Parigi per un po’ di shopping, poi a Roma, dove le ragazze vengono raggiunte da Khalil Esfandiari Baktiari che, avvisato di quanto sta accadendo, scorterà la figlia in patria. Il viaggio è lungo e stancante, arrivata a Teheran Soraya vorrebbe solo riposare, ma la regina madre (per non parlare del re figlio) è ansiosa di conoscerla, e ha organizzato una cena per incontrarla. Il primo quarto d’ora passa tra gli abituali convenevoli quando ecco che lo Shah, con l’uniforme dell’Aeronautica Militare, fa il suo ingresso. Lui e Soraya si guardano, ed è colpo di fulmine. Al termine della serata lei va finalmente a riposare, ma alle due di notte lui sveglia il padre annunciandogli di voler chiedere la mano della figlia.
Nelle settimane che seguono gli innamorati passano insieme più tempo possibile, si conoscono meglio e fanno progetti. Lei riceve l’anello di fidanzamento – con un enorme diamante da 22.37 carati – e le nozze sono fissate per il 26 dicembre 1950. Soraya però si ammala di febbre tifoidea e bisogna rimandare il tutto all’anno nuovo: finalmente il 12 febbraio la coppia si unisce in matrimonio davanti a una marea di invitati nel Salone degli Specchi del sontuosissimo Golestan Palace.
Per la sposa ci vuole qualcosa di altrettanto sontuoso, opulento, memorabile, e si interpella il couturier più famoso del momento, quel Christian Dior che qualche anno prima ha inventato una nuova silhouette per le signore degli anni ’50, il New Look. Il risultato è un abito sicuramente memorabile, difficilmente replicabile, francamente ingestibile.
Dal corpino attillato parte una gonna che definire ampia è un eufemismo: oltre 30 metri di lamé argento ricamato tempestato di perle e piccoli diamanti, con l’aggiunta di ventimila piume di marabù, per un peso totale che supera i 20 chili (secondo alcune fonti addirittura 30), tutto realizzato a mano nell’atelier Dior a Parigi.
L’abito è completato da un giacchino nello stesso tessuto e da un lungo velo, trattenuto sul capo da una cuffietta secondo la moda dell’epoca (che in inglese ha un nome delizioso, Juliet cap) che la sposa indossa durante la cerimonia e toglie invece per il ricevimento. Le strade di Teheran sono innevate, e perché non si raffreddi arriva dalla Maison Dior anche una cappa di visone bianco, tanto per gravare di qualche altro chiletto le esili spalle di Soraya. Che essendo ancora convalescente a un certo punto ha un mancamento. Viene salvata da un provvidenziale paio di forbici che tagliano via parte di quella monumentale, inestimabile creazione troppo haute couture per essere indossata se non in passerella. Durante la cena che conclude la giornata Soraya, ormai regina, mostra il candido décolleté adornato da un impressionante collier di diamanti e smeraldi, in parure con la tiara.
Com’è finita lo sapete: lo Shah ha assoluto bisogno di assicurare la discendenza con un figlio maschio, ma Soraya non riesce a darglielo; il divorzio è inevitabile e il 14 marzo 1958 è tutto finito. Lei si trasferisce in Europa dove diventa la principessa dagli occhi tristi, lui meno di due anni dopo ha un’altra moglie, che gli dà quei figli maschi – due, the heir and the spare – di cui lui e il paese hanno tanto bisogno. Non serviranno. La rivoluzione islamica, giusto quarant’anni fa, spazza via il trono del pavone, e i Pahlevi sono costretti all’esilio.
(Ph. Royal Order Of Sartorial Splendor; web)
Nel video d’epoca si vede bene l’abito, quanto fosse ingombrante e quanta fatica facesse lei a muoversi https://www.youtube.com/watch?v=aCgkZ0gXuaw
Se vi siete persi la prima parte del post, la trovate qui A Royal Calendar – 12 febbraio 1951 (prima parte)
Il giovane monarca siede sul trono del pavone già da quasi dieci anni: nel 1941 Inglesi e Russi hanno invaso il paese, che ha buoni rapporti con la Germania, temendo che l’Iran, nonostante sia neutrale, possa favorire il Reich. E poi i Russi hanno bisogno del cosiddetto corridoio persiano per ricevere rifornimenti bellici dagli Alleati. E naturalmente, il sottosuolo è ricco di petrolio. Reza Shah viene mandato in esilio, e il 16 settembre è il principe ereditario a diventar Re dei Re.
Nasce la figlia Shahnaz ma il matrimonio non è felice; Fawzia soffre i pessimi rapporti con la suocera, da cui si sente disprezzata, e soprattutto i ripetuti tradimenti del marito (a tal proposito mi sembra di ricordare che molti anni dopo Oriana Fallaci, nel corso di un’intervista al sovrano, discusse animatamente con lui riguardo al suo atteggiamento nei confronti delle donne). Appena può, Fawzia se ne torna in Egitto, lasciando a Teheran la bambina e il titolo di regina; nel 1948 il divorzio è ufficiale.
L’evoluzione degli eventi sociopolitici degli anni ’30 e la guerra che ne segue spingono la famiglia a spostarsi tra l’Europa e l’Iran; nel 1947 infine si trasferisce in Svizzera. Qui Soraya completa i suoi studi e perfeziona il francese, che ora parla fluentemente; non così l’inglese, ed è per questo che decide di trascorrere l’estate del 1950 a Londra.
Prima ancora che arrivi questa benedetta fotografia, la principessa Shams, sorella maggiore dello Shah, parte a sua volta per Londra, per incontrare altre possibili candidate. Quando conosce Soraya invia un messaggio urgente alla madre per annunciarle che la ricerca è finita; Soraya è colta, beneducata, poliglotta, ha maniere perfette: è nata per essere regina. Intanto a Teheran arriva la famosa fotografia: Soraya è anche bellissima, e lo Shah vuole conoscerla.