Dopo un regno lungo 63 anni e mezzo, dopo essersi affacciata sul nuovo secolo, muore nell’amata Osborne House sull’isola di Wight HM Queen Victoria Empress of India. Centoventi anni dopo i suoi pronipoti siedono su molti troni europei – Norvegia, Svezia, Danimarca, Spagna, oltre naturalmente al Regno Unito – e il suo sangue continua a tingere di blu le più aristocratiche vene. Se il termine vittoriano evoca qualcosa di vecchio, bigotto e un po’ polveroso, la nostra modernità è modellata su molti dei suoi lasciti: dall’albero di Natale alla sposa in bianco, dall’anestesia durante il parto ai video (se volete vedere Sua Maestà in movimento, in uno dei primissimi filmati della storia, questo è il post: Queen Victoria, come non l’abbiamo mai vista.

La grande regina si spegne il giorno prima dell’ottantesimo anniversario della morte del padre, il Duca di Kent e Strathearn, e 11 mesi prima del quarantesimo della scomparsa dell’amatissimo marito Albert. Il loro era stato un matrimonio d’amore, e la vedovanza precipita la sovrana in un dolore che non trova pace; Victoria impone il lutto stretto a corte – lei vestirà di nero per tutta la vita – e non lo limita agli abiti ma lo estende anche agli ornamenti.

È con lei che si affermala mourning jewellery, i gioielli da lutto; i più classici sono i locket, quei ciondoli che si aprono rivelando da un lato un piccolo ritratto, dall’altro una ciocca di capelli, come in quello appartenuto proprio alla sovrana, con fotografia e capelli del consorte. Il ciondolo in oro è decorato sul fronte da un ovale di onice profilato di bianco, su cui brilla una stella a sei punte di diamanti; sulla cornice corre una frase in tedesco, realizzata in smalto blu, che il catalogo del Royal Collection Trust traduce approssimativamente: l’anima pura si innalza verso il Signore. Sul retro un’incisione, anch’essa in tedesco, che reca i nomi dei coniugi e la data della morte di lui: 14 dicembre 1861.
I locket vengono sospesi a nastri di velluto – ovviamente nero – o agganciati a collane, bracciali spille; almeno fino al 1880 per essere ammessi a Corte devono essere neri anche quelli. La mourning jewellery diventa di gran moda anche tra chi non ha perso alcun parente; le pietre nere però non si trovano con facilità.

Per la sovrana si usa il jet (in italiano giaietto): che non è un minerale ma una lignite, cioè un carbone fossile; ha un colore intenso e brillante, ma rischia di scheggiarsi durante la lavorazione, ed è dunque piuttosto costoso. I gioielli da lutto vengono dunque realizzati con varie pietre nere, più o meno belle: onice, ematite, tectite; in aiuto di chi non può permettersi neanche quelle, arrivano ingegno e tecnica, in forma di perle di vetro.
Belle, lucide, leggere e facili da usare in splendide creazioni. Prodotte in serie hanno anche prezzi assai ragionevoli: è la rivoluzione industriale, bellezze, altra gemma preziosa sulla corona di Her Majesty.
Senza volerlo, e senza neanche immaginarlo, a Queen Victoria spetta dunque di diritto un posto anche nella storia della bigiotteria. E senza voler essere impertinente, in fondo ha anticipato i Gothic Punk di un secolo.

Se però preferite qualcosa di più chiaro e luminoso, seguite il link The importance of being Victoria



Sono note come Queen Victoria’s Wheat-Ears Brooches, un insieme di sei spighe di grano composte da 580 diamanti provenienti dalla collezione di George III. Le brooches furono commissionate nel 1830 da William IV per la moglie Adelaide, che ne fece dono alla nipote quando divenne regina. Per forma e utilizzo gioielli di questo genere erano molto popolari già alla corte di Napoleone e Joséphine, e riscossero un gran successo nelle corti europee, con le spighe spesso montate insieme a formare tiare di chiara evocazione neoclassica.


Le primule spuntano nei prati all’inizio della primavera; Shakespeare in The Winter’s Tale le chiama «pallide primule che muoiono nubili» riferendosi al fatto che fiorendo quando gli insetti sono ancora pochi spesso non vengono impollinate. Come tutto ciò che annuncia la rinascita della natura nella bella stagione sono diventate augurio di buona fortuna, e in Inghilterra vengono offerte come porte-bonheur, così come in Francia accade coi mughetti ( 

Albertopolis è il termine coniato nella Londra vittoriana, negli anni immediatamente successivi alla Grande Esposizione del 1851, quando il Principe Consorte convinse la Royal Commission ad acquistare coi proventi dell’Esposizione un’ampia area compresa tra il Royal Borough of Kensington and Chelsea e la City of Westmister. È la zona di South Kensington, dove sicuramente siete passati se siete stati a Londra, non fosse altro che per entrare da Harrods.


Per celebrare il bicentenario del Principe Consorte è stato reso disponibile online un imponente archivio con migliaia di documenti, notizie e immagini che lo riguardano, praticamente il paradiso per storici e appassionati. Lo trovate qui
È ormai una tradizione consolidata l’apertura al pubblico durante i due mesi estivi che la regina passa a Balmoral, e la visita del palazzo è arricchita da esposizioni sempre assai interessanti. Quella di quest’anno però ha un significato particolare, perché fu proprio Victoria a fare di Buckingham Palace la sua residenza, trasformandolo nel centro della monarchia britannica.
Notevoli anche le ricostruzioni; dalla tavola sontuosa allestita nella State Dining Room, al magnifico ballo organizzato nel 1856 per la fine della guerra di Crimea. Per quest’ultimo si è usata la tecnica teatrale del Pepper’s Ghost, e l’effetto sembra davvero magico, potete averne un assaggio qui
Mostre, film, libri, ritratti, la sovrana è e sarà presente in tutti i modi possibili, ma questo video è una chicca assoluta. Bryony Dixon, curatrice del British Film Institute al MOMA, il Museum of Modern Art di New York, ha rinvenuto un filmato che mostra la regina nel suo ultimo viaggio in Irlanda, nell’anno precedente la morte. Victoria in carrozza riceve l’omaggio degli Irlandesi, e in particolare una grande corbeille di fiori da due ragazze, dimostrandosi molto più amabile, molto meno distante e ieratica di quanto potessimo immaginare e… porta occhiali da sole!