L’argomento clou di questi giorni pr ogni royal watcher è naturalmente la visita di stato di Monsier le President de la République e di Madame Macron nel Regno Unito, ma dato che ne parlano tutti noi lasciamo sedimentare, e ci torneremo nei prossimi giorni.
(Ph: Yui Mok/PA)
Oggi ci concentreremo su qualcosa di inerente ma laterale, e siccome l’estate mi stimola la polemica fatemi dire una cosa. Da due giorni non faccio che leggere frasi tipo: “Kate, prove tecniche da regina” “William e Kate presto sul trono” e addirittura “Carlo il re uscente”. Col tatto del proverbiale elefante nell’altrettanto proverbiale cristalleria si allude evidentemente alla malattia del re che potrebbe causarne la dipartita in tempi brevi. Permettetemi di commentare: 1) queste cose rischiano di portare male non tanto all’oggetto dei commenti, l’incolpevole Charles ma anche, e direi soprattutto, agli autori di tali pensieri, per cui knock on wood (che sarebbe l’equivalente inglese del nostro toccate ferro) e fatela finita. 2) l’elefante nella cristalleria è comunque più elegante.
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Se i sovrani hanno festeggiato i vent’anni di matrimonio alla serata di gala al Quirinale durante la loro visita di aprile, un’altra royal couple ha celebrato l’anniversario durante lo state banquet di martedì sera: i Duchi di Gloucester. Lui, Richard, è il minore dei due figli che Henry Duca di Gloucester ebbe da Lady Alice Montagu Douglas Scott. Suo padre era fratello di King George VI, dunque lui cugino di primo grado di Queen Elizabeth. Lei, Birgitte van Deurs, è una ragazza danese che va a imparare l’inglese a Cambridge, dove lui studia architettura. Si conoscono così, due ragazzi come tanti. Quando la relazione si fa seria, lei trova lavoro come segretaria all’ambasciata di Danimarca a Londra. Si sposano l’otto luglio 1972 nella chiesetta di St Andrew’s a Barnwell, villaggio del Northamptonshire dove i Gloucester hanno la casa di campagna. È un matrimonio low profile, e così probabilmente la giovane coppia pensa al proprio futuro, una vita normale, col legame con la royal family sullo sfondo.
Ma il destino ha in serbo per loro un’altra vita, che inizia con una tragedia. Cinquantun giorni dopo il matrimonio William, affascinante fratello maggiore dello sposo, muore in un incidente aereo (ne abbiamo parlato qui: A Royal Calendar – 28 agosto 1972). Richard diventa dunque erede del titolo paterno, che assume alla morte di Henry, meno di due anni dopo. Nel tempo i duchi si sono rivelati una presenza fondamentale per Queen Elizabeth, e ora per King Charles, fedeli e affidabili, sempre al servizio della Corona. E Lady Violet confessa un debole per lei e il suo personalissimo senso dello stile.
Dopo aver parlato male della stampa italiana e bene dei Duchi di Gloucester proseguiamo parlando benissimo del sempre rimpianto Prince Philip. Lunedì 7 è morto Lord Tebbit, che fu ministro con Margaret Thatcher, e la stampa ha riportato alcuni episodi della sua vita, tra cui uno riguardante sua moglie. All’inizio degli anni ’80 la lotta indipendentista irlandese era ancora molto attiva, e il 12 ottobre 1984 l’IRA mise una bomba al Grand Hotel di Brighton, dove si teneva il congresso del Partito Conservatore. Ci furono cinque morti e una trentina di feriti, tra cui Lady Tebbit, che rimase paralizzata e trascorse il resto della sua vita sulla sedia a rotelle. Alcuni anni dopo, i Tebbit parteciparono a uno state banquet. Prince Philip, rendendosi conto della difficoltà della signora nell’usare le posate, mise da parte le sue e iniziò a prendere il cibo con le mani, così che lei potesse fare lo stesso senza sentirsi in imbarazzo. Meravigliosa lezione di umanità, di empatia, e anche di bon ton, quell’educazione vissuta e non esibita, che rende tutto piacevole, e a volte prezioso.
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Invece ci tocca vivere il tempo in cui il web è inondato dalla foto che mostra Monsieur le President sembra fare l’occhiolino alla charmante Principessa di Galles. Tentativo di seduzione à la française? Bruscolino nell’occhio? Semplice cecagna dopo una giornata impegnativa? Temo che il titolo dato all’ultimo post di Lady Violet sia stato profetico: Macron, che pasticcion!
Conoscete Londra? Venite con me a Trafalgar Square.
(Ph: Hulton Archive/Getty Images)
È uno dei luoghi che celebra il trionfo su Napoleone, con la colonna coronata dalla statua di Nelson che a Trafalgar, al comando della flotta britannica, sconfisse quella franco spagnola ma perse la vita. La piazza gode dello splendido sfondo della National Gallery, alla cui sinistra sorge St Martin in the Fields, chiesa realizzata nel settecento da James Gibbs, nota anche per essere la parrocchia cui appartiene Buckingham Palace.
(Ph: Foster+Partners)
Lo spazio è arricchito da fontane e statue; tre delle quali – dedicate a King George IV, al generale Napier, comandante in capo dell’esercito britannico in India e a Sir Henry Havelock, altro militare che si distinse nel subcontinente indiano – sorgono su tre plinti, cioè basamenti a forma di parallelepipedo. Poi c’è il quarto plinto, Fourth Plinth, che è vuoto e negli anni è stato utilizzato per esporre opere contemporanee (indimenticabile il galletto blu, opera di Katharina Fritsch).
(Ph: Getty Images)
Bene, si è spesso ritenuto che il Fourth Plinth sarebbe infine servito come base per una statua della nostra amata Queen Elizabeth; personalmente ho sempre pensato che sarebbe stata opportuna una soluzione di maggior prestigio, e ho avuto ragione: è stato infatti rivelato il progetto per il national memorial. A vincere il concorso indetto da The Queen Elizabeth Memorial Committee lo studio Foster + Partners, fondato nel 1967 dal grande architetto Norman Foster, neonovantenne, che un quarto di secolo fa la Regina rese Lord Foster of Thames Bank. Autore di molte opere nella capitale inglese (e nel mondo) tra cui la cupola del British Museum, il grattacielo a forma di missile detto The Gherkin (il cetriolo) che ha cambiato lo skyline della City, o il Millenium Bridge: oltre tutto, anche uno dei posti che preferisco al mondo.
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Volete saperne di più? Venite con me, lasciamo la piazza, seguiamo la carrozza della Regina nel giorno della sua incoronazione e con una passeggiata di pochi minuti attraversiamo l’Admiralty Arch e arriviamo sul Mall, il viale alberato che porta a Buckingham Palace.
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Andando verso il palazzo sulla destra si incontra la statua della Queen Mother, eretta nel 2009 a breve distanza da quella dedicata al marito George VI, che risale al 1955. Su questo lato del viale sorgono edifici centrali nella storia e per le funzioni della monarchia britannica, come St James’s Palace e Clarence House, tuttora residenza di Charles e Camilla. Sul lato opposto c’è un parco, il St James’s Park, e sarà questo lo scenario del national memorial dedicato a Queen Elizabeth.
Una statua equestre – di cui questa è un’ipotesi – sarà eretta all’altezza di Marlborough Road e St James’s Palace. Da qui partirà un itinerario all’interno del parco, che unirà il lato verso il Mall con quello verso Bird Cage Walk. Le due aree saranno connesse da un nuovo ponte che andrà a sostituire quello che c’è ora, il Blue Bridge; sarà contraddistinto da balaustre in vetro ispirate alla tiara indossata da Elizabeth nel giorno delle sue nozze con Philip. La coppia sarà ricordata da un’altra statua, magari simile a questa, che già so ci piacerà da impazzire.
A guidare il progetto di Foster + Partners per onorare la scomparsa sovrana il concetto di dualità: la vita pubblica e la privata, il ruolo istituzionale e la fede personale, il Regno Unito e il Commonwealth. Due, come il numero ordinale che ha accompagnato il suo nome. Due, come lei e Philip. E ciò che l’ha consegnata alla storia: l’abilità di essere ponte tra due mondi, la tradizione e la modernità. Un ponte trasparente e luminoso.
Il progetto definitivo, con l’aspetto finale delle opere, sarà presentato ad aprile 2026, quando the Queen avrebbe compiuto cento anni. Io non vedo l’ora, e scommetto neanche voi.
Dove sta andando la giovane sorridente Queen Elizabeth, scortata dall’affascinantissimo marito Philip? Se non lo sapete ve lo dico io! I due sono gli ospiti d’onore al matrimonio di una coppia che in qualche modo ha contribuito a scrivere una pagina di storia.
Se non fossero mancati entrambi da tempo – e se non avessero divorziato dopo quindici anni – oggi gli sposi di quel giorno lontano festeggerebbero settant’anni di matrimonio. Quel 1 giugno del 1954 Westminster Abbey ospita qualcosa di molto vicino a un royal wedding. Lo sposo è Edward John Spencer, detto Johnnie, Visconte Althorp; la sposa Frances Ruth Roche, figlia minore del barone Fermoy. Sette anni e un mese dopo dalle nozze sarebbe nata Diana, destinata a diventare la Principessa di Galles, e tutte le altre cose che sapete.
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Lui trent’anni, lei appena 18; la più giovane a sposarsi a Westminster Abbey dal 1893. Lui è il figlio minore, e unico maschio, del settimo conte Spencer e di sua moglie Cynthia, figlia del Duca di Abercorn. Le origini della famiglia risalgono al Cinquecento, la notevole ricchezza alle pecore e al commercio della lana. Nasce a Londra il 24 gennaio 1924 e viene tenuto a battesimo dal futuro Re Edward VIII. Come molti anni dopo faranno i nipoti William e Harry, frequenta Eton e il Royal Military College di Sandhurst. Fa in tempo pure a partecipare con onore alla seconda guerra mondiale; tornata la pace inizia la sua carriera: aiutante di campo del governatore dell’Australia del Sud, scudiero di re George VI e poi di Queen Elizabeth. Assume diversi incarichi pubblici finché il 9 giugno 1975, alla morte del padre, diventa l’ottavo conte Spencer e va a occupare un seggio alla Camera dei Lord, che resterà suo fino alla morte.
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La sposa ha dodici anni meno dello sposo (la stessa differenza di età tra Charles e Diana), è nata il 20 gennaio 1936 a Park House, all’interno della tenuta di Sandringham. Suo padre Maurice è uno degli amici più intimi di re George V, che gli ha affittato la casa dove la coppia va a vivere, ed è qui che sette anni dopo nasce Diana. Le madri di entrambi gli sposi sono al servizio di Elizabeth, prima Queen Consort e poi Queen Mother, che a sua volta partecipa al matrimonio con la figlia Margaret. Insomma, un affare di famiglia (reale).
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A match made in heaven? Non proprio, ma quel giorno sembra una favola. La sposa indossa un abito riccamente ricamato – forse troppo, per una ragazza così giovane – ma senza strascico, in testa un semplice velo di seta fermato dall’elegante tiara della sua famiglia. Dopo la cerimonia ricevimento per i numerosissimi e prestigiosissimi ospiti in un luogo che più royal non si può, St.James Palace.
Nove mesi e mezzo dopo le nozze nasce Sarah, due anni dopo Jane, e il 12 gennaio 1960 arriva l’agognato maschio, l’erede del titolo e della tenuta di famiglia, Althorp. Purtroppo il bimbo muore dopo poche ore. Diana vede la luce il 1 luglio 1961; non è il maschio che gli Spencer desiderano ma la terza femmina, e la sua nascita genera qualche malumore. Il maschio arriverà tre anni dopo: Charles, che viene battezzato a Westminster Abbey, con la Regina come madrina. Il matrimonio non è felice, Johnnie è anche violento con la moglie: uno dei ricordi della Diana bambina è il padre che schiaffeggia la madre, con la piccola che si nasconde dietro una porta per non sentirne il pianto.
È il 1967 quando Frances si innamora di Peter Shand Kidd, neanche una goccia di sangue blu ma un notevole patrimonio grazie alle carte da parati. Gli Spencer si separano, lei va a vivere a Londra con Diana e Charles, mentre le figlie maggiori restano col padre, che poi riesce a trattenere con sé anche i due più piccoli. Arriva il divorzio, chiacchieratissimo; la madre di Frances, convinta sostenitrice dell’indissolubilità del matrimonio, testimonia a favore del genero. Forse pensava che la figlia dovesse continuare a prendere sberle e tacere. Frances sposa Peter ma perde la custodia dei figli, e si trasferisce col nuovo marito nella campagna inglese; nel 1990 la coppia divorzia.
(Ph: BBC)
Qualche anno dopo si risposa anche John, con la pittoresca Raine, che nonostante l’improbabile cotonatura è una sposatrice seriale di aristocratici. Avrà preso spunto dai romanzi rosa scritti dalla madre, Barbara Cartland, una vera pink lady, altro che Barbie! Il resto, dicevamo, è storia. Nel 1981 Diana sposa Charles, e il complesso retaggio familiare probabilmente fa la sua parte nel disastro che diventerà quel matrimonio. John muore a 68 anni, nel 1992. Dodici anni dopo muore anche Frances, che si è ritirata a vivere in un villaggio scozzese.
Di quel giorno di giugno di giugno restano la delicata bellezza della sposa, la baldanza dello sposo, le pellicce delle ospiti (a giugno!) e un bagaglio di promesse non mantenute. E quindici bei nipoti, che alla fine sono la vera ricchezza.
Quando Lady Violet era una ragazzina rimase piuttosto sorpresa leggendo – chissà dove – che novembre è un mese particolarmente caro alla Royal Family, tanto da averlo scelto per ben quattro matrimoni in meno di 40 anni.
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Il più celebre il 20 novembre 1947, quando la principessa Elizabeth sposò il suo Philip, probabilmente incontrato per la prima volta il 29 novembre 1934, giorno in cui George Duca di Kent, zio di lei (che fu anche deliziosa damigella), impalmò Marina di Grecia, cugina di lui. L’anno seguente un altro zio di Elizabeth si sposò a novembre: il 6 Henry Duca di Gloucester portò all’altare nella cappella privata di Buckingham Palace Lady Alice Montagu Douglas Scott, con la piccola Elizabeth ancora damigella, questa volta con la sorellina Margaret. Nel 1973 fu il turno dell’unica figlia di Elizabeth e Philip, che il 14 si unì in matrimonio con l’allora Capitano dei Dragoni Mark Phillips. Era anche il giorno in cui il fratello maggiore, l’attuale sovrano, compiva 25 anni; il che ci ricorda che tra due giorni King Charles festeggerà il settantacinquesimo compleanno. Oltre alle ricorrenze liete e all’amore per novembre (che condivido senza riserve) parte del mese è comunque dedicato al ricordo di chi non è più, e alla memoria personale e familiare si unisce quella pubblica, soprattutto per la coincidenza con la fine della Grande Guerra.
(Ph: Royal British Legion)
Se noi celebriamo il 4 novembre, ricordando l’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti, con cui il giorno precedente – 3 novembre 1918 – l’Impero austro ungarico si arrese all’Italia, nel Regno Unito si celebra l’undicesima ora dell’undicesimo giorno dell’undicesimo mese, quando divenne effettivo il cessate il fuoco deciso nell’armistizio di Compiègne. Ieri dunque la Royal Family si è riunita nella Royal Albert Hall per il tradizionale Festival of Remembrance, e oggi nel centro di Londra, per l’altrettanto tradizionale e sentita cerimonia al Cenotaph.
Dove hanno deposto le corone di fiori il Re, il Principe di Galles, la Princess Royal, il Duca di Edimburgo (e sì, pure il nostro equerry preferito, presente anche nella fotografia in alto, mica penserete che ci sia capitato per caso!). Un po’ sguarnite rispetto ai bei tempi andati le tre finestre del Foreign office da cui il resto della Royal Family assiste alla cerimonia. Da un lato c’erano i Duchi di Gloucester, unici tra i cugini della defunta Regina a svolgere ancora qualche incarico.
(Ph: Yui Mok/PA Images/Alamy)
Dall’altro Sophie, Duchessa di Edimburgo e il cognato, il Vice Ammiraglio Tim Laurence, consorte della Princess Royal. Sembra che nella cronaca della giornata la BBC abbia omesso di menzionare la povera Sophie, nonostante l’impegno e l’attenzione con cui porta avanti gli incarichi reali. Non si fa!
(Ph: Yui Mok/PA Images/Alamy)
In mezzo Queen Consort e Princess of Wales, presente e futuro della Royal Family. Camilla si è infilata uno dei suoi amati cappottini con zip; questo, di Fiona Clare Couture, lo aveva già indossato, mentre è nuovissimo il clamoroso il cappello, opera del genio di Philip Treacy. Anche Catherine è andata sul sicuro con uno dei pastrani paramilitari che le piacciono tanto; creato da Catherine Walker lo aveva indossato nel 2019 per la stessa cerimonia. Anche il suo cappello è Philip Treacy ma tutt’altro che nuovo: lo sfoggiò la prima volta nel 2006 a Sandhurst, quando William terminò il suo addestramento militare. Se il cappello è stato indossato in diverse occasioni anche royal, questa volta è interessante l’abbinamento con gli orecchini a forma di foglia con grande perla centrale e diamanti, appartenuti a Queen Elizabeth. Come dire, il punto di partenza e quello di arrivo (per ora).
(Ph: Doug Peters/EMPICS/Alamy)
Alla fine si torna sempre a lei, The Queen, lost but not forgotten, perduta ma non dimenticata, ieri ancora più presente del solito, e non solo per il ricordo dei defunti.
Sabato, prima dell’inizio della serata, i sovrani hanno svelato due statue. L’una ritrae Elizabeth in tutto il suo leggendario splendore, l’altra Philip, che si china verso di lei in un gesto consueto e prezioso.
Commosso alle lacrime King Charles. Uno stile che gli è proprio, assai più emotivo di quello impeccabile della madre, che però, va detto, salì al trono giovanissima e dunque probabilmente più capace di controllare le emozioni. Invece devo dire che a me questo anziano re con gli occhi lucidi piace molto.
Prima osservazione della giornata, e dunque della settimana: King Charles si sta trasformando in suo padre.
Sabato scorso, durante il suo primo Trooping the Colour da Re, spesso mi è capitato di guardarlo e di avere l’impressione di vedere Prince Philip.
Voi mi direte: va bene, ma con quella cofana in testa chiunque si somiglierebbe! Sì e no, perché il progressivo processo di somiglianza mi sembra si stia intensificando. Ed è interessante, perché invece i due nei loro anni giovanili non si somigliavano affatto. In molti l’avevamo notato anche di recente, ad esempio in questa foto scattata a maggio al Chelsea Flower Show.
Meraviglie della genetica! Continuando con le similitudini familiari, a molti l’abitino indossato da Charlotte ha ricordato la fase marinière della nonna Diana che, divenuta giovanissima Principessa del Galles, attraversò una fase collettoni+fiocchi.
Devo dire che non sono convintissima, abbiamo più volte sottolineato come Diana nella sua breve ma intensa vita abbia indossato di tutto, qualunque modello e qualunque colore, dunque sono certa che anche nel vostro armadio ci sia qualcosa che ricordi una sua mise; spero però non queste…
(Ph: Getty Images)
Appartenendo alla stessa generazione della principessa scomparsa, Lady Violet può comunque rassicurarvi: questi modelli non andavano di moda neanche all’inizio degli anni ’80. Quanto all’abitino di Charlotte, qualcuno ha avanzato l’ipotesi che si tratti di quello indossato sotto il mantello all’incoronazione di nonno Charles, cui sarebbe stata apportata qualche modifica. Personalmente non lo credo: ciò che viene indossato in eventi di quella importanza viene conservato ed entra a far parte della Storia.
Più probabile che Catherine abbia trovato ispirazione in famiglia per vestire i due figli maschi, come già fatto in altre occasioni. Sabato i due principini mi hanno ricordato questa simpatica immagine di padre e zio bambini: George ha un completo invece che blazer con pantaloni grigi, mentre Louis ripropone esattamente lo stesso look di zio Harry. Mocassini compresi, mentre il fratello maggiore indossa – correttamente e impeccabilmente – un paio di Oxford. Unica differenza le cravatte: allora grigie, oggi rosse, probabile riferimento alla Union Jack, la bandiera del regno.
Molti notano le similitudini tra le due coppie di fratelli: Louis sembra avere la stessa simpatia, la stessa energia dello zio. Speriamo che crescendo mantenga la leggerezza senza le ombre, la spontaneità senza gli eccessi; e che la solidità della sua famiglia possa sostenerlo senza soffocarlo.
Oggi mi sono imbattuta in questa fotografia, e ho pensato di ricordarvi la loro storia. Storia che molti di voi conosceranno già, essendo stata narrata anche nella seconda stagione di The Crown.
Il 2 febbraio 1931 nel Neues Palais di Darmstadt si sposa l’erede del granducato d’Assia e del Reno, Georg Donatus. La sposa è Cecilie di Grecia e Danimarca; in famiglia la chiamano Cécile, alla francese, e noi la conosciamo soprattutto come una delle sorelle del principe Philip. I genitori Andreas di Grecia e Alice di Battenberg si sono conosciuti all’incoronazione di King Edward VII e sposati un anno dopo, tra loro un incrocio di parentele che uniscono il sangue delle famiglie reali di Regno Unito Germania Russia e naturalmente Grecia e Danimarca. Insieme hanno quattro figlie e un figlio, ma all’alba degli anni Trenta il matrimonio è praticamente finito: lui ha abbandonato la famiglia per un’altra donna, lei ha subito un ricovero per schizofrenia nel sanatorio del dottor Binswanger in Svizzera. Intanto una dopo l’altra vanno all’altare le quattro ragazze: il 15 dicembre 1930 la più piccola, Sophie, sposa appena sedicenne Christof Hesse Kassel. Il 2 febbraio tocca alla terzogenita Cecilie, il 20 aprile dello stesso anno la figlia maggiore Margarita sposa Gottfried principe ereditario di Hohenlohe-Langenburg e il 17 agosto è la volta di Théodora con Berthold Margravio di Baden. Quattro figlie maritate in otto mesi, un record assoluto!
Georg Donatus von Hessen und bei Rhein è cugino primo della madre della sposa; suo padre e la madre di Alice sono fratello e sorella, un’altra sorella era l’ultima zarina, Alessandra. Nel 1918, alla dissoluzione dell’impero, anche il granducato di Assia e del Reno come tutti gli stati tedeschi è diventato una repubblica, parte della Repubblica di Weimar. Nel 1933 Hitler prenderà il potere, e inizierà il peggiore incubo dell’Europa moderna, speriamo l’ultimo.
Quel freddo giorno di febbraio è tutto di là da venire, Le fotografie seppiate rimandano il fascino degli sposi, giovanissimi (24 anni compiuti da poco lui, 20 da compiere a giugno lei), bellissimi, elegantissimi. Le cronache raccontano di strade gremite da una folla talmente grande ad attendere il corteo nuziale che le automobili che lo compongono a un certo punto non riescono a procedere, e le famiglie, lo sposo, la sposa – accompagnata dal padre che proprio quel giorno compie 49 anni – devono proseguire a piedi.
Dopo il viaggio di nozze gli sposi si stabiliscono a Darmstad; il 25 ottobre, a sette mesi e 23 giorni dalle nozze la coppia accoglie il primo figlio, Ludwig Ernst Andreas. Il 14 aprile 1933 nasce Alexander Georg Karl e il 20 settembre 1936 l’unica femmina, Johanna Marina Eleonor.
Il 1937 è l’anno del destino: in primavera Cécile è di nuovo incinta, a Pasqua ospita per le vacanze il fratello Philip, sedicenne, che frequenta a scuola Gordonstoun in Scozia. Il 1 maggio Georg Donatus – riservista della Luftwaffe, l’aeronautica militare – e sua moglie aderiscono al Partito Nazista. Il 9 ottobre il granduca padre Ernst Ludwig muore; per il mese seguente a Londra sono fissate le nozze tra il fratello minore di Georg Donatus, Ludwig, e Margaret Campbell Geddes. Nonostante la paura di volare di Cécile, all’ottavo mese di gravidanza, la famiglia decide di raggiungere la capitale inglese in aereo e il 16 novembre si imbarca su un trimotore della Sabena. Sull’aereo ci sono i granduchi, i loro due figli maggiori di sei e quattro anni, la granduchessa vedova, la tata dei bambini Lina Henar e l’equipaggio. Nei cieli del Belgio, nei pressi di Ostenda, l’areo urta la ciminiera di una fabbrica e precipita incendiandosi. Non ci sono superstiti. Viene rinvenuto il corpicino della creatura che Cécile aspettava; è possibile che sia entrata in travaglio e il pilota abbia tentato un atterraggio di emergenza, e la fitta nebbia ha fatto il resto. Oppure la nascita è avvenuta in seguito al trauma della caduta. Philip, legatissimo alla sorella, ne è devastato. Nella foto ufficiale del matrimonio appare a fianco della sposa; da quel giorno felice sono passati appena sei anni e mezzo.
L’unica superstite della famiglia è Johanna, che a 14 mesi è considerata troppo piccola per partecipare alle nozze. La bimba viene adottata dal fratello del padre, ma muore di meningite nel 1933. Ludwig e Margaret non avranno figli, alla morte di lui nel 1968 la famiglia è estinta.
75 years ago, settantacinque anni fa, a Londra suonavano campane a festa: la figlia maggiore del Re, la ventunenne Elizabeth, sposava il suo Philip.
Settantacinque anni fa Philip, nato principe e diventato poi semplicemente Lieutenant Philip Mountbatten, veniva creato dall’imminente suocero His Royal Highness The Duke of Edinburgh. Lui sarebbe stato consorte reale più a lungo di chiunque altro nella storia, e il suo titolo uno dei più popolari per quasi tre quarti di secolo.
Philip nasce Φίλιππος, Principe di Grecia e Danimarca, il 10 giugno 1921 a Corfù, nella villa Mon Repos.
In esilio a otto mesi, dopo aver frequentato le scuole in Francia e Germania arriva nel Regno Unito dove a diciotto anni, nel 1939, entra nella Royal Navy. A luglio dello stesso anno incontra di nuovo la tredicenne Elizabeth che aveva conosciuto bambina alle nozze di sua cugina Marina con lo zio di lei, il Duca di Kent. Tra i due inizia una corrispondenza che prosegue nei lunghi anni della guerra, dove lui si distingue combattendo nel Mediterraneo e nel Pacifico; la guerra finisce e George VI dà il consenso alle nozze. Il fidanzamento viene annunciato nel luglio 1947; alcuni mesi prima Philip aveva rinunciato ai titoli di nascita, diventando cittadino britannico col nome anglicizzato della famiglia della materna: Philip Mountbatten. Il giorno prima del matrimonio il Re emette lettere patenti per attribuirgli lo status di HRH; The KING has been pleased by Letters Patent under the Great Seal of the Realm, bearing date the 19th instant, to declare that Lieutenant Sir Philip Mountbatten, K.G., R.N., shall be entitled to hold and enjoy the style, title and attribute of Royal Highness.
Il giorno dopo, giovedì 20 novembre, altre Lettere Patenti attribuiscono al Lieutenant His Royal Highness Philip Mountbatten la dignità ducale e lo creano ”Baron Greenwich of Greenwich in the County of London, Earl of Merioneth and Duke of Edinburgh”.
La formula reca l’espressione “and the heirs male of his body lawfully begotten” che attesta la trasmissibilità dei titoli agli eredi maschi legittimamente generati dal suo corpo.
Il 9 aprile 2021, alla morte di Philip, i suoi titoli passano al primogenito, l’allora Prince of Wales oggi King Charles III. In molti si aspettano che il figlio minore Edward diventi il nuovo Duke of Edinburgh ma non accade, e potrebbe non accadere. Tradizionalmente i figli del sovrano britannico sposandosi diventano titolari di uno dei ducati che appartengono alla Corona. Il 19 giugno 1999, quando Edward sposa Sophie Rhys-Jones, tutti si aspettano che gli sposi diventino Duchi di Cambridge o di Sussex, invece il Palazzo annuncia per loro il titolo di Conti di Wessex, e un futuro da Duchi di Edimburgo. L’assunzione del titolo non è però automatica: intanto ovviamente deve venire a mancare il titolare, alla cui morte però l’erede è il primogenito; bisogna dunque aspettare che Charles diventi Re e il titolo di Duke of Edinburgh rientri nella disponibilità della Corona. Ora le condizioni ci sono, ma King Charles III non ha ancora deciso la concessione del Ducato di Edimburgo al fratello, e voci di questi giorni (dei soliti bene informati, dunque da prendere con cautela) sostengono che non voglia farlo, sempre nell’ottica di ridurre al minimo il numero di royals più o meno working in circolazione; Edward e Sophie hanno un figlio maschio – il delizioso James – che alla morte del padre ovviamente ne erediterebbe il titolo.
(Ph: Are Media Pty Ltd)
Lady Violet confessa la sua perplessità: visto che i Duchi di Gloucester e di Kent, cugini della defunta Regina, hanno discendenza maschile per almeno due generazioni, finirebbe che cugini di secondo/terzo grado del Re sono duchi, mentre il nipote diretto e addirittura il fratello non lo sono.
Quanto alla domanda che spesso ritorna, perché Edward sia solo Conte, la risposta è: non si sa. Qualche fonte sostiene che sia stato lui stesso a chiedere un titolo inferiore, così come ha deciso che i figli avessero il trattamento che spetta alla prole di ogni conte britannico, ma non esiste alcuna versione ufficiale. Con sommo rispetto mi permetto: sembra che i Wessex abbiano ricevuto come dono di nozze da Queen Elizabeth la promessa di diventare Duchi di Edimburgo, ma se così è, la sovrana ha promesso qualcosa di cui non disponeva, perché l’unico a poter decidere è Charles.
Va detto però che nonostante quello di Earl of Wessex sia un titolo minore, ha una notevole importanza storica. essendo l’antico regno di Wessex all’origine dello stesso regno inglese. Storia a parte, Edward, appassionato di spettacolo, potrebbe averlo scelto anche perché compare in uno dei suoi film preferiti, Ricordate il personaggio interpretato da Colin Firth in Shakespeare in love? Era l’odioso Lord Wessex.
Mentre aspettiamo ulteriori sviluppi, il prossimo 1 dicembre Edward e Sophie rappresenteranno la Corona alla Royal Variety Performance. Per loro è la prima volta.
(Ph: Jane Barlow/Getty Images)
Intanto in Parlamento prosegue l’iter per ammettere Edward e sua sorella Anne tra i Counsellors of State; il loro coinvolgimento potrebbe essere ad personam sfruttando un precedente: nel 1953 la Queen Mother, che non ne faceva più parte in quanto non più consorte del sovrano regnante – il marito era deceduto l’anno prima – fu riammessa a titolo personale.
Esattamente un anno fa, il 17 aprile 2021, trenta persone accompagnavano il Duca di Edimburgo nell’ultimo viaggio. E noi oggi celebriamo l’anniversario con i dettagli della cerimonia di ringraziamento in suo suffragio celebrata lo scorso 29 marzo. Che è stata anche l’occasione più recente cui ha partecipato la Regina, che da quel giorno non compare in pubblico. Quest’anno ha saltato sia il tradizionale Royal Maundy Service del Giovedì Santo, dove è stata rappresentata dal figlio Charles e dalla nuora Camilla (Le foto del giorno – Maundy Thursday), sia la Messa di Pasqua nella St. George’s Chapel a Windsor, dove non sono mancate le generazioni più giovani.
L’allestimento
La cerimonia nell’Abbazia di Westminster ne ha interessato l’area interna, la più sacra, compresa tra il Quire (il Coro), il Sacrarium e il Poet’s Corner. L’addobbo floreale era stato pensato come ulteriore omaggio alla vita di Philip, e composto nei colori rosso bianco e blu, quelli della bandiera del Regno Unito (e rosso a parte, anche quella della natia Grecia).
Insieme con rose e gerbere, alcuni fiori scelti per il loro valore simbolico: l’infiorescenza spinosa di colore azzurro si chiama Eryngium Maritimum, in inglese sea holly; francamente non la conoscevo, ma chiaramente allude alla carriera in Marina del duca. C’erano orchidee, come quelle che componevano il bouquet della sposa Elizabeth, e i garofani, in ricordo di quelli che decoravano la tavola per il rinfresco del loro matrimonio. A me l’insieme non è piaciuto granché, ma davanti al sentimento e al patriottismo Lady Violet fa un passo indietro.
Chi c’era e chi no
Nonostante avessero confermato la loro presenza, il giorno prima della cerimonia è arrivata da Oslo la notizia che i sovrani norvegesi non sarebbero andati. Il Re era stato trovato positivo al test covid solo un settimana prima, ed evidentemente le sue condizioni sconsigliavano il viaggio. Harald V è ricomparso in pubblico martedì 5; lui e Sonja hanno ricevuto a Palazzo i vincitori della Medaglia del Re, che ogni anno premia quei norvegesi che si siano distinti in campo sociale e culturale.
Piuttosto ridotta la presenza della famiglia reale greca, cui Philip apparteneva per nascita: non c’era Costantino II (suo nonno era fratello maggiore di Andrea di Grecia, padre del Duca di Edimburgo) la cui salute da tempo non è buona, e mancava anche sua sorella, la Reina Emerita Sofia, attesa il giorno dopo a New York. Presenti la Regina Consorte Anne-Marie, il Diadoco Pavlos con Marie-Chantal e il fratello minore Philippos con la moglie Nina. Philippos era stato tenuto a battesimo da Philip – di cui peraltro porta il nome – e dalla defunta Diana. Come lui anche Margarita di Romania, che porta il bellissimo titolo di Custode della Corona Rumena, ha avuto il duca come padrino di battesimo.
C’erano i nipoti tedeschi, gli stessi tre che lo scorso anno parteciparono al funerale a Windsor; da sinistra nella foto, preceduto dalla moglie Stephanie Anne, è Bernhard, principe Ereditario di Baden (sua nonna era Theodora, la seconda delle sorelle di Philip) segue Penelope Knatchbull, Countess Mountbatten of Burma; oltre ad essere una cara amica, sua suocera Patricia e il Duca di Edimburgo erano cugini di primo grado. Seguono Saskia Binder e il marito Philipp, Principe di Hohenlohe-Langenburg (sua nonna era Margarita, la maggiore delle quattro sorelle del duca), chiudono la fila Floria Franziska von Faber-Castell – della famiglia dei produttori di matite – e il marito Donatus, Langravio d’Assia. Donatus è l’unico dei tre a non discendere direttamente da una sorella di Philip, benché sia Cecile sia Sophia, le due più giovani, sposarono membri della famiglia von Hesse. In compenso la nonna di Donatus era la compianta Mafalda di Savoia, per cui possiamo dire che era presente anche un po’ di italico sangue reale.
Altro sangue savoiardo quello che scorre nelle vene di Kiril di Bulgaria, Principe di Preslav. Secondogenito di Simeon II, Zar (e in seguito anche Primo Ministro dei Bulgari), sua nonna era Giovanna di Savoia, la minore dei cinque figli di Vittorio Emanuele III ed Elena.
(Ph: AP/Frank Augstein)
Tutto ciò premesso, la presenza più attesa era sicuramente quella del Duca di York, che non ha tradito le aspettative e ha accompagnato la madre, viaggiando con lei nella Bentley reale e scortandola fino al suo posto. Tutto bene? Non ci giurerei, perché la stampa britannica ha subito iniziato a domandarsi se Andrew abbia capito che si è trattato di un’occasione straordinaria, in pratica la sua ultima uscita pubblica, o non abbia piuttosto iniziato a pensare che si sia trattato dell’inizio della sua revanche. Le voci che vorrebbero addirittura la madre in qualche modo da lui manipolata si intensificano, di pari passo con l’insofferenza del Principe di Galles e del figlio William. Tanto che una delle ragioni per cui i Cambridge stanno pensando a un trasferimento a Windsor sarebbe una maggiore vicinanza alla nonna e contemporaneamente il controllo del comportamento dello zio. Non c’è dubbio che con Charles sul trono Andrew sarà più o meno elegantemente accompagnato alla porta posteriore, nel frattempo lui per non perdere l’abitudine si è ritrovato coinvolto, questa volta in compagnia della ex moglie Sarah, in un altro scandalo. Avrebbe ricevuto una consistente somma di denaro da una signora turca, in cambio di non so bene quale favore, somma che sarebbe stata usata in parte per il matrimonio della figlia Beatrice, ma poi restituita. Uno zio diplomatico una volta, parlando della politica britannica, mi disse che alla fine i Laburisti inciampano sui soldi mentre i Conservatori sul sesso. Giustamente Andrea mantiene una regale neutralità, e inciampa sia sui soldi sia sul sesso.
Non c’era invece, né lo aspettavamo, il Duca di Sussex, probabilmente per il contenzioso col Governo – e più in generale con la Royal Family – per la protezione personale richiesta col modo pasticciato e il tono petulante che stanno diventando la sua cifra. In compenso Harry è arrivato in Olanda dove dal 16 al 22 si tengono gli Invictus Games. E non è venuto solo, ma accompagnato dalla sua signora. E da una troupe di Netflix, per realizzare – finalmente – uno dei loro progetti milionari. Però arrivando in Europa un salto a salutare la nonna Elizabeth e babbo Charles l’hanno fatto. Meno male!
Il linguaggio selle spille
Abbiamo parlato della scelta insolita ma commovente della Regina, e dell’omaggio pieno di rispetto della Duchessa di Cornovaglia (The final farewell); ma non sono state le uniche royal ladies a parlare attraverso le loro spille.
(Ph: Chris Jackson/Getty Images)
Margrethe II di Danimarca, secondo me una delle più eleganti, indossava un completo in tessuto gessato blu creato dalla sua sarta preferita Annette Freifeldt, composto da gonna, sottogiacca e giacca di 7/8. A corredo degli autentici gioielli da lutto, d’altronde sempre di una pronipote di Queen Victoria stiamo parlando! Gli orecchini in onice nero con croci stilizzate in argento sono solitamente esposti nel Museo di Amalienborg, ma la sovrana li porta spesso ai funerali. Così come la cosiddetta Begravelsesbrochen (spilla funebre), che indossava anche al funerale del marito Henrik, quattro anni fa. Realizzata in oro smalto nero e diamanti fu realizzata in memoria della bisnonna Luisa di Prussia.
(Ph: REUTERS/Toby Melville)
Sua sorella Anne-Marie, Regina Consorte di Grecia, indossava una spilla di diamanti a forma di ancora, dono del marito Costantino, che alle Olimpiadi di Roma, nel 1960, aveva vinto l’oro nella vela. Quale scelta migliore per salutare un vecchio marinaio?
(Ph: Getty Images)
Menzione di grazia e delizia per la giovanissima Lady Louise Mountbatten-Windsor, figlia dei Conti di Wessex e dunque nipote della Regina e del Duca di Edimburgo. Sul giacchino blu la fanciulla ha appuntato una spilla a soggetto equestre, la stessa che portava l’anno scorso del funerale del nonno, con cui divideva la passione di condurre le carrozze nello sport degli Attacchi.
Last but not least
Lo so lo so che state aspettando un’analisi della mise di Catherine, eppure c’è chi ha fatto di peggio: la bella India Hicks, unanimemente considerata – e di solito a ragione – una style icon, parte supersobria con un piccolo copricapo a goccia, continua con un abito accollatissimo di un serio grigio e poi scivola su uno spacco letteralmente inguinale. Per quei tre di voi che non la conoscessero, India è figlia di Lady Pamela, figlia minore di Lord Mountbatten e dunque cugina prima del principe Philip; venne alla ribalta mondiale che non aveva 14 anni, il 29 luglio 1981, quando fu una delle damigelle del matrimonio di Diana con Charles, suo padrino di battesimo. Notevole l’aplomb del signore che l’accompagna: David Flint Wood, suo partner di lunga data e padre dei suoi cinque figli; i due si sono sposati lo scorso settembre.
Finalmente eccoci alla Duchessa di Cambridge. Appena l’ho vista due cose mi hanno colpita: perché un abito così leggero, e perché in nero – ancorché punteggiato di pois – se evidentemente il dress code lo aveva escluso. Domande entrambe senza risposta: la seconda rientra nel più ampio campo della mise sbagliata, la prima sfiora uno dei grandi misteri delle royal ladies di ultima (e penultima) generazione, che spesso appaiono – soprattutto di sera, va detto – con abiti impalpabili senza protezione e francamente senza ragione. In questo caso invece il mistero è solo uno: perché? L’abito è firmato Alessandra Rich, che aveva fornito a Catherine un altro abito a pois, di ben altra linea, secondo me (Dress like a Princess – Purple edition). È in leggerissimo crêpe de chine, è pure Made in Italy, ma ahimè non è un abito adatto alla prima parte della giornata per modello e lunghezza della gonna, dotata pure di spacco, anche se casto. E non fatevi trarre in inganno dal colletto con abbottonatura laterale, che evoca la kosovorotka, la tipica blusa indossata dagli uomini russi.
(Instagram @mariechantal22)
Infatti un’altra royal lady – per altro presente alla cerimonia, Marie Chantal di Grecia – indossava lo stesso vestito alla vigilia di Natale, come testimonia la fotografia postata sul suo account Instagram. E non oso pensare se l’avesse indossato anche lei… Se l’abito di Catherine era sbagliato, in compenso il cappello era sbagliatissimo. Disegnato da Awon Golding per Lock & Co. in inglese quel modello si chiama boater, sailor o matador a seconda dell’altezza della corona, dell’ampiezza della tesa e del tipo di decorazione.
Quello di Catherine è più simile al matador, più ampio degli altri due (che spesso è ornato da pompon o nappe pendenti, qui assenti); insomma un cappello da gaucho, o per non farla tanto lunga un cappello tipo gondoliere. Un modello che compare nel Settecento in testa ai marinai, poi diventa popolare tra gli uomini per eventi estivi all’aperto. Piace anche alle signore, che se ne adornano sempre più spesso (ma sempre per eventi informali) e si impone definitivamente all’inizio del Novecento grazie a una signorina di nome Coco, che a Deuville inizia a proporre alle signore dell’alta società giacche, pantaloni, cardigan, ispirati al guardaroba maschile. Un cappello che va dunque benissimo a Ascot o per eventi meno impegnativi, non certo una messa di suffragio, C’è poi un’altra regola, e ve la spiego come l’ho imparata in casa mia. Alle cerimonie religiose bisognerebbe mostrare un po’ di modestia, regola questa in effetti più rigorosamente osservata nel mondo cattolico, dove ai funerali in caso si porta una mantilla. Bisognerebbe comunque astenersi dal indossare copricapi troppo grandi – ho sempre amato questa parte – perché sono occasioni in cui ci si abbraccia e ci si bacia, e dunque c’è il rischio di qualche scappellamento. Ora ai matrimoni la regola viene allegramente bypassata, affermandosi invece l’idea della scena e della bellezza di cappelli più importanti, ma nelle occasioni funebri no. Sorry.
Save the date, e non prendete impegni per martedi 29; è il giorno in cui si celebrerà la solenne cerimonia di suffragio in memoria del Duca di Edimburgo, a poco meno di un anno dalla scomparsa. Il rito, a Service of Thanksgiving, un ringraziamento per la vita di Philip, si terrà a Westminster Abbey, dove iniziò la sua vita di consorte reale.
Non è chiaro se sarà presente l’ostracizzato Duca di York – molti pensano di no – mentre è certo che non ci sarà il Duca di Sussex, che però viaggerà dalla California alla vecchia Europa un paio di settimane dopo per gli Invictus Games, previsti dal 16 al 22 aprile a L’Aja, in Olanda.
Quel giorno si uniranno a Queen Elizabeth e alla Royal Family Margrethe di Danimarca, Carl Gustav e Silvia di Svezia, Harald e Sonja di Norvegia, Willem-Alexander Máxima e Beatrix d’Olanda, Philippe e Mathilde del Belgio, Felipe e Letizia di Spagna. Cui potrebbero aggiungersi i Granduchi del Lussemburgo, che non hanno ancora confermato, e membri della famiglia reale greca, cui Philip apparteneva.
Non mancheranno i rappresentanti delle tante associazioni sportive e sociali da lui presiedute, probabilmente i nipoti tedeschi, sicuramente gli amici.
Non sarà il funerale di stato, che lui non voleva, ma un momento in cui chi lo amato e stimato lo ricorderà con affetto, celebrerà la sua vita straordinaria, e farà sentire la sua vicinanza alla moglie e alla famiglia. Che poi è quello che conta e quello che serve; e tutti voi, miei lettori, che oggi avete ricordato un padre amato e perduto, lo sapete bene.
Per la Regina questo è un giorno dal sapore dolceamaro. Amaro come può essere il ricordo della morte di una sorella, l’unica sorella: era il 9 febbraio 2002, esattamente vent’anni fa, quando la Principessa Margaret morì per le conseguenze di un ictus – il terzo in pochi anni – al King Edward VII’s Hospital. With great sadness con grande tristezza, fu allora data la notizia, e la stessa tristezza, un po’ stemperata dal tempo, avrà provato anche oggi la sovrana.
E già che siamo in argomento, vi informo che la preannunciata solenne cerimonia in memoria del consorte Philip sarà celebrata il prossimo 29 marzo, che è anche il giorno che precede il ventesimo anniversario della morte della Queen Mother, scomparsa il 30 marzo 2002, solo sei settimane dopo la figlia minore.
Her Majesty non ha mancato mai di ricordare gli scomparsi, e quest’anno le testimonianze di affetto nei confronti dell’amatissimo Philip sono state molte e costanti, ogni occasione buona per sottolinearne affettuosamente la memoria. Sua Maestà però non si ferma – non lo farebbe neanche se potesse – e ha trovato il modo per continuare il suo viaggio accanto a lui. Navigando nel web Lady Violet aveva notato qualcosa, che una breve ricerca ha confermato: sabato scorso, in occasione del tea party offerto a Sandringham ai rappresentanti di alcune associazioni locali alla vigilia del suo giubileo di platino, la Regina camminava aiutandosi con un bastone da passeggio. Che qualcuno ha riconosciuto, per averlo già visto tra le mani del Duca di Edimburgo. Il giornalista e scrittore Gyles Brandreth ha svelato l’arcano, ricordando di aver visto il duca durante le sue passeggiate nella tenuta di Sandringham usare il bastone dal manico di corno intagliato, per poi riporlo in un vaso davanti alla porta della sua residenza.
Riuscite a immaginare qualcosa di più tenero?
Una sola cosa, quella che ha portato un po’ di dolcezza in questa giornata: il primo compleanno del piccolo August Philip, nato dal matrimonio della nipote Eugenie di York con Jack Brooksbank, protagonista col cuginetto Lucas Philip Tindall di un doppio battesimo, celebrato il 21 novembre scorso a Windsor, nella Royal Chapel of All Saints.
Durante il primo anno di vita del giovanotto i genitori sono stati giustamente parchi di sue immagini, ma da quello che si vede anche lui sembra a diventare un ginger boy. Harry, la concorrenza aumenta!