Catherine in mostra

Per ragioni di opportunità istituzionale e forse anche di interesse personale – è laureata in Storia dell’Arte – la Principessa di Galles ha il patronage del Victoria and Albert Museum che, oltre ad essere uno dei posti del cuore di Lady Violet, è il museo di arti applicate più importante al mondo, e vale ogni visita che gli dedicate.

Quest’anno il museo è protagonista di un’operazione interessantissima: il 31 maggio ha infatti aperto un nuovo spazio, lo V&A East Storehouse, nella zona est di Londra. In pratica diventa visitabile lo sterminato magazzino, ricco di oltre mezzo milione di reperti e oggetti: dall’archeologia alla moda, dal Rinascimento al design contemporaneo, tutto diventa consultabile, conoscibile, ammirabile. Ora dovrei sottolineare che sono operazioni come questa che pongono al vertice una città e la sua vita culturale (piuttosto che l’organizzazione di mostre ed eventi anche prestigiosi) visto che questa cambia proprio il modo di avvicinarsi all’arte, ma stendiamo un pietoso arazzo e andiamo avanti.

(Ph: @thetimes)

Nella sua veste di patronessa Catherine ha visitato in giugno la nuovissima sede espositiva, selezionando alcuni pezzi per un piccolo allestimento attualmente visibile, dal titolo Makers and creators, per il quale la principessa ha scritto anche la breve presentazione.

Tra gli oggetti selezionati da Catherine un paravento disegnato da John Henry Dearle, assistente William Morris; un costume creato dal celebre scenografo e costumista Oliver Messel per Diana Vere nel balletto The Sleeping Beauty messo in scena dal Royal Ballet nel 1960 e una trapunta gallese realizzata a mano nello stile patchwork.

La notizia della mostra arriva giusta giusta per stemperare le polemiche causate dalle vacanze estive della famiglia Wales, che con i Middleton ha affittato uno yacht superlusso per una piccola crociera nell’area di Cefalonia e dello Ionio meridionale.

Quanto a noi, è l’occasione per studiare il nuovo stile di Catherine, in tailleur blu di Alexander McQueen con scarpe Prada, e soprattutto la nuova pettinatura, con i capelli lunghi e molto più chiari, pettinati a onde. Con la cautela che si deve a chi si è sottoposta di recente alla chemioterapia, e proprio con i capelli potrebbe avere avuto dei problemi, confesso che personalmente questa versione non mi convince. Ma lei sembra stare bene, e questo e l’importante.

Makers and creators resterà visibile fino all’inizio del 2026, un’occasione interessante per chi è a Londra o ha in progetto di andarci nei prossimi mesi. E visto che l’estate è il periodo in cui si ha più tempo da dedicare a esperienze culturali, e magari si organizzano viaggi e visite per il periodo natalizio, vi sto preparando un post con una serie di suggerimenti per mostre ed eventi che potrebbero essere interessanti. Intanto vi preannuncio la grande mostra che verrà allestita a Roma, alle Scuderie del Quirinale, dal 24 ottobre al 3 maggio 2026: Tesori dei Faraoni, che si preannuncia un appuntamento imperdibile per cui potremmo anche organizzare una visita guidata. Stay tuned!

Le foto del giorno – Uova di Natale

Non ho resistito a un piccolo calembour, ma chi di voi non si è incantato a guardare le immagini delle favolose uova Fabergé? E chi ha avuto la fortunata opportunità di vederne almeno uno dal vivo?

Carl Fabergé, nato a San Pietroburgo dal gioielliere Gustav, un cognome ereditato da antenati ugonotti fuggiti dalla Francia, è passato alla storia della gioielleria soprattutto per questi favolosi oggetti, originale incontro tra materiali preziosi artigianato orafo e meccanica. Nel 1885 lo Zar Alessandro III ne commissionò uno da donare per Pasqua alla moglie Maria Feodorovna; il dono piacque tanto che divenne un’abitudine; ogni anno uno diverso, contenente una sorpresa sconosciuta anche al sovrano. Quando Nicola II divenne ereditò il trono dal padre mantenne la tradizione raddoppiandola: dal 1895 le uova divennero due, una per la madre e una per la moglie.

La Rivoluzione d’Ottobre segnò la fine del rapporto tra Fabergé e la Russia: Carl morì a Losanna nel 1920, e la Maison fu trasferita a Londra, dove nel 1903 era stata aperta una sede. Delle 52 uova create per gli zar alcune sono andate perdute, altre ritrovate fortunosamente; alcune sono in collezioni private o museali altre inevitabilmente acquistate da oligarchi russi. Quattro fanno parte di raccolte reali: tre – l’uovo mosaico l’uovo delle colonne e l’uovo cesto di fiori – sono nella Royal Collection; l’uovo orologio blu con serpente appartiene ad Albert II de Monaco.

Dal 20 novembre il Victoria and Albert Museum – il maggior museo di arti applicate al mondo – ospitauna mostra che si annuncia davvero favolosa: Fabergé in London: Romance to Revolution. In esposizione più di duecento pezzi, oltre a molte delle celebri uova: una rassegna completa della produzione orafa della Maison.

Oggi la Duchessa di Cambridge, che del museo ha il patronage, ha visitato la mostra; camicia a disegni cashmere (Ralph Lauren) pantaloni maschili e mascherina d’ordinanza, Catherine ha avuto l’opportunità di osservare con attenzione gli splendidi manufatti, un’occasione che Lady Violet le invidia assai.

La mostra resta aperta fino a domenica 8 maggio, chissà… fingers crossed!

La foto del giorno

Il prossimo saranno 70.

Il 5 febbraio 2022, mentre ricorderà il padre adorato e i lunghissimi sette decenni vissuti con la sua assenza, Her Majesty The Queen celebrerà anche un traguardo che ha dell’incredibile: settant’anni di regno. Il giubileo di platino, raggiunto da pochissimi sovrani nella storia: giusto Louis XIV, Roi Soleil dei Francesi per 72 anni e 110 giorni; Rama IX, padre dell’attuale re di Thailandia (71 anni e 126 giorni) e Johann del Liechtenstein, sul trono del piccolo principato per 70 anni e 101 giorni, tra il 1858 e 1929.

Quello che verrà sarà dunque un anno ricco di feste ed eventi, che avranno il loro culmine il primo weekend di giugno, col tradizionale Trooping the Colour che anticipato di una settimana sarà celebrato il 2, sessantanovesimo anniversario dell’incoronazione.

Nella speranza che questa speciale occasione possa segnare anche il momento della rinascita dopo il lungo sonno pandemico, i preparativi sono già iniziati; appena presentato il logo che comparirà su tutti i prodotti ufficiali del giubileo, e sugli account social della Royal Family

Come accaduto anche in precedenza, il simbolo è stato selezionato attraverso una competizione tra giovani e giovanissimi designer – di età compresa tra i 13 e i 25 anni – organizzata da Buckingham Palace in collaborazione col Victoria&Albert Museum.

Ha vinto il progetto di Edward Roberts, diciannovenne del Nottinghamshire che studia graphic design all’università di Leeds, e vi lascio immaginare la gioia di Lady Violet nel vedere che è stato scelto un solo colore, il viola! Composto dal rosso materico e dal blu eterico, sta tra l’umano e il divino e rappresenta l’unione di due nature (la definizione è di Jung) per questo tradizionalmente associato alla regalità. La tonalità scelta è quella più vicina al Robe of Estate, il mantello di velluto viola indossato dal monarca durante l’incoronazione.

Di forma circolare, come si trattasse di un sigillo reale, il disegno rappresenta la St Edward’s Crown; interessante la scelta del font: il Perpetua – potenza di un nome! – già usato per il programma dell’incoronazione di Sua Maestà. Edward Roberts ha dichiarato di aver voluto reinterpretare in chiave moderna gli elementi iconici della St Edward’s Crown, perciò ha pensato alla linea continua, che simboleggia bene anche la contiuità del regno della Regina. E chissà se nei suoi studi il giovane designer ha mai incrociato Osvaldo Cavandoli e il suo omino, Linea.

Particolarmente parco il premio per il vincitore: 1500 sterline e un anno di membership del V&A.

Prince Albert the Great

Se dico Albertopolis voi a cosa pensate?

A una città del Mediterraneo antico, come Adrianopolis, Antinoopolis, Alexandroupolis? O magari una del Brasile, come Florianópolis? Nulla di tutto ciò. Anche se una città c’entra naturalmente, e probabilmente ci siete anche stati. albertopolisAlbertopolis è il termine coniato nella Londra vittoriana, negli anni immediatamente successivi alla Grande Esposizione del 1851, quando il Principe Consorte convinse la Royal Commission ad acquistare coi proventi dell’Esposizione un’ampia area compresa tra il Royal Borough of Kensington and Chelsea e la City of Westmister. È la zona di South Kensington, dove sicuramente siete passati se siete stati a Londra, non fosse altro che per entrare da Harrods.

È un’area ricchissima di istituzioni culturali e di ricerca: il Natural History Museum, l’Imperial College, la Royal Geographical Society, il Science Museum – solo per nominarne alcuni – e naturalmente quelli che portano il nome del principe:

royal albert hall

(Ph. royalalberthall.com)

la Royal Albert Hall, meravigliosa sala da concerti,

vam-rodin

Rodin nella Galleria delle Sculture (Ph. vam.ac.uk)

il Victoria&Albert Museum, il museo di arti applicate più importante del mondo,

albert memorial

(Ph. Picasa)

l’Albert Memorial, che la regina dedicò alla memoria del marito, morto ad appena 42 anni nel 1861.

Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha, marito della cugina e coetanea Victoria dal 10 febbraio 1840, era nato nel Castello di Rosenau – nell’attuale Baviera – il 26 agosto 1819; oggi è dunque il bicentenario della sua nascita. Che naturalmente ha meno risalto di quello della moglie, nonostante la grande capacità del principe di influenzare, e in qualche modo plasmare, la società e la cultura vittoriane. Albertopolis mi fa sempre pensare all’Addizione Erculea con cui Ercole I ridisegnò Ferrara, se non a Pienza, la città creata ex novo sul borgo di Corsignano dalla visione di Enea Silvio Piccolomini (Papa Pio II), e dal genio dell’architetto Bernardo Rossellino.

Alberto come un principe rinascimentale? Forse è un paragone eccessivo, ma certo l’età vittoriana ebbe in Inghilterra, almeno nella forma delle arti, un impatto non tanto lontano da quello che il Rinascimento ebbe in Italia. albert prince consortPer celebrare il bicentenario del Principe Consorte è stato reso disponibile online un imponente archivio con migliaia di documenti, notizie e immagini che lo riguardano, praticamente il paradiso per storici e appassionati. Lo trovate qui https://bit.ly/2zaGcSH

A Royal Calendar – 9 aprile 2005

Il giorno in cui il royal wedding più atteso, desiderato, esecrato, benedetto, maledetto, fu celebrato, e finalmente HRH The Prince of Wales sposò l’amore di una vita, Mrs Camilla Parker Bowles, née Shand. c c weddingMatrimonio civile, perché se lui a quel punto era vedovo lei era solo divorziata e la Chiesa Anglicana, come la Cattolica Romana, non consente in questo caso quello religioso. Il fidanzamento ufficiale era stato annunciato due mesi prima, il 10 febbraio, e le nozze fissate per venerdì 8 aprile, poi rinviate al giorno seguente perché lo sposo venne a Roma a rappresentare la Corona ai solenni funerali di Papa Giovanni Paolo II.

ascot room windsor guildhall

(Ph. Peter Macdiarmid/Getty Images)

Scartata l’ipotesi di celebrare la cerimonia in privato a Windsor Castle – si scoprì che la licenza per la celebrazione del rito veniva rilasciata con durata triennale, e ciò dunque avrebbe consentito a chiunque di sposarsi al castello – la coppia optò per Guildhall, il palazzo municipale a cento metri dal maniero, scegliendo la piccola Ascot Room (rendendo così la piccola sala il posto più in per i matrimoni, e infatti poco dopo ci si sposò pure Elton John). Presenti i figli degli sposi, fratelli e nipoti, il padre di lei, qualche cugino di lui; testimoni il principe William e Thomas Parker Bowles, assenti la Regina e il Principe Consorte.

Camilla era in un colore descritto come crema chiaro, scelta poco felice perché nelle foto sembra proprio bianco, e risulta francamente poco adatto. camilla wedding-dress-zLe signore Robinson e Valentine, titolari della maison omonima, crearono per l’imminente duchessa un completo formato da abito di chiffon di seta arricchito da un pizzo leggero a motivi circolari e pardessous coordinato, più ampio cappello di paglia Philip Treacy, che nella sua brillantissima carriera ha fatto di molto meglio. Non mancavano i tocchi royal: la spilla con le tre piume simbolo del Principe di Galles, appuntata un po’ infelicemente sul colletto, e la clutch firmata Launer, il brand delle iconiche borsette di Sua Maestà. Oltre all’anello di fidanzamento of course: un diamante taglio smeraldo fiancheggiato da baguette appartenuto alla nonna dello sposo, l’amata Queen Mom, che probabilmente lo ebbe in dono dal marito alla nascita della primogenita Elizabeth. Cosa pensiamo di questa mise? A me non dispiace ma neanche mi entusiasma, sicuramente avrei preferito un couturier di maggior talento, anche se in fondo la scelta riflette la personalità di Camilla, una donna pragmatica con uno stile classico e sobrio; l’unica royal bride ad aver riciclato l’abito da sposa, indossato due anni dopo, con accessori diversi, all’inaugurazione del Parlamento gallese. camilla recycles-wedding-dress-z

Al rito civile seguì nel pomeriggio una benedizione impartita dall’Arcivescovo di Canterbury – che aveva fortemente sostenuto questa scelta – nella St.George’s Chapel. La cerimonia, definita Service of Prayer and Dedication, fu trasmessa in televisione così tutto il regno – e non solo gli 800 invitati – fu testimone dell’atto di pentimento pronunciato dai futuri sovrani: We acknowledge and bewail our manifold sins and wickedness, Which we, from time to time, most grievously have committed, by thought, word and deed, Against thy Divine Majesty, Provoking most justly thy wrath and indignation against. (Riconosciamo, e piangiamo, i nostri molti peccati e vizi, che noi, di volta in volta, abbiamo molto gravemente commesso con il pensiero, con le parole e con le azioni, contro la tua Divina Maestà, provocando assai giustamente la tua collera e il tuo sdegno contro di noi). c c wedding st george's chapelLa sposa si era cambiata indossando la seconda mise creata per lei da Robinson Valentine: un abito di leggero chiffon griogioazzurro sotto un soprabito in seta pesante nella stessa tonalità, con tocchi dorati in rilievo, e scarpe grigie. Un insieme elegante e molto adatto sia a lei sia alla particolare natura della cerimonia, che ho avuto occasione di veder dal vivo nel 2014 in una mostra dedicata alle spose al Victoria and Albert Museum.

Confesso che non mi aveva convinto del tutto; il contrasto tra due tessuti così diversi sembrava poco armonico e la manifattura del soprabito mostrava qualche pecca, ma col tempo mi convinco sempre più che questo resta uno degli abiti da royal bride più eleganti e meglio scelti degli ultimi anni. camilla wedding hatE di quel copricapo, ne vogliamo parlare? Philip Treacy si riscattò ampiamente dal cappello indossato al mattino per il matrimonio civile inventandosi un cerchietto che evoca un fascio di spighe dorate, trasformando la sposa matura in una Demetra, una Cerere, una dea del grano e delle messi. Sublime. Deludente invece il piccolo bouquet tenuto in mano da Camilla, va bene il simbolismo dei fiori (il daffodil del Galles, le rose provenienti dai giardini di Highgrove) ma per una sposa adulta avrei preferito qualcosa di meno bambinesco, anche se meno abbinato all’abito (anzi meglio).camilla wedding bouquetAlla benedizione religiosa c’erano anche Her Majesty e il principe Philip che hanno posato (abbastanza) sorridenti nella fotografia ufficiale; notate la raffinatezza del calzino lilla del Maggiore Bruce Shand, padre della sposa e l’assoluta bruttezza della mise della graziosa Laura Parker Bowles, stile usciere di Tiffany’s. c c wedding familyOggi Charles e Camilla hanno festeggiato l’anniversario in Irlanda del Nord, alla riapertura di Hillsborough Castle; dopo quattordici anni di matrimonio – più tanti d’amore – si guardano ancora così. charles camilla 14th

La foto del giorno

Eccezionalmente oggi la foto del giorno arriva in compagnia di un’altra foto, assai famosa. Come vi ho già accennato, il Victoria&Albert Museum di Londra sta per aprire i battenti sulla mostra Christian Dior: Designer of Dreams, la più importante mai organizzata in UK sul couturier francese. La mostra, visibile da sabato 2 febbraio a domenica 14 luglio, riprende quella con lo stesso titolo – Christian Dior couturier du rêve – organizzata a Parigi, al Musée des Arts Décoratifs nel 2017, per celebrare i 70 anni della Maison che nel 1947 lanciò il New Look. ladysarahchattodiorIeri sera un gala dinner ha accolto un gruppo selezionato di ospiti tra cui Lady Sarah Chatto, figlia della principessa Margaret. Un momento emozionante della serata è stato quello raffigurato nella foto: Lady Sarah, insieme col marito Daniel Chatto, è ritratta davanti a uno dei pezzi clou, il meraviglioso abito da sera in tulle ricamato creato da Dior in persona per Margaret in occasione del suo ventunesimo compleanno, il 21 agosto 1951, che la principessa indossa nel ritratto fotografico firmato da Cecil Beaton. margaretdiorNaturalmente Lady Violet ha visto la mostra a Parigi, e naturalmente visiterà anche quella di Londra, per mettere a confronto gli allestimenti e scoprire eventuali aggiornamenti e integrazioni. L’abito di Margaret, presente anche nella mostra originaria, magari non è il mio preferito ma è veramente favoloso. Un miracolo di eleganza, stile e romanticismo, l’abito perfetto per una ragazza così giovane. Almeno per una ragazza degli anni ’50.

Io vi consiglio caldamente di dare un’occhiata ai voli per Londra, Brexit o non Brexit. Se proprio non poteste andare, vi aggiornerò una volta vista la mostra. Intanto vi sto preparando una piccola sorpresa per il weekend.

La foto del giorno

Oggi i Duchi di Cambridge sono a Dundee, in Scozia, dove il loro titolo è Earl and Countess of Strathearn. Tra i vari impegni, il principale è l’inaugurazione della sezione locale del Victoria&Albert Museum, che per la prima volta nella sua storia apre una sede distaccata da quella londinese. v&a dundeeIl V&A – probabilmente molti di voi lo conosceranno – è il più importante museo di arti applicate del mondo, con una collezione che spazia dai cartoni preparatori per gli arazzi realizzati da Raffaello per la Cappella Sistina agli abiti della principessa Diana. Organizza mostre tra le più belle che abbia mai visto in vita mia ed eventi culturali di ogni tipo. Stephen Jones, il cappellaio matto autore di molti dei cappellini di Meghan, io l’ho conosciuto qui (a proposito di mostre, sabato inaugurano quella su Dior che a Parigi lo scorso anno ha fatto il tutto esaurito, e naturalmente ne parleremo).

Il V&A di Dundee è la gemma della ristrutturazione miliardaria del lungomare della città scozzese, dimostrazione plastica dell’espressione investire in cultura, da noi ripetuta fino alla noia e poi solitamente estrinsecata nell’elargizione di un po’ di denaro pubblico al cugino di qualcuno (e mi fermo qui, sennò mi rovino la serata e la rovino pure a voi).

Dallo scorso febbraio tra i patronage di Catherine c’è il V&A, ed è in questa veste che la duchessa ha oggi inaugurato il museo di Dundee. Catherine. In una parola, perfetta. Oggi ha riciclato un cappotto dell’amato McQueen, un modello che le abbiamo visto molte volte in molti colori e versioni, ma realizzato in un tartan blu-verde-nero è proprio bello. Scarpe nere in suede di Tod’s, anche queste indossate spesso, calze nere opache (finalmente!) e una borsetta verde Manu Atelier che online risulta sold out, ma io non mi preoccupo perché comunque non l’avrei comprata. La duchessa – anzi, la contessa di Strathearn – ha affrontato il freddo gelido con l’ausilio saltuario di una pashmina ma senza cappello, i lunghi capelli al vento. E proprio i capelli sono stati protagonisti di un siparietto con una piccola diavoletta bionda che ha voluto assolutamente accarezzarli. Ciò ha consentito ad almeno un giornale di dispiegare l’ineguagliabile humour britannico titolando Hair of the throne.

Potete ammirare Catherine nel video del Daily Mail (autore del titolo incriminato) in cui si apprezza meglio la linea del cappotto e ci si gode l’inaugurazione. Buona visione! https://www.youtube.com/watch?v=PECsEGxc5dg