Non ho resistito a un piccolo calembour, ma chi di voi non si è incantato a guardare le immagini delle favolose uova Fabergé? E chi ha avuto la fortunata opportunità di vederne almeno uno dal vivo?

Carl Fabergé, nato a San Pietroburgo dal gioielliere Gustav, un cognome ereditato da antenati ugonotti fuggiti dalla Francia, è passato alla storia della gioielleria soprattutto per questi favolosi oggetti, originale incontro tra materiali preziosi artigianato orafo e meccanica. Nel 1885 lo Zar Alessandro III ne commissionò uno da donare per Pasqua alla moglie Maria Feodorovna; il dono piacque tanto che divenne un’abitudine; ogni anno uno diverso, contenente una sorpresa sconosciuta anche al sovrano. Quando Nicola II divenne ereditò il trono dal padre mantenne la tradizione raddoppiandola: dal 1895 le uova divennero due, una per la madre e una per la moglie.

La Rivoluzione d’Ottobre segnò la fine del rapporto tra Fabergé e la Russia: Carl morì a Losanna nel 1920, e la Maison fu trasferita a Londra, dove nel 1903 era stata aperta una sede. Delle 52 uova create per gli zar alcune sono andate perdute, altre ritrovate fortunosamente; alcune sono in collezioni private o museali altre inevitabilmente acquistate da oligarchi russi. Quattro fanno parte di raccolte reali: tre – l’uovo mosaico l’uovo delle colonne e l’uovo cesto di fiori – sono nella Royal Collection; l’uovo orologio blu con serpente appartiene ad Albert II de Monaco.

Dal 20 novembre il Victoria and Albert Museum – il maggior museo di arti applicate al mondo – ospitauna mostra che si annuncia davvero favolosa: Fabergé in London: Romance to Revolution. In esposizione più di duecento pezzi, oltre a molte delle celebri uova: una rassegna completa della produzione orafa della Maison.


Oggi la Duchessa di Cambridge, che del museo ha il patronage, ha visitato la mostra; camicia a disegni cashmere (Ralph Lauren) pantaloni maschili e mascherina d’ordinanza, Catherine ha avuto l’opportunità di osservare con attenzione gli splendidi manufatti, un’occasione che Lady Violet le invidia assai.

La mostra resta aperta fino a domenica 8 maggio, chissà… fingers crossed!