Buon pomeriggio care amiche e cari amici di Lady Violet, vi rubo un attimo per darvi due notizie.
La prima è che King Charles e Queen Camilla saranno di nuovo a Roma il mese prossimo, per incontrare Papa Leone e compiere la visita di stato giubilare che non fu possibile in aprile per le condizioni di Papa Francesco. Non ci sono ancora le date, ma dovrebbe avvenire nella seconda metà di ottobre.
La seconda notizia è che dovrei essere in grado di seguirla. L’intervento è stato più complicato del previsto ma è andato bene; mi aspetta una lunga convalescenza ma spero di tornare sempre più spesso sul sofà. Vi ringrazio per gli auguri che mi avete inviato, non ho ancora risposto, ma lo farò.
…e venne il giorno del Leone. O meglio di Leone, Leone XIV, il cui pontificato è iniziato ufficialmente domenica 18 maggio.
Non ho mai capito perché, almeno per quanto riguarda molti ospiti (e le loro mise), venga considerato meno solenne dei funerali del Papa, ma di fatto molti dei membri delle delegazioni internazionali hanno un ranking inferiore di quelli che partecipano ai funerali. Esempio: gli eredi al trono britannico hanno partecipato ai funerali, Charles per Giovanni Paolo II e William per Francesco. All’intronizzazione di Benedetto XVI c’era il principe Philip, a quella di Francesco i Duchi di Gloucester, mentre per Leone XIV è arrivato il Duca di Edimburgo. Quanto alle mise dei presenti stiamo per vederne parecchie che mi hanno lasciata piuttosto perplessa. Con una necessaria premessa: si partecipa a queste cerimonie non per chi si è, ma per ciò che si è. Persone che hanno il privilegio di rappresentare il proprio Paese, e di solito non hanno difficoltà a procurarsi abiti adeguati. Per cui, anche nel caso in cui non esistesse più un rigido protocollo, vale la tradizione. E le signore al cospetto del Papa vestono di nero.
Non concorda evidentemente con Lady Violet Laura Mattarella che, in seguito alla scomparsa della madre Marisa, esercita il ruolo di Prima Signora d’Italia accompagnando spesso il padre Sergio. E questa volta l’ha accompagnato con un completo pantaloni blu. No dai, è l’intronizzazione del Papa non la cresima di un nipote. Shock.
Sceglie il blu anche Giorgia Meloni; non abbiamo fatto in tempo a lodarla per i bottoni ton-sur-ton del completo indossato al funerale di Francesco (Royal chic shock e boh – Special papal edition (parte prima)che eccola sfoggiare un altro completo, sempre pantaloni, con esplosione di bottoni dorati. Si sarà confusa con la visita alla Amerigo Vespucci? Boh, ma per certi versi pure shock. Invece Ursula von der Leyen rinuncia ai bottoni dorati esibiti al funerale mantiene il nero d’ordinanza; purtroppo nulla di tutto ciò aiuta il risultato finale: pantaloni skinny, scarpette di vernice, cinturone, giacca moscia, un disastro. Shock.
Quattro sovrane cattoliche presenti hanno usufruito del privilège du blanc – con Maria Teresa di Lussemburgo incredibilmente a capo scoperto – mettendo in evidenza un piccolo, piccolissimo problema che si evidenzia oggi che le signore non indossano più abiti lunghi: la scelta del colore della scarpa, per alcune bianche per altre nude.
(Ph: Antonio Masiello/Getty Images)
Total white per Mathilde dei Belgi, che va sul sicuro puntando su un look Dior: tailleur con gonna plissé, borsa e scarpe (dal tacco troppo alto). Una mise elegante e coerente, mi è piaciuta. Unico appunto, avrei evitato quegli occhiali da sole. Visto che sono ormai ampiamente sdoganati, e altrettanto ampiamente usati sotto il sole di Roma, avrei preferito una montatura meno impattante del nero (ancorché a firma Gucci). Anyway, chic.
(Ph: Sean Gallup/Getty Images)
Sceglie il total white anche Charlène de Monaco, che abbina borsa (Akris) e scarpe candide all’abito ricamato di Elie Saab. Abito bello e sofisticato che francamente non saprei quando indossare se non in questa occasione. E però, con la mantiglia di pizzo diventa tutto un po’ troppo, in aggiunta al fatto che quando Charlène non è convintissima di quello che indossa si vede. Non mi piace il modello delle scarpe, e quella tonalità di bianco non si sposa troppo bene col suo incarnato, che è esattamente il problema delle scarpe bianche. Insomma, boh.
(Ph: Getty Images)
Forse perché viene dal Paese in cui la mantiglia si porta ancora in diverse occasioni, Letizia di Spagna abbina abilmente la sontuosità del copricapo al rigore geometrico dell’abito in crêpe che la maison spagnola Redondo ha creato su misura per lei. Devo dire che adoro queste linee e come sublimano la magrezza di chi le indossa, l’abito mi piace molto e la realizzazione sfiora la perfezione. Letizia è una delle dame in bianco che preferisce scarpe nude (Magrit), ma questa tonalità non mi sembra una scelta felice. Chic con riserva.
(Ph: Antonio Masiello/Getty Images)
Scarpe nude (Prada) anche per Maria Teresa del Lussemburgo, e devo dire che questa è la tonalità che mi convince più di tutte (anche se avrei evitato almeno la clutch Bottega Veneta color roccia). Magrissima consolazione; per il resto Maria Teresa, che è donna di mondo, deve aver confuso gli appuntamenti e pensato di dover partecipare a un picnic nei giardini vaticani. Il perfido Natan la avvolge in un vestitone di sangallo che oltre a non donarle particolarmente non è assolutamente adatto. Va bene il bianco, ma l’abito deve avere una sua formalità. E il capo va coperto, non si può fare a piacere. Shock. In conclusione, se proprio dovessi scegliere delle scarpe da indossare col privilegio del bianco, opterei per quelle di Mathilde nel corso di una visita in Vaticano a Papa Francesco (Le foto del giorno – Privilegi).
(Ph: Antonio Masiello/Getty Images)
I principi ereditari (e reggenti) del Liechtenstein. La Principessa Sophie, nata Duchessa in Baviera, è l’unica che non ha il privilegio del bianco e c’è una ragione: fino a un po’ di anni fa era riservato alle sovrane di Paesi di una certa dimensione, ma se è stato concesso a Charlène lo vogliamo pure per la sovrana del Liechtenstein, che è un Principato come Monaco, e pure più grande. Nel frattempo Sophie è arrivata in nero, perfetta fino alle ginocchia, per poi scoprire calze chiare e un paio di ballerine. Ma perché? Boh.
(Ph: Marco Iacobucci)
A rappresentare la corona olandese c’era la Regina; lei e il marito non avevano partecipato ai funerali di Francesco per la concomitanza con la festa nazionale. Máxima è cattolica ma il Paese su cui regna no, dunque per lei nero d’ordinanza senza privilegi. La regina non rinuncia al suo stile d’effetto scegliendo una drammatica gonna lunga di Valentino, composta da pannelli che si aprono col movimento. Troppo lungo l’orlo, troppo alti gli spacchi, non adatto all’occasione. Peccato, perché il nero sobrio della mise contrapposto alla mantiglia, le calze opache, i guanti, me l’avrebbero fatta apprezzare assai. Boh.
(Ph: Antonio Masiello/Getty Images)
Victoria di Svezia non è cattolica, ma potrebbe insegnare a molte signore devote a Santa Romana Chiesa come ci si veste. Abito midi, semplice e senza orpelli, scarpe nere (Gianvito Rossi), calze opache, mantiglia e guanti. La perfezione, col sorriso più bello del mondo. Chic.
Riprendendo il discorso del ranking inferiore fatto all’inizio di questo post, gli USA, presenti ai funerali di Papa Francesco col Presidente e la First Lady, per l’intronizzazione del primo pontefice statunitense hanno inviato il Vice Presidente e la Second Lady; dietro di loro il Segretario di Stato Marco Rubio e signora, entrambi cattolici. Così come i Trump, anche i Vance sono una coppia mista con un cattolico: se nella prima coppia la cattolica è Melania, nella seconda è JD Vance ad aver aderito alla Chiesa di Roma qualche anno fa. Tutto ciò premesso, la signora Rubio osserva correttamente il tradizionale dress code (anche se con un abito che non la valorizza affatto, shock). Usha Vance, di origine indiana, è rimasta fedele all’induismo degli antenati, ma si è applicata abbastanza; certo le maniche avrebbero dovuto allungarsi al polso, e le alze sempre meglio nere ma insomma, con quello che si è visto ha sfiorato la promozione.
Poi ti giri un attimo ed eccoli qui: due quarantenni sul tetto del mondo che si sentono Sandy e Danny di Grease. Ma perché?
Forse ce lo può spiegare Oprah Winfrey, presente all’intronizzazione del primo Papa suo connazionale con due amiche.
La signora in mezzo è la giornalista e anchorwoman Gayle King, quella a sinistra Maria Shriver, giornalista anche lei ma nota, soprattutto da noi, come nipote di JFK ed ex moglie di Arnold Schwarzenegger.
Il primo boh è più di metodo che di merito e nasce dall’osservazione delle mise scelte dalle signore presenti non come mogli di, ma per il ruolo politico che esercitano direttamente. Le più importanti, almeno per noi – la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni – erano vestite in maniera simile: capo scoperto e completo pantaloni nero. In pratica erano vestite da uomo. Sulle donne di potere che preferiscono abiti più o meno maschili si potrebbe scrivere un libro, e forse un giorno Lady Violet scriverà se non libro almeno un post, intanto osserviamo nel dettaglio le due signore.
Ursula von der Leyen non è cattolica ma è baronessa, dovrebbe quindi sapere che i bottoni dorati sono troppo chiassosi per un funerale. E francamente avrei anche evitato il giacchino corto in favore di una giacca più lunga e strutturata, così mi fa pensare a un ballerino di tango, tacchetti compresi. A meno che non volesse omaggiare le origini argentine del Papa defunto.
Meglio il completo scelto da Giorgia Meloni: bella la giacca, non male i pantaloni, a palazzo ma non ampi come quelli che indossa spesso e più che un palazzo ricordano il Colosseo, e non donano alla sua figura minuta. Cui non donano neppure le calze color cipria che si ostina a indossare: in generale creano uno stacco cromatico e non la slanciano, in questa occasione sono sbagliate e stop. Devo però rimarcare che qui non sono tanto le calze il problema, quanto la presenza della signora Patrizia Scurti, segretaria particola della presidente, che segue come un’ombra anche dove non dovrebbe, tipo il parterre dedicato alle autorità in rappresentanza dei Paesi. Che, vale la pena ricordarlo, spetta a chi rappresenta il proprio Paese, non chi ha un ruolo professionale anche se di assoluto prestigio.
Restando in ambito politico, lui è stato senz’altro uno dei protagonisti della giornata (e di un paio di fotografie di rara potenza). Dal febbraio 2022 il presidente ucraino Volodymyr Zelensky indossa tenute di sapore di militare, per ricordare a tutti che il suo Paese è in guerra. Molti approvano, molti altri no; personalmente approvo lo sforzo di vestirsi di nero, sforzo che vari signori, di ben altre condizioni, non hanno fatto. Corretta la consorte Olena, seduta alla sua destra.
(Ph: Filippo Monteforte/Getty Images)
E veniamo a chi, pur non avendo problemi di guardaroba, ha preferito il blu. Che non è un errore in senso stretto, in quanto agli uomini era richiesto abito nero o scurissimo, che vuol dire grigio (scelta migliore, dopo il nero), o appunto il blu. Che però sotto la luce diretta del sole spesso vira in tonalità più accese. Ora, siccome non parliamo di persone che hanno un solo abito scuro, non capisco questa riluttanza. William di Galles è recidivo, non è la prima volta che si presenta in blu invece che in nero; anzi, penso che un abito nero non ce l’abbia proprio. Non capisco, e non mi adeguo.
Però questa foto con lui che saluta Giorgia, i raggi del sole che si riflettono sulla sua ampia fronte, è assai simpatica.
(Ph: Instagram @queenrania)
I sovrani di Giordania in questa occasione mi sembrano quegli studenti intelligenti che non si impegnano. Lui è un altro dei blue brothers, lei indossa correttamente il nero e il capo velato, ma sceglie una mise un po’ così, a partire dal giubbotto di Alaïa, non particolarmente adatto all’occasione, abbinato a una bella gonna a trapezio Dior, in mano la borsa Gabrielle di Moynat
(Ph: Vandeville Eric/ABACA /ipa-agency.net)
Scivola poi sulle calze nude e sulle scarpe Christian Loubutin, il modello Iriza 100 che ha dunque tacchi di 10 centimetri; troppo alti, che non le davano nemmeno un’andatura troppo elegante, come si vede nei video. E a volerla dire tutta hanno pure le suole dipinte di rosso, simbolo della maison; per carità. Insomma, potrebbe impegnarsi di più, e non ho dubbi che lo farà.
(Ph: Getty Images)
Lei le calze le ha nere, e sarebbe impeccabile se non fosse per l’orlo della gonna. La fascinazione di Laura Mattarella per le gonne sopra al ginocchio resta per me un mistero.
ASSOLUTAMENTE SHOCK
(Ph: Raphael Lafargue/ABACA)
Terribile Maria Teresa del Lussemburgo, che è arrivata a capo scoperto (ma ha in mano una mantiglia, per cui penso che durante la cerimonia se la sia messa). A parte la linea dell’abito – che credo sia un soprabito, non le dona affatto e confesso mi ha fatto pensare a un copriteiera – peggiorata dal cinturone Etro, le maniche di chiffon sono assolutamente inadatte, come la caviglia chiara che sbuca dall’orlo. Deludente anche il Granduca, di solito assai chic; lui è uno di quelli che ha indossato l’abito blu, ce ne faremo una ragione. Eviterò di parlare della lunghezza dell’abito sfoggiato dalla signora che li segue, ma come si fa?
Il blu di ogni abito maschile impallidisce davanti a quello scelto dal Presidente USA Donald Trump, aggravato dalla cravatta blu fosforescente (Don, sulla cravatta non si discute, dev’essere nera). Costernato anche il gentiluomo del Papa Mariano Hugo Windisch-Graetz, lui sì veramente impeccabile. Tra loro la First Lady Melania, che è cattolica e quel giorno compiva 55 anni. Una piccola premessa, dato che della signora sicuramente parleremo ancora nei prossimi mesi e per qualche anno. Personalmente la trovo sicuramente bella, piuttosto interessante, spesso ben vestita ma quasi mai davvero elegante. Ha un fisico notevole e un eccellente portamento imparato immagino sulle passerelle del suo passato da modella, ove mai ne avesse calcata una (io non ne ho mai viste, ma magari mi sbaglio). Ha buon gusto, sa cosa le sta bene, e ha la possibilità di acquistarlo. Però la trovo sempre piuttosto artefatta, mai naturale. La trovo insomma enigmatica (aggettivo che mi piace molto) e dotata di allure, ma la classe è altro che portare bene un bell’abito. Tutto ciò premesso, analizziamo la mise di oggi: soprabito doppiopetto Dolce&Gabbana, bellissimo, sobrio anche se più potente che modesto. Piazzata in testa una mantiglia calata sulla fronte, quasi fosse una frangetta; completano la mise delle calze nude talmente leggere da sembrare che non le avesse, e il solito tacco 12(mila).
(Ph: Dan Kitwood/Getty Images)
Ciliegina sulla torta, i guantini di pizzo, che assestano un brutto colpo all’amore di Lady Violet per i guanti.
Il peggio del peggio, altro che shock, ultrashock: le foto fatte col cellulare dalle autorità. Comportamento già assai criticabile nei comuni mortali, assolutamente imperdonabile da chi ha un ruolo di primo piano. Alla fine ci siamo dovuti abituare agli applausi, ma le foto no, dai.
A questo punto non vedo l’ora di scoprire chi sarà il prossimo Pontefice, e di assistere alla sua intronizzazione. Dunque a presto, spero.
Ieri Roma è stata il centro del mondo e forse, speriamo, il teatro di un miracolo che aspettiamo da più di tre anni. In ossequio alla personalità del defunto, accanto ai grandi della terra si sono visti – magari non tantissimo, ma certo più del solito – anche gli ultimi. A questa giornata straordinaria è dedicata una versione speciale della nostra rubrica, allo stile e al rigore con cui è stato osservato il dress code, accorpando ciò che mi è piaciuto tanto, di meno, per nulla. Col rispetto che l’occasione merita, ma anche con quel tocco di leggerezza che Papa Francesco amava tanto.
Per le signore è richiesto il total black: abito sotto il ginocchio con maniche lunghe, calze e accessori neri, velo o mantiglia graditi ma non obbligatori. Ci vorrebbero pure i guanti, ma ormai ho perso le speranze.
Da cose che ho letto in giro sono costretta a sottolineare che alcune delle signore presenti – Mathilde dei Belgi, Letizia di Spagna, Maria Teresa di Lussemburgo, Charlène di Monaco – hanno il privilegio del bianco che, ça va sans dire, non si usa ai funerali.
I signori indossano il mourning suit: in alcuni Paesi, dove si porta ancora molto il tight, lo si sceglie abbinandolo al gilet nero anziché grigio. In questo caso era invece richiesto il semplice completo nero con camicia bianca e cravatta nera; meglio evitare altre tonalità, anche se scure; oltre tutto al sole il colore di alcuni tessuti vira. Come vedremo.
Impeccabile al posto d’onore il presidente Mattarella accompagnato dalla figlia Laura. Che secondo me non sempre indovina le mise, ma è quella che mia madre avrebbe definito una signora, e dunque ha sempre un aspetto signorile, anche se vedremo che un piccolo peccato lo ha commesso. Subito prima di loro Javier Milei, Presidente dell’Argentina, patria di Papa Francesco, con la sorella Karina, nella doppia veste di primera hermana e di Segretario generale della Presidenza della Repubblica. Se Laura indossa la mantiglia Karina esibisce sciolti capelli biondi; considerando il cespuglio che troneggia sul testone del fratello ancora bene c’è andata. E a proposito di Argentina, non ha partecipato la regina dei Paesi Bassi, Máxima, argentina di origine, né il marito Willem-Alexander, né altri membri della famiglia reale, a causa della concomitanza con il Koningsdag, la festa nazionale che celebra il compleanno del re.
ASSOLUTAMENTE CHIC
Belgio
Perfetto l’abito e impressionante la lunga mantiglia di Mathilde, Regina dei Belgi; abbinata all’alto collier di perle – ben sette fili! – le dà un’aria da signora degli inizi del secolo scorso (è un complimento). Per la gioia di Lady Violet, la Reine teneva in mano un paio di guanti, insieme con la clutch Natan. Abbastanza sorprendenti le scarpe Gianvito Rossi, dotate di tacchi altissimi che la sovrana di solito non porta. In un’occasione del genere bisognerebbe evitare, ma mi sembra che le royal e le first ladies da quel lato ci sentano poco.
Danimarca
Una cosa che ammiro molto della Regina Mary è che prende tutte le cose molto seriamente, e si prepara adeguatamente. Come in questo caso: chiamata a rappresentare in solitaria il suo Paese – il marito Frederik è in visita in Giappone, visita quanto mai opportuna anche per evitare di trovarsi faccia a faccia con Trump, che magari avrebbe attaccato con la storia della Groenlandia – la regina, che non è cattolica, ha scelto bene: tailleur con gonna midi (Andiata), mantiglia, gioielli “bianchi”, smalto neutro. Non sono convintissima della borsa Mulberry, e sono convinta che le scarpe Gianvito Rossi siano troppo alte, ma amen. E se vi sembra che il gentiluomo che l’accompagna sia un viso conosciuto avete ragione: è Matteo Colaninno. Già imprenditore, erede dell’impero paterno, già parlamentare del PD, poi passato a Italia Viva. E nell’ottobre scorso nominato Gentiluomo del Papa. Che non resiste alla cafonata di tenere gli occhiali da sole davanti alla regina, che non li porta. Avrà problemi di cataratta?
Francia
(Ph: Antonio Masiello/Getty Images)
Pur se non indossava il velo – che vi ricordo, non è obbligatorio – mi è piaciuta Brigitte Macron: le linee asciutte che indossa di solito interpretano bene il concetto di sobrietà che ispirava la cerimonia, e l’orlo della mise (Vuitton) più lungo del solito, secondo me le dona molto. Peccato per la cinturina col logo in bellavista, e peccato per la doppia tasca sulla giacca di Monsier le President, ma la perfezione non è di questa terra.
Liechtenstein
(Ph: Instagram @oldroyalty)
Loro si vedono poco, ma la loro figura la fanno sempre. Lui è Alois, Principe Ereditario del Liechtenstein con funzione di reggente. Lei è sua moglie Sophie, nata Duchessa in Baviera e discendente dagli Stuart. Abito nero (leggermente corto), mantiglia, perle; ed è una delle poche a indossare scarpe da giorno, senza vertiginosi tacchi a spillo.
Monaco
(Ph: Raphael Lafargue/ABACA)
Molto ammirati i Principi di Monaco. O meglio, molto ammirata lei, perché lui sembra aver dormito nell’abito, nero ma un po’ délabré (questo invece non è un complimento). Se posso fare un appunto – anzi due – a Charlène, le calze sono troppo leggere, e sarebbe preferibile non esporre il marchio della borsa (Prada, come la mise); regola che vale sempre, ma soprattutto in questi casi.
Norvegia
(Ph: Reuters)
In rappresentanza dei sovrani di Norvegia, anzianotti e acciaccatelli, sono arrivati i principi ereditari, dandoci così la gioia di vedere Mette-Marit in buona forma. Accompagnata dall’impeccabile marito la principessa non ha deluso con un bel cappotto a redingote, forse un po’ pesante per la giornata, breve mantiglia sui capelli sciolti, tacchi di 7 cm Manolo Blahnik e in mano la clutch Bottega Veneta.
Svezia
(Ph: Raphael Lafargue/ABACA)
Come dovrebbe vestirsi una regina in un’occasione del genere? Come Silvia di Svezia, abito lungo nero, mantiglia e perle. Sedendo sul trono da più di mezzo secolo (e avendo superato gli 80) è rimasta fedele allo stile di qualche anno fa, che diventa anche strategico per camuffare il piede operato di recente. Oggi magari vedere le signore in lungo ci sarebbe sembrato troppo, ma lei è una meraviglia.
Spagna, i miei preferiti
(Ph; Casa de S.M. el Rey)
La proverbiale sobrietà di Letizia ha trovato il palcoscenico più adatto nella maestosa austerità di questa cerimonia. Praticamente perfetta la Reina: abito midi a sostenere la sontuosa mantiglia, calze nere, kitten heels in camoscio Nina Ricci, borsa Carolina Herrera, e sulla spalla sinistra appuntata una delle joyas de pasar, riservate alla sovrana. Con lei il più bell’accessorio concepibile, il marito Felipe, che dire impeccabile è dire poco. El Rey è stato elogiato anche da Jack Schlossberg, simpatico e aitante figlio trentaduenne di Caroline Kennedy, dunque nipote di John e Jackie.
Ce l’aspettavamo poco, ci avevamo quasi rinunciato, e invece King Charles ha deciso di godersi fino in fondo questo viaggio, traendone il massimo. E dunque ieri pomeriggio lui e la sua consorte si sono cambiati d’abito e vestiti comme il faut sono andati a trovare il convalescente Papa Francesco.
Anziani entrambi – 88 anni il Pontefice 76 il Re – entrambi con problemi salute, i due uomini condividono anche la volontà di continuare con la loro missione senza farsi fermare dalla malattia. Riservato il colloquio, ma io me li immagino parlare – con quel tocco di humour che li accomuna – di forza, di sofferenza, di impegno. E di futuro, perché questi due mi sembrano incarnare a pieno l’antico proverbio greco: anziani che piantano alberi sotto la cui ombra non siederanno mai.
Non sono mancati gli auguri del Papa per i vent’anni di matrimonio di Charles e Camilla che, questo lo sappiamo, hanno molto gradito.
Quanto a Lady Violet, essendo sfacciatamente di parte, non può che essere deliziata di queste giornate e del felice incontro tra il proprio Paese e gli augusti ospiti.
Quando ho visto questa fotografia, la prima reazione è stata trovarla interessante, la seconda pensare “che Dio li benedica!”.
(Ph: Det kongelige hoff)
Andiamo per ordine: il signore a sinistra è Re Harald di Norvegia, e ieri ha ricevuto a Palazzo il signore a destra. Che è il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede. A favorire l’incontro è stata l’ordinazione episcopale di Fredrik Hansen, nominato da Papa Francesco vescovo coadiutore della diocesi di Oslo per supportare l’attività dell’anziano vescovo Berndt Eisvig e succedergli non appena andrà in pensione. Il cardinale Parolin ha raggiunto la Norvegia proprio per consacrare il nuovo vescovo; e il suo ruolo di Segretario di Stato, assimilabile a quello di primo ministro, spiega l’incontro col sovrano. Naturalmente Harald non è cattolico ma protestante – luterano, per l’esattezza – però considerando tutto ciò che è accaduto a lui e alla sua famiglia negli ultimi mesi un soccorso divino, da chiunque sia favorito, immagino sia sempre il benvenuto. Lo scorso febbraio, in vacanza in Malesia per festeggiare l’ottantasettesimo compleanno, il sovrano era stato ricoverato d’urgenza e gli era stato impiantato un pacemaker; l’estate è stata allietata dalle nozze della figlia Märtha Louise col sedicente sciamano Durek Verrett e l’autunno funestato dai gravi problemi legali di Marius Borg Høiby figlio di primo letto della principessa ereditaria Mette-Marit. Il nuovo anno è poi iniziato col ricovero della regina Sonja per problemi cardiaci che hanno richiesto l’applicazione di un pacemaker anche a lei (Sonja è stata operata giovedì, è andato tutto bene ed è già tornata a casa).
Quanto al cardiale, ieri era il suo compleanno: settant’anni tondi tondi festeggiati in modo veramente regale. Dunque auguri a tutti, e che Dio li benedica.
Ladies&Gents, ecco a voi il vero autentico privilegio: il privilège du blanc.
Questa mattina i sovrani belgi sono stati ricevuti in udienza da Papa Francesco, e Mathilde si è presentata in total white, sulla base del privilegio che divide con pochissime altre signore: la suocera Paola, le Reina Letizia e la Emerita Sofía, Maria Teresa di Lussemburgo, e (concesso solo di recente) Charlène de Monaco. Oltre a Marina Doria, consorte del Principe di Napoli, il cui privilegio dipende dall’essere sposata in casa Savoia; lei ne ha usufruito con una certa soddisfazione, io francamente avrei evitato ed eviterei, ma questa è un’altra storia.
Mathilde invece era perfetta: robe-manteau candido e splendida nivea mantiglia, immagino di pizzo belga. Borsetta en pendant con le scarpe, in un color greige freddo chiarissimo; scelta che può destare qualche perplessità ma in fondo è obbligata: quando l’abito era lungo le scarpe erano bianche, senza problemi né discussioni. Oggi, con gli abiti corti, le scarpe bianche rischiano di essere un po’ troppo per cui si opta per queste mezze tinte, e devo dire che la Reine osa qualcosa di più interessante del solito nude.
Philippe e Mathilde avevano incontrato precedentemente Francesco nel 2015, ma in quel caso si era trattato di una visita ufficiale, mentre questa è stata un’udienza privata. Di cosa avranno parlato? Secondo la stampa belga del nuovo Arcivescovo di Malines – Bruxelles, appena insediato alla presenza dei sovrani, e della situazione internazionale; in particolare della guerra in Ucraina e della crisi in Congo, ex colonia belga. Roi Philippe potrebbe anche aver invitato il pontefice all’ottavo centenario dell’Università Cattolica di Lovanio, che sarà celebrato il prossimo anno.
Non è mancato il tradizionale scambio di doni: i sovrani hanno omaggiato il pontefice di un’opera in ceramica raffigurante il Buon Pastore, creazione di un’artista belga, che dovrebbe essere quella mattonella arancione sul vassoio che sembra un po’ una torta. In cambio hanno ricevuto un bassorilievo bronzeo che raffigura un dettaglio della porta centrale della basilica di San Pietro, una copia del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno, un volume dedicato all’Appartamento Pontificio delle Udienze, e il libro sulla Statio Orbis del 27 marzo 2020.
Al loro arrivo nel cortile di San Damaso Philippe e Mathilde sono stati ricevuti dai membri di un altro circolo superelitario, composto da quelli che una volta si chiamavano Gentiluomini del Papa. Il signore al centro della foto, dal bel profilo forte, è Hugo Windisch-Graetz, capo del suo casato nonché marito di Sophie von Haubsburg, che oltre a discendere da sì magnanimi lombi è anche creatrice di quelle borse che di recente abbiamo visto piuttosto spesso, particolarmente apprezzate anche dalle royal ladies. A match made in heaven, alla lettera.
Ieri Papa Francesco ha ricevuto in Vaticano i sovrani emeriti dei Belgi, Albert e Paola, e non si può negare che le poche foto dell’evento destino una certa simpatica tenerezza. Tre ultraottantenni, nessuno dei quali in fondo nato per la vita che lo aspettava.
Il più anziano, Albert – che il 6 giugno compirà 89 anni – è l’ultimo dei tre figli di Re Leopoldo III e della Regina Astrid che muore in un tragico incidente quando lui ha quattordici mesi. Alla nascita riceve il titolo di Prince de Liège: è il cadetto, lo spare, e non è destinato al trono su cui nel 1951 sale il fratello maggiore Baudouin, appena ventenne. Dieci anni dopo il Re trova la sua Regina, ma dal loro matrimonio purtroppo non nascono figli; il sovrano prende sotto la sua ala, come suo erede, il nipote Philippe ma la sua morte improvvisa nel 1993 mette sul trono Albert, che a 59 anni è considerato una scelta migliore del figlio poco più che trentenne. A volte tocca davvero allo spare.
Neanche sua moglie, la bella Paola, avrebbe dovuto diventare regina. Nata a Forte dei Marmi l’undici settembre 1937 è l’ultima dei sette figli del principe Fulco Ruffo di Calabria, asso dell’aviazione ed eroe della prima guerra mondiale nella squadriglia di Francesco Baracca. Dopo la maturità classica la fanciulla diventa una delle protagoniste della vita mondana della capitale: sta nascendo la dolce vita. Nel 1958 muore un papa (Pio XII) e se ne fa un altro (Giovanni XXIII). Per partecipare alle cerimonie per l’incoronazione di Papa Roncalli, il 4 novembre, arriva dal Belgio il giovane Principe di Liegi, che unendo il sacro al profano non si nega le feste più esclusive della capitale. Le cronache di allora lo vogliono invaghito della bellissima Mirta Barberini Colona di Sciarra, ma poi, complice una serata all’ambasciata del Belgio, nasce l’idillio con Paola. Il papa vorrebbe sposarli in Vaticano, ma Baudouin insiste per Bruxelles, e così il 2 luglio 1959 il Belgio ha una nuova princesse. Nove mesi e qualche giorno dopo nasce il primogenito della coppia, Philippe, cui seguono Astrid e Laurent. Paola è bellissima, elegantissima, ammiratissima, ma anche infelicissima. La rigida società belga non la ama particolarmente trovandola troppo moderna, troppo frizzante, troppo italienne e neanche il matrimonio va benissimo: la crisi del settimo anno arriva davvero. Non mancano tradimenti reciproci, ma molti anni dopo si scoprirà che lui ha avuto una lunga relazione adulterina con la baronessa Sybille de Selys Longchamps, da cui nel 1968 nasce una bimba: Delphine. Il divorzio sembra sempre più vicino, ma nel frattempo diventa evidente che la Reina Fabiola non diventerà mai madre, per cui la corona toccherà ad Albert e alla sua discendenza. Il religiosissimo Baudouin mette le cose in chiaro: in caso di divorzio Albert perderà ogni diritto al trono, in favore del figlio Philippe, che è ancora un bambino; Paola perderà direttamente i figli, sacrificio per lei insopportabile. Alla metà degli anni ’70 il divorzio sembra inevitabile, e invece rientra. Nel 1993 Albert e Paola salgono al trono, sei anni dopo una biografia non autorizzata della regina rivela l’esistenza di Délphine, un momento non facile, ma la rottura non arriva mai. Una volta libera dal peso del trono – Albert ha abdicato nel 2013 – la coppia si mostra sempre più unita col passare degli anni, ciascuno il sostegno – anche fisico, gli acciacchi non li hanno certo risparmiati – dell’altra.
Se guardando la foto vi state chiedendo se Paola abbia ancora il privilegio del bianco, la risposta è sì, ma probabilmente non lo ha usato trattandosi di una udienza privata, non di un atto solenne. E ricordiamo che è appunto un privilegio, non un obbligo; molto più corretto presentarsi in nero, soprattutto se senza il capo coperto – per questo tipo di incontro non è più richiesto – e senza fronzoli.
Quanto a Papa Francesco, mi perdonerete se non conosco così bene la sua biografia, ma sono ragionevolmente certa che il figlio di immigrati italiani – piemontesi e liguri – nato del barrio di Flores a Buenos Aires, diplomato perito chimico, che prima di prendere i voti lavorò come uomo delle pulizie e buttafuori, difficilmente pensasse di sedere un giorno sul trono di Pietro.
Non sappiamo cosa, lui e loro, si siano detti, ma a vederli insieme sembrano tre bei vecchi che non nascondono le loro fragilità, anzi le mostrano serenamente e da queste traggono nuova forza. Lui probabilmente avrà un posto nella storia, loro probabilmente no, anche se il riconoscimento della figlia illegittima ha aperto un’altra porta. Il resto è tutto da scrivere.
Visita a sorpresa dei sovrani monegaschi in Vaticano, dove sono stati ricevuti in udienza privata da Papa Francesco.
È evidente che Charlène abbia recuperato appieno la funzione di Principessa Consorte e, a meno che non sia stata motivata da ragioni al momento a noi ignote, questa visita è il più autorevole dei suggelli al ruolo recuperato
. La Princesse ha coraggiosamente affrontato la canicola romana scelto di indossare: il nero e non il bianco, colore indossato per incontrare Papa Benedetto XVI nel 2013 lo stesso Francesco nel 2016. Allora Charlène aveva usufruito del privilège du blanc, il privilegio a vestire di bianco, riconosciuto alle consorti di sovrani cattolici – ai nostri giorni Spagna Belgio e Lussemburgo – cui in effetti né la principessa consorte di Monaco né quella del Liechtenstein avrebbero diritto, graziosamente concesso anche a Charlène in occasione della prima visita.
(Ph: FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
Sia chiaro, indossare il bianco è per queste signore non è un dovere ma un diritto, che Charlène oggi non ha usato. Accanto al marito, che conferma la sua fedeltà a giacche troppo strette e pantaloni troppo lunghi, la principessa ha scelto una mise perfetta sì, ma per una inaugurazione a Fontvieille, col tocco dark dello smalto scuro: gonna midi svasata con corpetto in pesante tessuto operato; le maniche e la parte alta del corpetto, che si apre in una scollatura a barchetta stile BB, sono in un tessuto più leggero e semitrasparente, e secondo Lady Violet piuttosto cheap.
C’è la mantiglia di pizzo nero, non ci sono i guanti – peccato veniale – e temo manchino anche le calze, peccato più grave. Ora, è vero che non troppi anni fa una Presidente della Camera si presentò a Francesco a piede nudo su zatterone con zeppa, ma non è che dobbiamo far passare proprio tutto eh. E infatti bocciamo le scarpine nude, che precipitano i saloni vaticani sulla terrazza dell’Hotel de Paris.
(Ph: Vatican Media (EV)/ABACA)
Charlène, cresciuta nella fede protestante, si convertì al Cattolicesimo poco prima delle nozze, e ha spesso mostrato una devozione profonda. Purtroppo oggi ha fatto un po’ confusione tra Pietro&Paolo e Dolce&Gabbana, e ha santificato la sobria mise con l’apposizione di un rosario, in preterintenzionale rivalità col crocifisso papale.
Quante volte avete chiesto (o vi siete chiesti) quale sia il dress code per una visita in Vaticano? La risposta ve la dà oggi Mary, consorte del Principe Ereditario di Danimarca, nata in Tasmania da genitori scozzesi, di religione presbiteriana, convertita al luteranesimo in occasione del matrimonio (tradotto: non bisogna essere né cattoliche né tantomeno italiane per vestirsi come si deve). Mantiglia, cappottino tre bottoni (splendido) da cui si intravvede una blusa accollata e senza fronzoli, clutch, décolletées calze nere di peso praticamente perfetto (a proposito della discussione dell’altro giorno) né pesanti e coprenti – troppo casual – né velatissime stile anni ’80/90. Perfetti anche i gioielli, si vedono, non sono invadenti, e soprattutto non sono colorati. Se proprio proprio vogliamo trovare un difetto – anzi due – le maniche sono un po’ troppo lunghe, e avrebbe dovuto portare i guanti, ma insomma, come supponevo, praticamente perfetta sotto ogni aspetto. Come Mary Poppins. Che sia merito del nome?