Royal chic shock e boh

È la prima domenica d’autunno e torna la nostra rubrica, sperando che gli eventi pubblici e densi di royals siano sempre di più, testimonianza di un ritorno alla normalità mai tanto atteso.

Montecarlo

Giovedì sera il Principato ha ospitato la quinta edizione del gala Planetary Health, col supporto della fondazione del Principe Sovrano e di quella della sua consorte. La Principessa – ancora in carica ma al momento in aspettativa – è comparsa virtualmente con un messaggio, lontana come una dea degli oceani, mentre al braccio dell’allegro Albert c’era un’altra bionda, e che bionda! La divina Sharon Stone, più grande del sovrano di soli quattro giorni, è una vera diva hollywoodiana, e come tale è specialista nella fondamentale disciplina del dress to impress. In questo caso ha scelto un abito da gran sera di Dolce&Gabbana Alta Moda, in taffeta viola inchiostro (che chiamarlo viola tampone di questi tempi pare brutto); abbinato a sandali neri e a una borsa color prugna, la Devotion; tutto della maison. Nonostante il colore, la cui scelta delizia Lady Violet, la mise non ci fa impazzire, per cui per noi è boh. Però Sharon ci piace a prescindere, per la bellezza, l’intelligenza, la forza e la capacità di risorgere, novella fenice, dai tanti guai che le sono accaduti nel corso degli anni.

Accanto a lei, la pur elegantissima Caroline un po’ scompare, però il contrasto tra il rigore dell’una e l’esuberanza dell’altra è una delizia. La principessa resta fedele a Chanel Haute Couture, di cui indossa un insieme dal vago sapore orientale, caftano e pantaloni, in pizzo lavorato.

Lady Violet la adora, ma è fuori di dubbio che debba ancora perfezionare le sue scelte in funzione della nuova capigliatura nature; abbiamo già detto che il grigio è difficile da portare, ancora più del bianco, e la scelta dei colori è fondamentale per illuminare il viso che altrimenti rischia di risultare spento e invecchiato. In compenso gli orecchini sono un sogno. Chic.

Presenti alla serata anche due rapprentanti della generazione più giovane: Andrea Casiraghi che ha scortato la madre, e Pauline Ducruet, in un originale miniabito/trench rosso amaranto che mette in mostra le splendide gambe. A me è piaciuta (e non accade spesso!): chic.

Utrecht

Lo diciamo sempre, Máxima è un genere a sé, può essere tutto e il suo contrario. È anche una donna bella e fascinosa, anche se a volte (spesso) è too much – almeno per il nostro gusto – quando sembra emergere prepotente la sua anima sudamericana. Veste spesso Natan, che secondo me non le fa sempre un buon servizio. Qualche sera fa, in compagnia del sovrano marito, ha partecipato a Utrecht al concerto per i 100 anni del Nederlandse Bachvereeniging, il più antico ensemble di musica barocca del Paese, e per l’occasione ha riciclato una creazione della maison belga. Il total color, in un delicato cipria, le dona, e i capelli acconciati in uno chignon le tolgono quell’aspetto un po’ disordinato che le regala spesso la chioma lasciata allo stato brado. Dovrebbe però stare attenta ai tessuti pesanti e lucidi, come quello di questi pantaloni, che rendono monumentale la sua giunonica figura. Boh.

New York

Giovedì 23 ha preso il via il tour newyorkese dei Duchi di Sussex che, mollati i pupi a casa, sono volati sulla East Coast. Il passaggio dall’assolata California alla Grande Mela dev’essere stato scioccante per Meghan, che è apparsa sempre vestita da inverno pieno, con tanto di cappotto. Il viaggio della coppia è iniziato con una visita a Ground Zero, ospiti del sindaco Bill de Blasio e della neogovernatrice dello Stato Kathy Hochul, il che ha fatto arricciare il naso di chi ha letto nel gesto l’intento di presentarsi come (o la convinzione di essere) una sorta di royal family americana.

Anyway, per l’occasione Meghan era opportunamente abbigliata in total black (o blue, secondo Vogue US): cappottino Emporio Armani, pullover dolcevita, pantaloni di taglio maschile veramente troppo lunghi su pump dal tacco altissimo e sottile. Discreta, piuttosto scontata, boh.

In seguito c’è stato l’incontro con l’ambasciatore USA all’ONU, e in questo caso la duchessa si è vestita da vera working girl: ha mantenuto il pullover, sostituito i pantaloni con una pencil skirt (o forse è un abito intero) e cambiato il cappotto, nonostante i 27 gradi; questa volta la scelta è caduta su un classico Max Mara, il Rispoli. Italiana anche la borsa: la classica Iside Valextra. Chic, ma per carità le maniche del cappotto arrotolate no!

Altro giro all’ONU, altro incontro – questa volta col Vice-Segretario Generale Amina Mohamed – altro cappotto Max Mara, il Lilia, bellissimo, in cashmere color tabacco, mortificato da camicia e pantaloni di un beige che non ci azzecca granché, da cui spuntano le pump Manolo Blanhik in camoscio che abbiamo intravisto il giorno del suo compleanno. Sorry, non mi convince, boh.

La mise che sulla carta avrei preferito è ahimé quella che le sta peggio: un insieme giaccone più pantaloni Loro Piana in un bellissimo color bacca con dettagli a contrasto (con un altro paio di pump Manolo en pendant), indossato per visitare una scuola di Harlem ai cui studenti la duchessa ha declamato, e credo donato, la propria recente fatica letteraria: The Bench. Il che potrebbe rientrare nel reato di tortura, ancorché leggera. Veniamo alla mise: è tutto troppo grande? La giacca è troppo squadrata? I pantaloni troppo larghi? I capelli troppo spioventi? Direi tutto, e pure altro. Shock.

Finale col botto; al Global Citizen Live, dove Harry ha tenuto uno dei suoi speech, Meghan ha indossato un miniabito Valentino con ricami di cristalli all’orlo al collo e sulle brevi maniche. Un vestitino che si prende la responsabilità di evidenziare i difettucci della duchessa (anche quelli che non ha): pancino postgravidanza – ricordiamo che alla fine ha partorito da neanche 4 mesi – forma monoblocco; inoltre il girocollo non la slancia, e la pettinatura non aiuta. Terribile l’abbinamento con scarpe nere, probabilmente scelte per il cappotto, l’ennesimo, con cui è arrivata. Furbissima la borsa: è la Lady Dior, dedicata a Diana che le donò fama eterna: Style file: Diana Principessa di Galles (terza parte). éurtroppo non basta una borsa, né una firma. Shock.

Le foto del giorno – 16 febbraio

I sovrani belgi hanno trascorso parte della settimana a New York, in occasione della presidenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, assunta dal Belgio per il mese di febbraio. philippe mathilde nycTra i vari impegni, la visita al memoriale dell’undici settembre (durante l’attacco alle torri perse la vita anche un cittadino belga), con Mathilde elegante ma un po’ severa in total marsala, colore follemente di moda cinque anni fa. philippe mathilde nyc 2Alla Morgan Library & Museum per un concerto organizzato per promuovere le eccellenze musicali belghe la regina ha indossato un abito lungo nero con enorme ramage floreale stilizzato che si dirama dal fianco sinistro; diciamo che la salva l’altezza. philippe mathilde nyc 3Per l’incontro col Segretario Generale António Guterres (e la visita a una mostra) sceglie il pattern del momento, il pied-de-poule, che ricopre sia l’abito sia la tremenda cappetta che le copre le spalle. Assai meglio l’abito in tweed dalla linea anni ’50, con cui è andata a vedere il musical West Side Story, curato da un regista e una costumista belgi. philippe mathilde nyc 4Vi è piaciuta la regina? La trovate sempre chic, o comunque elegante nonostante le sue mise? Bene, qualunque sia la vostra opinione preparatevi: dal 23 al 25 marzo Philippe e Mathilde saranno in visita ufficiale in Italia!

A Royal Calendar – 11 settembre 2001

Chi è nato quel giorno oggi compie 18 anni e festeggia la raggiunta maggiore età; gli altri  si fermeranno un attimo a pensare, con un dolore ancora venato d’incredulità, a ricordare cosa stavano facendo quel giorno, a quell’ora, dov’erano quando hanno saputo, quando hanno visto le immagini incredibili degli aerei schiantarsi contro le torri, prima uno, poi l’altro. E le torri crollare, prima una, poi l’altra. E tutta quella gente che cercava una via di fuga, trovando alla fine solo quella di un volo e una morte rapida. E qualcuno oggi ricorderà anche un’altra tragedia accaduta nello stesso giorno, 28 anni prima a Santiago del Cile, dove a morire era stato uno che rappresentava tutti: il presidente Salvador Allende.

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(Ph. AP/Marty Lederhandler)

Quella di New York è probabilmente più grande tragedia dell’età contemporanea: 2974 morti, comprese le vittime del Pentagono e quelle sui quattro aerei di linea coinvolti, esclusi i 19 dirottatori; le guerre ai quatto angoli del globo ne fanno annualmente molti di più, ma nulla ha avuto lo stesso impatto per la modalità, le conseguenze nella nostra vita quotidiana, e anche il meccanismo di identificazione che scatta quando a morire sono donne e uomini simili a noi. 9-11 mychal judgeE forse qualcuno anche di qua dall’oceano conosceva qualcuno dei caduti: io ad esempio durante le vacanze americane ho spesso accompagnato una carissima amica a messa, nella St. Francis of Assisi Church sulla 31st St, e spesso ad officiare era Padre Mychal Judge, la vittima numero 0001; accorso per assistere i feriti e benedire i morti, fu colpito alla testa dai detriti causati dal crollo della prima torre.

In tanta tragedia – forse per esorcizzarla e ricondurre le cose sul binario di una leggera, rassicurante normalità – ricordo che una delle cose che mi aveva incuriosito all’epoca era la vicenda dei principi ereditari di Norvegia, Haakon e Mette-Marit, che si erano sposati il 25 agosto e si trovavano negli USA in viaggio di nozze. Dopo aver passato qualche giorno a New York, quella mattina si trovavano a Montauk, località di mare negli Hamptons. Haakon and Mette-Marit weddingPoche ore dopo la tragedia la Corte rese noto che i principi erano si trovavano in una località sicura, e rientrarono in patria domenica 16. Sarah Duchessa di York si salvò per miracolo: stava raggiungendo l’ufficio della sua associazione Chances for Children al 101° piano della Torre Nord ma era in ritardo di 20 minuti a causa del traffico. Il suo ex marito, il principe Andrew, e Re Abdallah di Giordania erano in volo verso gli Stati Uniti, ma i loro aerei tornarono indietro.

andrew abdallah

(Ph. PA Images via Getty Images)

Il principe Laurent era a Boston e riuscì a rientrare in Belgio sabato 15, lo stesso giorno in cui Sarah tornò a Londra.

L’eco dell’attacco fu fortissima in Europa, ovunque si tennero cerimonie di commemorazione cui parteciparono sovrani e capi di stato, e molte visite e occasioni festose furono annullate. Qualche giorno dopo in Olanda si celebrava il Prinsjesdag, con la riapertura del Parlamento; la carrozza su cui viaggiava la regina Beatrice con i figli fece una sosta davanti all’Ambasciata americana in segno di rispetto. Il 12 settembre davanti a Buckingham Palace si tenne un cambio della guardia speciale, in onore delle vittime, con l’esecuzione dell’inno nazionale statunitense; venerdì 14 la regina, tornata apposta da Balmoral, presenziò a una cerimonia nella cattedrale di St.Paul; ero appena arrivata a Londra con la mia nipote più grande, quando in televisione vedemmo Her Majesty in lacrime.9-11 london memorial

Abbiamo iniziato questo post pensando ai bimbi nati in quel giorno di settembre, che oggi compiono 18 anni. Probabilmente non lo sanno, e sicuramente non gli interesserebbe granché, ma dividono il compleanno con due royal ladies di primissimo piano: la principessa Kiko, moglie del principe Akishino, fratello minore dell’attuale Imperatore del Giappone e Principe Ereditario, nata nel 1966 a Tokio,

 

e Paola, Regina Emerita dei Belgi, nata Ruffo di Calabria a Forte dei Marmi nel 1937. A lei, che venerdì è diventata bisnonna per la seconda volta, auguri particolari.

Lady Violet’s Advent Calendar – Day 20

Da noi usa meno, ma nel mondo anglosassone – e nordico in generale – una delle tradizioni natalizie è il pattinaggio sul ghiaccio. La pista più famosa di tutte probabilmente è quella del Rockefeller Center, nel cuore di Manhattan, proprio di fronte alla Cattedrale di St. Patrick. rockefeller center Qui ogni anno si può scivolare sul ghiaccio nella Lower Plaza, ai piedi della statua di Prometeo, alle cui spalle si innalza il gigantesco albero di Natale. rockefeller center tree Quello di quest’anno è alto 22 metri,  addobbato con migliaia di luci colorate e coronato da un nuovo puntale, una stella che Swarovski ha realizzato apposta con tre milioni di cristalli. Rockefeller-Center-Christmas-Tree-Star- Se non ce la fate ad andare a New York niente paura, la pista funziona fino al 21 aprile 2019, domenica di Pasqua, ma diciamo la verità, chi ha voglia di pattinare sul ghiaccio in primavera?

Resta invece aperta solo per due mesi, fino al 13 gennaio prossimo, quella che secondo me è la pista di pattinaggio sul ghiaccio (in inglese ice rink) più bella e suggestiva. somerset house Si trova a Londra, e viene allestita nella corte d’onore di Somerset House, splendido palazzo georgiano tra lo Strand e il Tamigi, che sorge sull’area dove Edward Seymour Duca di Somerset, uno dei numerosi cognati di Enrico VIII, aveva iniziato a costruire la sua lussuosa residenza prima di cadere in disgrazia ed essere giustiziato. Quest’anno in più c’è la mostra evento Good grief, Charlie Brown, aperta fino al 3 marzo, e vi può capitare di pattinare direttamente con Snoopy. somerset snoopy Se siete tra quelli che a pattinare sul ghiaccio non ci pensano proprio, andate lo stesso, potete sempre consolarvi con un tè – o caffè o cioccolata calda – nello spazio allestito da Fortnum&Mason dove, c’è da dirlo? potete dedicarvi a un raffinato Christmas shopping. fortnums-arcade

Jackie, Kenneth e la collana dei sogni

Immaginate una bambina che sotto l’ombrellone su una spiaggia medioadriatica sfoglia la rivista appena acquistata dalla mamma. Immaginate che quella bambina si imbatta nella fotografia della donna più chic, più glam, e probabilmente pure più ricca dell’epoca (siamo all’inizio degli anni ’70), già vedova dell’uomo più importante della terra. Immaginate che la bambina resti incantata dalla favolosa collana che l’elegante signora ha sfoggiato ad un gran gala a New York, e poi immaginate la stessa bambina con gli occhi sbarrati leggere che quella collana è falsa. Sì falsa, come quelle con cui gioca lei. Insomma, quasi.  E allora la bambina affascinata si legge tutta la storia, e la storia è questa. Cinque anni dopo l’assassinio del presidente a Dallas, la First Widow Jackie sposa Aristotele Onassis, ricchissimo e chiacchieratissimo armatore greco, che la ricopre di gioielli da favola. Tra questi la collana incriminata, enormi zaffiri rubini e smeraldi contornati di diamanti a formare  un disegno  indianeggiante. Il valore è enorme, ma l’aspetto è un po’, come dire, too much, e allora Jackie invita a casa il suo amico Kenneth Jay Lane, geniale e talentuoso creatore di bijoux, e gli chiede di fargliene una falsa, meno impegnativa e più divertente. Kenneth accetta commentando con deliziosa perfidia che non è certo di riuscire a replicare dei cabochon così brutti, e propone a Jackie di risparmiare sull’ingente spesa necessaria per la creazione del modello, consentendogli di inserire la collana in collezione. Jackie accetta, ed è così che nasce una prima serie di Jackie Necklaces, realizzate in varie versioni in cui i cabochon originari vengono sostituiti da pietre naturali come l’occhio di tigre, o resine chimiche che imitano corallo, turchese, lapislazuli, giada, diventando in breve famose e desideratissime.

E a volte, quando s’incontrano, Jackie sussurra all’orecchio di Kenneth: “l’altro giorno ho visto la nostra collana in Dynasty!”.

Ma la storia non è finita, e continua al di qua dell’oceano. Perché mentre gli anni passano la bambina cresce, e ogni tanto ripensa a quella collana, e un giorno la trova per caso in un piccolo negozio romano che oggi non c’è più, e decide di fare un lavoro che non le piace pur di comprarsela, e al termine di un anno un po’ pesante se la porta a casa finalmente, nella versione con l’occhio di tigre. E non è ancora finita, perché grazie alla collana la non più bambina troverà una splendida amica, e tramite lei conoscerà lo stesso Kenneth  Lane, e New York, e il mondo magico dei bijoux americani che hanno incantato donne di tutto il mondo, anche Wallis, Grace, Margaret, Diana cui certo non mancavano gioielli da sogno.

E impara una delle leggi dello stile: se un diamante è per sempre, uno strass è per tutte.