A gentile richiesta dedichiamo la nostra rubrica all’evento che ha invaso Venezia, giornali e tg: le nozze tra Paperone Bezos e la sua Brigitta Sánchez. Senza entrare nella diatriba su Venezia gratificata o penalizzata e con un’ovvia premessa: ciascuno può e deve fare quello che vuole col proprio corpo i propri soldi e la propria vita. E se temete che l’argomento sia miliardario (in dollari) ma troppo plebeo per i nostri standard vi tranquillizzo, nel delirio veneziano c’era anche una quota royal rappresentata dalla Giordania.

Prima di analizzare le mise consentitemi una piccola riflessione, innescata da un commento ascoltato nel diluvio di chiacchiere di questi giorni. Qualcuno, non ricordo chi e me ne scuso, diceva che Jeff Bezos è diventato uno degli uomini più ricchi del mondo grazie all’originalità del suo pensiero, che gli ha consentito di inventare qualcosa che non c’era, mentre ora vive questa fase della sua vita in un modo piuttosto conformista, come un Kardashian qualsiasi. Personalmente apprezzo che abbia scelto una signora più o meno sua coetanea (la sposa ha sei anni di meno) invece della solita giovanissima bellissima “modella”; sicuramente colpisce il massiccio ricorso alla chirurgia plastica della suddetta signora, che di fatto la rende simile a molte delle sue ospiti. Le quali peraltro hanno fatto le stesse scelte di stile: scollature, spacchi, corsetti, abiti stretti, fantasie maculate. Insomma mi sembra di poter dire che, almeno tra coloro che sono stati a Venezia questo weekend, chi ha una grande disponibilità economica pensa di poter incidere sulla realtà e modificarla, senza però sapere bene come manovrare il cambiamento, e dunque facendolo nel modo più banale e scontato, per nulla originale e men che meno rivoluzionario
Altro aspetto rilevante di queste nozze è che in effetti non sono nozze. Quelle vere sono già state celebrate, in privato, qualche settimana fa, dopo la firma di un sostanziale e accurato prenup – l’accordo prematrimoniale che blinda le proprietà degli sposi (e incidentalmente in Italia non è valido) – secondo le leggi statunitensi. Dunque, escludendo un improbabile matrimonio religioso, quella che è stata celebrata tra i due è una cerimonia simbolica, non voglio dire una festa in maschera ma quasi. E per questo, ho avuto l’ispirazione di abbinare a ogni mise il titolo di un film.

E però va detto che neanche in questo caso Besos ha inventato nulla, potendo noi italiani poter contare su un celebre, illustrissimo precedente. Dunque via con Il carnevale di Venezia

Aureolata di veli come una fanciulla, Lauren si è affidata ai furbissimi Dolce&Gabbana, che per questa creazione hanno scomodato nientepopodimenoche Sophia Loren, sposa in Un marito per Cinzia del sempre fascinoso Cary Grant con un abito molto simile (anzi, il corpetto è stato copiato paro paro). Ho apprezzato le maniche lunghe e la scollatura che raggiunge pudicamente il collo, fermata da una miriade di bottoncini, due dettagli che rimandano al padre di tutti gli abiti nuziali del dopoguerra: quello disegnato da Helen Rose nel 1956, dono di nozze della MGM per la diva Grace Kelly che lasciava Hollywood per Monaco. Ho apprezzato meno la linea a sirena spinta, che però è molto nello stile di Lauren, la quale tra viso, décolleté e abiti è sempre talmente tirata che mi dà l’idea stia per scoppiare. Se poi smaniate per sapere se la sposa abbia rispettato la tradizione del qualcosa di nuovo qualcosa di vecchio posso rassicurarvi, Lauren ha rivelato a Vogue che il qualcosa di prestato erano gli orecchini, forniti da Domenico Dolce, mentre il qualcosa di blu è un piccolo souvenir riportato dal brevissimo viaggio spaziale compiuto qualche mese con amiche a bordo di una navicella Blue Origin. Insomma, rispettate perfettamente le usanze come nel più tradizionale degli sponsali, pizzo e velo compresi. Ora, io capisco che le americane siano meno sofistiche di noi e come insegna Beautiful pure al decimo matrimonio, magari accompagnate all’altare dai figli – o magari addirittura dai nipoti – vogliano l’abito bianco, ma qui siamo pure nel matrimonio per finta, più che un matrimonio un bride-pride, dunque assolutamente shock, compresa la naturalissima posa usata per questa foto. Dolce&Gabbana hanno firmato anche lo smoking dello sposo, ampiamente criticato da esperti di moda maschile, appassionati e chiunque sia dotato si normali capacità visive. Venezia la luna e tu

Mercoledì sera gli sposi hanno offerto una pre-pre serata nuziale, per accogliere gli ospiti che stavano arrivando. Quando Lauren è apparsa tra le tende rigate dello scicchissimo hotel Aman era rigata pure lei, con un abito monospalla di Alexander McQueen della collezione Irene del 2003 che costa pure poco: 5200 euro. L’abito è veramente interessante, in satin blu notte è percorso da righe che non sono parte del tessuto ma bottoncini di madreperla cuciti uno per uno con filo rosso.

Il geometrico rigore delle righe adagiato sulle abbondanti e supertoniche curve della signora fa un po’ effetto mal di mare, ma non è male. L’abito è bello, ma l’indosso boh. Culastrisce nobile veneziano.

Per la festa prenuziale di giovedì sera la scelta è caduta su Schiaparelli, un abito particolare ma declinato su di lei in un modo non particolarmente convincente. Il punto focale è rappresentato dal corsetto, che migliaia di perline dorate rendono quasi metallico in contrasto col resto: una gonna e un’alta fascia sul seno in un tessuto color crema ricamato a fiori. Osservando la foto del modello in sfilata si possono notare le differenze nella realizzazione.

Nonostante la significativa differenza in altezza (Lauren dichiara di essere 1,60) quello che abbiamo visto a Venezia è assai più lungo, forse per renderlo più simile a un abito da sera, ma così non slancia particolarmente la già non longilinea signora.

Ciò che ha colpito di più Lady Violet, e non in positivo, è il modo in cui la fascia sia diventata quasi un volant e sporge, adagiata sull’importante e poco morbida poitrine. Che vi devo dire, l’effetto abat jour ci sta tutto, ma pure quello impalcatura. Shock. Capriccio veneziano.

Venerdì pomeriggio la sposa si avvia al luogo della cerimonia con una mise descritta sulla stampa anglosassone così: “quando Grace (Kelly) incontra Audrey (Hepburn)”. Secondo me le due non ce l’hanno fatta ad incontrarsi, e non si è vista nemmeno la altrettanto citata Jackie (Kennedy) ma confesso che questa mise è l’unica che ho apprezzato: il più classico dei tailleur Dior, gonna midi e giacchina avvitata con brevi maniche, color avorio con bottoni neri. L’abbondante capigliatura trattenuta da un foulard Hermès, il modello Brides de Gala en Fleurs nel colore ébène / blanc / gris anthracite. Appartiene alla collezione attuale, se vi piace 530 euro ed è vostro.

Hermès anche la borsa, una Kelly in coccodrillo nero, come le slingback che completano l’insieme. Ora, a parte il fatto che Lauren è sempre eccessiva, caratteristica che nell’estetica europea difficilmente si traduce in eleganza, a parte le unghie ad artiglio, a parte la poca naturalezza che mostra nell’indossare un look che chiaramente non le appartiene, per me questa mise è quella che più si avvicina allo chic. Non lo raggiunge, ma questo momento di understatement è un balsamo. Anonimo veneziano

Sabato mattina, in attesa del gran ballo finale, gli ospiti hanno fatto quello che volevano e mentre Ivanka Trump ha visitato le Gallerie dell’Accademia gli sposi hanno invitato una cinquantina di amici per una colazione (seconda colazione, cioè a pranzo) all’Harry’s Bar, sotto l’occhio attento di Arrigo Cipriani in persona. I signori Bezos hanno ripreso il loro stile standard: lei in miniabito nero con gran volant tenuto bello teso dall’abbondante décolleté, ciabattine con tacco, cappello di paglia con alta fascia e a contrasto una clutch bianca che sembra proprio la Kelly Cut Hermès in alligatore Lui in completo color topo stile mafia colombiana. Shock. Un maresciallo in gondola

Alla terza serata anche i giornali specializzati iniziano a mostrare segni di cedimento, figuriamoci noi. Per la soirée danzante Lauren si è rivolta a Versace, alla linea Atelier, che sarebbe la Haute Couture della maison. Donatella Versace ha assecondato lo stile della signora con un modello che enfatizza la ricchezza di seno e fianchi contrapposti al vitino di vespa, un abito drappeggiato che fino al ginocchio segue le forme, per poi aprirsi in una morbida gonna plissettata. Molto bello il colore, i ricami in oro argento bronzo e cristalli Swarovski sono tipici della maison, il problema è che la parte ricamata, probabilmente per enfatizzare i fianchi, si allunga troppo e finisce per non slanciare (eufemismo) soprattutto chi di suo non sia particolarmente alta. E no, non bastano i tacchi vertiginosi. Un grande boh. La venexiana

Immaginiamo che la signora Bezos sia felice lo stesso, e si consolerà dalle critiche ammirando i diamantoni che brillano alle sua dita. La foto è stata scattata mentre la nubenda si avviava alla cerimonia nuziale di venerdì sera, e può esserer considerata la prova che i due erano già sposati. All’anulare destro Lauren porta l’anello di fidanzamento, un raro diamante rosa con taglio a cuscino, mentre l’enorme pietra ovale all’anulare sinistro dovrebbe essere l’anello nuziale (scordatevi la semplice fascia d’oro, in certi ambienti non usa più). Prova definitiva il braccialetto al polso sinistro da cui pendono le lettere LB. Che immagino non siano le iniziali di Lino Banfi, ma quelle di Lauren Bezos. Canal grande
E noi? L’unico film che vedrei volentieri ora è Dimenticare Venezia.


















































































