L’undici giugno 1509 Henry VIII è Re d’Inghilterra da neanche due mesi, e inizia un’altra carriera che gli regalerà un posto particolare nella storia: quella di marito. Nell’oratorio della chiesa del convento nei pressi del palazzo reale di Greenwich il giovanissimo sovrano – compirà diciott’anni alla fine del mese – sposa la ventitreenne Catherine of Aragon. È una cerimonia privata, ma il 24 giugno ce ne sarà una pubblica e fastosissima a Westminster Abbey per la solenne incoronazione dei due nuovi sovrani, che come da tradizione trascorreranno la notte precedente nella Torre, insieme.
Le fonti riportano che per entrambe le cerimonie Catherine è vestita di bianco, con i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle. Il dettaglio non è trascurabile, perché le spose all’epoca di solito vestivano abiti realizzati coi tessuti più lussuosi che potessero permettersi; e dato che le tinture, soprattutto per certi colori, erano molto costose, la scelta di solito cadeva su tessuti dal colore ricco e profondo, soprattutto per una sposa reale. Catherine potrebbe aver deciso di sposarsi in bianco per sottolineare la sua purezza, materia fondamentale e delicatissima, sulla quale vent’anni dopo si innesterà la crisi che porterà lei fuori dal matrimonio e dal trono, e l’Inghilterra fuori dalla Chiesa di Roma.
Questa storia inizia nel 1485: il 22 agosto la Battaglia di Bosworth Field segna la fine della Guerra delle Due Rose e consegna il trono inglese a Henry VII Tudor; il 16 dicembre dello stesso anno in Spagna nasce Catalina, figlia minore di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona. Caso assolutamente unico, sono entrambi sovrani regnanti, e con la loro guida avviene in quegli anni la Reconquista della Spagna meridionale dal dominio dei Mori.
Catalina eredita il nome dalla bisnonna materna Catherine di Lancaster, nipote di John di Gaunt, il che la rende molto attraente per la giovane dinastia Tudor: discendendo da un ramo cadetto da alcuni considerato illegittimo non è riconosciuta da tutti ma l’ascendenza della principessa la rafforzerebbe, mettendo al sicuro la discendenza. Dal canto suo Ferdinando intende con i matrimoni dei suoi figli accerchiare la potente Francia, e dunque alla fine acconsente – a condizioni per lui vantaggiose – a fidanzare la figlia minore con l’erede di Henry VII, il primogenito Arthur. Nel 1459 con gli accordi di Medina del Campo i due sono fidanzati, poco dopo lui riceve il titolo di Prince of Wales. Catalina arriva in Inghilterra due anni dopo e sposa Arthur il 14 novembre 1501 nell’antica Cattedrale di St Paul (che sarà distrutta nell’incendio del 1666). Gli sposi – lui 15 anni lei 16 – vanno a vivere a Ludlow, ai confini col Galles, ma il 2 aprile 1502 Arthur muore. Il padre della giovanissima vedova a quel punto pretende la restituzione della dote versata, il suocero si rifiuta e rilancia chiedendo il saldo della somma pattuita e non ancora del tutto versata. La principessa viene trattenuta in Inghilterra e si inizia a parlare di future nozze col secondogenito del re, il principe Henry, che è diventato Principe di Galles al posto del fratello ma è ancora solo un bambino. Seguono anni di difficoltà e ristrettezze, tra l’ostilità del suocero e l’indifferenza del padre. Catherine, com’è ora chiamata in Inghilterra, è in pratica un ostaggio, vive segregata con pochissimo denaro e per mantenere sé e la sua piccola corte è costretta a vendere l’argenteria che il suocero pretenderebbe come eredità del figlio defunto. La principessa dimostra in questi anni lucidità, abilità e forza di carattere che forse nessuno si sarebbe aspettato da lei e nel 1507 le viene conferito l’incarico di rappresentare la madrepatria in Inghilterra. È il primo ambasciatore donna nella storia d’Europa.
Per fortuna niente è eterno, e quando la situazione sembra essere giunta al limite Henry VII muore, e il figlio gli succede sul trono come Henry VIII. Poche settimane dopo Henry e Catherine si sposano; nonostante tutto è un matrimonio d’amore: lui bello, biondo altissimo e aitante, lei piccolina e rotondetta, i lineamenti delicati e i bellissimi capelli di un biondo ramato. Il matrimonio può avvenire grazie alla dispensa papale ottenuta già sei anni prima: quando si inizia a pensare alle nozze, Catherine ed Henry sono cognati, che il diritto canonico considera alla stregua di fratelli cui il matrimonio è proibito in quanto “collaterali di primo grado”. Ciò che rende reale il legame non è però la sola cerimonia nuziale, ma l’unione sessuale degli sposi; Catherine afferma di essere ancora virgo intacta, e il papa concede la dispensa dichiarando che forsitan (forse) il matrimonio con Arthur non è stato consumato. Molti anni dopo quell’avverbio segnerà la fine di Catherine. Ma in quella mattina di giugno tutto è molto di là da venire: per i due giovani sposi, belli e innamorati, splendenti nei loro abiti bianchi ricamati di gemme e perle, inizia l’età dell’oro.
Oggi questo blog compie due anni, e lo festeggiamo con l’ultima tazza da tea di questa serie (non temete, torneranno) Che penso rappresenti bene Lady Violet, e non solo perché è viola! Si tratta di un pezzo unico che risale alla prima metà dell’Ottocento, e proviene dalla collezione di Geoffrey Godden, famoso esperto inglese di storia della ceramica e della porcellana, autore di una gran quantità di testi fondamentali.
Io vi ringrazio dal profondo del cuore, è stata una grande gioia ospitarvi sul sofà di Lady Violet. Tornate anche domani, e tutte le volte che volete, mi trovate sempre qui.
Dopo essersi ritirato definitivamente a vita privata (l’ultima volta che è apparso in pubblico era il 18 maggio dello scorso anno, al matrimonio della nipote Lady Gabriella Windsor, e sembra che si sia anche divertito parecchio).
Dopo essere stato costretto a riconsegnare la patente di guida a sua moglie – in nome e per conto della quale vengono emessi i documenti nel Regno Unito – avendo causato un brutto incidente che avrebbe potuto avere conseguenze tragiche (anche se si vocifera che continui imperterrito a mettersi al volante all’interno della tenuta di Sandringham, dove passa gran parte dell’anno).
Dopo che negli ultimi mesi le voci ricorrenti di una sua dipartita si sono intensificante, basandosi sul solito niente; l’ultima qualche giorno fa, quando il Principe di Galles ha dichiarato di sentire la mancanza del padre (e dei nipotini, causa isolamento da covid-19, ma questa parte è stata omessa da alcuni).
Oggi HRH Philip, Duke of Edinburgh, Earl of Merioneth and Baron Greenwich, nato Prince of Greece and Denmark, compie i suoi gloriosi 99 anni, e li celebra con una foto che lo ritrae accanto alla moglie regina, scattata la settimana scorsa nel Quadrangle, il cortile superiore di Windor Castle, dove la coppia si è ritirata per la quarantena. Osserviamoli meglio.
Il festeggiato appare in splendida forma, impettito come suo solito. D’altra parte vi ricordate il matrimonio di Harry? Aveva subito un intervento di protesi all’anca soltanto sei settimane prima, e il giorno del royal wedding scese tranquillamente dall’auto reale e avanzò lungo la navata, camminando sicuro senza neanche l’ausilio di un bastone. Nella foto indossa un classicissimo blazer doppio petto con otto bottoni dorati; più spesso i bottoni sono sei, ma per un ex ufficiale di marina questo e altro. Molto interessante la scelta della cravatta regimental, che naturalmente si chiama così perché è di pertinenza di un reggimento; questa è quella delle Welsh Guards, uno dei reggimenti della Royal Household di cui Philip ha fatto parte. È anche quello che sabato celebrerà il compleanno ufficiale della sovrana con una versione (molto) ridotta del tradizionale Trooping the Colour. Ed è ovviamente il reggimento di cui oggi è colonnello il futuro re, The Prince of Wales. 
Happy birthday dunque a questo splendido giovanotto, con la foto che mi è piaciuta di più tra quelle pubblicate dall’account della Royal Family (e direi che Her Majesty ha davvero saputo scegliere).
La fase acuta della pandemia sembra alle spalle e anche i reali, in accordo con la situazione e le limitazioni in atto nei rispettivi Paesi, abbandonano la gestione virtuale dei loro impegni e tornano a mostrarsi in pubblico.
Ieri è toccato a Mary, Principessa Ereditaria di Danimarca, che ha inaugurato Holmegaard Værk, nuovo museo del design scandinavo di vetro e ceramica nato dalle ceneri di Holmegaard Glasværk, antica vetreria fondata nel 1825 che chiuse i battenti nel 2008 non riuscendo a superare un grave crisi.
Bella e piacevole as usual, la mise di oggi non mi entusisma: la gonna plissé di Paul&Joe non è male, la fantasia un po’ troppo girlie ma sicuramente adeguata alla stagione; la blusa bianca ha un’importante funzione didattica: spiega a che servono i polsini (esatto, a evitare che la manica scivoli a coprire la mano!). Francamente tremende le scarpe azzurro baby, tonalità che già mi piace poco per la copertina di un neonato, figuriamoci ai piedi di una futura regina. Però, come avrebbe detto mia madre, nell’insieme fa figura e Mary la sua bella figura la fa sempre, dimostrando che classe ed eleganza hanno moderatamente a che fare con gli abiti. Da notare i capelli post-quarantena, più lunghi e più chiari; immagino che anche per lei l’incontro col parrucchiere sia stato una festa.
Com’era ampiamente prevedibile oggi pomeriggio il Duca di York ha tirato fuori l’artiglieria per rispondere al DoJ, il Dipartimento di Giustizia americano, che bypassando Buckingham Palace ha inviato direttamente al Ministero dell’Interno britannico una richiesta di mutua assistenza legale (MLA), una procedura usata in casi penali, basata su un trattato tra i due Paesi firmato nel 1994.
Gli avvocati che assistono il duca, dello studio Blackfords LLP, hanno rilasciato una dichiarazione in cui sostengono che contrariamente a quanto affermato Andrew avrebbe offerto almeno tre volte la propria disponibilità a essere interrogato senza ottenere risposta. Nel comportamento del DoJ gli avvocati britannici sottolineano una grave violazione della riservatezza del loro assistito, che ritengono stia riceendo un trattamento inferiore a quello di ogni normale cittadino. Ricordiamo che il Duca di York non gode di immunità, che è riservata al solo sovrano e dunque è soggetto alla legge come qualsiasi altro cittadino britannico; d’altro canto Lady Violet non ha alcuna conoscenza in ambito legale, e null’altro possiamo fare se non attendere con interesse gli sviluppi di questa intricata situazione.
Intanto a Windsor Castle, dove da metà marzo si sono ritirati la Regina e il Principe Consorte, ci si prepara a festeggiare due compleanni. Uno è quello ufficiale della sovrana, celebrato il secondo sabato di giugno col Trooping the Colours; quest’anno la cerimonia è stata cancellata a causa della pandemia, ma sabato 13 le Welsh Guards renderanno omaggio a Her Majesty nel Quadrangle, il cortile superiore del castello. L’altro è quello naturale del Principe Philip, che mercoledì entrerà nel centesimo anno di vita. Per lui, assicurano voci di Palazzo, ci sarà comunque un piccolo festeggiamento, con gli inevitabili auguri virtuali di tutta la famiglia collegata via skype. Immagino che figli e nipoti abbiano pensato anche ai regali e, citando un famoso telefilm degli anni ’90, ho l’impressione che Andrew gli regalerà un infarto. Anyway, happy birthday!
Oggi è Sveriges nationaldag la festa nazionale svedese, celebrata necessariamente in tono minore, data la situazione sanitaria (e anche la sua gestione, con una iniziale sottovaluzione che ha generato molti danni e una precipitosa marcia indietro). Siamo abituati in questa giornata a vedere le royal ladies in abito tradizionale che riprende il blu e il giallo della bandiera, ma quest’anno le celebrazioni sono ridotte all’osso, e gran parte dell’attenzione è stata spostata sui bambini.
La principessa Madeleine, che vive a Miami con la famiglia se l’è cavata spedendo via Instagram una foto con i tre figli scattata nel giardino di casa. Da notare che sono tutti en pendant con la bandiera, e già è qualcosa.
A Stoccolma i bimbi dell’erede al trono Victoria hanno fatto con grande serietà il loro dovere di rappresentanti della Corona: il quattrenne Oscar finalmente sorridente con abito scuro e capelli impomatati proprio come babbo Daniel; mentre la sorella Estelle, anni otto – che in un giorno lontano sarà regina – indossa con grazia sicura l’abito tradizionale, privo del copricapo bianco che è riservato alle donne sposate. I due bambini sono stati protagonisti anche ieri di una sessione fotografica, anche in questo caso in costume tipico, ma quello della provincia di cui ciascuno di loro detiene il ducato.
Victoria indossa l’abito – molto elegante devo dire – del Västergötland, nell’area sudoccidentale del Paese; Estelle quello del meridionale Östergötland, e l’irresistibile Oscar quello della Scania, che è la provincia più a sud, dove sorge Malmö e da dove si pensa arrivassero i Longobardi.
Li avevamo visti il 27 maggio con le due figlie celebrare, osservando un minuto di silenzio, il primo dei dieci giorni di lutto nazionale in memoria delle vittime del covid-19. Oggi hanno replicato, questa volta da soli; i sovrani di Spagna, in visita al complesso industriale di Coslada, nei pressi di Madrid, di nuovo in rispettoso silenzio nel giorno che chiude il periodo di lutto nazionale.
Da mezzanotte scomparirà anche il nastrino nero apposto su account social e sito web della Casa Real; da domani mancheranno i simboli, ma il pensiero e il ricordo ci saranno ancora. Felipe e Letizia in questi giorni non si sono risparmiati, attraversando il paese e visitando coloro – persone e istituzioni – il cui lavoro ha supportato la gestione della pandemia.
La magrissima, elegantissima Duchessa di Windsor – che mai potè fregiarsi del titolo HRH, Her Royal Highness – vestiva un soprabito doppio petto Givenchy.
Leggenda vuole che lo stesso monsieur Hubert restò in piedi tutta la notte prima della cerimonia per assicurarsi che il velo di chiffon fosse della lunghezza perfetta e si muovesse con grazia lasciando intravedere il viso della vedova, pettinata come sempre da Alexandre de Paris in persona.
Come preannunciato qualche giorno fa (
Nel ritratto diffuso attraverso i canali social la Regina, seduta ai piedi di un pilastro, è vestita come sempre in abito tradizionale, composto da una gonna dritta che arriva alle caviglie, detta kira, che si indossa con una blusa di seta a maniche lunghe (wonjou) e una giacca con alti polsi (tego). Il sorriso come d’abitudine appena accennato e l’atteggiamento sempre molto composto sono probabilmente legati al suo ruolo e alla sua cultura, ma prima di diventare Gyaltsuen – nel 2011, ad appena 21 anni – Jetsun Pema è stata una ragazza molto dinamica: capitano della squadra di basket femminile del liceo, ha poi frequentato il Regent’s College a Londra. È appassionata di arte, in particolare di pittura, una passione che divide con il marito. Che per lei ha rinunciato alla poligamia; un buon essere umano, pronta a servire la sua gente e il suo Paese la definì il Re, annunciando le nozze. Che se tutto va come previsto, resteranno le uniche, per lei e per lui.
Anche se tutti opportunamente mascherati – e alcuni pure con gli occhiali da sole – ricompaiono i sovrani monegaschi, in coppia e in compagnia di buona parte della famiglia. L’occasione è stata l’inaugurazione ieri mattina della rinnovata Place du Casino, ristrutturata e completamente pedonalizzata. Riaperta anche la celebre brasserie del Café de Paris, rimasta chiusa da metà marzo.
Molto piacevole Charlène in abito+giacca Brunello Cucinelli – se volesse accantonare Akris per qualche maison italiana ci farebbe felici, e non solo per ragioni patriottiche – mentre sull’orlo dei pantaloni di Albert ormai mi sono arresa. C’era Stéphanie con tutti e tre i figli e la nuora. La ex principessa ribelle con bianchi pantaloni larghi (e lunghi) e camicia in raso nero un po’ punitiva; la bella figlia Pauline in trench crema (di raso anche questo, temo sia una creazione del suo brand Alter); l’altra figlia Camille, che complice la giovane età è ancora alla ricerca del suo stile; la nuora Marie che purtroppo l’ha trovato: commessa OVS, e non la valorizza per niente.
Mancava Caroline, ma c’erano i due figli maschi: Andrea e Pierre; l’uno accompagnato dalla moglie Tatiana, l’altro invece senza la sua Beatrice. Tra tutte le signore Tatiana è quella con un background più complesso e cosmopolita, uno stile unico e personale. Mentirei se dicessi che mi piace sempre, ma più passa il tempo più la trovo interessante. Anche lei è nel mondo del fashion col brand Muzungu Sisters, moda etnica e anche etica, dato che i loro prodotti sono realizzati da artigiani e comunità di diversi paesi (ci sono anche le coffe siciliane e le tipiche friulane di velluto). Adoro il caftano e le infradito flat, i sandali più chic in assoluto, per me. Se poi vi state chiedendo chi sia il prestante giovanotto ultimo a destra, è presto detto: Gareth Wittstock, uno dei due fratelli della principessa e Segretario Generale della Fondation Princesse Charlène de Monaco, che dalla frequenza con cui compare ormai pare diventato royal pure lui.
A questo punto, non possiamo perdere l’occasione di parlare dell’accessorio più cool del momento; no, non la treccia di Charlène, la mascherina! Molti dei presenti, a partire dai sovrani, indossano quelle bianche contrassegnate dal motto #strongtogether, scelto come slogan per le attività anti-covid del Principato (rigorosamente in inglese, hai visto mai che
Stéphanie, imitata in qualche momento dalle figlie, si è buttata sul patriottico: mascherina nera per quel tocco dark che ha sempre il suo perché, con dettaglio a rombi biancorossi, come compaiono nello stemma di famiglia. Supercool la coppia Casiraghi-Santo Domingo, per lui un classico camouflage, per lei ricami ungheresi su tela bianca (in vendita sul sito muzungusisters.com a 24 sterline). In tutta questa coolness, al povero Pierre è toccata invece una di quelle orrende mascherine a becco di papera che minano la reputazione di chiunque. Dai retta Pierino, chiedi aiuto a tua cognata!