L’estate è tradizionalmente il tempo delle vacanze, dei tempi pigri e delle notizie insolite. Le attività rallentano e c’è più spazio per personaggi e argomenti minori, e quando nello scorrere l’autorevole blog Noblesse & Royautés mi sono imbattuta in un post dal titolo Le roi des Tongas déclare la guerre à Facebook mi sono davvero incuriosita. Ho iniziato una ricerca e, approdata sul sito della rete radiofonica neozelandese RNZ, ho scoperto l’arcano.

(Ph. RNZ Pacific/ Indira Stewart)
Il fatto è questo: il sessantenne re Tupou VI starebbe pensando di bloccare l’accesso al famoso social social network in conseguenza al fiume di ingiurie minacce e volgarità contro la monarchia postate su profili riconducibili all’ambito filogovernativo, ultima fase dell’escalation dello scontro tutto virtuale (per ora) tra oppositori e sostenitori del sistema monarchico costituzionale, che riconosce al sovrano ampi poteri. La proposta di nuove leggi che hanno lo scopo di trasferire parte dei poteri dal re al governo ha scatenato sul web i fedelissimi del sovrano, ma entrambe le fazioni hanno mobilitato migliaia di account, anche anonimi, per sostenere la propria parte e attaccare gli avversari. Le tensioni sono aumentate nell’ultimo mese, con la comparsa di violente minacce contro il re e sua figlia, che hanno spinto il Ministro di Polizia (responsabile di sicurezza, prigioni e vigili del fuoco) a minacciare la chiusura di Facebook, e il Primo Ministro ad assicurare di aver istituito una commissione che possa offrire risposte adeguate in tempi brevi (anche se dietro una delle pagine più attive in senso antimonarchico e filogovernativo sembra ci sia addirittura la moglie del Ministro stesso, che per di più è figlia del Premier)
A Tonga, l’ultima monarchia del Pacifico, le critiche alla famiglia reale erano finora rimaste in ambiti privati, o comunque ristretti, e difficilmente manifestate in pubblico; ora invece l’anonimato offerto da Facebook ha le ha rese manifeste, e addirittura moltiplicate dalla presenza di migliaia di troll.
E sia il re sia il suo governo hanno dovuto rendersi conto dell’assenza di leggi adeguate a fronteggiare efficacemente il problema.