Travel in style part two

Travel in style si diceva qualche giorno fa, e ispirandosi a questo mantra Lady Violet è partita per le sue 48 ore nel regno di Sua Maestà Britannica.

Vi avevo lasciati che arrancavo verso il castello avito; finalmente entro e vengo indirizzata ai controlli di sicurezza. Fermi tutti! Cosa c’è in quel sacchetto? Tra le espressioni deliziate dei presenti l’addetta tira fuori questa. davOh Ma’am, Her Majesty, back home! Ma’am la verità è che io ho amiche che non solo ti offrono la colazione, ma ti fanno pure i regali (grazie Kezia!). All’interno delle storiche mura cerco di capire la via più breve e meno faticosa per andare dove volevo andare, cioè a vedere l’abito da sposa di Eugenie. Indovinate? La via più breve non c’è! Ti fai tutto il giro e pedalare. Cerco di assumere atteggiamento disinvolto e falcata sportiva, e ci riesco così bene che qualche minuto dopo si ferma una bella custodessa bionda a bordo di un’automobilina elettrica, mi guarda con occhio maternamente preoccupato, e Ma’am, let me give you a lift versione anglochic del classico “bella, voi ‘no strappo?”.

Salgo, ringrazio e spiego che il Castle è bellissimo, per carità, ma io sono venuta per una cosa sola. Ma’am ma se è qui per il royal wedding vada anche a visitare the Chapel che chiude prima, penso a tutto io. Come rifiutare tale gentile invito? st george's chapelEntro nella St. George’s Chapel, teatro degli ultimi due royal wedding, interessata soprattutto a due cose: l’eventuale odore di muffa (gira una storia sulla nubenda Meghan che avrebbe voluto spruzzare deodorante per alleggerire lo storico tanfo, ma ormai sulla povera Meghan gira di tutto, comunque io non ho percepito nulla), e il luogo di sepoltura di Henry VIII, uno che di royal wedding se ne intendeva assai. maxresdefaultChe dire? Per una Tudor-a-holic un po’ d’emozione c’è.

Lascio la chiesa, preparandomi all’inevitabile scarpinata, invece un’altra gentile signora del personale mi ferma, parla brevemente al telefono e tempo due minuti ricompare il mio angelo biondo che mi carica sulla vetturetta elettrica e mi accompagna alla meta.

È finita qui? Certo che no, perché vengo affidata ad un simpatico custode dell’apparente età di ottant’anni (ho notato che spesso la guardiania dei Royal Palaces è anzianotta) dotato di un voluminoso mazzo di chiavi stile San Pietro. E qui inizia il bello, perché parliamoci chiaro, ad andare a Windsor sono buoni tutti, ma per le segrete stanze vi porta solo Lady Violet! E allora via per stanze corridoi e altre stanze e altri corridoi, attraverso pesanti porte di legno chiaro aperte dalle chiavi della mia guida. Pareti neutre, moquette ovunque nella consolidata tradizione britannica, tutta rosso scuro in tinta unita, o con ramages dorati, o la più bella, con la rosa d’Inghilterra a cinque petali; appliques e lampadari in un trionfo di dorature e vetri molati. Il momento clou quando il custode mi fa entrare, da sola, in un’ascensore tutto di legno, che oltre alla normale porta ha pure uno di quei cancelli estensibili di ferro, tipo montacarichi. Ma’am, don’t push any button! No no per carità, dovessi ritrovarmi al cospetto di Her Majesty in vestaglia! Sale svelto al piano superiore e aziona l’ascensore (che figura, potrebbe essere mio padre! ah no, mio padre col cavolo che saliva a piedi)princess eugenie exhibitionAbiti e gioielli da favola, apprezzati con calma in ogni dettaglio (ve li racconterò in un altro post), ma ora come torno indietro? Che domande, c’è un’altra signora che mi accompagna attraverso un percorso riservato.

Mi siedo per una breve sosta su una panchina di legno, a riposare e a godermi finalmente un po’ di fresco ma l’ennesimo custode mi vede e indovinate che fa?Parla al telefono, ed ecco riapparire la mia cocchiera personale che mi riprende a bordo e mi accompagna all’uscita, roba che manco Cenerentola!

Conclusione: è mia opinione che il travel in style non dipenda da elementi esterni, tipo un bagaglio elegante, ma sia piuttosto una disposizione dell’anima, condita da un pizzico di fortuna.

Tornando verso la stazione decido di aggiungere un ulteriore tocco royal alla mia esperienza, davanti ad un negozietto che vendeva maschere di carta col viso dei Windsor. E quale potevo scegliere se non questa?

 

P.S. il primo Travel in style lo trovate qui Travel in style

(le foto degli interni sono prese dal web, essendo proibito fotografare all’interno, le altre sono mie, e si vede!)

La foto del giorno – 29 marzo

Vi vedo sapete, mentre fra voi e voi vi chiedete, va bene Windsor, ok Westminster Abbey, ma il BIG BEN? Niente, il Big Ben da un po’ è muto e celato alla vista dei più, avvolto in un’imbracatura a causa dei lavori di restauro, che andranno avanti ancora per un paio d’anni. Quando tornerà a pavoneggiarsi nelle acque del Tamigi e a scandire le ore (anzi, i quarti d’ora) della capitale ci sarà una sorpresa, che Lady Violet vi svela in anteprima, sennò che giriamo a fare per il mondo? _102480293_rendering-of-proposed-colouDunque dimenticate il vecchio quadrante bianco e nero, l’orologio restaurato sarà così: lancette e ore in blu e i sei scudi sovrastanti – ci sono anche ora, ma dipinti in oro e nero sono poco visibili – nei colori della bandiera inglese, croce rossa in campo bianco.

Non di novità si tratta, ma di ripristino, in quanto questo era l’aspetto originario voluto da Sir Charles Barry, l’architetto che progettò Parlamento e torre negli anni ’40 dell’Ottocento. Il nome Big Ben in origine era il nomignolo affibbiato alla campana principale, la torre, nota genericamente come Clock Tower, è stata ribattezzata Elizabeth Tower in occasione del giubileo di diamante di Her Majesty. Per cui vorrei proporre di ribattezzare il tutto Big Beth. Ma magari eviterei il referendum.

(L’immagine con l’elaborazione del progetto è della BBC)

La foto del giorno – 8 marzo

Oggi è o non è la giornata internazionale della Donna? È o non è la giornata della mimosa? E allora mimosa sia! Lilibet mimosasMimosa royal style, of course, Mimosa come il nome dell’abito indossato da Her Majesty nel ritratto di Sir William Dargie, custodito nel National Museum of Australia.

Nel 1954 Elizabeth è sul trono da due anni, ed è impegnata in un tour di sei mesi nei paesi del Commonwealth, compiendo finalmente quel viaggio interrotto bruscamente il 6 febbraio 1952, il giorno in cui muore suo padre e lei diventa regina (raccontiamo qui tutta la storia A Royal Calendar – 6 febbraio 1952 ). Sbarca in Australia il 3 febbraio, primo sovrano regnante a mettere piede nel paese dove resta per otto settimane visitandolo in lungo e in largo, accolta ovunque da grande entusiasmo (si calcola che almeno il 75% degli australiani riuscì a vederla).

lilibet mimosas australiaLa sera del primo ricevimento ufficiale a Sidney indossa quest’abito, opera del couturier di fiducia Sir Norman Hartnell, che aveva creato anche il suo romantico abito da sposa e quello sontuoso per l’incoronazione. La mimosa (Acacia dealbata), così frequente nei nostri giardini, è una pianta originaria proprio dell’Australia, di cui è uno dei simboli. L’abito, metri e metri di tulle giallo pallido coi rametti di mimosa che si rincorrono sulla gonna e si arrampicano sulla spalla destra, riesce nella sua doppia missione: esaltare la fresca bellezza della giovane regina con un omaggio al paese ospitante. La perfezione.

Buon 8 marzo a tutte!

Se vi interessa la figura di Sir Norman Hartnell ecco un breve post che lo riguarda A Royal Calendar – 12 giugno 1901

 

 

La foto del giorno

Con l’arrivo della primavera torna la stagione delle grandi mostre; appuntamento imperdibile per gli appassionati, offrono a tutti lo spunto per brevi viaggi interessanti.Napoleone IngresDopo la mostra su Boldini a Ferrara (qui il post e tutte le informazioni La foto del giorno ) oggi ve ne segnalo un’altra, Ingres e la vita artistica ai tempi di Napoleone (Milano, Palazzo Reale, dal 12 marzo al 23 giugno), dedicata al grande pittore neoclassico francese. Il pezzo forte dell’esposizione è un ritratto dell’uomo che volle farsi re, anzi imperatore: Napoleone sul trono imperiale è l’opera che Jean-Auguste-Dominique Ingres realizza nel 1806, a poco più di un anno di distanza dall’incoronazione avvenuta il 2 dicembre 1804 a Notre-Dame. Il novello imperatore è rappresentato secondo l’iconografia del Giove Olimpico, coronato da un serto di alloro dorato. La tunica bianca è ricamata d’oro così come il ricchissimo mantello porpora, punteggiato da piccole api e dalla N del monogramma; sull’ampia mantella di ermellino troneggia il Gran Collier de la Légion d’Honneur. Dal fianco sinistro è allacciata quella che secondo la leggenda è Joyeuse, la spada di Carlo Magno, che Napoleone mostra orgogliosamente insieme con gli altri simboli dei re di Francia: lo scettro di Charles V e quello con la Main de Justice. La tela è un prestito del parigino Musée de l’Armée – mai esposta in Italia – ed è una delle oltre sessanta opere di Ingres presenti in mostra, provenienti dalle più importanti collezioni del mondo; sono il nucleo di un allestimento più ricco, che con l’apporto di altri artisti contestualizza e testimonia la ricchezza e la varietà della stagione artistica del neoclassicismo, che segna la transizione dal Settecento all’Ottocento. 

Tutte le informazioni sulla mostra qui https://www.mostraingres.it/index.html

 

 

 

La foto del giorno

Che ne dite, continuiamo con le mostre sulla moda e sugli abiti che ne hanno fatta la storia?

Abbiamo parlato spessissimo di Kensington Palace come condominio reale dove vive gran parte della Royal Family (e qualcuno se ne sta andando). È in parte aperto al pubblico: l’imponente King’s Staircase conduce ai King’s State Apartments e sono visitabili anche i Queen’s State Apartments, la King’s Gallery e i giardini. Inoltre vengono allestite mostre temporanee che espongono sia materiali di provenienza esterna, sia a rotazione quelli delle ricchissime collezioni interne, così preziosi per conoscere da vicino i regali personaggi che qui hanno vissuto nel corso degli ultimi secoli.

In questo momento sono esposti i costumi (candidati all’oscar) del film The Favourite, incentrato sulla regina Anne, l’ultima dei sovrani Stuart; ma scommetto che la mostra che ammalierà di più i visitatori è quella che si è aperta proprio oggi, Diana, designing for a Princess, in cui agli abiti vengono affiancati i bozzetti originali con le annotazioni autografe della principessa.

diana c walker thailand

(Ph. insta9pho.com)

Uno dei pezzi più interessanti è l’abito di Catherine Walker indossato nella visita ufficiale in Thailandia del 1988. Il modello è un omaggio al Chakkrabhat, il costume nazionale Thai, e i colori si ispirano a quelli del fiore nazionale, l’orchidea, che Diana usò per l’acconciatura. L’abito è un prestito della Fundación Museo de la Moda di Santiago, Cile, quindi se volte vederlo approfittate dell’occasione!

P.S. che bello scoprire che il Cile ha un museo della moda e noi no. E mi fermo qui.

 

La foto del giorno

Come sapete già se seguite Lady Violet (altrimenti lo saprete leggendo la prossima riga) la mostra clou dell’anno per quanto riguarda moda e storia del costume è quella del Victoria&Albert Museum Dior: designer of dreams. Ne parleremo diffusamente il mese prossimo; è aperta fino al 14 luglio e varrebbe veramente un viaggio a Londra. Se però non potete spostarvi, la Brexit vi preoccupa o non volate volentieri c’è anche in Italia qualcosa di estremamente interessante.

È stata inaugurata ieri a Ferrara al Palazzo dei Diamanti Boldini e la Moda; accanto alle opere dell’artista, uno dei più amati della Belle Époque, abiti e accessori d’epoca provenienti dalla Sartoria Tirelli e da altre preziose collezioni. Giovanni Boldini è noto innanzi tutto come raffinatissimo pittore di ritratti; suoi soggetti preferiti le signore dell’alta società internazionale come quella che compare nell’immagine di oggi: Gladys Deacon. boldini gladys deacon

Quando l’artista la ritrae è il 1916, questa incantevole francoamericana che tra i suoi amici ha signori che si chiamano Proust, Rodin, Monet e ha affascinato D’Annunzio (uno che s’affascinava facilmente, ma sempre di bellissime) è l’amante del IX Duca di Marlborough, cugino di Winston Churchill. Il duca è separato dalla prima moglie, l’ereditiera americana Consuelo Vanderbilt, sposata per interesse. Anni prima Gladys era stata invitata a Blenheim Palace – la favolosa residenza di famiglia riportata all’antico splendore grazie alla dote di Consuelo – per fare compagnia alla duchessa imbrigliata in un matrimonio infelice. Come da tradizione, finisce tra le braccia del duca; inizia una lunga relazione che probabilmente accelera la separazione tra i Marlborough, nel 1906, ma per il divorzio bisognerà attendere 15 anni. Subito dopo gli amanti si sposano a Parigi, ma neanche questo matrimonio sarà felice. Nel 1933 Gladys abbandona Blenheim, ma una parte di lei resterà per sempre: il soffitto del portico d’accesso al palazzo è affrescato con sei occhi, tre blu e tre marroni. I primi sono quelli di Gladys, bellissimi e dalla tonalità particolare.

Blenheim Palace fa parte dei siti UNESCO e merita senz’altro una visita, prima o poi; tenete presente però che anche Ferrara è un sito UNESCO, ma non un palazzo solo, la città intera. Dunque date retta a Lady Violet, cogliete l’occasione e programmate una visita. La mostra è aperta tutti giorni, compresi tutti i festivi, fino al 2 giugno. Qui trovate tutte le informazioni http://www.palazzodiamanti.it

Una foto al volo!

Scusate, non ho resistito. camilla liverpoolCamilla, in visita a Liverpool con Charles, posa davanti all’opera For All Liverpool’s Liver Bird creata dallo street artist Paul Curtis (e potremmo dire che ne diventa parte!). Il murale si trova a Jamaica St., nel Baltic Triangle; già zona industriale della città, oggi è il quartiere dei creativi dove si mischiano start up innovative, giovani artisti, e negozi trendy.

 

La foto del giorno

Eccezionalmente oggi la foto del giorno arriva in compagnia di un’altra foto, assai famosa. Come vi ho già accennato, il Victoria&Albert Museum di Londra sta per aprire i battenti sulla mostra Christian Dior: Designer of Dreams, la più importante mai organizzata in UK sul couturier francese. La mostra, visibile da sabato 2 febbraio a domenica 14 luglio, riprende quella con lo stesso titolo – Christian Dior couturier du rêve – organizzata a Parigi, al Musée des Arts Décoratifs nel 2017, per celebrare i 70 anni della Maison che nel 1947 lanciò il New Look. ladysarahchattodiorIeri sera un gala dinner ha accolto un gruppo selezionato di ospiti tra cui Lady Sarah Chatto, figlia della principessa Margaret. Un momento emozionante della serata è stato quello raffigurato nella foto: Lady Sarah, insieme col marito Daniel Chatto, è ritratta davanti a uno dei pezzi clou, il meraviglioso abito da sera in tulle ricamato creato da Dior in persona per Margaret in occasione del suo ventunesimo compleanno, il 21 agosto 1951, che la principessa indossa nel ritratto fotografico firmato da Cecil Beaton. margaretdiorNaturalmente Lady Violet ha visto la mostra a Parigi, e naturalmente visiterà anche quella di Londra, per mettere a confronto gli allestimenti e scoprire eventuali aggiornamenti e integrazioni. L’abito di Margaret, presente anche nella mostra originaria, magari non è il mio preferito ma è veramente favoloso. Un miracolo di eleganza, stile e romanticismo, l’abito perfetto per una ragazza così giovane. Almeno per una ragazza degli anni ’50.

Io vi consiglio caldamente di dare un’occhiata ai voli per Londra, Brexit o non Brexit. Se proprio non poteste andare, vi aggiornerò una volta vista la mostra. Intanto vi sto preparando una piccola sorpresa per il weekend.

La foto del giorno

Oggi i Duchi di Cambridge sono a Dundee, in Scozia, dove il loro titolo è Earl and Countess of Strathearn. Tra i vari impegni, il principale è l’inaugurazione della sezione locale del Victoria&Albert Museum, che per la prima volta nella sua storia apre una sede distaccata da quella londinese. v&a dundeeIl V&A – probabilmente molti di voi lo conosceranno – è il più importante museo di arti applicate del mondo, con una collezione che spazia dai cartoni preparatori per gli arazzi realizzati da Raffaello per la Cappella Sistina agli abiti della principessa Diana. Organizza mostre tra le più belle che abbia mai visto in vita mia ed eventi culturali di ogni tipo. Stephen Jones, il cappellaio matto autore di molti dei cappellini di Meghan, io l’ho conosciuto qui (a proposito di mostre, sabato inaugurano quella su Dior che a Parigi lo scorso anno ha fatto il tutto esaurito, e naturalmente ne parleremo).

Il V&A di Dundee è la gemma della ristrutturazione miliardaria del lungomare della città scozzese, dimostrazione plastica dell’espressione investire in cultura, da noi ripetuta fino alla noia e poi solitamente estrinsecata nell’elargizione di un po’ di denaro pubblico al cugino di qualcuno (e mi fermo qui, sennò mi rovino la serata e la rovino pure a voi).

Dallo scorso febbraio tra i patronage di Catherine c’è il V&A, ed è in questa veste che la duchessa ha oggi inaugurato il museo di Dundee. Catherine. In una parola, perfetta. Oggi ha riciclato un cappotto dell’amato McQueen, un modello che le abbiamo visto molte volte in molti colori e versioni, ma realizzato in un tartan blu-verde-nero è proprio bello. Scarpe nere in suede di Tod’s, anche queste indossate spesso, calze nere opache (finalmente!) e una borsetta verde Manu Atelier che online risulta sold out, ma io non mi preoccupo perché comunque non l’avrei comprata. La duchessa – anzi, la contessa di Strathearn – ha affrontato il freddo gelido con l’ausilio saltuario di una pashmina ma senza cappello, i lunghi capelli al vento. E proprio i capelli sono stati protagonisti di un siparietto con una piccola diavoletta bionda che ha voluto assolutamente accarezzarli. Ciò ha consentito ad almeno un giornale di dispiegare l’ineguagliabile humour britannico titolando Hair of the throne.

Potete ammirare Catherine nel video del Daily Mail (autore del titolo incriminato) in cui si apprezza meglio la linea del cappotto e ci si gode l’inaugurazione. Buona visione! https://www.youtube.com/watch?v=PECsEGxc5dg

Virginia, che inventò la donna moderna

Nacque a Londra il 25 gennaio 1882 Adeline Virginia Stephen, figlia di un famoso intellettuale vittoriano e di un’altrettanto famosa modella per i pittori più in voga, virginia-woolfFu scrittrice, pensatrice, femminista, imprenditrice, sostenitrice dell’uguaglianza tra i sessi e dei diritti dei lavoratori. Fu la tenera compagna del marito Leonard Woolf, ma amò anche Vita Sackville-West; una vita ricca, complessa e complicata, segnata dagli abusi dei fratellastri da adolescente e della depressione che l’accompagnò tutta la vita fino alle sponde del fiume Ouse, dove si lasciò morire come una moderna Ofelia, con le tasche piene di sassi. Lasciò al marito una lettera che è un capolavoro d’amore e di scrittura, che vi posto non per ricordarla in morte, ma per comprendere alcune sfumature della sua vita.

Dearest, I feel certain that I am going mad again. I feel we can’t go through another of those terrible times. And I shan’t recover this time. I begin to hear voices, and I can’t concentrate. So I am doing what seems the best thing to do. You have given me the greatest possible happiness. You have been in every way all that anyone could be. I don’t think two people could have been happier ‘til this terrible disease came. I can’t fight any longer. I know that I am spoiling your life, that without me you could work. And you will I know. You see I can’t even write this properly. I can’t read. What I want to say is I owe all the happiness of my life to you. You have been entirely patient with me and incredibly good. I want to say that – everybody knows it. If anybody could have saved me it would have been you. Everything has gone from me but the certainty of your goodness. I can’t go on spoiling your life any longer. I don’t think two people could have been happier than we have been.

(Carissimo, sono certa che sto impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto per fare ciò che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la più grande delle possibili felicità. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone avrebbero potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso combattere più. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai, lo so. Vedi, non riesco neanche a scrivere bene. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che tutta la felicità della mia vita la devo a te. Sei stato sempre tanto paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – ma lo sanno tutti. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto mi ha lasciato tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di noi)

E non mancate di leggere il bellissimo post di Tiziana Ragni Meripop, che dimostra quanti semi Virginia abbia lasciato nelle nostre menti e nei nostri cuori, e quanti fiori forti e profumati quei semi diano ancora. http://www.supercalifragili.com/?p=19610&fbclid=IwAR3t_e01MX7LwILtCxWwLudZDiwb8ZF1GlhOkGKj5Fr5dzCPr0GyQ7AyXYQ